Retelit news fondamentali ed analisi tendenze grafiche

Genoa1893_2015

Nuovo Utente
Registrato
16/11/15
Messaggi
6.086
Punti reazioni
501
Italia obbligata alla trasformazione digitale: le principali sfide

L’emergenza coronavirus ha posto l’Italia e soprattutto la PA italiana di fronte alla necessità di accelerare la digitalizzazione, per garantire i servizi e l’operatività: un’occasione da cogliere anche per il domani.

proiettando il nostro Paese verso un processo di digitalizzazione a tappe forzate. Bene sarebbe fare di necessità virtù e cogliere questa occasione per imprimere a tale processo un’accelerazione in grado di produrre un concreto salto di qualità. Vediamo la situazione.



LE PROSPETTIVE FUTURE

22 ore fa

Nicola Testa
Presidente U.NA.P.P.A. Unione Nazionale Professionisti Pratiche Amministrative

Indice degli argomenti

I dati: la richiesta di rete
Lo smart working
Il ritardo della PA verso la digitalizzazione
Le sfide da affrontare
Il problema del digital divide

I dati: la richiesta di rete
In base ai primi dati forniti dai principali provider nelle prime settimane di marzo, l’incremento del traffico sulla rete internet aveva già prodotto un tendenziale rallentamento del traffico di circa il 10% per via del forte sovraccarico che ha investito le infrastrutture. L’operatore che ha registrato l’aumento di volume più consistente è stata TIM, con un incremento dl 90% su rete fissa e del 30% su rete mobile. Più contenuti, ma comunque significativi, anche gli aumenti di Vodafone (più 55% su rete fissa e più 30% su rete mobile) e di Wind-3 (più 40% su rete fissa e più 35% su rete mobile). Nello stesso periodo, il numero dei download è aumentato fra il 40 e il 70%, a seconda delle fasce orarie e delle aree territoriali considerate. Le attività maggiormente protagoniste dell’aumento del volume di traffico sono state lo streaming video (+30%), soprattutto per riunioni a distanza incrementate dallo smart working e lezioni on line di scuole e università, e il gaming, alimentato dai giovani a casa, che è addirittura quadruplicato.

E ciò sta accadendo in un Paese che, come sappiamo, non è tra quelli che più si distinguono sia dal punto di vista dell’alfabetizzazione informatica sia da quello dell’uso del web. Dobbiamo infatti considerare che, stando all’ultimo Rapporto europeo della Commissione europea sugli indici di digitalizzazione dell’economia e della società dei 27 paesi membri (DESI), l’Italia si colloca al ventiquattresimo posto, lasciandosi alle spalle soltanto Polonia, Grecia, Romania e Bulgaria. Di poco migliore è la collocazione italiana se ci si limita a considerare la graduatoria rispetto alle sole Pubbliche amministrazioni, rispetto alla quale il nostro paese si attesta al 18° posto. Molto più attrezzati sono invece paesi simili a noi per caratteristiche socio-economiche, come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Inoltre, in base ad altri dati forniti da Agicom, soltanto il 36,8% delle reti italiane viaggiano ad almeno 100 Mbps, mentre il 68,5% si attesta sulla soglia dei 30 Mbps, cioè la velocità minima per attività in streaming e smart working. Infine, se è vero che nel corso degli ultimi anni il numero delle unità immobiliari servite dalla fibra ottica è cresciuto, passando dal 18% del 2016 al 23% del 2018, è altrettanto vero che siamo ancora diversi punti percentuali al di sotto del 29% di copertura della media dei paesi dell’Unione Europea.

Lo smart working
Nello stato di quarantena totale in cui l’intero paese si trova ormai da qualche settimana, a ritrovarsi in prima linea sul fronte di questa digitalizzazione forzata è soprattutto la Pubblica amministrazione: dall’introduzione dello smart working per tutelare i propri operatori assicurando al tempo stesso continuità di servizio all’organizzazione delle attività didattiche e curricolari nella scuola e nell’università, il settore pubblico è infatti quello che più di altri ha dovuto operare una rapida conversione dalle attività in ufficio a quelle a distanza. E lo ha fatto non senza intoppi e problemi, dalla paralisi che ha colpito molti portali di scuole e università all’inizio di marzo, a seguito del trasferimento delle attività didattiche on line, al recente crash del sito dell’Inps per il sovraccarico generato dal concentrarsi in poche ore di molte migliaia di domande per l’attribuzione del bonus di 600 euro Inps agli autonomi. Un problema che fortunatamente è rientrato ma che si sarebbe potuto evitare, da un lato, aspettandosi un volume di contatti superiore all’ordinario e quindi predisponendo gli opportuni accorgimenti per incrementare l’accessibilità del portale e, dall’altro, introducendo forme di collaborazione delegata utili ad alleggerire la pressione diretta sul sito dell’Inps e a smaltire il complesso delle domande lungo percorsi di accreditamento differenziati.

E se pensiamo che, sempre nei giorni scorsi, i lavoratori autonomi tedeschi che a causa del Coronavirus hanno perso clienti e fatturato sono stati raggiunti da un assegno di 5.000 euro direttamente sul loro conto corrente pochi giorni dopo aver compilato una dichiarazione on line, ci rendiamo conto di quanto la nostra Pubblica amministrazione sia ancora in ritardo e, di conseguenza, quanto un suo cambiamento efficace richieda di essere integrato con il supporto di realtà professionali in grado di agevolare il rapporto con cittadini, imprese e mondo del lavoro.

