Notizie Notizie Italia Bagnai e incontro con Olimpo finanza. Le mosse degli investitori con spettro ‘nuovo 2011’

Bagnai e incontro con Olimpo finanza. Le mosse degli investitori con spettro ‘nuovo 2011’

Pubblicato 6 Agosto 2018 Aggiornato 6 Agosto 2018 16:25

“Gli investitori sono prudenti ma non solo con i titoli di Stato italiani”. Così Alberto Bagnai al quotidiano La Repubblica parla dell’incontro che ha avuto con i rappresentanti del mondo dell’alta finanza, e di cui sempre il quotidiano ha parlato nell’edizione del 3 agosto, nell’articolo: “Il ‘contratto’ fa paura ai mercati e gli investitori lasciano l’Italia“. L’incontro con Bagnai, ha rivelato in quell’occasione la Repubblica, “organizzato a Roma da Merrill Lynch, lascia preoccupati molti” in un contesto in cui, scrive Claudio Tito, “in due mesi sono usciti dalle nostre banche quasi sessanta miliardi”.

“Mattina dei 13 luglio scorso. In una sala riservata di un locale nel centro di Roma entrano una trentina di persone: vestito blu, cravatta, scarpe inglesi e cartellina sotto braccio. Dopo qualche minuto arriva Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato e uno dei teorici ‘no-euro’ più accesi, sponda leghista. Si tratta di un incontro organizzato da quella che un tempo si chiamava Merrill Lynch, ora è la Bank of America. Sono presenti i rappresentanti di alcuni dei maggiori investitori internazionali, banche d’affari e fondi soprattutto. Soggetti in grado di spostare miliardi di euro – o di dollari – in pochi secondi. E di determinare la fortuna o la sfortuna di interi Paesi. L’elenco degli invitati è piuttosto corposo. Tra questi, oltre alla stessa Merrill Lynch, ci sono – solo per fare qualche nome Goldman Sachs, JP Morgan, Ubs“.

Interpellato direttamente dal quotidiano su quel meeting, rispondendo alla domanda della giornalista Annalisa Cuzzocrea che gli fa notare che “lo spread sale, gli investimenti scappano dall’Italia a un ritmo di 100 miliardi al mese, 60 se consideriamo solo il circuito europeo”, Bagnai risponde così:

“Mi preoccupa il quadro macroeconomico. C’è un rallentamento dell’economia, non solo in Italia. C’è una guerra commerciale già dichiarata che dipende dagli squilibri dell’Eurozona. Davanti a questo gli investitori si dimostrano prudenti, non solo con i titoli di Stato italiani”.

Alert investitori, Cingolani avverte su nuovo 2011

Ma certo, osserva la giornalista di La Repubblica, è pur vero che la prudenza riguarda “soprattutto (i titoli di stato” italiani”, e che “c’è un trend evidente di calo di fiducia”, tanto che lo “spread è quasi raddoppiato rispetto all’ ultimo periodo del governo Gentiloni. Al che Bagnai sottolinea:

“Ho avuto diversi incontri con gli investitori, come tutti gli economisti della maggioranza. Ci siamo adoperati per spiegare ai mercati la posizione del governo, che è quella espressa dal ministro Tria, e in quelle riunioni non avevo percepito quest’allarme“.

Non vero allarme, dunque, ma soprattutto allarmismo? Terrorismo psicologico, comunque lo si voglia chiamare?

Sull’importanza che la stampa da anni dà allo spread come termometro del rischio Italia, sono molti ad opporsi. Secondo i più critici, lo spread sarebbe diventato uno strumento finanziario per fare opposizione politica.

Eppure, cifre che certificano che qualcosa non va esistono. Oggi sull’inserto Economia del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli presenta “numeri che un qualche malessere (da parte degli investitori), lo segnalano. Il saldo della bilancia dei pagamenti nel solo mese di maggio è peggiorato a 39 miliardi di euro, “di questi 32 si possono tranquillamente, si fa per dire, iscrivere alla voce Fuga dal rischio Italia”.

“I non residenti si sono sbarazzati di 25 miliardi di titoli di Stato e 7 miliardi di obbligazioni bancarie – si legge ancora nell’articolo – Gli investitori si sono protetti dal rischio di ridenominazione, cioè dalla paura remota di uscita dall’euro, ripetutamente negata dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell’Economia Giovanni Tria”.

Del caso eterno dell’Italia parla su Sussidiario.net anche Stefano Cingolani, giornalista e scrittore, specializzato in politica estera ed economia, editorialista del quotidiano Il Foglio. Il titolo fa drizzare le antenne a tutti.

“Il nuovo 2011. L’attacco suicida dell’Italia a Draghi”.

“Oggi lo spread ha toccato i 270 punti base ed è aumentato di almeno 4 miliardi il costo per rifinanziare il debito pubblico; viene intaccato il patrimonio delle banche e delle assicurazioni che sono piene di titoli di stato (si calcola che siano stati bruciati 3 miliardi di utili); i fondi di investimento registrano una riduzione della raccolta netta di 56 miliardi di euro nel primo semestre; il mercato dei Btp è considerato ‘illiquido’ dagli operatori della City; in base al sistema di pagamento Target2 gestito dalla Bce, 60 miliardi sono passati dalle banche italiane a conti presso altri paesi della zona euro. Tutto questo mentre il prodotto lordo è in netta frenata (dall’1,5% previsto all’1,1% tendenziale) Sono fatti che riguardano la realtà dell’economia, non polemiche politiche. La situazione presenta molte analogie con quella del 2011″.

