da La Stampa (dopo l'incontro di Tavares di ieri con Regione e Comune)
L'ANALISI
IL NUOVO PATTO VALORIZZA IL PRESENTE
di Paolo Griseri
Un patto che salva Mirafiori e la ridisegna per il futuro. Questa almeno è l'intenzione con cui ieri si sono incontrati i vertici di Stellantis e i responsabili della politica torinese. La sopravvivenza e il rilancio del distretto manifatturiero piemontese non è un fatto locale. Perché quella è una delle aree di eccellenza dell'industria italiana ed europea. Perderla nel momento in cui il baricentro del gruppo, dopo la fusione con Psa, torna in Europa sarebbe un vero peccato. Non è solo un problema (pur importante) di occupazione ma anche di leadership nell'innovazione e di ruolo strategico. Non si sarà mai deprecata a sufficienza la faciloneria con cui la politica italiana ha spesso guardato alle questioni industriali.
Come un fatto da risolvere con incentivi e cassa integrazione. Utilissimi entrambi ma non esaustivi. Anche per questo l'incontro può segnare una piccola inversione di tendenza. In fondo erano due politici di segno opposto (il forzista Cirio e il sindaco Lo Russo del Pd) seduti al tavolo con i manager a discutere di aree, investimenti e politica industriale. Un piccolo esempio che forse potrebbe essere preso a modello anche a livello di governo. Naturalmente si tratta di vedere se gli impegni diventeranno realtà. Ma un secondo aspetto è importante: il pragmatismo. Decisivo è partire da ciò che Mirafiori è oggi, senza nostalgie di un passato che non tornerà e senza la paura di un futuro oggi ignoto.
Mirafiori è un oggetto da maneggiare con cura. Perché è un simbolo. Un simbolo che parla a tutti e parla linguaggi molto diversi. Il simbolo dell'innovazione e dell'industrializzazione del secondo Dopoguerra ma anche dello scontro e dell'emancipazione sociale. Quando la grande fabbrica ha smesso di essere tutto questo, alla fine del Novecento, molti l'hanno data prematuramente per morta. Se oggi se ne parla è perché a dispetto di ciò che molti pensano, Mirafiori continua ad occupare circa 10.000 persone. Non sono le 60 mila tute blu di inizio anni '70 e dalle linee produttive non escono più un milione di utilitarie all'anno. Ma se gli impegni assunti ieri verranno mantenuti, nei prossimi anni Mirafiori produrrà tra le 180 e le 200 mila auto. Una cifra importante, perché accanto alla nuova generazione della 500 elettrica ci saranno quattro modelli Maserati, prodotti ad alto valore aggiunto.
Il polo della produzione delle auto elettriche italiane dovrà essere affiancato dalle nuove produzioni della filiera delle batterie, un'attività che può occupare migliaia di ingegneri e assicurare nuova innovazione. Tutto questo dovrebbe garantire la massa critica per dare futuro non solo alla fabbrica torinese ma al principale distretto italiano dell'auto, che fa vivere migliaia di aziende piccole e medie e garantisce le produzioni di componenti non solo per Stellantis ma per molti suoi concorrenti.
L'operazione prevede anche quella che nelle dichiarazioni ufficiali il sindaco di Torino ha definito «una pianificazione territoriale e urbanistica condivisa». Mirafiori, probabilmente, si ridurrà: i suoi 3 milioni di metri quadri sono evidentemente troppi. L'importante è usare gli spazi che si liberano per nuove attività di sviluppo industriale e questo pare l'oggetto delle contrattazioni con gli enti locali. È presto per dire se il modello funzionerà. Ma è un fatto che il primo tentativo di un nuovo corso è partito. Alla riunione di ieri era presente anche l'associazione degli industriali. Un piccolo passo, dopo l'uscita di Fca da Confindustria nel 2011. Un segnale che forse un pezzo di Novecento sta finendo.