Da Istat nuovi segnali no per economia. Tria punta su infrastrutture e su Tav torna a provocare Di Maio
Ennesima notizia no dal fronte economico italiano: i numeri che vengono snocciolati dall’Istat non sono di buon auspicio. Piuttosto, non fanno altro che alimentare le preoccupazioni su come sarà questo 2019, che appare sempre più incerto soprattutto se si considerano i primi dati arrivati da inizio anno. Il ministro dell’economia Giovanni Tria continua a mostrarsi cautamente ottimista e sottolinea l’importanza della crescita delle infrastrutture.
In un momento in cui molti danno la sua poltrona a dir poco traballante, Tria si rimette di nuovo in rotta di collisione con il vicepremier e leader del M5S Luigi Di Maio nel momento in cui, a margine del Business Forum Italia-Francia in corso a Versailles, risponde a una domanda sulla Tav affermando di credere che il governo “stia andando in questa direzione”:
“Ci sono posizioni differenti nel governo ma credo che ci sarà un’evoluzione positiva perché sono i fatti che ci portano su questa direzione. Del resto, c’è una legge su questo e per cambiare ci sarebbe bisogno di un’altra legge, ma non credo sarà così”.
L’economista titolare del Tesoro ricorda come il modo cruciale per rilanciare la ripresa dell’economia sia quello di stimolare gli investimenti. A suo avviso, è necessario infatti dare “un segnale forte” e pensare a misure che favoriscano “la ripresa dei settori chiave del manifatturiero e dell’edilizia“.
“Possiamo iniziare già oggi a disegnare misure che favoriscano la ripresa nei settori chiave del manifatturiero e dell’edilizia“, precisa.
Sui numeri dell’Istat? Tria risponde:
“I dati sono arrivati un’ora fa e non ho fatto in tempo ad esaminarli. Ma è chiaro che risentono di un fatto già noto, un forte rallentamento nel secondo semestre del 2018. Noi abbiamo avuto degli impatti negativi sulla crescita del Pil”.
Da Istat nuovi timori per Pil e debito
L’Istat ha reso noto che nel 2018 il Pil italiano ha messo a segno una crescita dello 0,9%, a un ritmo quasi dimezzato rispetto al +1,6% del 2017, e meno della stima preliminare dello stesso istituto, pari a +1%. Il trend è anche peggiore delle stime del governo M5S-Lega, che per l’anno scorso aveva stimato una espansione pari a +1%.
A fronte del rallentamento della congiuntura, il debito pubblico italiano è salito al 132,1% del Pil nel 2018, livello record in assoluto, che ha superato il massimo testato in precedenza, nel 2014, pari al 131,8%.
Così in una nota Paolo Mameli di Intesa SanPaolo commenta i dati Istat, lanciando un alert sui conti pubblici, eterna ferita aperta dell’Italia:
“I dati odierni confermano il rallentamento dell’economia italiana. Nel
2018, la crescita del PIL, specie in termini nominali, è stata inferiore alle attese, il che aumenta i rischi sui target di finanza pubblica per l’anno in corso (il trascinamento negativo dall’anno scorso è di due decimi sul deficit e quasi mezzo punto sul debito)”.
D’altronde, non c’è grande ottimismo – a parte quello del governo M5S-Lega – sul 2019. Intesa conferma che “la tendenza per l’economia non sembra migliorata nei primi mesi del 2019, che hanno visto una risalita della disoccupazione e un ulteriore calo degli indici di fiducia delle imprese. Ciò fa salire il rischio che l’attesa ripresa dell’attività economica non si materializzi nemmeno in primavera”.
“Proprio in conseguenza della minore crescita nominale, i principali
indicatori di finanza pubblica risultano peggiori del previsto – si legge ancora nella nota di Mameli – Il rapporto deficit/PIL è stato pari al 2,1%, contro l’1,9% incluso nello scenario programmatico del governo (sia pur in miglioramento rispetto al 2,4% del 2017). Lievemente peggiore delle attese anche l’avanzo primario, salito all’1,6% del PIL dopo l’1,4% dell’anno precedente (l’obiettivo governativo era pari all’1,7%). Il rapporto debito/PIL è salito al 132,1%, dal 131,3% del 2017. Il dato si confronta con l’obiettivo governativo di 131,7%. In sintesi, sia il rapporto deficit/PIL che il rapporto debito/PIL sono risultati più alti del previsto (di due decimi e di quattro decimi rispettivamente). Ciò soprattutto a causa della crescita inferiore al previsto del PIL ai prezzi di mercato”.
“Ciò – scrive Mameli di Intesa SanPaolo – ceteris paribus, peggiora il percorso tendenziale di finanza pubblica per l’anno in corso. Solo per via del trascinamento dall’anno precedente, nel 2019 il deficit potrebbe salire al 2,2% (contro il target del 2%), e il debito potrebbe attestarsi al 131,1% (invece che al 130,7% come da obiettivo governativo). Tuttavia, il consuntivo 2019 potrebbe essere peggiore laddove si considerino ipotesi più realistiche sulla crescita. Con un PIL in aumento di 0,6% (che coincide con lo scenario inerziale sulla base del quale sono state fatte le previsioni sui ricavi), le conseguenze sarebbero limitate sul deficit (che potrebbe essere contenuto al 2,1% grazie all’utilizzo del fondo di 2 miliardi previsto dall’accordo con la Ue), ma l’impatto sarebbe significativo sul debito (che potrebbe raggiungere il 132,5%). Con una crescita zero quest’anno, il deficit salirebbe al 2,4% e il debito al 133,5%. La dinamica del debito sarebbe anche meno incoraggiante se il governo non dovesse centrare l’obiettivo ambizioso di un piano di privatizzazioni pari al punto di PIL già quest’anno”.