Unicredit: solo news n. 4

Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar
Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar

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Banche italiane, perché non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024 secondo Dbrs Morningstar​

di Francesca Gerosa

Per le prime cinque grandi banche italiane quotate in borsa il 2023 è stato un anno record a livello di utili: 21,1 miliardi di euro (+64% rispetto al 2022). Un trend destinato a continuare, secondo Andrea Costanzo, vice president, european financial institutions di Dbrs Morningstar. Il consolidamento partirà ma a determinate condizioni



Per le prime cinque grandi banche italiane quotate in borsa il 2023 è stato un anno record a livello di utili: 21,1 miliardi di euro (+64% rispetto ai 12,8 miliardi del 2022). Un dato a cui hanno contribuito gli 8,6 miliardi di utile netto di Unicredit, i 7,7 miliardi di Intesa Sanpaolo, i 2,05 miliardi di Mps, gli 1,5 miliardi di Bper Banca e gli 1,26 miliardi di Banco Bpm. Un trend destinato a continuare visto che tutte e cinque hanno annunciato che nel 2024 gli utili saranno uguali o superiori al dato del 2023. Milanofinanza.it ha intervistato in merito Andrea Costanzo, vice president, european financial institutions di Dbrs Morningstar.

Le esposizioni a Russia e Ucraina sono state significativamente ridotte

«Abbiamo seguito i risultati riportati dalle maggiori banche italiane: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Bper Banca e Mps e condividono in larga misura le stesse tendenze», sottolinea Costanzo. Infatti, «le banche hanno registrato risultati solidi nell'anno fiscale 2023, principalmente guidati da un maggior margine di interesse e costi sul credito generalmente più bassi e contenuti. Questi ultimi sono stati influenzati in modo rilevante nel 2022 dalle rettifiche per le esposizioni dirette a Russia e Ucraina nel caso di Unicredit e Intesa Sanpaolo. Queste sono scomparse nel 2023, supportando i conti economici delle banche poiché le esposizioni a Russia e Ucraina sono state significativamente ridotte dall'inizio del conflitto. Inoltre», prosegue Costanzo, «i ricavi da commissioni si sono dimostrati resilienti nonostante il momentum negativo sui mercati finanziari per la maggior parte del 2023 e un'attività di prestiti contenuta».

Livelli buoni di copertura sugli npe

Le banche hanno anche continuato a dare enfasi al controllo dei costi al fine di limitare l'impatto negativo dovuto alle pressioni inflazionistiche, spiega l’esperto di di Morningstar Dbrs. «Le metriche sulla qualità degli asset hanno confermato la solidità degli istituti di credito poiché hanno continuato a ridurre il rischio nei loro bilanci e i nuovi flussi verso i crediti in sofferenza (npe) sono rimasti contenuti nonostante il contesto con tassi di interesse e costo della vita più elevati. Le banche hanno anche mantenuto livelli buoni di copertura sugli npe così come sulle esposizioni performing, compresi gli accantonamenti accumulati negli ultimi anni per far fronte a futuri rischi più generici legati alla qualità degli attivi», osserva Costanzo.

I volumi dei prestiti sono diminuiti nel 2023, a causa dell'inasprimento degli standard sui prestiti, dell'aumento dei tassi d'interesse e della crescita economica lenta. Al contempo, il profilo di finanziamento e liquidità delle banche italiane rimane solido poiché i deflussi dai depositi nel primo semestre del 2023 sono stati in parte compensati dai nuovi afflussi nel secondo semestre del 2023, nonostante i rimborsi del Tltro III della Bce. La generazione di capitale organico è stata sostenuta durante l'anno e i coefficienti patrimoniali sono risultati ben al di sopra dei requisiti minimi di vigilanza.