Il ritardo della PA verso la digitalizzazione
Ma al di là delle polemiche, che mai come in questo momento rischiano di essere del tutto fuori luogo, cerchiamo di comprendere meglio in che cosa consista davvero il ritardo della Pubblica amministrazione italiana rispetto alla digitalizzazione. Prendendo nuovamente a riferimento l’indice DESI, vediamo come il grado di digitalizzazione dei servizi pubblici venga calcolato attraverso la media ponderata di due ulteriori sotto indicatori. Un primo indicatore di e-government, inerente il numero di utenti dei servizi on line delle Pubbliche amministrazioni, la disponibilità di open data e di modulistica pre-compilata, oltre che la presenza di servizi digitali per le aziende e il grado di completezza dei servizi erogati on line. E un secondo indicatore di e-Health, relativo alla disponibilità di ricette on line e al grado di condivisione di dati fra gli operatori sanitari, oltre che all’esistenza di servizi di sanità a livello digitale.

Limitando la nostra attenzione al solo indicatore di e-Government, ben sapendo che soprattutto oggi l’indicatore di e-Health riveste comunque un’importanza strategica, possiamo in primo luogo osservare come l’Italia figuri al penultimo posto fra i paesi dell’Unione Europea per utenti dei servizi on line delle Pubbliche amministrazioni. Nel nostro paese, infatti, la percentuale degli utenti digitali dei servizi amministrativi è pari al 37%, a fronte di una media europea del 64%. Soltanto la Grecia realizza un risultato di poco peggiore, attestandosi sul 36%, mentre tutti gli altri 25 stati membri dell’Unione ci precedono, mostrando performance significativamente migliori. E questo indicatore già ci dice tutto circa il problema del nostro paese, che riguarda anzitutto il fatto che ben pochi utenti interagiscono con la Pubblica amministrazione servendosi dei portali digitali. Un dato che non può attribuirsi esclusivamente alle scarse competenze informatiche della nostra popolazione, perché in larga parte si deve anche alla limitata fruibilità dei servizi della pubblica amministrazione, che a differenza di quanto accade in altri paesi europei, invece di favorire e incentivare l’alfabetizzazione digitale della popolazione mettendo a disposizione i primi servizi che i cittadini reputano convenienti utilizzare, tende a disincentivare il ricorso a internet, così favorendo anche un suo scarso utilizzo in generale.

Se poi consideriamo la disponibilità di moduli pre-compilati il quadro si fa ancora più negativo. Tali moduli, infatti, sono indicativi della capacità della Pubblica amministrazione di incrociare i dati di diversi data base in suo possesso, per agevolare la presentazione di istanze, senza costringere cittadini e imprese a fornire ripetutamente informazioni di cui gli enti pubblici dovrebbero già essere a conoscenza. Per fare un semplice esempio, ad oggi, in Italia, non esiste ancora la possibilità di incrociare i dati inerenti le pratiche di rilascio di carta di identità, patente di guida e passaporto. Non è un caso, perciò, che l’Italia su questo indicatore si trovi in diciannovesima posizione nella classifica dei paesi europei, con un punteggio di 49 su 100, quando la media UE è di 59 su 100, cioè una decina di punti superiore.

La nostra situazione migliora sensibilmente se consideriamo l’indicatore relativo ai servizi digitali per le aziende, rispetto al quale siamo sostanzialmente allineati alla media dei diversi stati europei, con un punteggio di 85 su 100. Qui ciò che conta riguarda l’offerta di servizi direttamente tramite portale, come nel caso delle autorizzazioni amministrative per l’avvio di nuove attività, che vengono valutati con punteggi più elevati. E su questo terreno non vi è dubbio che il nostro paese abbia fatto importanti progressi, misurati attraverso la crescita dell’indicatore di cinque punti soltanto nel corso dell’ultimo anno. Possiamo perciò considerarci relativamente soddisfatti, poiché ci lasciamo alle spalle paesi quali la Germania e il Belgio, che si fermano a 80 punti su 100, mentre siamo ancora piuttosto distanti dal Regno Unito e dalla Danimarca che si attestano di poco sotto al 100.

Ancor meglio andiamo rispetto alla completezza dei servizi forniti online, che riguarda procedure comuni quali la registrazione delle nascite, il cambio di residenza, il passaggio di proprietà di un’auto, dove con 90 punti su 100 ci classifichiamo dodicesimi, due punti sopra la media UE, oltre che davanti a paesi come Francia, Germania, Belgio, Regno Unito. E infine, last but not least, realizziamo un’ottima performance rispetto alla condivisione degli open data, soprattutto grazie ai passi in avanti compiuti con la riforma Madia della riforma della Pubblica amministrazione, dove risultiamo quarti, con l’80% dei dati complessivamente disponibili, dopo Irlanda, Spagna e Francia e con ben sedici punti percentuali in più della media dei paesi europei.

Le sfide da affrontare
L’insieme di questi dati ci dice che abbiamo la concreta possibilità di fare meglio, sfruttando la positiva esperienza maturata rispetto ai servizi digitali alle aziende e alla completezza dei servizi forniti attraverso i portali on line. Ma che per fare meglio occorre anzitutto incrementare la nostra capacità di sfruttare le banche dati già esistenti, incrociandone e mettendone in condivisione i contenuti fra le diverse amministrazioni, così come dalla riforma Madia in avanti abbiamo iniziato a fare piuttosto bene con gli open data. E soprattutto dobbiamo incentivare il ricorso da parte di cittadini e imprese ai servizi della Pubblica amministrazione on line. Perché tali servizi non devono diventare un privilegio per pochi utenti evoluti ma l’espressione più concreta di una cittadinanza digitale che metta cittadini e imprese nelle condizioni migliori per essere partecipi al sistema paese.

