Notizie USA Bazooka fiscale Trump ed effetto boomerang: così schizzeranno i debiti di aziende e famiglie

Bazooka fiscale Trump ed effetto boomerang: così schizzeranno i debiti di aziende e famiglie

27 Aprile 2017 12:06

Che abbia tutte le caratteristiche per essere definito bazooka fiscale, non c’è alcun dubbio. La riforma proposta dal presidente Usa Donald Trump e presentata dal segretario al Tesoro Steven Mnuchin e da Gary Cohn, direttore dello US National Economic e consulente economico numero uno dello stesso Trump, sa davvero di rivoluzione.

Taglio della corporate tax, ovvero delle tasse imposte alle aziende, di più della metà, dal 35% al 15%. Deduzioni fiscali che vengono raddoppiate per gli individui. Abolizione di diverse tasse al momento in vigore, come quella legata alla riforma dell’Obamacare e quella sulla successione. Taglio del tetto delle tasse sulle persone fisiche dal 39,6% al 35%.

Come ha detto un più che scettico Leon Panetta, ex direttore della divisione di budget dell’amministrazione Clinton, le misure proposte dall’amministrazione Trump sembrano essere uscite dal paese delle favole.

Proprio per questo, i mercati azionari, ad iniziare da Wall Street, non hanno certo brindato alla notizia. Ma qual è l’outlook che gli analisti hanno sull’impatto che l’annuncio avrà sui mercati nei prossimi giorni, o settimane?

Intervistato dalla Cnbc Jim Caron, gestore della divisione di reddito fisso di Morgan Stanley Investment Management, sottolinea che se ci fosse fiducia sul successo di una tale manovra, il cosiddetto Trump trade sulla reflazione – che ha caratterizzato i mercati soprattutto nelle settimane successive alla vittoria di Trump all’Election Day – tornerebbe in primo piano.

“I titoli azionari balzerebbero verso l’alto, così come anche i tassi sui bond..”. Tuttavia, “il punto è che c’è una bella dose di scetticismo sulla possibilità che tale piano riesca a essere approvato (dal Congresso). Il mercato dei Treasuries è scettico e il mercato azionario sta tentando di prendere una decisione” sulla direzione da imboccare.

Peter Boockvar, responsabile analista di mercato presso The Lindsey Group, sottolinea che i mercati si interrogano al momento sul modo in cui gli enormi tagli alle tasse riuscirebbero a finanziarsi da soli, garantendo una crescita economica maggiore che alla fine garantirebbe un incremento delle entrate. Sull’altro piatto della bilancia, c’è la paura del boom del deficit, delle entrate fiscali che verrebbero perse, facendo lievitare deficit e debito.

Così Scott Clemons, responsabile strategist degli investimenti per Brown Brothers Harriman:

“La mia impressione è che nessuno conti (sul successo della riforma). Ci sono alcuni aspetti della manovra che non piacerebbero ai membri del Congresso. A Washington e dentro il partito Repubblicano ci sono ancora quei falchi sui deficit” che faranno sentire la loro voce”.

Clemons è poi scettico sul successo della tassa (che dovrebbe essere pari al 10% e che verrebbe applicata solo una volta) sul rimpatrio dei profitti che le aziende hanno realizzato all’estero. (Mnuchin a tal proposito ha parlato di trattative in corso con il Congresso, senza rivelare tuttavia il tasso e limitandosi ad affermare che una misura del genere riporterebbe negli Usa “trilioni” di dollari dall’estero). Cosa a cui Clemons non crede, in quanto stimaal massimo un rimpatrio del valore di $600-700 miliardi, rispetto al valore superiore ai $2 trilioni parcheggiato ora dalla Corporate America all’estero.

“Molto di quel cash è offshore per ragioni che non hanno nulla a che vedere con la struttura fiscale”. In ogni caso, “questo è un elemento del piano che avrebbe un supporto bipartisan piuttosto buono” e che dunque potrebbe essere approvato anche come misura a sé stante, e al di fuori del testo della riforma fiscale.