Non ci sarà un calo del margine di interesse nel 2024

Con la Bce che inizierà a tagliare i tassi di interesse quest’anno, Costanzo non si aspetta necessariamente una diminuzione del margine di interesse delle banche italiane nel 2024 poiché, spiega l’esperto, «c'è un effetto di trascinamento. Anche se i tassi diminuiscono nel corso dell'anno, le banche continueranno comunque a beneficiare di un contesto di tassi di interesse mediamente più alti rispetto al passato. Tuttavia, riteniamo che il margine di interesse abbia probabilmente raggiunto il picco e ci aspettiamo in generale un trend meno favorevole nei prossimi trimestri, di riflesso ai tagli previsti dei tassi, alla crescita lenta dei prestiti, ai costi di finanziamento più alti e alla politica di remunerazione zero sui requisiti minimi di riserva. Tuttavia, le banche stanno attuando strategie di copertura in previsione dei futuri tagli dei tassi chiave della Bce al fine di bloccare alcuni benefici per il margine di interesse e ridurre la sensibilità futura del margine di interesse ai cambiamenti dei tassi. Ciò contribuirà a mitigare l'aspettato impatto negativo sul margine di interesse, rappresentando un potenziale di crescita per le banche con un forte franchising e una miglior reputazione creditizia, che in genere risentono meno della concorrenza per i prestiti e i depositi e dei maggiori costi di finanziamento wholesale».

Perché è importante il ritorno al dividendo per Mps

Grazie ai buoni conti c’è anche chi torerà a distribuire un dividendo. Banca Monte dei Paschidi Siena ha annunciato l'intenzione di distribuire il suo primo dividendo in 13 anni per 315 milioni di euro, soggetto all'approvazione dell'assemblea degli azionisti e della Bce. Mps mira anche a un pay-out ratio del 50% sull’utile netto del 2024. «Questo, secondo noi, dimostra un'ottimizzazione degli utili e una capacità ripristinata di generare capitale. Dimostra anche che la banca è fiduciosa nella sua capacità di replicare una performance simile a quella del 2023 nel 2024, a seguito del successo del turnaround eseguito dal nuovo management con l’aumento di capitale nel 2022», ricorda Costanzo.

Il consolidamento nel settore bancario italiano partirà ma a determinate condizioni

I risultati eccezionali riportati nel 2023 e il conseguente accumulo di capitale in eccesso rispetto ai requisiti di vigilanza hanno generalmente portato le banche italiane a implementare distribuzioni più generose agli azionisti tramite dividendi ma anche tramite riacquisti di azioni nel caso di alcune banche. «I rapporti di pay-out dichiarati partono generalmente da un livello di circa il 30% che aumenta fino al 90% per banche più capitalizzate e più diversificate dal punto di vista commerciale», indica Costanzo, ritenendo anche che il consolidamento nel settore bancario italiano possa ancora giocare un ruolo in futuro, «a condizione che i management delle banche identifichino opportunità che abbiano un senso industriale e che incorporino sinergie per sbloccare valore per gli azionisti e finanziare la crescita futura. Mps è ancora controllata al 39% dal Ministero dell'Economia e delle Finanze italiano e potrebbe essere un obiettivo per il consolidamento nel settore», prevede l’esperto che al momento ha un rating BB (low) con trend stabile sul Monte, un rating BBB (high) sempre con trend stabile su Intesa Sanpaolo, banco Bpmn e Bper Banca.

Orario di pubblicazione: 12/02/2024 08:30
Ultimo aggiornamento: 12/02/2024 10:00
 

Banche: cambiano professioni strategiche (Hunters Group)​

MILANO (MF-NW)--Nel settore bancario, l'evoluzione del lavoro e' inarrestabile e coinvolge non solo le imprese, ma anche le stesse figure professionali al loro interno. Grazie al ruolo sempre piu' importante di Esg e Cyber Risk, le banche internalizzano le risorse piu' promettenti dalle societa' di consulenza. Secondo gli asperti di Hunters Group, l'evoluzione dell'Audit ha dato vita a figure specializzate, concentrandosi su tre ambiti cruciali: la diversity & inclusion, la sostenibilita' e tutti gli aspetti legati al cyber risk. La gestione dei rischi informatici e' emersa come una parte fondamentale, in risposta all'evoluzione tecnologica rapida e continua. Non solo, da qualche tempo, e sempre con maggiore insistenza negli ultimi anni, l'impegno del mondo bancario verso l'ambiente, la societa' e l'etica gestionale e' diventato un asset strategico in grado di incidere direttamente sui risultati di business e, di conseguenza, di incrementarne il valore. Tra le figure professionali maggiormente ricercate spiccano: l'Ict Cyber Risk Manager che, con una formazione preferibilmente in discipline tecnico/ingegneristiche/informatiche, puo' raggiungere una Ral media di 60 mila euro (piu' variabile), l'Esg Specialist, figura dalle capacita' economico-ingegneristiche con una Ral media di 40 mila (piu' variabile), e infine l'Hr Project Manager Diversity & Inclusion. L'obiettivo di questa figura e' favorire l'inclusione all'interno dell'azienda e mantenere un ambiente di lavoro sempre positivo ed appagante. Con una formazione preferibilmente in materie umanistiche, questo ruolo ha una Ral media di 50 mila euro, piu' variabile. bem MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

