Questo è verissimo anche.
Basta parlare con entrambi i tipi di persone (io ho vissuto li per un periodo), loro come dici "hey potremmo provare a fare questo" il giorno dopo sono pronti a firmare le carte per provarci. Puoi dirlo a una persona senza un centesimo e quello è pronto su 2 piedi a chiedere prestiti per provare.
Da noi ora che trovi qualcuno disposto a "muoversi" al livello imprenditoriale diventi vecchio. E ovviamente vista la complessità di oggi è difficile che da solo combini qualcosa, se non hai la possibilità di incontrare persone con competenze complementari alle tue disposte a fare queste cose è ovvio che le possibilità che nasca qualcosa sono nulle.
Idem, io ho roba praticamente già pronta e contatti già disponibili con l'estero, sono sempre alla ricerca di qualcuno con cui iniziare qualcosa.
L'immaginazione dipende dal contesto culturale.
Come spiegavo qualche pagina fa gli italiani nascono in un contesto dove "il mondo" è cultura classica, architettura storica, storia in generale, filosofia, ecc. Insomma tutto il vecchiume possibile.
È ovvio che una popolazione cosi non può immaginare nulla quando c'è da innovare perché è qualcosa che non gli appartiene proprio come concetto.
L'ho detto io, l'ha ridetto un'altro utente prima e lo ripeto ancora. Forum di finanza questo, sezione "iniziative imprenditoriali" e abbiamo bar, farmacie, tabaccherie, ecc.
Questo è, gli italiani non hanno proprio la capacità di considerare che le cose che esistono non sono il limite, che puoi creare del nuovo. Per noi, per il modo in cui il nostro cervello è tarato, si può fare solo ciò che esiste già. Perché il mondo nella nostra testa è qualcosa di statico che non cambia.
Questo tipo di mentalità è impossibile da cambiare.
Tutto vero, ma c'è dell'altro.
Come ha fatto notare mistic investor, l'imprenditoria italiana ha avuto un grandissimo impulso nel secondo dopoguerra.
L'estrazione dei nuovi imprenditori aveva una forte componente contadina. E non è un caso. Un tempo, molti contadini emigravano nei mesi freddi per arrotondare le magre entrate. Facevano, e apprendevano, altri lavori, e questo contribuiva a formare una mentalità "problem solving".
Le persone a cui ti riferisci tu sono sostanzialmente gli individui che hanno sempre vissuto nelle città, si sono formate esclusivamente a scuola, non hanno mai visto un processo produttivo e avrebbero problemi a sostituire la ruota di una bicicletta.
Avendo lavorato in pubblicità, la mia formazione è centrata sul marketing, sul concetto di prodotto.
Il mio modo di ragionare è binario: zero, uno. Va, non va. Funziona, non funziona. Risponde a un bisogno, non va incontro a un reale bisogno.
Parlando con le persone, mi rendo conto che neppure il concetto di "prodotto" è così scontato.
Qualche sera fa parlavo con una tizia che insegna musica ai bambini e gli chiesi cosa ne pensava di un ausilio didattico con certe caratteristiche. Lei mi disse che c'erano dei filmati su YouTube che andavano in quella direzione.
Ora, un conto è un filmato, che ti mette in una posizione passiva, un conto è uno strumento ad hoc che ti consente di fare tu l'esperienza diretta, magari anche senza rendertene conto, attraverso il semplice gioco.
Gliel'ho spiegato, ma non ha capito. Continuava a ripetermi che c'erano dei tutorial su YouTube...
I problemi del settore produttivo italiano sono diversi e molteplici.
C'è anche quello culturale, abbastanza insidioso, perché te lo ritrovi dove non te lo aspetteresti.
Vedi ad esempio di blog di Elestici sul mondo delle start up e dei soggetti che, in teoria, dovrebbero selezionarle e finanziarle.
E' evidente che la maggior parte degli attori soffre di quelle limite culturale che hai ben evidenziato tu. In superficie c'è il marketing, gli studi economici, ecc., ma la base è quella che hai descritto.
Poi ci sono i problemi dimensionali. Abbiamo attori troppo piccoli in settori in cui sarebbe neceaaria una maggiore concentrazione.
Sicuramente siamo indietro sui prodotti innovativi, probabilmente a causa di un mix di scarso collegamento imprese-università, pochi fondi nella ricerca (pubblica e privata), pochi capitali indirizzati all'innovazione (che se fossero abbondanti potrebbero attenuare i due problemi summenzionati.)
Quindi, problemi macro. Non dimentichiamo che l'adesione all'Euro ha comportato una tassazione pari al 20% di ogni prodotto o servizio generato in Italia. Adesso non saprei calcolare quanto incide questo gravame, perché sono passati molti anni e in parecchi settori si sarà generata una certa deflazione salariale.
Insomma, non siamo messi benissimo. Ma non siamo certo gli unici a soffrire. Io ad esempio, non ho mai pensato che la Spagna ci avrebbe surclassato nel giro di qualche anno. A dare retta ai giornali, la Spagna dovrebbe avere da mo' un PIL pro capite nettamente superiore al nostro... Neanche la Francia sta bene. Del resto, il copione è quello: favorire il mercantilismo tedesco, facendo morire di mercantilismo i partner europei.
Se uno si ricorda quali erano le promesse che hanno accompagnato i trattati di Maastricht e di Lisbona, stenta a credere che si possa accettare tutto questo. Parliamo di un continente i cui paesi dell'area euro crescono a un tasso dell'1% all'anno...