Creazione di una joint-venture

Scusami San Siro, non ho capito bene la domanda, cosa intendi quando dici che basterebbe cedere la prima volta, concedendo un aumento anche modesto, per non poter più opporsi ad eventuali altri aumenti successivi?

Semplicemente che se per effetto di un piccolo aumento di capitale la quota di Dott. Jones (la sua preoccupazione era che la crescita della start up venisse frenata proprio per arrivare a questo punto) dovesse scendere da 30% a, che so, 27%, poi non potrebbe più opporsi ad aumenti successivi.

Mi rendo conto però che è un ragionamento che sta poco in piedi perché se la necessità di nuovo capitale è contenuta credo si possa fare ricorso a un prestito bancario.
 
Ciao Solidum.
Qualora siano necessarie nuove risorse finanziare e queste non siano reperibili attraverso il credito bancario (o, più in generale, attraverso qualsiasi forma di finanziamento da parte di terzi), non resta che percorrere due strade: o aumento di capitale o finanziamento da parte dei soci.
Come detto, l'aumento di capitale però sarebbe da scartare perchè sarebbe necessaria l'approvazione di Dott. Jones che, proprio per tutelarsi da possibili aumenti con fini diluitivi, voterà contrariamente.
Non resta che la strada del finanziamento. Infatti, se hanno le risorse finanziarie per porre in essere un aumento di capitale le avranno anche per porre in essere un finanziamento diretto alla società.
Questo da un punto di vista legale, in quanto la società prevedendo nello statuto un quorum deliberativo del 71% "sapeva" a cosa andava incontro (vale a dire, necessaria collaborazione di Dott. Jones).

E' ovvio, tuttavia, che stiamo parlando di un'ipotesi astratta.
Nella realtà le cose sarebbero molto più complesse, innanzitutto perchè per portare in statuto una clausola del genere, devi avere una grande forza contrattuale.
In secondo luogo, potrebbero andare ad incrinarsi i rapporti tra i soci, con tutto ciò che ne deriverebbe.
Ci sono moltissime variabili che potrebbero portare i soci di maggioranza a finanziare la società, pur in assenza di qualsiasi "sforzo economico" di Dott. Jones, però puoi immaginare che non sempre questa è una soluzione facilmente percorribile.
Proprio per questo, come anche tu hai suggerito, determinate questioni vengono affrontare a priori con patti parasociali per evitare che si giunga a situazioni di stallo, o che potrebbero determinare una rottura dei rapporti tra i soci (con conseguente rischio di perdita del capitale versato a titolo di conferimento o scioglimento della società).

P.S. Questo in linea generale e cercando di semplificare. Si può aggiungere che, in determinati casi, il socio (Dott. Jones) potrebbe essere ritenuto responsabile del risarcimento dei danni qualora la propria condotta (es. opposizione sistematica all'aumento di capitale sociale) abbia causato un danno alla società ma complicheremmo troppo le cose.

Scusa, ma ammettiamo che i due soci siano comprensivi verso le preoccupazioni del Dott. Jones e siano disposti a finanziare loro due la società, a che condizioni possono concedere il finanziamento?

C'è una legge che fissa un tetto al tasso di interesse che possono chiedere e regola le condizioni per la restituzione?
 
Semplicemente che se per effetto di un piccolo aumento di capitale la quota di Dott. Jones (la sua preoccupazione era che la crescita della start up venisse frenata proprio per arrivare a questo punto) dovesse scendere da 30% a, che so, 27%, poi non potrebbe più opporsi ad aumenti successivi.

Mi rendo conto però che è un ragionamento che sta poco in piedi perché se la necessità di nuovo capitale è contenuta credo si possa fare ricorso a un prestito bancario.

Ciao San Siro.
Tieni presente che, salvo eccezioni, anche qualora dovesse essere deliberato l’aumento di capitale (anche grazie al voto favorevole di Dott. Jones), questo non comporta un’automatica diminuzione percentuale della sua quota.
Faccio un esempio.
Capitale sociale = 100
Socio A = 35% Socio B = 35% Dott. Jones = 30%
Qualora venga disposto un aumento del capitale di 100, avremo:
Capitale sociale 200
Socio A = 70 Socio B = 70 Dott. Jones = 60
Come puoi vedere, le percentuali sono rimaste invariate (35%, 35%, 30%).
Questo perchè l’aumento di capitale può essere sottoscritto in percentuale da ciascun socio in proporzione alla propria quota di partecipazione.
Questo per dire che un aumento di capitale sociale non per forza porta alla diluizione della quota di Dott. Jones (questo accade solo se Dott. Jones decide di non sottoscrivere l’aumento di capitale ma, a quel punto, avrebbe votato contrariamente in sede di delibera, proprio grazie alla clausola che fissa il 71% come quorum deliberativo).
Spero di essere stato abbastanza chiaro ma, se vuoi, puoi scrivermi in privato per un ulteriore chiarimento.
Detto ciò, è bene precisare che ogni volta che si vuole aumentare il capitale sociale, serve un’apposita delibera.
Quindi anche qualora Dott. Jones votasse a favore del “primo” aumento di capitale, questo non vuol dire che dovrà sempre votare a favore o saranno sempre possibili nuovi aumenti di capitale.
È sempre necessaria una nuova e apposita delibera.

