Cable azzera le perdite, per operatori impatto Brexit inferiore alle stime
Avvio di ottava altalenante per il cable. In una seduta priva del faro dei listini statunitensi, la sterlina ha registrato un indebolimento a seguito della pubblicazione dell’indice Pmi relativo il comparto delle costruzioni che, causa Brexit, a giugno è sceso da 51,2 a 46 punti (sui minimi dal 2009 e sotto la soglia dei 50 punti che separa espansione e recessione dell’attività economica).
Sceso fino a 1,3239 dollari, il cambio GBP/USD passa di mano a 1,3284 (+0,17%) dopo la notizia che Nigel Farage, il leader dell’Independence Party, lascerà la guida del partito. “Sento di aver fatto la mia parte, non potrò fare di più e per questo penso sia giusto che lasci la guida dell’UKIP”, ha detto Farage nel corso di un incontro con la stampa. I mercati stanno invece interpretando la notizia come un nuovo colpo al fronte del “Leave” che potrebbe portare a un clamoroso ripensamento.
Joshua Mahony di IG conferma la sua view ribassista “fino a che non assisteremo a una chiusura oraria sopra 1,3504 dollari”. “Supporti chiave sono fissati a 1,3206 e 1,3121”, rileva l’esperto. Prospettive “bearish” anche per Barclays Capital che fissa target al ribasso “verso le aree a 1,3015 e 1,2750”.
La sterlina potrebbe invece contenere le perdite per Robin Brooks, Silvia Ardagna e Michael Cahill di Goldman Sachs Macro Markets Strategy. Riteniamo che l’uscita dall’Unione europea possa innescare una forte dose di incertezza e penalizzare la crescita britannica ma non crediamo che ci sarà una grande discesa del pound, rilevano i tre. Per GS il cambio tra il pound e il biglietto verde si attesterà a 1,32 nel giro di tre mesi per salire a 1,34 e 1,35 in sei e dodici mesi.
A sostenere la sterlina ci potrebbero pensare i flussi di capitale, visto che anche dopo il voto “i mercati stanno funzionando normalmente, i capitali si muovono normalmente e, a livello globale, gli operatori stanno rilevando che si tratta di uno shock minore per l’economia globale”.