Dollaro: una salita che può diventare pericolosa
Il dollaro statunitense è salito con forza all’indomani dell’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Ora potrebbe diventare un fattore di rischio per i mercati azionari
Inflazione, politiche monetarie più restrittive, protezionismo. Sono alcune delle parole d’ordine della campagna elettorale che ha portato Donald Trump sulla poltrona di presidente degli Stati Uniti d’America. Parole d’ordine che per il dollaro statunitense significano rafforzamento. E così è stato. Il dollaro ha guadagnato, dal 5 novembre, circa il 3,5% contro l’euro mentre il dollar index è salito del 2,75% circa, testando area 100.
Witold Bahrke, senior strategist di Nordea AM pensa che il biglietto verde potrebbe diventare “uno dei fattori di rischio chiave per i mercati con l’avvicinarsi di fine anno. Un dollaro troppo forte potrebbe portare a un abbassamento del Pil americano il prossimo anno, a un calo dei prezzi delle materie prime e alla ricomparsa dei rischi legati alla valuta cinese”. Il primo è un rischio di medio termine, i secondi potrebbero scaricarsi sui mercati in un lasso di tempo molto più breve. Se pensiamo che prima delle elezioni, a partire da maggio, la moneta americana si era già rafforzata del 7%, i rischi appaiono concreti.
Il dollaro ha annullato tutto il ribasso accumulato nella prima metà del 2016 (dollar index) Fonte: Bloomberg
Materie prime perdenti contro il dollaro
Finora le materie prime hanno tenuto ma quanto a lungo resisteranno ancora? “Noi crediamo – prosegue Bahrke – che non sia sostenibile la combinazione di un dollaro e di materie prime solide, uno dei due deve cedere. O si indeboliscono le materie prime o e il dollaro a dover perdere terreno”. Il dollaro, tuttavia, potrebbe rimanere forte sia per l’aumento dei tassi di interesse da parte della Fed sia in caso di indebolimenti dell’economia americana, l’effetto valuta rifugio. “Nel complesso la probabilità di ulteriore indebolimento delle materie prime da qui ai prossimi mesi è alta. Ciò invertirebbe le tendenze di cambiamento di portafoglio che stiamo sperimentando dalla scorsa estate, con il passaggio dai settori difensivi a quelli ciclici. In altre parole, la solidità del dollaro è una minaccia latente per alcune tra le più popolari negoziazioni nei mercati”.
Nuove pressioni deflazionistiche
“Il rovescio della medaglia del rafforzamento del dollaro è stato l’indebolimento della valuta cinese – riprende Bahrke – che, attualmente, scambia al livello più basso dal 2010, rendendo i prodotti cinesi più economici. Dati che la Cina rimane il polo manifatturiero globale, l’indebolimento della sua moneta favorisce le esportazioni ma composta anche un aumento delle pressioni deflazionistiche a livello globale che pone fine all’attuale dibattito sulla reflazione e un rischio di ribasso per gli asset rischiosi, in particolare per i mercati emergenti”.
Deja-vu 2015
Secondo lo strategist di Nordea AM, dopo un 2016 costruttivo anche grazie al deprezzamento del dollaro di inizio anno, potrebbero riapparire i rischi che hanno innervosito i mercati nel 2015. “Potrebbe persino impedire alla Fed di alzare i tassi a dicembre, perché un dollaro più forte genera un inasprimento delle condizioni finanziarie”.