Cingolani continua:

“La prossima Legge di bilancio dovrà trovare almeno 26 miliardi di euro. Questa è la base di partenza. Il reddito di cittadinanza costerebbe almeno 17 miliardi. Si può ricorrere a un escamotage: mettere insieme quel che è già stanziato per il reddito di inclusione varato dal governo Gentiloni, più altri trasferimenti assistenziali in modo da rastrellare tra i 6 e i 7 miliardi, e chiamare il tutto un primo passo verso la meta. Lo stesso vale per la flat tax: cominciare dalle partite Iva e dalle piccole e medie aziende aumentando il fatturato indispensabile per raggiungere il forfait del 15%. In sostanza, sarebbe la ‘flat tax renziana’ rafforzata, rinviando a tempi migliori il taglio delle imposte per i redditi individuali e familiari. Quanto alla Fornero, che Salvini voleva seppellire in quattro e quattr’otto, non è previsto per ora di toccare le pensioni”.

E’ in questa situazione che l’editorialista de Il Foglio si chiede:

“Se la Bce prendesse oggi carta e penna, che cosa raccomanderebbe al Governo italiano? Di riaprire i cantieri delle riforme accantonate per accontentare le tante, troppe lobby alle quali leghisti e grillini hanno lisciato il pelo. Quanto alla politica di bilancio, al primo posto ci sarebbe la riduzione del debito pubblico, non solo con la crescita, ma portando il disavanzo strutturale (cioè al netto degli interventi congiunturali) il più vicino possibile al pareggio. È una linea che non piace ai giallo-verdi. Uno degli argomenti più usati sui media è che non si può tirare la cinghia, tanto meno adesso che la crescita rallenta. In realtà, la Bce consente di spendere per impedire una nuova recessione, la sua preoccupazione riguarda le uscite correnti ordinarie, non coperte da altrettante entrate. Tria lo sa. Giorgetti lo ha dimenticato? Di Maio non se ne preoccupa, e questo è un guaio“.

L’esperto conclude l’articolo in parte rassicurando su una imminente o meno lettera da parte della Bce, dall’altro lato fa riferimento al rischio di un nuovo 2011:

“Un’altra lettera della Bce non è prevista. È annunciato, invece, un cambiamento nella politica monetaria con la fine dell’acquisto di titoli. C’è qualcuno che medita di difendersi contrattaccando. E l’offensiva, questa volta, sarebbe diretta proprio a Francoforte. Si sente già dire che lo spread sale perché la Bce non compra più titoli (del resto ne acquista già meno) preparando una campagna d’autunno non contro gli speculatori (contro Soros, per intenderci), ma direttamente contro Mario Draghi. Se davvero questa idea, che per ora frulla in testa ai più esagitati e viene rilanciata dai troll sui social media, prendesse corpo, sarebbe il colpo finale. E lo spettro del 2011, ora in agguato, si materializzerebbe nello spazio di un mattino”.

Tra l’altro, come rileva il Financial Times, a dispetto delle rassicuazioni varie, il governo M5S-Lega deve essere comunque un po’ preoccupato se si considera che il Tesoro italiano ha proceduto a un riacquisto di debito governativo di breve termine del valore di un miliardo di euro, nell’intento di fornire liquidità agli investitori, nel bel mezzo del sell off che è tornato ad abbattersi sul mercato.

“La mossa – scrive l’FT – è la terza che vede il governo riacquistare il debito, da quando i bond italiani sono stati inizialmente colpiti da un sentiment negativo degli investitori alla fine di maggio”, a causa della formazione di un governo di coalizione euroscettico.

L’articolo del quotidiano britannico fa notare che, “in quella che sembra una eco di quella turbolenza di mercato, i tassi sui bond italiani a due anni sono saliti più di 50 punti base in due giorni, dopo la notizia di un supervertice sulla legge di bilancio del 2019, che è stato poi posticipato allo scorso venerdì. Ed è stato venerdì che il Tesoro italiano ha annunciato dopo la fine delle contrattazioni di Borsa di aver riacquistato 950 milioni di titoli di stato con scadenze tra due e quattro anni.  Nessuna ragione è stata fornita, mentre nelle precedenti operazioni di buyback era stato spiegato che il buyback era avvenuto per immettere sul mercato la liquidità a disposizione e renderla operativa”.

Le ultime operazioni di riacquisti di bond italiani portano il totale oggetto dei buyback dalla fine di maggio a un valore superiore a 2 miliardi.

C’è da dire che all’inizio del pomeriggio di venerdì, i rendimenti a due anni avevano già rallentato il passo, attestandosi attorno all’1,02%, contro i massimi intraday di 1,362%. Detto questo, i tassi si sono mossi in netto rialzo rispetto alla soglia dello 0,79% a cui avevano iniziato la settimana.

Oggi lo spread BTP-Bund segna una lieve contrazione, dopo l’ultima settimana di passione. Il differenziale si attesta a 250 punti circa, a fronte di rendimenti al 2,90%, che nel massimo intraday sono saliti al 2,96%. Il pericolo della soglia del 3% è sempre in agguato. I rendimenti decennali hanno sfondato il muro proprio la scorsa settimana, a conferma dei timori che permangono nel mercato sulla carta italiana.