Banche Ue e Giappone ancora in difficoltà. BRI: crescono preoccupazioni su redditività

I mercati quest’estate sono riusciti a lasciarsi alle spalle senza eccessivi traumi il referendum britannico, con l’allerta rosso sulle Borse durato un paio di sedute. Il sereno è tornato velocemente sui mercati grazie anche all’azione rassicurante delle banche centrali, Wall Street ha testato più volte i massimi storici e le Borse di Europa e Giappone hanno registrato considerevoli guadagni rispetto ai minimi annuali. Il rapporto trimestrale della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) sottolinea però come non sono mancate in questi mesi le note discordanti con i mercati obbligazionari che sono sembrati segnalare una futura situazione di debolezza economica. Inoltre le banche sono apparse in difficoltà, soprattutto quelle dell’area euro e del Giappone. “Gli annunci sugli utili sono stati in chiaroscuro o deludenti, le quotazioni dei titoli bancari hanno avuto un andamento peggiore dell’indice complessivo o sono calate, e i rapporti tra valore di mercato e patrimonio netto in generale sono rimasti al di sotto di 1”, rimarca Claudio Borio, capo del Dipartimento monetario ed economico della BRI.
Valutazioni bassissime per banche eurozona e Gaippone
Nello specifico le banche giapponesi e dell’area dell’euro presentano valutazioni intorno a 0,4 circa, leggermente inferiori a quelle delle banche britanniche e notevolmente al di sotto di quelle delle banche statunitensi, che superano quota 1. Inoltre la pubblicazione dei risultati degli stess test nell’area dell’euro, a luglio, non ha alleggerito la situazione, specialmente in quelle giurisdizioni con sofferenze persistentemente elevate. “Inoltre – aggiunge Borio – a partire da luglio, sono comparsi segnali di tensione sul mercato della provvista fondi a breve termine in dollari: un tasso chiave come il Libor è aumentato, in parte come reazione all’imminente regolamentazione dei fondi comuni del mercato monetario statunitense, innalzando così il costo della provvista fondi non garantita”. Il costo dell’indebitamento in dollari attraverso il cruciale mercato degli swap in valuta, è cresciuto ancora di più per una serie di valute, specie lo yen e l’euro, inasprendo le condizioni di finanziamento per quelle banche che vi fanno particolare affidamento.
“Con una combinazione di tassi ufficiali quasi a zero o addirittura negativi, acquisti di titoli su larga scala e indicazioni prospettiche (“forward guidance”), le banche centrali stanno cercando di allentare le condizioni finanziarie per rafforzare l’economia e, soprattutto, far salire l’inflazione a livelli più prossimi ai loro obiettivi numerici”, rimarca Borio ponendo l’accento sul fatto che tale atteggiamento ha fatto scendere ulteriormente i tassi di interesse. Il risultato è una situazione persistente di tassi di interesse bassissimi e addirittura rendimenti obbligazionari negativi. A sua volta, la prospettiva di tassi più bassi per un periodo più lungo ha avuto un duplice effetto: da un lato, ha alimentato un fenomeno familiare come lo spostamento verso i titoli azionari e una più ampia ricerca di rendimento, che ha condotto ai consueti segnali di euforia. Dall’altro lato, ha sollevato serie preoccupazioni riguardo alla redditività delle banche, perché tassi bassissimi e curve dei rendimenti piatte tendono a erodere i loro margini di interesse netti e a rendere meno costoso detenere crediti in sofferenza, ritardando a sua volta il necessario risanamento dei bilanci delle banche.
Dal rapporto trimestrale della BRI emerge come l’andamento di mercato degli ultimi mesi ha evidenziato una volta di più quanto i mercati siano diventati dipendenti dalle banche centrali. “Sta diventando sempre più evidente che le banche centrali sono state gravate di un fardello eccessivo per troppo tempo”, conclude Borio.