Si tratta di una scelta strategica, che nel momento in cui i costi sociali ed economici della pandemia da coronavirus si fanno più pesanti, lasciandoci intravedere una recessione ben più lunga e grave di quella che ci siamo da poco lasciati alle spalle, deve anzitutto passare da una più sistematica diffusione della fibra ottica e da una decisa accelerazione nello sviluppo della banda ultra-larga e delle reti di quinta generazione. L’Antitrust ha di recente condannato TIM a una sanzione pecuniaria di 116 milioni di euro per aver tenuto una strategia anti-concorrenziale volta a ritardare l’ingresso della fibra ottica nella sua forma più innovativa (Fiber to home) nelle aree territoriali più deboli dal punto di vista del mercato. Questa cifra – sebbene non sufficiente – potrebbe comunque rappresentare un primo investimento a fondo perduto per una più capillare diffusione della fibra ottica nelle aree meno avanzate del paese.

Open data e condivisione delle banche dati pubbliche, messi opportunamente a frutto attraverso l’applicazione del machine learning, cioè algoritmi in grado di trattare grosse quantità di informazioni per produrre previsioni di medio-lungo termine, potrebbero rappresentare un degno corollario di questo scenario, producendo un impatto molto positivo sul mondo del lavoro e dell’impresa e creando al tempo stesso maggiori opportunità di crescita economica. L’uso di questi strumenti, che il Governo ha inteso mettere in campo proprio in questi giorni nominando una task force per l’innovazione che si dovrebbe occupare della costruzione di applicazioni in grado di tracciare movimenti e comportamenti individuali per contrastare la diffusione del contagio, non va limitato a sole ragioni di sicurezza. Ma deve essere esteso ad altri ambiti, a partire dalla Pubblica amministrazione e dalle attività di autorizzazione amministrativa, proprio per la valenza strategica che l’efficacia e l’efficienza di tali attività sarà inevitabilmente destinata ad assumere nel momento in cui si tratterà di tornare alla vita di tutti i giorni.

Il problema del digital divide
Resta infine da colmare quel digital divide che, al di là delle scelte a favore della digitalizzazione messe in campo dal governo, continua a rappresentare una pesante ipoteca su qualsiasi politica di innovazione si voglia implementare in maniera efficace. Senza dimenticare come anche il mondo delle imprese sia tenuto a un insieme di adempimenti amministrativi che richiedono tempo e competenze, non sempre presenti fra le mura aziendali, rispetto alle quali si è soliti avvalersi di professionisti, a cui tali attività, per lo più di autorizzazione amministrativa, vengono delegate, al fine di evitare errori, omissioni, abusi, nonché di tutelare sia l’utente sia la stessa Pubblica amministrazione.

E qui, a mio avviso, un contributo decisivo può essere fornito dai professionisti delle pratiche amministrative, la cui esperienza e professionalità può risultare estremamente preziosa per un paese che, uscito dall’emergenza, intenda semplificare gli adempimenti amministrativi collegati alle attività produttive. Sono ormai anni che ci battiamo a favore dell’introduzione della procura digitale, ridefinita da un recente ordine del giorno della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che precedenti Governi avevano già accolto, come “delega”, non solo per il doveroso riconoscimento di una competenza professionale, ma anche per l’introduzione di uno strumento sempre più importante per rendere rapidi ed efficaci i rapporti con il mondo della Pubblica amministrazione. Mai come in questo momento, una figura come quella del procuratore digitale potrebbe risultare utile, vuoi per accompagnare il processo di digitalizzazione del paese, vuoi per integrare l’azione degli enti pubblici nella produzione dei propri servizi a cittadini e imprese.

Italia obbligata alla trasformazione digitale: le principali sfide | Agenda Digitale
 
iliad e Open Fiber

Come sappiamo, entro il 2024 iliad sbarcherà anche nel segmento della telefonia fissa e promette anche qui una nuova rivoluzione, con offerte convenienti e senza costi nascosti, proprio come accaduto nel mobile e che ha portato alla conquista di oltre 5 milioni di utenti in meno di due anni.

Open Fiber sembra davvero la scelta più logica per iliad, grazie alla copertura FTTH fino a 1 Gigabit che sta avanzando a pieno ritmo

Ipotesi rete unica: TIM ne vorrebbe il controllo, Open Fiber risponde difendendo il modello wholesale only
 
UNIDATA, UNA SOCIETÀ ROMANA DELLA FIBRA OTTICA CHE GUARDA AL FUTUROIl presidente Brunetti ci racconta la storia della neoquotata

FTA Online News, 22 Apr 2020 - 10:30
.......


Ritenete che sia una crescita sostenibile anche alla luce dell’attuale crisi in corso? Come vive la vostra società questo sconvolgimento del mercato?


“Siamo ancora interessati a una crescita per linee esterne, soprattutto nell’ottica di un incremento del nostro portafoglio clienti. Sulla tecnologia andremo più cauti, anche se il cloud rimane per noi un settore interessante. L’attuale situazione è senz’altro sfidante. Noi operiamo in un settore strategico, che non ha dovuto chiudere con gli ultimi DPCM, anzi proseguiamo nei nostri interventi. L’home working non è una novità per i nostri collaboratori. Sul fronte del mercato abbiamo registrato nel retail una crescita importante in questo periodo e abbiamo cercato di supportarla con delle offerte promozionali. La crescita del traffico di picco dal 40% in su ha trovato pronta la nostra infrastruttura avvantaggiata anche dalla scalabilità della fibra. Non possiamo fare previsioni sul fronte della clientela business, anche se per ora non registriamo disdette e bisognerà attendere ancora un po’ di tempo per le valutazioni sulla situazione. Riteniamo che questa crisi stia comunque accelerando dei processi di innovazione che vengono incontro al nostro business, dal telelavoro, che richiede un’infrastruttura di telecomunicazioni adeguata, ai modelli di consumo per intrattenimento, con lo streaming che guadagna ovviamente terreno e incoraggia a sua volta nostra offerta. La densità della nostra rete ci consente di essere competitivi nel nostro mercato di riferimento

https://www.borsaitaliana.it/notizi...sti/unidata-fibra-ottica-guarda-al-futuro.htm
 
Come sappiamo, entro il 2024 iliad sbarcherà anche nel segmento della telefonia fissa e promette anche qui una nuova rivoluzione, con offerte convenienti e senza costi nascosti, proprio come accaduto nel mobile e che ha portato alla conquista di oltre 5 milioni di utenti in meno di due anni.

