Notizie Notizie Mondo La Fed alzerà i tassi a settembre. Parola di State Street, che agita lo spettro della deflazione sull’economia americana

La Fed alzerà i tassi a settembre. Parola di State Street, che agita lo spettro della deflazione sull’economia americana

25 Agosto 2015 12:11

L’atteso rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve si farà a settembre. E’ questo il parere di Chris Probyn, Chief Economist di State Street Global Advisors. Un parere in controtendenza poiché, dopo il crollo delle Borse di ieri e le aspettative di forti turbolenze nelle prossime settimane, la manovra della Fed non sembra essere più cosi vicina. Le ragioni di questa previsione? Proprio le stesse che inducono la maggior parte degli analisti a ritenere che la Fed non si muoverà prima del 2016. “L’inflazione che scivola ulteriormente sotto il 2%, e Grecia, Portorico e Cina costantemente sotto osservazione da parte degli investitori, sono i motivi che indurranno la Fed ad alzare ancora i tassi quest’anno – spiega Probyn – La Fed ha il doppio mandato di promuovere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi. In circostanze normali raggiunge questo obiettivo regolando la politica relativa ai tassi di interesse in modo da orientare l’economia su un livello adeguato di attività”.

Fifty-fifty
L’analisi di Probyn pone una domanda intrigante: perché la Fed ha bisogno di iniziare una politica restrittiva se la disoccupazione è ancora al di sopra del punto di equilibrio di piena occupazione e l’inflazione è essenzialmente alla deriva, circa 0,6-0,8 punti percentuali al di sotto del suo obiettivo? “In effetti, questi fattori hanno già contribuito a una revisione delle aspettative del mercato sui tempi del rialzo dei tassi da parte della Fed – dice il capo economista di State Street Global Advisors – All’inizio dell’anno la maggior parte degli analisti si aspettava l’avvio del rialzo a inizio giugno. Il mercato dei future sta attualmente valutando una probabilità 50/50 di un primo rialzo dei tassi nel mese di settembre“. “Se la politica restrittiva – aggiunge Probyn – dovesse coincidere con alcuni importanti shock deflazionistici – e il divampare della crisi in Grecia questa estate ha dato massima prova del tipo di rischi che incombono – la Fed avrebbe infatti ben poche possibilità di far rientrare rapidamente le aspettative di inflazione, e la deflazione potrebbe diventare una vera e propria minaccia. 
Pericolo bolla
E allora, perché avere fretta e non ripetere piuttosto l’esperimento di rapida crescita condotto da Alan Greenspan negli anni Novanta? Secondo Probyn ci sono tre motivi a sfavore, a partire dal lato più oscuro ereditato da questo esperimento: vale a dire, il suo contributo a due grandi bolle speculative. “E’ importante ricordare che la Fed ha anche il compito di mantenere la stabilità finanziaria, e più a lungo mantiene i tassi di interesse a questi livelli straordinariamente bassi, maggiore è la possibilità che le bolle si formino e scoppino“, spiega Probyn. In secondo luogo, la Fed non avrebbe quasi nessuna capacità di contenere rapidamente le aspettative di inflazione, e non avrebbe quasi nessun modo di abbassarle di nuovo se ci fosse la percezione che la fase di allentamento perduri troppo a lungo. “Quindi, dal momento in cui la Fed ha riconosciuto di avere un problema con le crescenti aspettative di inflazione, potrebbe essere troppo tardi per fare qualcosa di rilevante in proposito”, dice Probyn.  Terzo, e forse più importante, finché la politica dei tassi di interesse rimane vicino alla soglia dello zero, la Fed non ha munizioni per contrastare uno shock. “Per sua ammissione la Fed potrebbe riavviare un QE, ma non credo che sarebbe particolarmente efficace”, è il parere di Probyn.
Sembra dunque che La Fed stia cercando di percorrere una strada molto stretta: avviando un graduale processo di rinormalizzazione dei tassi nel mese di settembre, la Fed spera di poter ricaricare la “la pistola degli stimoli”, cercando di non arrivare in ritardo su un aumento delle aspettative inflazionistiche, o prima di uno shock che potrebbe causare la deflazione per diventare di nuovo un rischio. “Stando così le cose, settembre non sarebbe affatto troppo presto“, conclude Probyn.