Il G7 tende la mano al Giappone, azione congiunta per sgonfiare lo yen
Azione congiunta delle principali banche centrali mondiali per aiutare la Bank of Japan a calmierare le quotazioni dello yen salite ieri ai nuovi massimi storici. Il summit del G7 è sfociato in un accordo che prevede l’azione congiunta delle principali banche centrali sul mercato dei cambi per calmierare le quotazioni dello yen che ieri ha toccato il suo massimo dalla seconda guerra mondiale contro il dollaro. La decisione ha subito avuti i suoi effetti sulla moneta nipponica, in calo di circa 3 punti percentuali rispetto a dollaro ed euro. Il cross dollaro/yen si è spinto fino a 81,99 yen, mentre l’euro/yen è schizzato oltre quota 115 yen.
“In risposta ai recenti movimenti dei tassi di cambio dello yen associati agli avvenimenti tragici del Giappone, e alla domanda delle autorità nipponiche, le autorità di Usa, Gran Bretagna, Canada e la Banca centrale europea hanno deciso di unirsi al Giappone per un intervento concertato sul mercato dei cambi”, è la conclusione a cui è giunta la teleconferenza del G7 tenutasi questa notte. La Bank of Japan e le altre banche centrali venderanno yen giapponesi all’apertura dei propri mercati. Un intervento unito che non si vedeva da oltre 10 anni quando nel settembre 2000 si cercò di supportare l’euro in caduta libera sui mercati a due anni dalla sua nascita.
Questo intervento ha riportato fiducia ed appetito per il rischio, non soltanto sul valutario, ma anche sul mercato azionario (+2,72% il close odierno di Tokyo). “Vedremo se si configurerà una situazione sostenibile – commentano oggi gli esperti di Forex Capital Markets Forex Capital Markets -, crediamo che un intervento di questo tipo abbia le potenzialità per mostrare effetti duraturi nel medio periodo, risultati che difficilmente avrebbero potuti essere raggiunti con l’intervento di una singola banca centrale”.
Gli analisti si interrogano soprattutto sul comportamento che porterà avanti la banca centrale americana, i cui piani vanno nella direzione opposta rispetto all’acquisto di dollari. “E’ difficile ipotizzare che vi possa essere un’azione concertata di lungo termine che affianchi la BoJ nell’operazione di indebolimento dello yen, almeno fintanto che non si assista ad un cambiamento della politica monetaria della Fed”, rimarca Michael Hewson, analista di CMC Markets.