Bpm si piega al diktat di Bankitalia: aumento da 1,2 mld. Analisti guardano ad Unicredit
Impossibile sfuggire al diktat di Banca d’Italia. La Banca Popolare di Milano mette al bando le baruffe e fa quadrato. L’aumento di capitale si farà e sarà maxi. Altro che 600 milioni di euro, la ricapitalizzazione in Piazza Meda potrebbe arrivare a sfiorare 1,2 miliardi di euro. Dopo oltre 5 ore di consiglio straordinario è arrivata la risposta a Palazzo Koch, contenuta in un comunicato di quattro pagine, approvato all’unanimità dai consiglieri ma dopo una discussione piuttosto accesa. Il Cda, preso atto dei rilievi e delle richieste della Banca d’Italia e, nel riservarsi di esprimere le proprie controdeduzioni ai rilievi ispettivi nei termini di legge, ossia 60 giorni ha deciso di adottare provvedimenti idonei a recepire le prescrizioni dell’Autorità di Vigilanza.
Il board presieduto da Massimo Ponzellini ha messo a fuoco il programma: il prossimo 25 giugno verrà convocata un’assemblea straordinaria chiamata ad approvare una ricapitalizzazione per un importo massimo di 1,2 miliardi di euro, mediante l’emissione di nuove azioni da offrire in opzione agli azionisti e ai portatori di obbligazioni convertibili. A mettere a punto i dettagli ci pensaranno Banca Akros e Mediobanca. Dopo Ubi, Intesa Sanpaolo, Mps anche per la Milano la strada è ormai ufficialmente segnata. Con l’aumento di capitale, accompagnata dalla vendita – varata sempre ieri – dell’81% di Bipiemme Vita al gruppo francese Covea per 243 milioni di euro, Bpm conta di poter disporre di un core Tier 1 capital al 2011 dell’8,6%. E con la rimozione dei requisiti patrimoniali aggiuntivi in virtù del venir meno delle criticità evidenziate dalla Banca d’Italia, la banca ritiene di raggiungere un Core Tier 1 capital al 2013 del 9,8%, ovvero in linea con quanto previsto da Basilea 3.
Gli analisti davano per scontato l’operazione, ma non pensavano che l’ammontare potesse essere così importante. Intermonte aveva messo in conto che Bpm per avere un Core Tier 1 ratio al 8% avrebbe dovuto ricapitalizzare per
900 milioni di euro circa, per tener conto delle maggiori RWA, del rimborso dei Tremonti Bonds e della mancata conversione di 406 milioni del convertibile, il che avrebbe comportato una diluzione sull’eps del 50% circa. Equita stimava unn aumento di capitale da 800 milioni a un miliardo di euro. E adesso che il sasso è buttato, prima di giugno, si procederà attraverso altri due step: il 12 maggio il pacchetto completo sarà votato in occasione del Cda del 12 maggio, mentre per il 3 maggio è previsto un’altra riunione del consiglio, definita interlocutoria, ma necessaria a definire l’ammontare esatto della ricapitalizzazione. Ieri per i sindacati-azionisti della Bpm, che nelle ultime settimane avevano fatto muro alla proposta di effettuare l’iniezione di capitale ventilata dal presidente Massimo Ponzellini non c’è stato diritto di replica. Per evitare il rischio della Milano, di ritrovarsi ultima tra le grandi cooperative a ricapitalizzare a un prezzo sempre più salato è intervenuta Banca d’Italia.
La sessione di lavori straordinaria è stata sfruttata per il fare il punto anche su altre misure quali l’incremento a 5 del numero massimo delle deleghe di voto statutariamente consentite (l’assemblea di bilancio di fine aprile è già chiamata a portarle a 3); una radicale semplificazione e riorganizzazione del gruppo; miglioramenti strutturali del sistema informatico; riallocazione degli impieghi per settore merceologico; dismissione di partecipazioni di minoranza non strategiche; ridefinizione delle politiche di remunerazione e di incentivazione; riduzione delle strutture dei costi e conseguente incremento della produttività. Mentre è rimasto ancora in secondo piano il progetto di Banca Unica che passa attraverso l’incorporazione delle altre due banche del gruppo, ovvero Alessandria e Legnano.
Adesso gli occhi del mercato guardano a Piazza Cordusio. L’ultima delle big five che saranno passate al setaccio dagli stress test di giugno è attesa alla prova della ricapitalizzazione. E le cifre del toto aummento per Unicredit fioccano. Anche il Financial Times lo scrive: entro la fine dell’anno Unicredit varerà un aumento di capitale che per Citi potrebbe arrivare a 8,5 miliardi di euro. L’Ad dell’istituto Federico Ghizzoni ha dichiarato che il 2011 sarà l’anno della svolta per la redditività di piazza Cordusio. Nel primo trimestre, a detta del Ceo, si assisterà alla ripresa dell’attività commerciale in Italia, al buon andamento dell’investment banking e al calo del costo del credito. Equita, per i primi 3 mesi dell’anno, si aspetta un rialzo del 3% delle commissioni, accantonamenti per 1,3 miliardi di euro dai 1,79 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Su un eventuale aumento di capitale la risposta di Ghizzoni per ora è “no”.
Peccato che non ci creda nessuno. “Nel complesso dall’intervista abbiamo notato segnali positivi sul primo trimestre 2011, ma resta il problema del capitale – segnalano alla sim milanese -. Dopo la mossa di Intesa pensiamo che sia inevitabile anche per Unicredit procedere al rafforzamento patrimoniale”. “L’aumento di capitale deciso da Intesa farà salire l’asticella sul capitale, che il mercato già prevede al 10% di Core Tier1 per le grandi banche”, dicono invece a Bank of America Merrill Lynch. Tuttavia la mossa preventiva di Ca de Sass che ha imboccato la strada della ricapitalizzione non avrà secondo il broker implicazioni dirette su Unicredit e su altri grandi istituti del credito italiano. Questo però non salverà Piazza Cordusio dal fare un passo obbligato: quello dell’aumento di capitale. “Prevedendo un Core Tier 1 2013 al 10%, stimiamo che l’aumento di capitale di Unicredit potrebbe essere di almeno 7 miliardi, anche se le indicazioni di Basilea 3 suggeriscono che l’ammanco potrebbe anche essere maggiore”, calcolano anche gli analisti finanziari dell’istituto americano.