Tr@derOne
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Ho provato a fare una ricerca ma a parte qualche riferimento a MOLYCORP non ho trovato granchè, per cui credo sia utile iniziare a seguire questo, secondo me, interessantissimo settore.
Ho scritto un articolo sul mio blog che riporto qui sotto:
Le terre rare valgono una scommessa | IdeaTrading
Le terre rare sono utilizzate in una vasta gamma di prodotti di consumo, dagli iPhone ai motori delle auto elettriche. La domanda, alimentata anche dalle tecnologie verdi, è in forte crescita. Le terre rare sono utilizzate nelle batterie ricaricabili per auto elettriche e ibride, negli schermi televisivi e nei monitor dei PC, nei PDA, nei laser, nelle fibre ottiche, nei superconduttori, nei magneti, nei convertitori catalitici, nelle lampade fluorescenti, nella refrigerazione magnetica, nelle turbine eoliche, nel settore militare. La Cina che produce oltre il 90% della produzione mondiale, quest’anno ha ridotto le esportazioni di quasi la metà. In uno scenario dove la svalutazione competitiva dei vari paesi che cercano di svalutare le proprie valute per esportare di più per sostenere la crescita, con l’effetto collaterale di un apprezzamento delle materie prime, si potrebbe innescare un violento rialzo di questi elementi rari.
Ma cosa sono le terre rare?
Le terre rare (in inglese “rare earth elements” o “rare earth metals”) sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica sotto allegata
I maggiori consumatori sono Cina e Giappone e la domanda mondiale delle terre rare dovrebbe crescere rapidamente nei prossimi anni. Alcuni esempi: la domanda di disprosio, terbio, neodimio, europio e praseodimio sui stima sia destinata ad aumentare di un 8% minimo all’anno. L’impiego nei veicoli elettrici di disprosio, neodimio e praseodimio è stimata in crescita media del 790% nei prossimi cinque anni.
Le opzioni per investire in questi prodotti chiave sono ancora molto limitate, anche se esistono società minerarie quotate sia in America che in Canada.
MOLICORP INC, quotata al Nyse (ticker MCP)
Quotata all’ Amex da poche settimane troviamo RARE ELEMENTS RESOURCES LTD (ticker REE)
Poi tutta una serie di società minori quotate in Canada e sui mercati OTC americani, eccone alcune:
GREAT WESTERN MINERALS (ticker GWMGF)
AVALON RARE METALS (ticker AVARF)
DULUTH METALS LIMITED (ticker DULMF)
MEDALLION RESOURCES (ticker MLLOF)
LYNAS CORPORATIONS (ticker LYSCF)
ARAFURA RESOURCES LIMITED (ticker ARAFF)
Con la premessa che molte società di queste ancora sono nella fase di ricerca e occorreranno nella migliore delle ipotesi diversi anni prima che diventino profittevoli, ritengo che il settore possa essere interessante per una scommessa di medio-lungo periodo. Credo che nei prossimi anni sentiremo parlare sempre più spesso di queste terre o elementi rari.
Illuminante a tale riguardo questo articolo del 18 agosto apparso sul corriere delle sera:
Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell’hi-tech
Il rapporto dell’agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple
MILANO – Se qualcuno vuole sapere dove va il mondo, può prendere nota di un indizio: i tank della Us Army sono «made in China». Non solo i carri armati, lo sono anche i missili intelligenti che inseguono il bersaglio. E con quelli anche alcuni dei radar militari più sofisticati o i motori ibridi degli incrociatori della Marina.
Ovviamente non tutto di questi armamenti prodotti da grandi gruppi Usa come Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dynamics è «made in China». Vengono da lì solo quelle piccole, invisibili componenti magnetiche che consentono a queste tecnologie di funzionare. Si tratta di 17 elementi della tavola periodica dai curiosi nomi come lutezio, ittrio, scandio, europio o neodimio. Sono le materie prime del futuro, quelle alla base di gran parte delle tecnologie più promettenti del ventunesimo secolo: dalle auto ibride, alle pale eoliche, agli smartphone.
Una loro qualità minerale è che esercitano un magnetismo resistente ad altissime temperature. Ma la particolarità strategica più vistosa è che il 97% della produzione globale di questi materiali viene dalla Cina. Sia per uso commerciale, che per le tecnologie militari. E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall’Occidente verso la Repubblica Popolare.
I rapporti di forza in questo campo sono tutti a favore della Cina, nota un rapporto dell’aprile scorso del Government Accountability Office (Gao) dell’amministrazione Usa. Senza questi 17 elementi rari della terra, non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà speranza all’industria più avanzata. Il neodimio per esempio è l’elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l’hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con l’ossido neodimio sono composti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l’europio e l’ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine «verdi», lo scandio è la materia prima dell’illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medicali di ultima generazione. Da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon: nessuna grande multinazionale delle democrazie industriali può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi in Cina di questi 17 materiali rari.