Open Fiber sembra davvero la scelta più logica per iliad, grazie alla copertura FTTH fino a 1 Gigabit che sta avanzando a pieno ritmo

Ipotesi rete unica: TIM ne vorrebbe il controllo, Open Fiber risponde difendendo il modello wholesale only


Iliad, gia si pensa al futuro con la presenza di questo servizio

Uno dei grandi colpi di Iliad sarà il lancio del 5G. Anche in queste settimane di emergenza, i tecnici dell’o peratore per quanto possibile stanno lavorando alle infrastrutture di proprietà


che saranno necessarie all’utilizzo delle linee di alta velocità. Il rilascio potrebbe essere realtà entro la fine dell’anno.
Se si guarda ancora più in prospettiva – si parla di 2024 – gli utenti Iliad avranno un ulteriore sorpresa. Dopo i tanti rumors e le tante indiscrezioni ora è ufficiale: la compagnia francese entro anche nel campo della telefonia fissa. A confermare questa indiscrezione sono stati gli stetti dirigenti del gruppo, nelle recenti uscite pubbliche. Iliad quindi lavorerà anche alla sua rete in Fibra Ottica.
 
Open Fiber contro TIM: è colpa loro se l’Italia non ha la fibra

Open Fiber risponde a Gubitosi: TIM è responsabile del ritardo in cui si trova il Paese


Open Fiber, più precisamente l’AD Elisabetta Ripa, ha però risposto che il modello in questione non va contro il Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche e nemmeno contro AGCOM e Antitrust. Il modello wholesale anzi sarebbe “il più adatto per favorire gli ingenti investimenti necessari che, al contrario, non sono stati effettuati da TIM causando il ritardo in cui si trova il Paese.”


Fibra ottica: tra TIM e Open Fiber

Nel botta e risposta, Open Fiber mostra successi
La suddetta multa conferma questo persistente problema di TIM. Open Fiber, mentre l’azienda di Gubitosi “posticipava” i lavori, ha raggiunto 8,5 milioni di case e il terzo posto come fornitore europeo di connettività in Europa. “Inutile duplicazione di investimenti”? Assolutamente no.

Anzi, se non fosse stato per Open Fiber ora l’Italia si troverebbe in uno stato ancora peggiore.


Open Fiber contro TIM: e colpa loro se l'Italia non ha la fibra - DrCommodore


Open Fiber risponde a Gubitosi: TIM e responsabile del ritardo in cui si trova il Paese - MondoMobileWeb.it | Telefonia | Offerte | Risparmio
 
Sky conferma per giugno l’ingresso nelle Tlc e affila le armi sui diritti della Serie A

Sky scalda dunque i motori e lavora a pieno ritmo a un progetto in cui, come ha ricordato Maximo Ibarra, amministratore delegato di Sky avrà un “partner strategico e fondamentale” in Open Fiber, con cui esiste un accordo in tal senso siglato a marzo del 2018.

Dunque, il progetto di Sky si sta per concretizzare: l’obiettivo è quello di allargare l’offerta dal satellite alla fibra e all’Ip in genere. Una strategia per aumentare la penetrazione nel mercato italiano, che sul satellite ha raggiunto il picco, aggiungendo ai suoi contenuti premium lo sviluppo dell’infrastruttura in fibra da parte di Open Fiber.

«L’offerta di Sky sarà attiva in tutte le città che abbiamo raggiunto con la nostra infrastruttura e si estenderà via via che amplieremo la copertura» sottolineava qualche settimana fa Simone Bonannini, direttore marketing e commerciale di Open Fiber.

In questi giorni Sky sta completando la sua rete intelligente, fatta di qualche decina di data center, apparati di ultimissima generazione e chilometri di fibra.

Su questa infrastruttura la media company ha investito e giocato la parte decisiva della sua partita, con l’obiettivo di garantire livelli di servizio particolarmente elevati e sfruttare al meglio gli accessi in fibra Ftth messi a disposizione da Open Fiber.

Per il futuro è previsto che anche Fastweb venga unito come fornitore.

Sky conferma per giugno l’ingresso nelle Tlc e affila le armi sui diritti della Serie A
 
Riassumendo i partner di Open fiber :

Iliad
Retelit
Sky
Fastweb?

Se salta la rete unica con Tim non mi pare una tragedia
 
Facebook acquista il 9,99% della partecipazione in Jio per Rs 43.574 Crore, il più grande IDE nel settore tecnologico indiano

L'accordo valorizza le piattaforme Jio a Rs 4.62 lakh crore e renderà Facebook il maggiore azionista di minoranza della società di telecomunicazioni.

ULTIMO AGGIORNAMENTO: 22 APRILE 2020, 12:40 IST

Reliance Jio, l'unità di telecomunicazione di Reliance Industries Ltd (RIL), ha venduto una quota del 9,99% al colosso tecnologico statunitense Facebook per $ 5,7 miliardi, o 43.574 milioni di Rs, in un accordo che pone il valore pre-monetario di Jio Platforms a Rs 4.62 lakh crore.

