Federal Reserve verso il QE4? Ipotesi remota, sarebbe segnale di panico
Le turbolenze evidenziate dai mercati nelle scorse giornate hanno fatto emergere l’ipotesi, al momento decisamente remota, che la Federal Reserve faccia una vera e propria “inversione a U” e valuti la possibilità di avviare un QE4, ovvero il quarto round di quantitative easing dal crack Lehman Brothers. Ipotesi che al momento è ritenuta alquanto remota dagli analisti che invece vedono aumentare la possibilità che la Fed posticipi la fine del QE3 e rinvii nel tempo il primo rialzo dei tassi di interesse. Meno probabile un’inversione del QE3 con un aumento degli acquisti mensili anche alla luce dei riscontri positivi che continuano ad arrivare dalla congiuntura americana.
Ad alimentare le attese di un nuovo ciclo di allentamento quantitativo è stata soprattutto la repentina discesa dei rendimenti dei Treasury, scesi mercoledì sotto la soglia del 2% per la prima volta dal giugno 2013. Inoltre la forte discesa dei prezzi del petrolio potrebbe andare a incidere negativamente sulle prospettive di inflazione.
Turbolenze mercati e crollo prezzi petrolio
A rendere il contesto più ingarbugliato per la Federal Reserve, oltre alle turbolenze sui mercati, c’è il repentino calo delle quotazioni del petrolio con il Wti sceso ieri sotto gli 80 dollari per la prima volta dal giugno 2012 (-18% dei prezzi da inizio anno). “Il calo dei prezzi del petrolio, che è per lo più positivo in termini macroeconomici, viene visto solo in una luce di disinflazione/deflazione”, rimarca Bruno Cavalier, Chief Economist del gruppo Oddo.
A rendere il contesto più ingarbugliato per la Federal Reserve, oltre alle turbolenze sui mercati, c’è il repentino calo delle quotazioni del petrolio con il Wti sceso ieri sotto gli 80 dollari per la prima volta dal giugno 2012 (-18% dei prezzi da inizio anno). “Il calo dei prezzi del petrolio, che è per lo più positivo in termini macroeconomici, viene visto solo in una luce di disinflazione/deflazione”, rimarca Bruno Cavalier, Chief Economist del gruppo Oddo.
“Per mesi abbiamo sentito la stessa melodia con la Fed pronta ad adeguare la sua politica sulla base dei dati macroeconomici – sottolinea l’economista di Oddo Securities – ora la tempesta che ha imperversato sui mercati finanziari negli ultimi giorni rende l’analisi più complessa. E ‘chiaramente difficile immaginare un cambiamento nella politica monetaria quando i mercati sono così turbolenti e un’apertura verso un QE4 sarebbe un vero segno di panico”.
“I mercati dovranno abituarsi ad un ambiente monetario molto diverso e la Fed potrebbe quasi trarre piacere dalla recente correzione, che ha calmato alcuni mercati incoraggiati dal QE”, aggiunge Cavalier nel suo focus settimanale sugli Stati Uniti.
Focus su meeting Fed di fine mese dopo apertura di Bullard a rinvio fine QE
La Federal Reserve nel meeting di fine mese (28-29 ottobre) dovrebbe porre fine al programma la fine dell’ultimo piano di quantitative easing che progressivamente è sceso in questi mesi attestandosi a soli 15 miliardi di dollari mensili.
La Federal Reserve nel meeting di fine mese (28-29 ottobre) dovrebbe porre fine al programma la fine dell’ultimo piano di quantitative easing che progressivamente è sceso in questi mesi attestandosi a soli 15 miliardi di dollari mensili.
Ieri però il presidente della Federal Reserve di St. Louis, James Bullard, ha aperto alla possibilità di un prolungamento di tale piano. Secondo Bullard, la banca centrale statunitense potrebbe considerare di ritardare la fine del suo programma di acquisto di obbligazioni per arrestare il calo delle aspettative di inflazione. Lo stesso Bullard ha comunque riaffermato che “i fondamentali economici statunitensi rimangono forti e le turbolenze di mercato riflettono principalmente le più deboli prospettive per l’Europa”.
Ieri riscontri molto positivi sono pervenuto dalle richieste di sussidi di disoccupazione, scese ai minimi degli ultimi 14 anni, e dalla produzione industriale statunitense balzata in avanti dell’1% a settembre.
Ieri riscontri molto positivi sono pervenuto dalle richieste di sussidi di disoccupazione, scese ai minimi degli ultimi 14 anni, e dalla produzione industriale statunitense balzata in avanti dell’1% a settembre.