Bond Eurozona: effetto Draghi sui tassi, biennale tedesco ai minimi storici
Effetto Draghi sui bond dell’Eurozona. Le parole del numero uno della Banca centrale europea, che si riunirà il prossimo 3 dicembre, stanno schiacciando sempre più in basso i rendimenti dei titoli di Stato di Eurolandia. Ieri i verbali dell’ultimo meeting della Bce e questa mattina il discorso del governatore hanno ribadito che l’Eurotower è pronta ad agire subito per sostenere la dinamica dell’inflazione. Tre sostanzialmente le nuove carte che potrebbe giocare Draghi: l’allungamento del quantitative easing, le modifiche all’attuale programma e il taglio del tasso sui depositi (attualmente negativo per lo 0,2%).
Attualmente il QE in salsa europea consiste in acquisti di titoli per 60 miliardi di euro al mese con un limite temporale fissato a settembre 2016. La Bce potrebbe sia aumentare l’ammontare mensile degli acquisti sia spostare più avanti nel tempo il termine del piano di stimoli monetari. Ma non solo: sul tavolo c’è anche l’ipotesi di acquistare altre tipologie di titoli, per esempio i bond regionali o i corporate bond.
Queste attese hanno avuto riflessi evidenti sui bond governativi dell’Eurozona. Se si guardano le scadenze corte i rendimenti dei titoli di Stato viaggiano quasi tutti sottozero: emblematico è il caso della Germania, dove i bond governativi mostrano rendimenti negativi fino alle scadenza quinquennali. Questa mattina il rendimento del biennale tedesco (Schatz) ha aggiornato i minimi storici a -0,389 per cento. Negli ultimi dieci anni il tasso dello Schatz biennale ha toccato i massimi nel giugno 2008 al 4,694 per cento.
Sulla scadenza decennale si può notare che l’Oat francese rende circa lo 0,8%, sui minimi degli ultimi cinque mesi così come il Bund tedesco, il cui rendimento è inferiore allo 0,50 per cento. Sono invece poco sopra i minimi sia il Btp italiano sia il Bonos spagnolo. Discorso a parte merita la Grecia: il tasso del bond ellenico a dieci anni si attesta in area 6,75%, ai minimi dall’ottobre 2014, sostanzialmente dimezzato rispetto al 13,23% toccato lo scorso aprile nel pieno dello spettro “Grexit”.