Anche Pechino e Tokyo varano la manovra di Natale
Qualcosa si muove sullo scacchiere valutario internazionale. Anche Cina e Giappone hanno fatto la loro manovra di Natale, ma, diversamente da quella italiana, non ci sono tagli di spesa o nuove tasse.
Il 25 dicembre Pechino e Tokyo hanno siglato una storica intesa per regolare gli scambi commerciali nelle rispettive valute, senza l’intermediazione del dollaro, e per l’utilizzo delle riserve valutarie così acquisite per l’acquisto reciproco di bond.
Ce n’è abbastanza per squassare alle radici il sistema dollaro-centrico in vigore. Anche se l’accordo dovrebbe divenire operativo solo gradualmente, Cina e Giappone sono infatti i due maggiori acquirenti di Treasury al mondo, oltre che due tra i più grandi detentori di riserve in valuta, rispettivamente pari a 3.200 e 1.300 miliardi di dollari.
Se venisse a mancare il sostegno sino-nipponico, gli Stati Uniti potrebbero trovarsi nella spiacevole situazione in cui già si dibatte l’Europa: quella di cercare nuovi compratori per il suo debito.
L’accordo sulle due sponde del Mar della Cina è un nuovo tassello del mosaico che delinea un orizzonte economico sempre più spostato al di fuori degli assi a cui siamo stati abituati negli ultimi 50 anni.
Oggi il Cebr, il Center for Economics and Business Research, lo certifica. Secondo l’istituto di ricerca britannico, nel 2011 il Brasile ha superato la Gran Bretagna e l’Italia nella classifica delle maggiori economie mondiali e si piazza ora in sesta posizione, alle spalle di Usa, Cina, Giappone, Germania e Francia.
Nel 2020, secondo lo stesso studio, l’India entrerà nella lista dei G8, estromettendo Italia e Francia, che finirebbero rispettivamente al nono e al decimo posto.
Con buona pace del ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schaeuble che questa mattina ha commentato così l’intesa Pechino-Tokyo: “L’accordo tra Cina e Giappone sugli scambi commerciali evidenzia l’importanza di una Europa unita”.