12/02/2024 15:27
 
Unicredit, volata finale per la lista del cda. Il tandem Andrea Orcel – Pier Carlo Padoan va verso la conferma. La protesta di Crt
Unicredit, volata finale per la lista del cda. Il tandem Andrea Orcel – Pier Carlo Padoan va verso la conferma. La protesta di Crt
PIETRO CARLO PADOAN PRESIDENTE UNICREDIT UNICREDIT ANDREA ORCEL CEO UNICREDIT

Unicredit, volata finale per la lista del cda. Il tandem Andrea Orcel – Pier Carlo Padoan va verso la conferma. La protesta di Crt​

di Luca Gualtieri

Le candidature saranno depositate entro la fine della prossima settimana. Poi partirà il confronto con gli investitori in vista dell’assemblea del 12 aprile. Intanto la fondazione torinese è pronta a sottoporre a Bankitalia e Consob le perplessità sul processo di selezione



Ultimi ritocchi alla lista del cda di Unicredit. Secondo quanto si apprende da fonti finanziarie, la banca di piazza Gae Aulenti dovrebbe presentare le candidature per il nuovo board entro la fine della prossima settimana, cioè entro venerdì 23 febbraio.

La mossa in anticipo

Lo statuto prevede che la lista sia depositata 40 giorni prima dell’assemblea, fissata per quest’anno il 12 aprile. Quindi l’attuale vertice avrebbe avuto tempo sino all’inizio di marzo per completare il processo di selezione. La volontà è però quella di muoversi in anticipo per avviare poi un ampio road show con gli investitori italiani e stranieri.


Come anticipato da MF-Milano Finanza, gran parte delle scelte potrebbero essere all’insegna della continuità, a partire da quella sul tandem amministratore delegato – presidente. Dopo un lavoro durato quasi cinque mesi, il comitato nomine guidato dal vice presidente Lamberto Andreotti e affiancato dagli head hunter Spencer Stuart ed Egon Zehnder dovrebbe infatti confermare sia Andrea Orcel che Pier Carlo Padoan nei loro rispettivi ruoli.

Le scelte di continuità

La ragione andrebbe ricercata sia nel consolidato rapporto di stima e di collaborazione che lega oggi i due amministratori sia nei risultati economici realizzati sinora e riassunti nell’ultimo bilancio della banca. Nei mesi scorsi per la poltrona di presidente erano circolate anche altre ipotesi. I nomi più accreditati erano quelli dell’attuale presidente di Banco Bpm Massimo Tononi e di Daniele Franco, ex direttore generale della Banca d'Italia e ministro dell’Economia del governo Draghi.

Alla fine però ha prevalso la linea della continuità. Poche modifiche dovrebbero esserci anche nel resto del board dove solo l’austriaco Alexander Wolfgring (ex manager di Bank Austria) ha raggiunto il limite massimo dei tre mandati e non potrà quindi correre per un quarto. Verso la conferma va l’attuale vice presidente Andreotti che negli ultimi mesi ha coordinato i lavori del comitato corporate governance.

Le obiezioni di Crt

Proprio l’operato di questo comitato è recentemente finito nel mirino della Fondazione Crt, socio storico di Unicredit con una partecipazione dell’1,9%. Secondo Il Giornale, l’ente torinese presieduto da Fabrizio Palenzona avrebbe scritto una lettera a Padoan lamentando di non essere stato consultato nella definizione dei criteri da seguire per la composizione della lista.

La mossa non andrebbe letta come un attacco al vertice della banca – con cui i rapporti restano collaborativi – ma come la volontà di affermare un principio sancito dalle linee guida 2022 della Consob e applicato tra l’altro nell’assemblea Generali dello stesso anno (il cui iter preparatorio è stato apprezzato dall’attuale vertice di Crt). Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, tra oggi e domani la fondazione torinese potrebbe peraltro compiere un passo ulteriore, esponendo le proprie ragioni direttamente a Consob e Bankitalia.

