Draghi rompe il silenzio: a ottobre l’annuncio su gran parte decisioni QE. Euro vola, poi torna indietro
Ha parlato, ed è riuscito a ribaltare del tutto il trend dei mercati, in pochi minuti e con ferme dichiarazioni. Mario Draghi ha stupito trader, gestori ed economisti: chi pensava che la giornata di oggi si sarebbe conclusa con i continui dubbi sul destino della politica monetaria, e gli interrogativi assillanti sul tapering del Quantitative easing, ha dovuto ricredersi. Non del tutto, ma in parte.
Così come hanno dovuto ricredersi tutti coloro che temevano un tonfo dell’euro, in quanto convinti che la Bce fosse molto preoccupata per il recente apprezzamento della moneta unica. In concomitanza con il discorso di Draghi, l’euro è volato infatti fino a $1,2059, in crescita di oltre un punto percentuale nei confronti del dollaro.
L’effetto Bce è tuttavia durato il tempo di qualche ora, in quanto verso la fine delle contrattazioni europee, l’euro è sceso dai massimi intraday e anche i tassi sui rendimenti dei bond governativi dell’Eurozona – quelli sui Bund e sui titoli francesi erano balzati di quasi +1% – hanno fatto dietrofront.
Eurocket.
Euro surges over 1% to $1.2050 pic.twitter.com/6628jcwkeE— Jamie McGeever (@ReutersJamie) September 7, 2017
Non solo le indiscrezioni secondo cui Draghi avrebbe riconosciuto la forza dell’euro, nella conferenza stampa di oggi, sono state smentite. Il banchiere ha risposto anche con un no comment a chi gli chiedeva di rilasciare un commento sulle oscillazioni che hanno interessato di recente il forex, fomentate tra l’altro, in gran parte, proprio dai dubbi sulla Bce.
E, alla fine della conferenza stampa tanto attesa, qualche risposta i mercati l’hanno finalmente avuta, dopo il silenzio di quest’estate, che non era stato rotto neanche in occasione del simposio annuale di Jackson Hole.
Ciò che è emerso lascia pensare che ormai anche la Bce si appresta a dire addio all’era del denaro facile: quella tanto criticata dai falchi tedeschi, che fino all’ultimo hanno invitato Draghi a dire basta al QE, come dimostrano le dichiarazioni rilasciate dal ministro delle finanze Wolfgang Schaeuble e da John Cryan, AD di Deutsche Bank, proprio alla vigilia del discorso del banchiere.
L’era degli stimoli monetari ultra accomodanti sembra essere giunta insomma al capolinea, anche se si prevede che un qualsiasi percorso di tapering del Quantitative easing avverrà in modo graduale.
Così Draghi nel corso della conferenza stampa ha illustrato quelle che dovrebbero essere le prossime mosse della Bce, spiegando quali questioni sono state affrontate dal Consiglio direttivo in questo ultimo meeting:
Il banchiere ha reso noto che tutti i membri del Consiglio direttivo hanno affrontato oggi tre questioni: crescita, inflazione, e tasso di cambio.
Riguardo alla crescita, si è concordato sul fatto che l’economia si sta rafforzando, con sei milioni di nuovi posti di lavoro che sono stati creati dalla crisi. Ma rimane necessario, ha aggiunto Draghi, essere pazienti..
Sull’inflazione, c’è stata una lieve revisione al ribasso, dovuta all'”apprezzamento del tasso di cambio”. Draghi ha ammesso in ogni caso che in seno alla Bce esiste una sensazione di “insoddisfazione diffusa” riguardo a dove si trova al momento l’inflazione.
Sull’euro, di fatto alcuni membri hanno espresso le loro preoccupazioni, e la discussione è stata se il valore attuale della valuta rifletta davvero i fondamentali dell’economia dell’Eurozona. Ma a tal proposito Draghi è stato fermo nel ribadire che il tasso di cambio non fa parte della politica della Bce. Detto questo, ha anche aggiunto che la banca centrale europea sta monitorando attentamente la volatilità del forex, dal momento che essa rappresenta una fonte di incertezza.
Alla fine, la grande ammissione c’è stata: non ha riguardato l’euro, come qualcuno aveva previsto giorni fa pensando che il banchiere avrebbe parlato per l’appunto della forza della valuta. Ma ha riguardato piuttosto il tanto temuto tapering del QE.
Draghi ha reso noto infatti che nella Bce ci sono state discussioni “molto preliminari” sul piano con cui l’istituto acquista i titoli di stato e le obbligazioni corporate dell’Eurozona: il piano noto anche come bazooka monetario o, nel caso dell’Italia, scudo BTP, visto che, con l’acquisto anche del debito sovrano italiano, la Bce sta proteggendo i titoli dagli attacchi speculativi.
Tutte queste dichiarazioni hanno cambiato le carte in tavola: se, subito dopo l’annuncio sui tassi della Bce, con cui è stato confermato anche che il QE rimane al momento invariato, sia i tassi sui bond governativi dell’area euro che l’euro hanno ridotto i guadagni, puntando su un Draghi versione “dovish”, ovvero colomba, la frase con cui il banchiere ha detto che la maggior parte delle decisioni sul QE sarà annunciata a ottobre ha impresso una forte virata agli asset.
Dopo essere sceso fino a $1,1916, l’euro così balzato di oltre 1 punto percentuale nei confronti del dollaro, fino a $1,2059 per tornare tuttavia a oscillare sotto la soglia di $1,20 dopo l’euforia iniziale e riagguantarla poco dopo.
Una qualche risposta, Draghi, l’ha data. Ma il numero uno della Bce, oltre a comunicare che le stime sull’inflazione dell’Eurozona sono state riviste al ribasso, ha detto anche di prevedere che il trend dei prezzi convergerà con il target della banca centrale (di poco inferiore al 2%), entro il 2020. Non proprio nell’immediato.
Insomma, passata la sorpresa, una realtà è parsa chiara a tutti, investitori, trader ed economisti: la Bce, come spiega un articolo del Guardian, è pronta a lanciare il tapering del suo bazooka monetario Quantitative easing, ma non ha fretta. Inoltre, anche se ha parlato, Draghi ha cercato di essere il più vago possibile.
“Annunceremo che siamo pronti. Credo che saremo pronti a dire la maggior parte di quanto avremo deciso a ottobre…e se non sarà allora, rimanderemo“.