Confindustria: Squinzi, imprese muoiono di fisco
“Le nostre aziende stanno soffrendo, forse anche morendo di fisco”. Questo il nuovo allarme lanciato ieri da Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, nel corso del XXVII Convegno di Capri dei Giovani Imprenditori di Confindustria. Secondo il leader degli industriali in questo momento servirebbe “una spending review molto più decisa e tutti i fondi che si liberano dovrebbero essere destinati alla riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, le imprese, i cittadini”. Squinzi non ha perso l’occasione per lanciare una frecciata verso Palazzo Chigi sostenendo che “il Governo sta facendo delle cose ma non tutte quelle necessarie per il salto di qualità”.
Sulla stessa lunghezza d’onda le parole del presidente dei giovavi industraili, Jacopo Morelli, che, nel discorso di apertura (venerdì 26 ottobre) ha dichiarato che “il rigore è essenziale per il nostro credito internazionale e l’Italia ha già superato i controlli. Lo ha fatto sostenendo il peso di una pressione che, per chi paga onestamente le tasse, è cresciuta così tanto da diventare una confisca”. Morelli ha poi sottolineato che la pressione fiscale ufficiale, in Italia, toccherà nel 2012 il 45% del Pil. Il cuneo fiscale e contributivo è tra i più elevati dell’Ocse: il 53% contro unamedia dell’Unione Europea del 41%. L’onere sulle imprese italiane quest’anno sarà superiore al 68%. “Sì, è una confisca. Ci dispiace dover ricorrere ai toni forti”.
Di pressione fiscale ha parlato anche il direttore generale di Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni. Quest’ultimo ha dichiarato che “la pressione fiscale è eccessiva, soprattutto su chi paga regolarmente le imposte”. E ha aggiunto: “Bisogna riallocare il carico fiscale, ridurre le imposte su lavoro e imprese e trovare i fondi altrove, attraverso la riduzione delle spese improduttive e dell’evasione e, nei limiti del possibile, caricando le quote più alte di reddito e ricchezza del Paese”. Saccomani ha tuttavia difeso la politica del rigore adottata dal Governo sostenendo che non c’erano altre strade da percorrere per uscire dalla crisi.