Gli altri rinnovi di cda in banca

Unicredit non sarà l’unica banca italiana a rinnovare il vertice nei prossimi mesi. A muoversi in questa direzione sarà anche Bper. Come nell'ultima elezione, le liste dovrebbero essere presentate da Unipol (primo socio al 19,9%), dalla Fondazione Banco di Sardegna e da Assogestioni. Se per il momento a Bologna c'è il massimo riserbo sui nomi, alcune scelte dovrebbero comunque essere all'insegna della discontinuità a partire da quella sull'amministratore delegato.

Anche un’altra partecipata di Unipol, la Popolare di Sondrio (di cui Bologna detiene quasi il 20%) rinnoverà parzialmente il cda in primavera. In questo caso il primo azionista e il board potrebbero presentare una lista congiunta per la nomina dei cinque consiglieri in scadenza. «Adesso che non siamo più cooperativa ma una spa avere un socio importante come Unipol dà una stabilità, tanto più che è un socio non dell'ultima ora, ma con cui abbiamo una consuetudine, sono partner e abbiamo lavorato insieme», ha dichiarato l’ad e dg di Popolare di Sondrio Mario Pedranzini all’ultimo convegno Assiom Forex.

Nel 2025 arriverà invece il rinnovo del board di Intesa Sanpaolo. Se per la presidenza si profilava il nome del numero uno uscente di Compagnia di San Paolo Francesco Profumo, la scorsa settimana il ceo Carlo Messina ha auspicato una soluzione di continuità, con un nuovo mandato per Gian Maria Gros-Pietro.

MF - Numero 031 pag. 10 del 13/02/2024
 
Immobiliare commerciale in crisi, ecco quanto sono esposte le banche italiane e francesi. L’analisi di Citi

Immobiliare commerciale in crisi, ecco quanto sono esposte le banche italiane e francesi. L’analisi di Citi​

di Francesca Gerosa

Finora il focus si è concentrato sul mercato americano dove 1.200 miliardi di dollari di mutui commerciali sono destinati a scadere nel 2024 e nel 2025. Rischio contagio? Citi analizza l’esposizione di Unicredit, Intesa Sanpaolo, Societe Generale e Bnp Paribas al settore immobiliare commerciale




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Non scemano i timori degli investitori riguardo alle esposizioni delle banche globali al settore immobiliare commerciale (Cre) poiché i tassi di interesse elevati e il nuovo modo di lavorare dei dipendenti post-pandemia hanno messo sotto pressione i prezzi. Recentemente il focus si è concentrato sul mercato americano dove circa 1.200 miliardi di dollari di mutui commerciali sono destinati a scadere quest'anno e il prossimo, secondo Goldman Sachs.

Aumentano le sofferenze immobiliari per le banche regionali statunitensi

L'esposizione di New York Community Bancorp (-60% l’azione a Wall Street) al settore immobiliare commerciale non ha fatto altro che intensificare questi timori sulle banche regionali che rappresentano quasi il 70% di tutti i prestiti immobiliari commerciali in essere, secondo una ricerca di Apollo. Alcuni si aspettano maggiori sofferenze per quelle che concedono prestiti per uffici e immobili multifamiliari. Secondo Fitch, citata da Reuters, i tassi di morosità sui titoli garantiti da ipoteca commerciale (Cmbs) dovrebbero salire all'8,1% nel 2024, poiché molte aziende faticano a far cambiare idea ai dipendenti che lavorano a distanza e in modalità ibrida. Nel frattempo, si prevede che le morosità dei prestiti Cmbs nel settore commerciale multifamiliare (immobili con più di cinque unità) toccheranno l'1,3% nel 2024 rispetto allo 0,62% del 2023.

Focus sull’esposizione delle banche italiane e francesi al settore immobiliare commerciale

Non solo Usa. A seguito degli ultimi sviluppi nel settore immobiliare commerciale, Citi in un report di oggi, 12 febbraio, visionato da milanofinanza.it, ha esaminato l'esposizione delle banche italiane e francesi al comparto, rassicurando gli investitori.

