Fiscal cliff, Obama incredulo su dura posizione di Boehner. Meno ciclici in portafoglio se scatterà il precipizio
Battuta d’arresto per l’ottimismo che aveva invaso i mercati nei giorni scorsi nella speranza di un rapido accordo anti fiscal-cliff. Ieri infatti lo speaker repubblicano della Camera statunitense, John Boehner, ha di nuovo chiesto una trattativa “seria” da parte di Obama, il cui piano che prevede un innalzamento delle tasse per i redditi annuali superiori ai 400mila dollari annui è ritenuto ancora troppo poco bilanciato.
Bohener ha fatto sapere che la Camera voterà solo un piano che ponga tale limite a 1 milione di dollari, ovvero che tenga le tasse basse per il 99% degli americani. “Sta ad Obama scegliere se vuole essere o meno il presidente responsabile del maggior aumento delle tasse nella storia americana”, ha detto lo speaker.
Dal canto suo il presidente Usa rivendica di aver tentato il possibile per raggiungere un compromesso a metà strada verso le richieste repubblicane, e trova “incredibile” che gli avversari politici non abbiano ancora accettato la sua proposta.
Intanto, secondo Janus Capital, i possibili rialzi fiscali minacciano una serie di industrie, tra cui in particolare quelle legate alla difesa, che vedranno un taglio automatico dell’investimento pubblico del 10%. Probabili conseguenze anche sul settore energetico, che potrebbe vedere ridursi i suoi flussi di cassa del 25-30% in caso i costi intangibili delle trivellazioni non fossero più deducibili.
Altri possibili impatti si potranno avere sul settore dei consumi e sulle compagnie esposte a Medicare, i cui premi assicurativi saranno senz’altro oggetto di revisione di bilancio. Anche il settore della comunicazione potrebbe vedere una riduzione nel business dell’ advertising da parte di tutte le società.
In generale Janus pronostica che, se gli sgravi fiscali dell’era Bush dovessero scadere solo per i redditi superiori ai 250 mila dollari annui (come da prima proposta di Obama), l’impatto negativo sul Pil Usa 2013 sarebbe dello 0,4%.
“E’ troppo difficile prevedere gli esiti della negoziazione politica”, conclude l’analisi di Janus. “In generale i nostri manager non posizionano i propri portafogli equity secondo gli scenari “giù dal precipizio” o “non giù dal precipizio”. Ci focalizziamo invece nel trovare compagnie con un vantaggio competitivo tale da permettere loro di controllare la propria sorte. Non crediamo di avere posizioni che liquideremo in caso di caduta nel fiscal cliff. Potremmo invece, ad esempio, inserire meno titoli ciclici e ridurre l’esposizione ai titoli di Stato nel caso scattasse il precipizio fiscale. In caso contrario lo scenario di lungo termine per gli Stati Uniti sarebbe più solido, ma i cambiamenti nei portafogli sarebbero minimi”.