Cosa traina il Dollaro?
Pubblichiamo un contributo di Michael Riddell, M&G Fixed Interest Team
Si cerca di attribuire qualunque cosa alla performance del Dollaro, ma la realtà è che negli ultimi 18 mesi, o almeno fino a venerdì scorso, la sua performance è stata quasi interamente dovuta alla propensione o all’avversione al rischio degli investitori in ogni giorno specifico. Lo si può vedere nel grafico, che propone l’andamento dell’indice S&P 500 contro quello del Dollaro. L’indice del Dollaro misura il Dollaro contro un paniere delle sei principali valute. I due indici hanno avuto un andamento abbastanza vicino negli ultimi sei mesi, con una correlazione pari a -0.94.
La stretta correlazione negativa tra Dollaro e asset rischiosi può essere spiegata con il carry trade sulle valute. Dopo il salvataggio di Bear Stearns a marzo 2008, il carry trade ha rallentato rapidamente, portando a rendimenti minori e all’outperformance delle valute a minor rischio come il Dollaro americano e lo Yen giapponese. Quest’anno il carry trade è tornato, perché gli investitori alla ricerca del rischio hanno sfruttato i bassi tassi d’interesse americani per chiedere prestiti in Dollaro a prezzi quasi nulli, utilizzando il ricavato per investire in valute a rendimento più elevato come il Dollaro australiano o il Real brasiliano.
Tradizionalmente, la Federal Reserve non ha mai aumetato i tassi d’interesse fino a che la disoccupazione ha iniziato a scendere per un certo tempo. Dati positivi sulla disoccupazione fanno crescere, quindi, il rischio che la Fed inizierà ad aumentare i tassi il prossimo anno. L’aumento dei tassi ha il potenziale per alterare radicalmente il comportamento del Dollaro americano. A prova di questo, basta guardare cosa è successo tra marzo 2004 (quando i mercati hanno iniziato a prezzare una serie di aumenti dei tassi da parte della Fed) e la fine del 2005 (quando anche la BCE ha iniziato ad aumentare i tassi) – in un ambiente di crescente propensione al rischio, il Dollaro si è apprezzato di quasi il 12% rispetto allo Yen, del 7% rispetto alla Sterlina, e del 4% rispetto all’Euro e al Dollaro australiano, nonostante lo status di valuta ‘rifugio’ del Dollaro americano.
A questo punto è facile leggere fin troppo nei dati positivi sulla disoccupazione di venerdì scorso, ovvero un uccello non fa primavera, anche se è molto probabile che sia proprio un uccello ad annunciarla. Le dichiarazioni rilasciate da Bernanke lunedì suggeriscono che probabilmente non ci sarà un rialzo dei tassi prima della seconda metà del 2010. Tuttavia, l’indebolimento costante del dollaro è ora un po’ meno scontato.