L'accordo multimiliardario renderà Facebook il maggiore azionista di minoranza di Jio Platforms Limited. Chiamando la partnership senza precedenti in molti modi, RIL ha affermato che si tratta del più grande investimento per una partecipazione di minoranza da parte di una società tecnologica in qualsiasi parte del mondo e il più grande IDE nel settore tecnologico in India.

La partnership aiuterà RIL a ridurre il suo onere del debito, mentre aiuterà Facebook a consolidare la propria posizione in un mercato in forte crescita e in rapida crescita. Il colosso dei social media ha affermato che si concentrerà sulla collaborazione della sua piattaforma di messaggistica WhatsApp con l'impresa di e-commerce di Reliance JioMart per consentire alle persone di connettersi con le piccole imprese.

Commentando la partnership con Facebook, il presidente della RIL Mukesh Ambani ha dichiarato: “Quando Reliance ha lanciato Jio nel 2016, siamo stati spinti dal sogno di INDIA'S DIGITAL SARVODAYA ​​- India Inclusive Digital Rise per migliorare la qualità della vita di ogni singolo indiano e spingere l'India come principale società digitale al mondo. Tutti noi di Reliance siamo quindi onorati dall'opportunità di dare il benvenuto a Facebook come nostro partner a lungo termine nel continuare a crescere e trasformare l'ecosistema digitale dell'India a beneficio di tutti gli indiani ".

"La sinergia tra Jio e Facebook aiuterà a realizzare la missione" Digital India "del primo ministro Shri Narendra Modi con i suoi due ambiziosi obiettivi:" facilità di vita "e" facilità di fare affari "- per ogni singola categoria di indiani senza eccezioni. Nell'era post-Corona, sono fiducioso della ripresa economica e della ripresa dell'India nel più breve periodo di tempo. La partnership darà sicuramente un contributo importante a questa trasformazione ", ha aggiunto.

In un post di Facebook, Mark Zuckerberg ha affermato che uno degli obiettivi della collaborazione con Jio sarà la creazione di nuovi modi per le persone e le aziende di operare in modo più efficace nella crescente economia digitale. "Ad esempio, riunendo JioMart, l'iniziativa per le piccole imprese di Jio, con la potenza di WhatsApp, possiamo consentire alle persone di connettersi con le aziende, fare acquisti e infine acquistare prodotti in un'esperienza mobile senza interruzioni."

Jio Platforms, Reliance Retail Limited e WhatsApp hanno inoltre stipulato un accordo di partnership commerciale per accelerare ulteriormente le nuove attività commerciali di Reliance Retail sulla piattaforma JioMart utilizzando WhatsApp e per supportare le piccole imprese su WhatsApp, hanno annunciato le due società.

"La piattaforma New Commerce di Reliance Retail, JioMart, è stata costruita in collaborazione con milioni di piccoli commercianti e negozi di kirana per consentire loro di soddisfare meglio le esigenze dei consumatori indiani. Le aziende lavoreranno a stretto contatto per garantire che i consumatori siano in grado di accedere ai kirana più vicini chi può fornire prodotti e servizi alle proprie case effettuando transazioni senza soluzione di continuità con JioMart utilizzando WhatsApp ", ha dichiarato una dichiarazione rilasciata da Reliance Jio mercoledì.



Dal lancio di Jio nel 2016, Reliance è emersa come l'unica azienda in grado di competere con i gruppi tecnologici statunitensi nel mercato indiano in rapida crescita. Si è esteso dalle telecomunicazioni mobili a tutto, dalla banda larga domestica all'e-commerce. Reliance Jio possiede anche una suite di servizi tra cui il servizio di streaming musicale JioSaavn, il servizio di televisione in diretta JioTV su richiesta e il servizio di pagamenti JioPay.

L'accordo contribuirà a ridurre l'onere del debito di RIL, che si è gonfiato a causa dell'espansione vertiginosa di Jio e di altre attività. Ambani ha investito circa 40 miliardi di dollari per lanciare Jio nel 2016. RIL è anche il più grande operatore di vendita al dettaglio in India grazie a una serie di mosse espansive aggressive in attività rivolte ai consumatori.

L'investimento valorizza le piattaforme Jio tra le prime 5 società quotate in India in base alla capitalizzazione di mercato, in soli tre anni e mezzo dal lancio di servizi commerciali, convalidando la capacità di Reliance Industries di incubare e costruire attività dirompenti di prossima generazione, offrendo al contempo azionista che definisce il mercato valore.

Per Facebook, negli ultimi anni l'India è emersa come un mercato critico. La società ha più utenti in India di qualsiasi altro paese e il suo servizio di chat WhatsApp ha anche attratto 340 milioni di utenti nel paese.

Nonostante la rapida crescita del suo social network e WhatsApp, Facebook si è imbattuto nel suo piano Free Basics per fornire servizi Internet gratuiti dopo un divieto di Trai, il regolatore delle telecomunicazioni. Ora ha un alleato consolidato con una rete rurale consolidata dalla sua parte che è presente in settori che vanno dalle telecomunicazioni all'e-commerce e alla rete domestica.

L'accordo aiuterà anche Facebook a combattere rapidamente le app cinesi in crescita come Tiktok che hanno attratto la gioventù indiana. Per non parlare di una succulenta battaglia tecnologica a quattro vie con il Softbank giapponese, i pesi massimi statunitensi Google e Amazon e la cinese Alibaba.