Senza, la vita sarebbe diversa. Il problema è che la Cina non vende, o vende sempre meno e a condizioni sempre più difficili: anziché esportare gli elementi, vuole che far produrre in Cina le tecnologie estere che li integrano. Secondo quanto riferisce il rapporto del Gao al Senato Usa, il monopolio di Pechino in questo campo in realtà è frutto della lungimiranza del governo più che della dotazione di materie prime. In Cina si trova il 37% delle riserve conosciute di questi 17 elementi, nell’ex Urss il 18%, negli Stati Uniti il 12%. Ma la Russia non ha i mezzi per l’estrazione e l’America negli ultimi 12 anni l’ha bloccata (a Mountain Pass, in California) in nome della tutela ambientale. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell’area circostante: in una democrazia nessuno le vuole avere vicino a casa propria. Servono tecnologie di tutela dei minatori, investimenti elevati, complesse autorizzazioni, tutto ciò di cui la Cina non si interessa. Anche se volesse, l’America avrebbe bisogno di altri 15 anni per rilanciare l’estrazione (e a costi ben più alti che in Cina).
Da qui il potere di Pechino sulle materie prime del futuro, che il governo ora usa come una leva sul resto del mondo. In primavera ha alzato i dazi all’export al 25%, a luglio ha tagliato le quote delle vendite all’estero del 72% per il 2010. L’anno prossimo esporterà solo il 60% del fabbisogno globale e, per il resto, propone alle multinazionali di venire a produrre dove si trova la materia prima. Per capire perché lo faccia, basta seguire le proteste di Siemens, Basf, General Electric: accusano il governo di Wen Jiabao di rubare metodicamente il know-how dei suoi «ospiti».
Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech - Corriere della Sera
Vi lascio portare avanti la discussione, a cui parteciperò anche io, ovviamente, tempo permettendo.
Ho scritto un articolo sul mio blog che riporto qui sotto:
Le terre rare valgono una scommessa | IdeaTrading
Le terre rare sono utilizzate in una vasta gamma di prodotti di consumo, dagli iPhone ai motori delle auto elettriche. La domanda, alimentata anche dalle tecnologie verdi, è in forte crescita. Le terre rare sono utilizzate nelle batterie ricaricabili per auto elettriche e ibride, negli schermi televisivi e nei monitor dei PC, nei PDA, nei laser, nelle fibre ottiche, nei superconduttori, nei magneti, nei convertitori catalitici, nelle lampade fluorescenti, nella refrigerazione magnetica, nelle turbine eoliche, nel settore militare. La Cina che produce oltre il 90% della produzione mondiale, quest’anno ha ridotto le esportazioni di quasi la metà. In uno scenario dove la svalutazione competitiva dei vari paesi che cercano di svalutare le proprie valute per esportare di più per sostenere la crescita, con l’effetto collaterale di un apprezzamento delle materie prime, si potrebbe innescare un violento rialzo di questi elementi rari.
Ma cosa sono le terre rare?
Le terre rare (in inglese “rare earth elements” o “rare earth metals”) sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica sotto allegata
I maggiori consumatori sono Cina e Giappone e la domanda mondiale delle terre rare dovrebbe crescere rapidamente nei prossimi anni. Alcuni esempi: la domanda di disprosio, terbio, neodimio, europio e praseodimio sui stima sia destinata ad aumentare di un 8% minimo all’anno. L’impiego nei veicoli elettrici di disprosio, neodimio e praseodimio è stimata in crescita media del 790% nei prossimi cinque anni.
Le opzioni per investire in questi prodotti chiave sono ancora molto limitate, anche se esistono società minerarie quotate sia in America che in Canada.
MOLICORP INC, quotata al Nyse (ticker MCP)
Quotata all’ Amex da poche settimane troviamo RARE ELEMENTS RESOURCES LTD (ticker REE)
Poi tutta una serie di società minori quotate in Canada e sui mercati OTC americani, eccone alcune:
GREAT WESTERN MINERALS (ticker GWMGF)
AVALON RARE METALS (ticker AVARF)
DULUTH METALS LIMITED (ticker DULMF)
MEDALLION RESOURCES (ticker MLLOF)
LYNAS CORPORATIONS (ticker LYSCF)
ARAFURA RESOURCES LIMITED (ticker ARAFF)
Con la premessa che molte società di queste ancora sono nella fase di ricerca e occorreranno nella migliore delle ipotesi diversi anni prima che diventino profittevoli, ritengo che il settore possa essere interessante per una scommessa di medio-lungo periodo. Credo che nei prossimi anni sentiremo parlare sempre più spesso di queste terre o elementi rari.
