Guerra commerciale, il worst case scenario di Goldman Sachs. E Ray Dalio teme crisi dollaro

Se gli Stati Uniti imporranno dazi del 10% su tutte le loro importazioni, l’effetto sarà l’avvento del mercato orso a Wall Street, con lo S&P 500 che crollerà del 25%, sulla scia di perdite che manderanno in fumo dal valore di borsa più di $6 trilioni, ovvero 6.000 miliardi di dollari: è lo scenario presentato da David Kostin, responsabile strategist di Goldman Sachs. Scenario che stupisce un po’, visto che Kostin è noto per essere uno strategist piuttosto ottimista.
Lo strategist analizza diversi scenari: quello di base, e quelli di una guerra commerciale moderata e grave.
Dallo studio emerge che l’eventuale imposizione di dazi doganali del 25% solo sui prodotti cinesi importati dagli Usa azzererebbe la crescita delle aziende quotate sullo S&P 500, l’anno prossimo, mantenendo invariato l’eps dello S&P a $159.
Nel caso estremo, invece, quello in cui gli Usa di Trump decidessero di imporre dazi del 10% su tutto quanto importano dal mondo intero, gli utili scenderebbero del 10%, a fronte di un aumento dei costi che andrebbe a ricadere sulle spalle degli americani e che contestualmente scatenerebbe un crash degli utili della Corporate America.
Goldman Sachs prevede anche che, nel peggiore dei casi, il multiplo PE dello S&P scenderebbe dagli attuali 17x a 15x: ciò significherebbe, per l’appunto, che lo S&P 500 crollerebbe del 25% dagli attuali 2.888 punti fino a quota 2.200.
In realtà, alcuni analisti ritengono che l’unico evento che costringerebbe il presidente americano Donald Trump a mostrare una maggiore apertura nelle trattative con la controparte cinese sarebbe proprio il crollo dei mercati azionari.
Intanto, in un clima caratterizzato da forti incognite verso il futuro e di botta e risposta tra i partner commerciali più importanti al mondo, gli outlook stile alert sull’azionario e su altri asset aumentano.
Tra questi, quello lanciato di recente da Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, noto per aver scommesso contro diversi titoli italiani prima delle elezioni politiche dello scorso 4 marzo.
Secondo Dalio, l’economia Usa vivrà una nuova crisi tra due anni: il dollaro crollerà e la Fed sarà costretta a stampare moneta per finanziare un deficit sempre più in crescita.
Il motivo? Per Dalio l’appetito degli investitori per i Treasuries non sarà sufficiente a soddisfare la necessità Usa di ricorrere a nuovi finanziamenti. In una tale situazione, il dollaro potrebbe facilmente indebolirsi fino a -30%, creando per l’appunto una “crisi del dollaro”.
La nota meno sconfortante è rappresentata dal fatto che il gestore, pur prevedendo una crisi tra due anni, non ritiene che si tratterà di una crisi finanziaria della gravità di quella del 2008.
In sintesi, “sarà più una crisi del dollaro che una crisi del debito, e più una crisi politica e sociale”.