Un recente rapporto di Cisco afferma che l'India è pronta ad avere più di 900 milioni di utenti Internet a causa della maggiore penetrazione di smartphone a prezzi accessibili e di piani Internet più economici. L'India avrà anche circa 2,1 miliardi di dispositivi connessi a Internet entro il 2023, afferma il rapporto.

Disclaimer: News18.com fa parte di Network18 Media & Investment Limited, di proprietà di Reliance Industries Limited che possiede anche Reliance Jio.


Facebook Buys 9.99% Stake in Reliance Jio for Rs 43,574 Crore, Largest FDI in India's Tech Sector

P.S.

AAE-1

Grazie al suo design e percorso avanzati, AAE-1 fornisce uno dei percorsi a latenza più bassa tra Hong Kong, India, Medio Oriente ed Europa con il minor numero di salti

Sotto la collaborazione di China Unicom, CIL (HyalRoute), Gibuti Telecom, Etisalat, GT5L, Mobily, Omantel, Ooredoo, OTEG, PCCW, PTCL, Reliance Jio, Retelit, Telecom Egypt, TeleYemen, TOT, Viettel, VNPT e VTC, AAE -1 collega Hong Kong, Vietnam, Cambogia, Tailandia, con la Malesia e Singapore, quindi in seguito Myanmar, India, Pakistan, Oman, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Yemen, Gibuti, Arabia Saudita, Egitto, Grecia, Italia e Francia.

Reliance Jio AAE-1 Submarine Cable System: Why is it Important?
 
Sono rientrato in retelit ieri a 1,55. Leggendo il piano industriale 2020 -2022 prevede un fatturato a 165 175 milioni nel 2020. Ma il fatturato 2019 ho letto che è 83 milioni! Mi confermate che è previsto un raddoppio del fatturato nel 2020?:o
 
Sono rientrato in retelit ieri a 1,55. Leggendo il piano industriale 2020 -2022 prevede un fatturato a 165 175 milioni nel 2020. Ma il fatturato 2019 ho letto che è 83 milioni! Mi confermate che è previsto un raddoppio del fatturato nel 2020?:o

Confermato anche perchè nel frattempo dal 2020 sono entrate in retelit PA e a giugno Brennercom.
Su questo thread però scriviamo solo notizie, usa l'altro dove si può scrivere quello che vogliamo!
Grazie
 
Open Fiber risponde a Gubitosi: TIM è responsabile del ritardo in cui si trova il Paese


Open Fiber, più precisamente l’AD Elisabetta Ripa, ha però risposto che il modello in questione non va contro il Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche e nemmeno contro AGCOM e Antitrust. Il modello wholesale anzi sarebbe “il più adatto per favorire gli ingenti investimenti necessari che, al contrario, non sono stati effettuati da TIM causando il ritardo in cui si trova il Paese.”


Fibra ottica: tra TIM e Open Fiber

Nel botta e risposta, Open Fiber mostra successi
La suddetta multa conferma questo persistente problema di TIM. Open Fiber, mentre l’azienda di Gubitosi “posticipava” i lavori, ha raggiunto 8,5 milioni di case e il terzo posto come fornitore europeo di connettività in Europa. “Inutile duplicazione di investimenti”? Assolutamente no.

Anzi, se non fosse stato per Open Fiber ora l’Italia si troverebbe in uno stato ancora peggiore.


Open Fiber contro TIM: e colpa loro se l'Italia non ha la fibra - DrCommodore


Open Fiber risponde a Gubitosi: TIM e responsabile del ritardo in cui si trova il Paese - MondoMobileWeb.it | Telefonia | Offerte | Risparmio

Telecom Italia: Governo, deal con Open Fiber fondamentale per Italia

In un’intervista al Sole 24 Ore, Stefano Patuanelli ha sottolineato il ruolo che Cassa Depositi e Prestiti avrà per la costituzione di "campioni europei" nei settori TLC, energia, cantieristica, siderurgia e automotive.

La prima operazione segnalata dal Ministro è la costituzione della rete unica Telecom Italia-Open Fiber, vista con grande favore dal Governo e indicata come fondamentale per il Paese.

Telecom e Open Fiber: la view e le ipotesi di Equita SIM
Per gli analisti di Equita SIM si tratta di una posizione molto forte e chiara da parte del Governo.

Tra i temi da sciogliere ci sono quelli del modello di business, ossia wholesale only o integrato, di governance e di valutazione, ma gli esperti pensano che la posizione del Ministro Patuanelli possa dare il via a un vero negoziato.

Per Telecom Italia Equita SIM vede opportunità dal progetto rete unica grazie a due fattori chiave: una maggiore stabilità e visibilità sulle stime di medio termine per il business wholesale, e opportunità di sinergie, in particolare sui capex.

Questi elementi suggeriscono che a Open Fiber possa essere riconosciuto un premio sul capitale investito, che sta salendo in parallelo con il piano di roll- out della rete.

Un premio del 30% porterebbe a una valutazione enterprise value di 4,3-5,5 miliardi di euro, ossia 1,4-1,9 miliardi di Equity value.

Telecom Italia: come potrebbe muoversi per il deal?
L’operazione potrebbe essere finanziabile da parte di Telecom Italia anche grazie ai piani di deleverage inorganici in corso, quale ed esempio la cessione di quote Inwit, nonché in funzione dell’assetto azionario risultante dalla combinazione.

Telecom Italia potrebbe presentare un’offerta con un veicolo partecipato anche da fondi infrastrutturali, come quello in costituzione con KKR, e Cassa Depositi e Prestiti potrebbe essere interessata a mantenere una presenza nell’asset o crescere nell'ex monopolista italiano.

