Angeloni (Bce) su doom loop: rischi instabilità se si penalizza presenza bond in banche
I progressi che le banche italiane hanno compiuto in termini di riduzione degli NPL, crediti deteriorati, sono certificati anche da Ignazio Angeloni, esponente del Meccanismo unico di Vigilanza della Bce. In un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore, l’economista lo dice chiaramente in un momento in cui un nuovo rischio che incombe sulle banche italiane è rappresentato da una proposta avanzata dall’asse franco-tedesco: quella di indicare per la prima volta due soglie da osservare nella riduzione dello stock dei crediti deteriorati lordi e netti, rispettivamente al 5% e al 2,5%.
“L’Italia ha fatto grandissimi progressi nella riduzione dei Npl. Per le banche significative, da un picco attorno al 17% il rapporto Npl lordi rispetto agli impieghi è sceso all’11,1% alla fine del 2017. Solo nello scorso anno, per le grandi banche italiane (quelle che la Bce vigila direttamente) lo stock è sceso da 230 a 186 miliardi. L’azione decisa intrapresa dalla vigilanza Bce, con il crescente sostegno delle autorità nazionali e con grande collaborazione e sinergia delle banche, sta dando i frutti sperati. Ma la media dell’euro area è al 4,9%, e questo indica che l’azione di riduzione non si è ancora completata”.
In particolare, “significative discrepanze si rilevano anche nei crediti deteriorati al netto degli accantonamenti. L’importante è che si tenga conto delle situazioni specifiche”.
Detto questo, c’è un’altra proposta, che arriva sempre dalla Francia e dalla Germania di Emmanuel Macron e di Angela Merkel, che ha seminato un po’ di preoccupazione in Italia.
Oltre a trovarsi d’accordo sulla necessità di fornire all‘Unione europea un bilancio comune, i due leader hanno manifestato infatti, stando ad alcune indiscrezioni riportate recentemente da Bloomberg, anche la volontà congiunta di facilitare la ristrutturazione dei bond delle nazioni dell’Eurozona che finiscono nei guai.
La proposta, è emerso dai rumor, chiede che vengano avviati negoziati per rafforzare le clausole delle azioni collettive, che sono diventate obbligatorie per i bond sovrani emessi dagli stati membri dell’Eurozona a partire dal 2013. Si punta anche a snellire l’iter di un eventuale taglio del debito che, nel caso dell’Italia e soprattutto della elevata esposizione che le banche e gli investitori retail hanno verso il mondo dei BTP, potrebbe essere penalizzante.
Interpellato da Il Sole 24 Ore sulla questione dei titoli pubblici presenti nelle banche, Angeloni fa una premessa:
“Il rischio sovrano penalizza tutte le banche del Paese, non solo quelle maggiormente esposte a questo rischio. Questo fatto già in sé suggerisce che la soluzione per attenuare il “circolo vizioso” (la questione del doom loop) fra rischi bancari e rischi sovrani non possa consistere esclusivamente, o principalmente, nel penalizzare la detenzione di titoli pubblici delle banche. Se poi tale penalizzazione fosse determinata in funzione del rischio espresso dal mercato (spread) o del rating, essa addirittura accentuerebbe l’instabilità invece di limitarla”. Un attenti lanciato nei confronti di tutti coloro che vogliono invece proprio punire la presenza dei BTP nei portafogli delle banche.
Sono anni che la Germania preme sulla questione del doom loop, affermando che le misure di “riduzione del rischio” sono la condizione sine qua non perchè accetti la “condivisione del rischio” nell’Unione bancaria europea, dando dunque il suo consenso al sistema di garanzia unica sui depositi.
Ma, appunto, come dice anche Angeloni, penalizzare la detenzione di titoli pubblici delle banche non può essere l’unica soluzione e neanche la principale per spezzare il “circolo vizioso”.
Certo, continua il funzionario della Bce, “non escludo che si possa arrivare a introdurre, nel tempo, incentivi alla diversificazione del rischio di portafoglio anche nel comparto dei titoli di Stato. Ma ogni cambiamento dovrebbe essere graduale e coerente con gli orientamenti a livello internazionale (Comitato di Basilea)”
“La via maestra è la riduzione dei rischi sovrani – ha detto Angeloni – attraverso politiche di bilancio sostenibili. Meccanismi di ristrutturazione del debito, soprattutto in forma semi-automatica, sono problematici perché aumentano il rischio sistemico”.
Ignazio Angeloni affronta anche la questione delle critiche che, in tutti questi anni, sono state dirette all’euro:
“Abbiamo assistito, soprattutto negli ultimi tempi, a tentativi di screditare gran parte di quello che si è fatto negli ultimi vent’anni per costruire i fondamenti dell’Unione monetaria e dell’Unione Europea. Una volta realizzati importanti progressi, si tende a dimenticare dei vantaggi che hanno portato. Ma è un atteggiamento pericoloso: chi ha responsabilità e chi orienta l’opinione pubblica dovrebbe incoraggiare scelte lungimiranti. Dobbiamo sforzarci tutti di spiegare meglio queste scelte. L’euro ha già portato grandi vantaggi all’Italia; ancor di più, porta opportunità che il Paese è stato finora solo in parte in grado di cogliere ma che rimangono a portata di mano”.
Sulla tempesta finanziaria che ha colpito a tal proposito l’Italia, nei giorni precedenti la formazione del governo M5S-Lega, e sui rischi che lo spread ma anche la guerra commerciale possono rappresentare per le banche, Angeloni ricorda che “l’aumento dello spread colpisce le banche aumentando i costi della raccolta e, in parte, consumando capitale che è necessario alle banche per erogare credito all’economia”.
Viene fatto riferimento al contesto particolare che vivono le banche italiane, alle prese con il rischio di una stretta sul credito che arriva proprio quando l’economia mondiale fa i conti con i dazi doganali:
“Il rischio di una stretta sul credito è particolarmente insidioso in questo momento perché interviene in una fase in cui la ripresa dell’economia è già minacciata da altri fattori di origine globale (i dazi di Trump e le loro ripercussioni in altri Paesi)”.
“Le turbolenze vanno evitate misurando le dichiarazioni e soprattutto mettendo in atto politiche che producano stabilità e fiducia. Evitando passi più lunghi della gamba, come ha detto il governatore Visco. Per contro, va detto con forza che le banche europee e italiane sono oggi solide, più capitalizzate rispetto a prima della crisi, erogano più credito e hanno meno crediti deteriorati in bilancio”.