Unicredit è presente in Austria e in Germania

Più in dettaglio, «le principali banche italiane hanno un’esposizione limitata al settore immobiliare commerciale con Unicredit che ha indicato circa 36 miliardi di euro di prestiti al settore costruzioni e immobiliare o circa l'8% del portafoglio crediti, con un rapporto loan to value medio del 50% e con il portafoglio principalmente concentrato in Germania, circa il 40% del totale e un livello complessivo di npe del 4%», sottolinea Citi.

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Tra l’altro, Unicredit fornisce anche una suddivisione della sua esposizione al mercato immobiliare commerciale per classe di asset, con circa il 20% legato agli uffici. Invece, Intesa Sanpaolo, continua Citi, ha indicato circa il 3% dei prestiti con un’esposizione al settore immobiliare commerciale con un loan to value medio del 50% e un ratio npl non significativo. «L'attenzione degli investitori è prevalentemente rivolta all'esposizione di Unicredit data la presenza della banca in Austria e in Germania e alla segnalazione di esposizioni specifiche come quelle a Signa», precisa Citi.
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Societe Generale, 28 miliardi di di euro di esposizione agli immobili commerciali

Invece, le banche francesi hanno una minor esposizione al settore immobiliare commerciale rispetto alla media dell'Ue, pari al 2%-4% dell'exposure at default (Ead). Gli indicatori sulla qualità del credito sono solidi, con un ratio npl del 2% sia per le esposizioni agli immobili commerciali di Societe Generale che di Bnp Paribas. La prima ha dichiarato circa 28 miliardi di euro di esposizione agli immobili commerciali in default, pari al 2% del totale del gruppo, con un livello medio di loan to value del 53% e il 2,3% di posizioni nella fase 3 (ad esempio npl).

L'esposizione di Societe Generale è principalmente in Europa (circa l'80% del totale, di cui più della metà in Francia). La banca conta anche circa 4 miliardi di esposizione negli Stati Uniti (circa il 13% del totale degli immobili commerciali, con un loan to value del 63% e circa il 30% negli uffici). Mentre Bnp Paribas ha circa 60 miliardi di euro di exposure at default al settore immobiliare commerciale, pari al 4% del totale del gruppo, con un ratio npl del 2,1%. Il 90% dell'esposizione totale è in Europa (nessuna esposizione ai paesi nordici, limitata in Germania) e circa l'1,5% del totale negli Stati Uniti, conclude Citi, ribadendo il rating buy sia su Intesa Sanpaolo che su Unicreditcon target price, rispettivamente, a 3,30 euro e a 35 euro, e su Societe Generale(target price a 33 euro) e Bnp Paribas (target price a 68 euro).

MF - Numero 031 pag. 9 del 13/02/2024
 
Perché le banche italiane riusciranno a navigare in un contesto meno favorevole nel 2024 secondo Dbrs

Perché le banche italiane riusciranno a navigare in un contesto meno favorevole nel 2024 secondo Dbrs​

di Francesca Gerosa

Dbrs Morningstar non solo non si aspetta un calo del margine di interesse nel 2024, ma vede una generazione di capitale forte nonostante i dividendi e i buyback. Però avverte: occhio al costo del rischio e alla liquidità




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Le grandi banche italiane ( Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Bper Banca eMps) hanno riportato un utile netto aggregato di 6,3 miliardi di euro nel quarto trimestre del 2023, in aumento del 62% su base annua. +38% escludendo il rilascio degli accantonamenti legali e l'impatto fiscale positivo nel caso di Mps e i costi di ristrutturazione nel caso di Bper, così come gli accantonamenti per la Russia. Mentre per l'intero esercizio 2023 l'utile netto aggregato è stato di 22,1 miliardi di euro, in aumento del 73% su base annua o del 57% su base annua escludendo le voci straordinarie.