In attesa di novità gli analisti di Equita SIM ribadiscono la loro view bullish su Telecom Italia, con una raccomandazione "buy" e un prezzo obiettivo a 0,52 euro.
 
Riassumendo i partner di Open fiber :

Iliad
Retelit
Sky
WindTre
Fastweb?

Se salta la rete unica con Tim non mi pare una tragedia

WindTre: per la rete in fibra vince il modello Open Fiber

WindTre spezza una lancia per Open Fiber e per il modello wholesale – un’unica rete aperta a tutti gli operatori – per la nuova rete in fibra ottica Ftth (fibra fino alla casa).

WindTre: per la rete in fibra vince il modello Open Fiber - FIRSTonline

Il Sole 24 Ore

Hedberg: «Troppi ostacoli sul 5G» Modello wholesale vincente per la rete
di Andrea Biondi

28 Aprile 2020

Il problema - batte su questo tasto in maniera ricorrente Jeffrey Hedberg, ceo di Wind Tre – è legato al tempo per dare risposte alle richieste del settore. Se si parla di 5G ad esempio, l’ad della telco – nata dall’unione fra Wind e 3 Italia, da metà 2018 di proprietà della Ck Hutchison di Hong Kong, con 5,7 miliardi di euro di valore della produzione al 2018 – va dritto ai «due ostacoli da superare: i processi autorizzativi e i limiti elettromagnetici che in Italia sono più stringenti che altrove».

In questo quadro per Hedberg c’è un altro pericolo da scongiurare, legato al progetto di rete unica di cui si parla sull’asse Tim-Open Fiber: «Le nostre preoccupazioni sono legate al modello di un operatore integrato verticalmente, chiunque sia, e a quanto ancora durerà questa diatriba».

Il progetto di rete unica vi trova contrari?

Noi possiamo parlare come azienda cliente di Open Fiber, che offre qualità, prezzi e grado di reattività di assoluto valore. Siamo soddisfatti di questa partnership e del modello wholesale perché tre anni fa la maggioranza dei nostri clienti aveva l’Adsl; poi c’è stata un’accelerazione dell’ultrabroadband di cui siamo molto felici e ora il 65% dei nuovi abbonati ha la fibra ottica. Laddove ci sono operatori verticalmente integrati si deve fari i conti con prezzi più alti, prestazioni inferiori e tempi più lunghi per lo sviluppo delle infrastrutture.

Se siete così soddisfatti perché non partecipate a Open Fiber investendo? In passato avreste potuto.

Innanzitutto siamo soddisfatti come clienti di questo modello, non sentiamo la necessità di “possedere” l’infrastruttura. Inoltre siamo soddisfatti del rollout di Of, ma in questo processo loro stanno riscontrando sostanzialmente le stesse problematiche che abbiamo noi con il 5G. Investire in qualcosa dove non c’è un quadro regolamentare semplice e chiaro è difficile e quindi perché dovremmo farlo ora? Tuttavia siamo aperti a questa possibilità. Ma dipende dalle prospettive.

Tim ha definito “fallimentare” il modello wholesale, dicendosi pronta ad avere il controllo.

La decisione non è solo di Tim. Cdp e gli altri azionisti dovrebbero trovare un accordo. Ma non basta: dovrebbe esserci un’approvazione da parte delle autorità, nazionali ed europee. Per la fusione tra Wind e 3 Italia, l’Antitrust Ue ha richiesto l’ingresso di un quarto operatore mobile sul mercato. Come cliente non vogliamo veder perdere altri tre anni nell’attesa di valutazioni e approvazioni. Non vogliamo distrazioni, ma andare avanti con il rollout. Questo è tanto più importante oggi, con le persone che studiano e lavorano da casa.

L’emergenza coronavirus può rallentare il 5G in Italia?

Noi vediamo nel 5G una grande opportunità, abbiamo modernizzato la nostra rete, che è “5G ready” e abbiamo fatto un buon lavoro nella sperimentazione a L’Aquila e a Prato. Ma ci sono due ostacoli. Innanzitutto sulle autorizzazioni: ci sono 229 comuni che hanno detto “no” in vario modo agli impianti 5G. Senza parlare delle fake news sul legame Covid-5G. Come settore abbiamo investito 6,5 miliardi nelle aste pubbliche per le licenze delle frequenze 5G e ora non siamo nelle condizioni di proseguire il rollout. Occorre il sostegno del Governo. Inoltre abbiamo limiti elettromagnetici in Italia che sono più molto stringenti rispetto al resto dell’Europa.

Siete preoccupati?

Onestamente sì. Nel nostro settore sono stati investiti negli ultimi 10 anni 77 miliardi, più altri 13 per le frequenze. Quindi 90 miliardi. Ma bisogna tenere presente che nel settore gli azionisti sono in gran parte internazionali e hanno molte opportunità nel mondo. Hanno investito molto perché credono nell’Italia, ma ora che è stata modernizzata la rete, sono state acquistate le frequenze e sono state fatte le prime sperimentazioni, c’è il rischio che un’impasse impedisca di raccogliere il ritorno sull’investimento. Un investitore potrebbe quindi chiedersi: “L’Italia è il luogo dove vogliamo investire e lavorare?”.

Tim e Vodafone hanno lanciato offerte commerciali in 5G. Voi?

Noi siamo ben posizionati perché grazie ai 6 miliardi di investimento che stiamo facendo tra 2017 e 2021 la rete è già “5G ready”, e quando saranno disponibili gli smartphone saremo in grado di offrire un servizio 5G in tutta Italia. Ma per offrire i servizi 5G evoluti alle imprese, per Industry 4.0, l’agrifood, l’health care, bisogna continuare il rollout. Che peraltro aiuterebbe ad affrontare l’aumento del traffico che stiamo sperimentando durante l’emergenza Covid. Ma con tanti Comuni che dicono no al 5G come si fa?

