1.000 società quotate in Borsa? Aumento del Pil dell’1,5% e più occupati
Come sarebbe l’Italia con 1.000 società quotate? La risposta è in una ricerca svolta dall’università Bocconi, in collaborazione con Borsa Italiana, che sarà presentata oggi pomeriggio nell’ateneo milanese. La ricerca calcola che se l’Italia portasse a 1.000 il numero delle aziende quotate si avrebbe un incremento del Pil reale (tra lo 0,9% e l’1,5%), un aumento dell’occupazione (+137.000 posti di lavoro in un anno) ed un aumento del gettito fiscale (+2,85 miliardi di euro).
Lo studio della Bocconi illustra che in Italia, rispetto ai principali Paesi del Vecchio Continente, il numero delle società quotate è limitato rispetto al potenziale. Le 291 imprese domestiche presenti sul listino italiano ad inizio 2010 rappresentavano meno della metà delle imprese quotate in Germania, un terzo di quelle in Francia e poco più di un decimo di quelle in Gran Bretagna.
Riguardo al peso delle imprese quotate rispetto al totale dell’economia, si evince che in Italia, sempre a inizio 2010, producono il 21% del fatturato nazionale e impiegano il 7% degli occupati. La ricerca stima nell’8% il contributo diretto delle imprese quotate alla formazione del Pil per il 2009. Il contributo delle imprese quotate all’economia reale in Francia, Germania e Gran Bretagna risulta invece decisamente più consistente.
Sempre rimanendo nell’analisi della situazione attuale, lo studio mostra le imprese più piccole in Italia rappresentano numericamente il 77,5% del totale ma sono solo il 16,4% delle quotate, originando una rilevante sottorappresentazione in Borsa (-61,1%) rispetto al ruolo giocato nell’economia reale. Per quanto riguarda i settori, le imprese meno rappresentate in Borsa rispetto all’economia reale appartengono all’area del commercio, dell’alimentare e dei trasporti. All’opposto appaiono sovrarappresentati i settori della finanza, quelli dell’elettrico e del petrolifero-minerario.
“In Italia la Borsa rappresenta a tutt’oggi una quota molto ristretta dell’economia reale e intercetta solo una piccola parte del contributo reale delle imprese all’economia,” spiega Manuela Geranio, del Dipartimento di finanza della Bocconi e autrice dello studio. “Il largo ricorso al finanziamento bancario e la carenza di capitale di rischio in Italia crea un circolo che vede le imprese mantenere dimensioni limitate e il loro sviluppo frenato, rendendole così poco appetibili anche per gli investitori istituzionali. Una maggiore presenza di imprese quotate aiuterebbe invece a interrompere questo circolo vizioso”.
Nella parte finale, la ricerca propone una simulazione di come sarebbe l’Italia con 1.000 società quotate. Attraverso un’analisi di regressione si evince che un aumento della capitalizzazione di Borsa comporterebbe un effetto positivo sulla crescita reale del Pil nell’anno successivo. Se per esempio alle 294 società presenti sul listino a fine 2010 si aggiungessero le 706 “migliori” società quotabili in Italia la capitalizzazione del mercato aumenterebbe del 34%. Ciò a sua volta produrrebbe un aumento del Pil reale per l’anno seguente pari allo 0,9%. Utilizzando una seconda regressione in cui lo sviluppo del mercato azionario viene misurato in termini di numero di società quotate, in alternativa alla capitalizzazione, l’impatto stimato sul Pil reale sarebbe ancora più rilevante e pari all’1,5%.
Quanto all’occupazione, un aumento della capitalizzazione pari al 34% condurrebbe ad una riduzione del 6,9% del tasso di disoccupazione, grazie alla creazione l’anno successivo di 137.000 nuovi posti di lavoro. Infine, in merito al gettito fiscale, i risultati indicano che l’aumento della capitalizzazione avrebbe l’effetto di aumentare il gettito fiscale nell’anno successivo in misura pari allo 0,82%, stimabile in un aumento degli introiti per lo Stato italiano pari a 2,85 miliardi di euro.