Delisting a ritmo record. Tanti ETF europei non raggiungono la “taglia” minima
In tempi di spending review anche gli emittenti di ETF guardano ai costi legati al mantenimento in quotazione di alcuni fondi a gestione passiva che non hanno riscosso grande successo. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati 231 i delisting di ETF/ETP dai mercati europei, un ritmo record che si confronta con l’uscita di Borsa di 189 replicanti nel corso dell’intero 2012. In Europa negli ultimi anni si era assistito a un aumento considerevole dei replicanti quotati – a fine giugno erano 1.954 tra ETF ed ETP con 6.156 prodotti complessivamente presenti nei vari mercati (dati ETFGI) – con una forte frammentazione rispetto al mercato statunitense dove il totale degli ETF è 1.478 senza duplicazione di listing. Parallelamente in Europa sono diminuite le nuove quotazioni, pari a 295 nel primo semestre di quest’anno rispetto alle 758 dell’intero 2012.
Un contesto di eccesso di offerta che comporta il proliferare di fondi incapaci di raggiungere una massa critica sufficiente da giustificare la loro permanenza sui listini. Gli ETF che attualmente presentano masse in gestione superiori ai 100 milioni di dollari – solitamente identificata come massa critica di breakeven per considerare un fondo o ETF in grado di coprire adeguatamente i suoi costi – sono solo un quarto dei totali quotati in Europa. Deborah Fuhr, managing partner di ETFGI, rimarca come addirittura i due terzi viaggiano sotto i 50 mln di asset under management e un terzo sotto i 10 mln. “Le società emittenti stanno pertanto iniziando ad adeguare la loro offerta – rimarca la Fuhr – riducendo il numero di cross-listings al fine di risparmiare sui costi e di concentrarsi si mercati più liquidi”.
Tra i maggiori listini europei è Borsa Italiana a guidare la classifica 2013 dei maggiori delisting, pari a 57 nei primi sei mesi dell’anno e altri 11 sono già stati annunciati. Segue l’Euronext di Parigi con l’uscita di 43 fondi, Francoforte con 35 e Londra con 34. Il singolo emittente con più delisting risulta Lyxor con 53, seguito da Rbs con 42 e iShares con 40. Borsa Italiana paga in particolare il fatto che non ci sono emittenti italiani e pertanto sovente la quotazione in Italia rappresenta quella secondaria rispetto a quella sul mercato domestico dell’emittente. Una componente a sfavore di Borsa Italiana sono gli elevati costi di prima quotazione, pari a 8.500 euro per singolo ETF, più del doppio rispetto ai 3.500 euro di Francoforte e superiore anche ai 7.500 di Parigi. C’è poi il corrispettivo semestrale che su Borsa Italiana è dipendente dal patrimonio gestito: 500 euro per patrimonio sotto i 100mln di euro; 2.000 euro tra i 100 e 750 mln; 4.00 euro tra 750 a 1,5 mld; 6.000 euro oltre gli 1,5 mld.