Notizie ETF Dentro la Grande Muraglia con gli ETF

Dentro la Grande Muraglia con gli ETF

Pubblicato 12 Novembre 2012 Aggiornato 26 Settembre 2022 08:39

L’8 novembre è iniziato a Pechino il 18° Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese con 2.270 delegati chiamati a nominare la ristretta cerchia di funzionari che comporranno il nuovo Politburo chiamato a guidare il Paese nei prossimi anni. Per la Cina si tratta di una tappa importante che segnerà un netto cambio di guardia ai vertici con 7 dei 9 esponenti del Comitato Permanente che dovranno essere rinnovati per limite di durata del mandato o restrizioni di età. Xi Jinping e Li Keqiang sono i favoriti per succedere rispettivamente a Hu Jintao e Wen Jiabao nei ruoli di presidente della Cina e di primo ministro. “Aumentano i segnali che confermano come i leader cinesi stiano spostando nuovamente la loro attenzione dalla politica all’economia – sostiene Cheuk Wan Fan, Head of Research Asia Pacific di Credit Suisse che pone l’accento sul fatto che i segnali positivi di stabilizzazione della crescita e la diminuzione del rischio politico dovrebbero favorire le azioni cinesi. L’esperto di Credit Suisse elenca alcuni fattori – la fine del deterioramento degli utili, le valutazioni molto ridotte e il miglioramento dei fattori tecnici – che dovrebbero portare verso una sostenibilità della ripresa nell’ultimo trimestre dell’anno. “Alla Cina si chiede più spesa pubblica, più infrastrutture, più credito e un costo del denaro più basso – evidenzia Alessandro Fugnoli, strategist di Kairos Partners SGR – tutte misure che dovrebbero agire sul lato della domanda”. In  tal senso Li Keqiang, attuale vice premier e probabile successore di Wen alla guida dell’esecutivo, ha recentemente aperto alla via di una riduzione della tassazione delle imprese per stabilizzare la crescita e procedere sulla strada della trasformazione strutturale. Dichiarazioni che, secondo Cheuk Wan Fan, lasciano pensare che dopo la transizione della leadership, le politiche di sostegno alla crescita e le riforme strutturali avranno maggiori prospettive.

Niente hard landing, ma si va verso una “nuova normalità”
Gli ultimi segnali arrivati dalla Cina sono di una buona tenuta nonostante il ritmo di crescita economico sia ai minimi da oltre 3 anni (+7,4% annuo nel terzo trimestre). Il temuto hard landing (atterraggio duro dell’economia) non c’è stato, ma probabilmente bisognerà abituarsi a vedere la Cina procedere a una velocità di crociera inferiore rispetto a quella tenuta nell’ultimo decennio anche alla luce del nuovo modello di sviluppo che Pechino intende implementare, con più attenzione ai consumi interni e meno spinta all’export. In tal senso l’agenzia di rating Fitch vede un rallentamento della crescita reale nel range 7-8% nel periodo 2012-2014 rispetto al ritmo tra il 9% e il 10% tenuto dal 2008 al 2011. “Un modello di consumo più forte – rimarca Fitch – a discapito della produzione industriale pesante si inserisce all´interno di un progressivo processo di riequilibrio economico, anche se è troppo presto per concludere che questo processo procederà rapidamente e senza intoppi”. L’agenzia di rating stima comunque che entro la fine dell’anno la crescita ritorni nell’ordine dell’8% per attestarsi all’8,2% nel 2013. Stesso tasso di crescita per il 2013 è indicato dall’ultimo outlook diffuso lo scorso mese dal Fmi.

Inversione di tendenza per l’azionario cinese
In attesa dei verdetti che usciranno dal Congresso probabilmente nel corso della prossima settimana, il rischio politico non appare più turbare gli investitori che negli ultimi mesi hanno ripreso a posizionarsi sull’azionario cinese tra i più penalizzati nella prima metà dell’anno. Così dai minimi di inizio settembre l’indice Hang Seng China Enterprice Index (Hscei) ha fatto registrare un rimbalzo nell’ordine del 19% e viaggia ancora a livelli praticamente dimezzati rispetto ai massimi storici toccati nel 2007. Ripresa meno convinta per lo Shanghai Composite che viaggia solo il 5% sopra i minimi annui e presenta ancora un saldo 2012 negativo. Sarebbe il terzo consecutivo in rosso con l’indice che presenta multipli poco superiori a 11 volte gli utili, livelli più bassi dal 2008. L’anno dopo nel 2009, l’indice fu protagonista di una portentosa risalita con valori raddoppiati in 12 mesi. 

Tornano gli afflussi sugli ETF cinesi
Il ritorno di interesse verso l’equity cinese si è visto anche tra gli ETF con a ottobre afflussi per 2,8 miliardi di dollari a livello globale sui replicanti aventi come sottostanti la Cina (dati ETP Landscade Report di ottobre curato da BlackRock) . Sul mercato EtfPlus di Borsa Italiana si contano nove ETF che permettono di investire sull’azionario cinese, uno dei quali (il db x-trackers HSI Short Daily Index ETF) replica all’inverso il rendimento su base giornaliera dell’Hang Seng Index. Gli altri replicanti proposti dai vari emittenti permettono di prendere posizione su alcuni dei principali indici cinesi. Guardando alle performance da inizio 2012 spicca il +22% del Powershares Ftse Rafi Hong Kong China, l’unico degli otto che si rifà a un indice che segue quattro criteri fondamentali (book value, utili, ricavi e dividendi) nel selezionare le società quotate a Hong Kong da inserire sul FTSE RAFI Hong Kong China. Rispetto all’indice a capitalizzazione, il Ftse Hong Kong China presenta una migliore performance nel lungo periodo (+31,1% a 3 anni rispetto al +27,1% del Ftse HK China) abbinata però a una maggiore concentrazione del rischio sui titoli più rappresentativi (56,18% i primi 10 titoli rispetto al  37,5% del Ftse HK China) con il primo titolo (Hutchison Whampoa) che pesa per quasi il 12% sul totale nell’indice fondamentale e per il 5,6% in quello classico.
Per gli investitori che desiderano accedere al mercato cinese attraverso le cosiddette  “A-shares”, ossia quelle azioni che offrono un’esposizione diretta alla valuta cinese, ci sono due ETF, il Credit Suisse ETF (IE) on CSI 300 e il Db X-Trackers Csi300 Index Etf. Questi ETF permettono agli investitori di beneficiare di un eventuale apprezzamento del renminbi nei confronti dell’euro. In questi come negli altri indici a capitalizzazione va considerata la  forte presenza di titoli finanziari che sovente contano per oltre un terzo sul totale.