Boockvar consiglia ai trader di tenere sotto osservazione le oscillazioni del mercato dei bond. Gli investitori a suo avviso “si staranno certamente chiedendo se (Trump) riuscirà ad avvicinarsi a ottenere ciò che vuole. Se ci riuscirà, il tasso sui Treasuries a 10 anni potrebbe avvicinarsi al 2,60% nella fascia alta del range”.

Se poi la riforma passasse la prova del Congresso, i tassi di interesse continuerebbero a salire, scontando anche l’adozione di misure di politica monetaria più restrittive da parte delle banche centrali. Ci sono tra l’altro diversi economisti che prevedono che la Fed tornerà ad alzare i tassi a giugno.

Sempre Boockvar fa notare l’impatto che il bazooka fiscale avrebbe sulle aziende:

“I benefici fiscali potrebbero essere compensati dal costo più alto del capitale. Nella Corporate America è stato accumulato così tanto debito negli ultimi dieci anni, che non si può guardare ai tagli fiscali e basta. E sarà il mercato dei bond a dire cosa i mercati penseranno su quanto Trump sarà capace di fare, su quale sarà l’impatto sulla crescita e sul deficit che verrà creato”.

L’esperto riporta che “in base ai dati relativi al quarto trimestre, il debito totale delle aziende Usa si attesta a $13,47 trilioni”.

Partendo da questo presupposto Boockvar fa notare che, se i tassi di interesse balzassero di 100 punti base, o dell’1%, le aziende si troverebbero a far fronte a un aumento delle spese di interessi pari a $135 miliardi. Le famiglie si troverebbero invece a versare spese per interessi aggiuntive per un valore $147 miliardi, su tutto ciò che va dai mutui alle carte di credito, dai prestiti agli studenti all’acquisto di un’auto.

LA RIFORMA FISCALE DI TRUMP: TUTTO QUELLO CHE C’E’ DA SAPERE

I pilastri della cosiddetta rivoluzione fiscale sono il taglio delle tasse alle aziende dal 35% al 15%; la riduzione degli scaglioni di imposta per i contribuenti da sette a tre (al 10%, 25%, 35%), il taglio del massimo delle tasse applicato ai redditi individuali dal 39,6% al 35%.

La proposta, schematizzata in una pagina, porta il titolo “Tax Reform for Economic Growth and American Jobs” (Riforma fiscale per la crescita economica e l’occupazione americana).

Il sottotitolo recita “The Biggest Individual and Business Tax in American History”, ovvero “Il taglio delle tasse per le aziende e gli individui più imponente della storia americana).

Si inizia con il paragrafo “Obiettivi per la riforma fiscale”:

1) Far crescere l’economia e creare milioni di posti di lavoro

2) Semplificare le nostre gravose leggi fiscali.

3) Assicurare un sollievo fiscale alle famiglie americane, specialmente a quelle della classe media.

4) Abbassare le tasse alle aziende facendo scendere quello che è il tasso tra i più elevati al mondo a quello tra i più bassi.

Il secondo paragrafo è intitolato “Individual Reform”, ovvero riforma individuale, e si riferisce alla tassazione sulle persone fisiche:

Si fa riferimento nuovamente all’esigenza di sollevare le famiglie, soprattutto quelle che percepiscono un reddito classificato come medio, dal carico fiscale.

1) Ridurre gli scaglioni fiscali da 7 a 3, pari al 10%, al 25%, e al 35%.

2) Raddoppiare le deduzioni fiscali.

3) Abolire l’Alternative Minimum Tax e garantire l’esenzione fiscale sui primi 24.000 dollari che una coppia guadagna.

4) Abolire la tassa sulla successione

E ancora, abolire la tassa Obamacare del 3,8% che colpisce le piccole aziende e le rendite di capitale.

Il terzo paragrafo è la Riforma fiscale per le aziende:

1) la corporate tax passa al 15% (dal 35% precedente).

2) Viene adottato un sistema fiscale territoriale, per cui si tassano solo gli utili realizzati nel territorio.

3) Al fine di consentire alle imprese di rimpatriare la liquidità detenuta all’estero, si applica la tassa relativa soltanto una volta.

4) Eliminare i benefici fiscali per interessi speciali.