G20 nega la guerra delle valute, un nuovo futuro per il dollaro?
Secondo molti osservatori, le politiche monetarie estremamente accomodanti e non ortodosse di questi giorni altro non sarebbero se non vere e proprie guerre valutarie sotto copertura, molto simili a quelle messe in atto negli anni Trenta.
Il concetto di guerra valutaria in atto è stato tuttavia rigettato dagli stessi protagonisti, con i banchieri centrali e i ministri delle finanze che nel corso del G20 hanno preso le distanze sull’argomento. Sulla stessa linea d’onda anche il capo economista di MIG Bank, Luciano Jannelli. Per l’ex Senior Economist e Cio di Ubs, vi sono una serie di ragioni per cui quella attuale non è da considerarsi una guerra valutaria.
“In primo luogo perché, se l’obiettivo fosse il deprezzamento del valore nominale di tali monete si potrebbe facilmente concludere che saremmo di fronte ad un insuccesso; in secondo luogo, perché tipicamente le guerre valutarie portano alla distruzione dei rapporti commerciali e della produzione. Come vediamo, invece, la situazione attuale è molto diversa. Ma l’aspetto forse più interessante da portare all’attenzione è che probabilmente nel corso del prossimo anno potremmo assistere all’inversione di marcia di un declino quarantennale del dollaro Usa nei confronti delle principali monete”, sostiene e argomenta la sua tesi Jannelli.
Per quanto nel lungo periodo ci siano indubbiamente degli effetti tra il tasso di cambio e la bilancia commerciale dei singoli paesi, pur tuttavia nel periodo immediatamente successivo di uno shock enorme sulla domanda aggregata avrebbe probabilmente più senso guardare direttamente alla spesa che non agli effetti immediati sui prezzi.
“Ecco perché, dal mio punto di vista, per quanto riguarda gli Usa il miglioramento del trade balance ha più a che fare con la riduzione della domanda che non con (l’inesistente) deprezzamento dell’dollaro Usa”, aggiunge Jannelli nella sua analisi.
“Personalmente sono stato ribassista sul dollaro Usa negli ultimi dieci anni, ma ora ho deciso di cambiare la mia view” annuncia l’esperto di MIG Bank, specificando però che per “nel breve termine potremmo assistere ad un ulteriore apprezzamento delle monete a maggior rendimento come l’euro”. Questo specialmente se il quadro macroeconomico dovesse continuare a migliorare.
Diverso il discorso nel lungo periodo. “Ritengo che ad un certo punto il rimpatrio di alcune attività manifatturiere verso gli Usa e la rivoluzione nell’industria dell’energia rappresentata dallo shale gas potrebbero rappresentare dei segnali di sostenibilità a lungo termine della crescita dei risparmi”, chiosa in conclusione del suo intervento Jannelli, secondo cui “molto probabilmente a determinare questa reazione sarà ancora una volta l’azione della Fed”.