Illuminante a tale riguardo questo articolo del 18 agosto apparso sul corriere delle sera:
Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell’hi-tech
Il rapporto dell’agenzia Usa: siamo subalterni La potenza monopolista Nella Repubblica Popolare il 97% delle risorse necessarie alla Us Army, Toyota, Nokia o Apple
MILANO – Se qualcuno vuole sapere dove va il mondo, può prendere nota di un indizio: i tank della Us Army sono «made in China». Non solo i carri armati, lo sono anche i missili intelligenti che inseguono il bersaglio. E con quelli anche alcuni dei radar militari più sofisticati o i motori ibridi degli incrociatori della Marina.
Ovviamente non tutto di questi armamenti prodotti da grandi gruppi Usa come Lockheed Martin, Northrop Grumman o General Dynamics è «made in China». Vengono da lì solo quelle piccole, invisibili componenti magnetiche che consentono a queste tecnologie di funzionare. Si tratta di 17 elementi della tavola periodica dai curiosi nomi come lutezio, ittrio, scandio, europio o neodimio. Sono le materie prime del futuro, quelle alla base di gran parte delle tecnologie più promettenti del ventunesimo secolo: dalle auto ibride, alle pale eoliche, agli smartphone.
Una loro qualità minerale è che esercitano un magnetismo resistente ad altissime temperature. Ma la particolarità strategica più vistosa è che il 97% della produzione globale di questi materiali viene dalla Cina. Sia per uso commerciale, che per le tecnologie militari. E Pechino mostra tutte le intenzioni di far leva sul suo potere di mercato in questo campo per obbligare il resto del mondo ad accettare le proprie condizioni: queste comportano non solo un trasferimento netto di capitali, ma anche di lavoro e soprattutto di segreti industriali dall’Occidente verso la Repubblica Popolare.
I rapporti di forza in questo campo sono tutti a favore della Cina, nota un rapporto dell’aprile scorso del Government Accountability Office (Gao) dell’amministrazione Usa. Senza questi 17 elementi rari della terra, non è possibile produrre niente di tutto ciò che oggi dà speranza all’industria più avanzata. Il neodimio per esempio è l’elemento essenziale per la produzione di batterie e motori delle auto ibride o elettriche, per l’hardware dei computer, per i cellulari e per le telecamere. In campo militare, con l’ossido neodimio sono composti i magneti che azionano le ali direzionali dei missili di precisione. Con l’europio e l’ittrio si producono invece le fibre ottiche e le lampadine «verdi», lo scandio è la materia prima dell’illuminazione da stadio, mentre il prometio serve per i macchinari medicali di ultima generazione. Da Philips a Siemens, da Toyota a Nokia, a Hewlett Packard a Apple, fino a Sony e Canon: nessuna grande multinazionale delle democrazie industriali può produrre i propri beni più preziosi senza rifornirsi in Cina di questi 17 materiali rari.
Senza, la vita sarebbe diversa. Il problema è che la Cina non vende, o vende sempre meno e a condizioni sempre più difficili: anziché esportare gli elementi, vuole che far produrre in Cina le tecnologie estere che li integrano. Secondo quanto riferisce il rapporto del Gao al Senato Usa, il monopolio di Pechino in questo campo in realtà è frutto della lungimiranza del governo più che della dotazione di materie prime. In Cina si trova il 37% delle riserve conosciute di questi 17 elementi, nell’ex Urss il 18%, negli Stati Uniti il 12%. Ma la Russia non ha i mezzi per l’estrazione e l’America negli ultimi 12 anni l’ha bloccata (a Mountain Pass, in California) in nome della tutela ambientale. I minerali rari sono infatti spesso uniti a sostanze radioattive e le miniere inquinano le acque dell’area circostante: in una democrazia nessuno le vuole avere vicino a casa propria. Servono tecnologie di tutela dei minatori, investimenti elevati, complesse autorizzazioni, tutto ciò di cui la Cina non si interessa. Anche se volesse, l’America avrebbe bisogno di altri 15 anni per rilanciare l’estrazione (e a costi ben più alti che in Cina).
Da qui il potere di Pechino sulle materie prime del futuro, che il governo ora usa come una leva sul resto del mondo. In primavera ha alzato i dazi all’export al 25%, a luglio ha tagliato le quote delle vendite all’estero del 72% per il 2010. L’anno prossimo esporterà solo il 60% del fabbisogno globale e, per il resto, propone alle multinazionali di venire a produrre dove si trova la materia prima. Per capire perché lo faccia, basta seguire le proteste di Siemens, Basf, General Electric: accusano il governo di Wen Jiabao di rubare metodicamente il know-how dei suoi «ospiti».
Missili, computer e auto Pechino blinda il controllo sui 17 minerali dell'hi-tech - Corriere della Sera
Vi lascio portare avanti la discussione, a cui parteciperò anche io, ovviamente, tempo permettendo.