Dall’emergenza coronavirus il settore risulterà rafforzato, visto il boom del traffico sulle reti, o indebolito?

Wind Tre e tutta la industry stanno tenendo bene. Siamo orgogliosi del ruolo che abbiamo assunto. Questo è il presente. Ma quello a cui penso è il futuro dell’Italia. Occorre agire oggi per avvantaggiarci sulle prossime sfide.

Hedberg: <<Troppi ostacoli sul 5G>> Modello wholesale vincente per la rete - Il Sole 24 ORE
 
Riassumendo i partner di Open fiber :

Iliad
Retelit
Sky
Windtre
Vodafone
Tiscali

Fastweb?

Se salta la rete unica con Tim non mi pare una tragedia

Anche WINDTRE contro la rete unica TIM-Open Fiber
DI REDAZIONE · 29 APRILE 2020



In una intervista rilasciata ieri da Jeffrey Hedberg (CEO WINDTRE) al quotidiano economico Il Sole 24 Ore, è stato trattato un tema davvero importante per l’Italia e la sua crescita dal punto di vista delle connessioni ultraveloci (FTTH), ovvero quello relativo al progetto di rete unica TIM–Open Fiber.

Come noto, ne abbiamo abbondantemente scritto anche di recente, Open Fiber si oppone in maniera decisa, difendendo il modello wholesale only, che definisce come l’unico in grado di “garantire l’accesso alla rete in forma neutrale e non discriminatoria a tutti gli operatori, che ne sono clienti e non concorrenti, con evidenti benefici per i consumatori in termini di pluralità e ricchezza dei servizi disponibili”.

E in effetti, così è stato: sulla rete in fibra di Open Fiber operano ormai tantissime realtà (Vodafone, WINDTRE, Tiscali, giusto per citarne alcuni), anche locali, portando connessioni affidabili al costo mensile di una vecchia ADSL (se non ancora più convenienti).

Jeffrey Hedberg WINDTRE
Jeffrey Hedberg – CEO WINDTRE

Proprio il CEO di WINDTRE spiega il motivo più chiaro di tutti per cui bisogna dire NO ad una rete unica in cui un operatore integrato verticalmente (in questo caso TIM) possa prenderne il controllo, tornando di fatto ad un monopolio sull’infrastruttura di rete.

“Siamo molto soddisfatti di questa partnership e del modello wholesale perché tre anni fa la maggioranza dei nostri clienti aveva l’ADSL; poi c’è stata un’accelerazione dell’ultra-broadband di cui siamo molto felici e ora il 65% dei nuovi abbonati ha la fibra ottica.

Laddove ci sono operatori verticalmente integrati si deve fare i conti con prezzi più alti, prestazioni inferiori e tempi più lunghi per lo sviluppo delle infrastrutture“.

TIM, per bocca del suo AD (Gubitosi), ha definito il modello wholesale only di Open Fiber “fallimentare”, mentre il CEO WINDTRE non è dello stesso parere: “La decisione non è solo di TIM – spiega Hedberg – Cassa Depositi e Prestiti e gli altri azionisti dovrebbero trovare un accordo. Ma non basta: dovrebbe esserci un’approvazione da parte delle autorità, nazionali ed europee.

Per la fusione di Wind e 3 Italia, l’Antitrust UE ha richiesto l’ingresso di un quarto operatore mobile sul mercato [ iliad ]. Come cliente non vogliamo vedere perdere altri tre anni nell’attesa di valutazioni e approvazioni. Non vogliamo distrazioni, ma andare avanti con il rollout. Questo è tanto più importante oggi con le persone che studiano e lavorano da casa”.

Spostandosi poi sul 5G, non poteva mancare il tema dei tanti comuni italiani (229) che in vario modo hanno detto no agli impianti con questa tecnologia, “senza parlare delle fake news sul legame Covid-19 e 5G”.

Comuni che quindi stanno rallentando il rollout delle reti 5G di tutti gli operatori, non solo iliad, come raccontiamo periodicamente con gli aggiornamenti da tutta Italia. Mal comune…

Anche WINDTRE contro la rete unica TIM-Open Fiber
 
Screenshot_20200430-174843__01.jpg


Twitter
 
Elliott scarica Telecom Italia, quasi azzerati i diritti di voto

01/05/2020 11:55

Il fondo attivista Elliott tira i remi in barca da Telecom Italia. Dalle comunicazioni Consob emerge che la partecipazione nella società telefonica italiana è scesa al 5,127%, di cui però solo lo 0,265% ancora dotata di diritti di voto. Il restante 4,862%, come rimarca oggi Il Sole 24 Ore, è una posizione lunga costruita con strumenti derivati che le note identificano come JPM cash settlement swap con scadenza 30 maggio 2023.

Dal fondo di Paul Singer fanno sapere, stando a quanto riporta il Sole24Ore, che si tratta di un ‘aggiustamento tecnico’ – il passaggio da cash a swap – che non modificherà l’impegno di Elliott su Telecom Italia. La discesa nel capitale da parte di Elliott era già iniziata il mese scorso passando da quasi il 10% a poco sotto il 7%.

L’ulteriore discesa arriva proprio una settimana dopo l’assemblea di Telecom e potrebbe provocare delle reazioni da parte degli altri azionisti. In particolare Vivendi, maggior azionista con il 23,94% del capitale ordinario, che però risulta in minoranza nel board con cinque amministratori su 15 (la maggioranza è espressione proprio del fondo Elliott con una lista di dieci candidati indipendenti).
 
Indietro