Per quanto riguarda il finanziamento, che io sappia non ci sono particolari limiti.
Sarà compito dell’amministratore della società stipulare un buon contratto di finanziamento (quindi a tassi ragionevoli), per evitare possibili azioni di responsabilità.
Per concludere, si. In particolari ipotesi ci potrebbero essere delle “eccezioni” riguardanti la restituzione del finanziamento ai soci, ma è meglio non complicarci la vita.
Un saluto.
 
Ti ringrazio innanzitutto per in tuo contributo alla discussione.
Provo a rispondere alle tue considerazioni, con l'umiltà di chi non ha la verità
in tasca, ma cercando di spiegarti come vedo le cose io, essendo nel settore da
anni e che quindi ho visto come funziona il mercato del settore.

Rischio di copia del prodotto da parte di un'altra azienda: certo che c'è.
Ma un convertitore elettronico (UPS, inverter, driver motori, carica-batteria, ecc)
è una macchina che non è che smonti e copi, o almeno questo lo puoi fare per i componenti
fisici e fino ad un certo punto: lo puoi fare per i componenti acquistati, ma
alcuni componenti (trasformatori, induttanze) sono fatti su specifica e più
difficili da copiare, ma soprattutto sono macchine a controllo a processore in
cui il cuore della macchina è un codice che non è che ,la concorrenza riesce
a portarti via smontando la macchina.
Qui si tratta di macchine che costano decine di migliaia di euro per singolo pezzo,
non è elettronica di consumo.

Il tuo socio invece ha in mano tutto, perchè nel momento in cui fai una società
non è che non metti il know-how aziendale su un server. Poi quando si tratta di
produrre la macchina devi avere liste materiali, disegni, schemi elettrici,
software, firmware. E questo è della società, non è che puoi dire questo me lo
tengo io e non lo condivido con i soci.

Perchè non me lo sviluppo io da solo, tu mi chiedi.
Ho sempre pensato che per fare una società per sviluppare prodotti tecnologici
servano due cose: il know-how e i clienti. Certo serve anche un capitale,
perchè comunque prima di andare a vendere hai bisogno di un periodo (1 anno, 2 anni)
di sviluppo prodotto, ma quello viene dopo, e se si hanno know-how e clienti il
capitale poi si trova.
Tipicamente molte aziende sono nate a un paio di dipendenti di cui uno era un tecnico
e uno era un commerciale. Da solo il tecnico non avrebbe fatto nulla, e così anche
il commerciale.

Anche se tu hai il know.how, per quanto tu bravo sia, se ti metti a fare un prodotto,
poi si pone il problema di presentarti sul mercato. Nessuno di conosce: i tuoi concorrenti
hanno commerciali che vanno alle fiere, che la gente già conosce...tu sei solo, non
hai una storia alle spalle: perchè un cliente dovrebbe venire da te prendendosi
il rischio di comprare un prodotto da uno sconosciuto, quando la concorrenza
sono aziende conosciute che hanno un marchio, una struttura, ecc...
Devi fare uno sforzo incredibile per farti conoscere e questo richiede tempo (anni)
ed molti sforzi. L'alternativa è andare da chi è già presente sul mercato con un
marchio conosciuto ma non ha il know-how per fare produrre quello che il mercato
chiede e che tu puoi dargli.


Per quanto riguarda la vendita, di tratta di partecipare a delle gare o fare
accordi diretti con possibili clienti. Si tratta di macchine industriali, B2B
quindi, non B2C.

Spero di avere risposto ai tuoi dubbi.


Occhio a ragionare in questo modo...l'azienda ce l'ha in mano chi ha i clienti a cui vedere il prodotto non chi progetta e ha il know how per costruirlo.
Meglio impiegare anni però poi avere un brand che è tuo piuttosto che regarlarlo ad altri,se il prodotto è veramente buono stai sicuro che i clienti arriveranno prima o poi.

Per esperienza personale a cercare le scorciatorie si rimane inchiulati.
 
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