Acque agitate attorno a Unicredit. Pericolo la Lia: per gli analisti era scontato
Sale la tensione in Unicredit. E il titolo paga pegno in Borsa. E’ ancora una volta la speculazione a tenere alta la soglia di attenzione sull’azione della banca di Piazza Cordusio. Il Sole 24 Ore scrive che nel board della Lybian Invest Authority sarebbero emerse posizioni critiche per le continue richieste di informazioni arrivate dal presidente Dieter Rampl, sollevando l’interrogativo se proseguire nel mantenimento dell’investimento nella banca italiana.
La Lybian Invest Authority potrebbe anche prendere in considerazione la cessione del 2,59% in suo possesso, circa 500 milioni di azioni. “Al momento potrebbe trattarsi di semplici schermaglie, ma esiste la possibilità concreta di questa fuoriuscita secondo noi, tenendo conto del clima che si creato in Italia contro i soci esteri di Unicredit”, commentano gli analisti di Intermonte che su Piazza Cordusio ribadiscono il rating neutral con target price di 2,05 euro.
Secondo un’esperta di una primaria banca italiana, contattata da questa testata e che preferisce mantenere l’anonimato, il fattore libici era da mettere in conto. A suo avviso sulla performance odierna del titolo però pesa principalmente l’affaire governance. “Il continuo rinvio del consiglio di amministrazione, chiamato a ratificare le nomine, nascondeva la difficoltà di Ghizzoni di trovare una soluzione condivisa”, spiega l’analista.
“Qualsiasi sarà la soluzione che verrà privilegiata, le logiche di gestione della banca non cambieranno”, segnala un terzo esperto di una primaria banca spagnola. “Unicredit è una realtà bancaria che necessità di una forte razionalizzazione – prosegue – . Ghizzoni ha detto che in Europa dell’Est l’istituto si concentrerà sui paesi core e questo potrebbe essere un primo passo. Se però Ghizzoni e Rampl avessero deciso nell’ambito dell’assetto governance di optare su una personalità esterna a Unicredit forse l’istituto avrebbe potuto trarne maggior beneficio”.
E proprio sul fronte governance ci sono stati sviluppi. Piazza Cordusio ha messo un punto fermo: è stato ufficializzata la convocazione del consiglio di amministrazione per le 14,30 martedì 26 ottobre. Un appuntamento che dovrà sistemare gli ultimi tasselli della seconda linea della banca nell’era post Profumo. Il neo ceo di Unicredit, Federico Ghizzoni, sta lavorando a pieno ritmo per trovare una soluzione condivisa dai soci azionisti e da Banca d’Italia.
Dopo la nomina di Ghizzoni ad amministratore delegato, le indiscrezioni più recenti hanno indicato l’avvio di una doppia direzione generale attribuita a Roberto Nicastro per il retail e a Sergio Ermotti per il corporate. Al terzo attuale vice ceo, Paolo Fiorentino, andrebbe la carica di chief operating officer. Si tratta di un assetto che non è ancora scontato: secondo le ultimi voci non ci sarebbe, infatti, ancora una visione pienamente condivisa tra le Fondazioni e Ghizzoni. Lo stesso Nicastro avrebbe avanzato delle richieste: vorrebbe un ruolo adeguato perché secondo quanto riportato da Il Messaggero in caso di soluzione doppia, è possibile che le deleghe di Nicastro siano superiori.
In attesa che venga sciolto il nodo governance e soprattutto che la diplomazia in piazza Cordusio faccia il suo corso, sono ore di attesa per la prima riunione del consiglio generale della Fondazione Cariverona, primo azionista italiano con il 4,63% di Piazza Cordusio. Sul tavolo ci sono la nomina del presidente, del suo vicario e dell’intero cda. La prospettiva è quella di una riconferma alla guida di Paolo Biasi anche se sembra che ci sia tensione con il sindaco di Verona, Flavio Tosi sulla scelta del vicario. Il 72/enne ingegnere, da quasi 18 anni a capo dell’ente scaligero, punterebbe sul docente universitario Giovanni Sala, mentre Tosi appoggerebbe Giovanni Maccagnani, molto vicino proprio al primo cittadino.