Dbrs Morningstar non si aspetta un calo del margine di interesse nel 2024

«I risultati del 2023 sono stati supportati da ricavi più elevati, un buon controllo dei costi e minori accantonamenti per perdite sui crediti, portando a un rendimento medio del capitale, Roe, del 14,5% nel 2023, in aumento rispetto al 7,7% nel 2022», sottolineano in una nota Andrea Costanzo, vice president-European, ed Elisabeth Rudman, managing director, head of global FIG di Dbrs Morningstar. In particolare, proseguono, gli utili operativi hanno beneficiato di un maggior margine di interesse, delle commissioni nette resilienti e del controllo dei costi. «Riteniamo che il margine di interesse abbia probabilmente raggiunto il picco e ci aspettiamo in generale un trend meno favorevole nei prossimi trimestri. Tuttavia, questo non si tradurrà necessariamente in una diminuzione del margine di interesse nel 2024 poiché i margini medi dovrebbero rimanere al di sopra dei livelli storici e poi le banche hanno coperto il rischio alla luce delle previste riduzioni dei tassi per garantire un beneficio a livello del margine di interesse e ridurre la sensibilità dello stesso alle variazioni dei tassi».

Generazione di capitale forte nonostante i dividendi e i buyback

Gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuite su base annua sia nel quarto trimestre del 2023 sia nell'intero esercizio, anche escludendo quelli per la Russia nel 2022, grazie ai profili di rischio più solidi e a un contesto operativo relativamente favorevole. Inoltre, «il costo medio del rischio nel 2023 è stato inferiore rispetto ai livelli riportati nel 2019-2022 e le banche hanno previsto un leggero aumento nel 2024, incorporando tassi di insolvenza più alti, seppur ancora gestibili.

La qualità degli asset è migliorata nel 2023 nonostante i tassi di interesse più elevati e un'economia in rallentamento che, a sua volta, hanno provocato una contrazione dei prestiti», osservano i due esperti di Dbrs, notando anche che i forti risultati del 2023 hanno portato a una generazione organica del capitale sostenuta nonostante distribuzioni più generose agli azionisti tramite dividendi e buyback nel caso di alcune banche: il Cet1 medio è risultato pari al 15,3% alla fine del 2023, in aumento rispetto al 14,1% del 2022, implicando un margine di sicurezza medio di oltre 620 bps sopra i requisiti minimi di vigilanza. «Questo, unito a profili di rischio più solidi, posiziona le banche italiane in una posizione migliore per navigare un contesto probabilmente meno favorevole nel 2024», affermano Costanzo e Rudman, rassicurando anche sulla liquidità: «si è ridotta leggermente ma rimane solida».

Il costo del rischio è destinato ad aumentare

Invece, il costo del rischio è destinato ad aumentare sebbene a livelli inferiori rispetto a quelli storici. Nel quarto trimestre del 2023 gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuiti del 43% su base annua (grafico 4), riflettendo profili di rischio più solidi e un contesto operativo favorevole. Invece, sono aumentati del 62% rispetto al trimestre precedente, principalmente a causa dell'effetto tipico della stagionalità verso la fine dell'anno e dei potenziali rischi legati alla qualità del credito più elevati in futuro a causa dei tassi di interesse alti e dell'attività economica in rallentamento.


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Nell'intero esercizio 2023 gli accantonamenti per perdite su crediti sono diminuiti del 48% su base annua (-22% su base annua escludendo quelli per le esposizioni dirette delle banche alla Russia e all'Ucraina registrate nel 2022. «I rischi derivanti dalle esposizioni dirette alla Russia di Unicredit e Intesa Sanpaolo si sono ridotti notevolmente dall'inizio del conflitto. In un contesto di incertezza ancora elevata sulla capacità di offrire credito ai clienti, le grandi banche italiane hanno mantenuto circa 3,3 miliardi di euro di sovraccarichi gestionali nei loro bilanci alla fine del 2023», sottolineano Costanzo e Rudman, ricordando che il costo medio del rischio è stato pari a 41 bps nel 2023, al di sotto dei livelli del 2019-2022 (grafico 5). Le banche hanno previsto un leggero aumento del costo del rischio nel 2024 a un livello medio di circa 40-50 bps, che incorpora tassi di insolvenza più elevati, seppur ancora gestibili.

Una migliore qualità del credito e una maggior capitalizzazione per navigare in un contesto operativo meno favorevole

Il tasso medio annuo di insolvenza è rimasto contenuto intorno all’1% nel 2023, con il totale aggregato delle npe lorde in calo del 9% su base annua alla fine del 2023 grazie anche alle cessioni. La riduzione cumulativa del totale aggregato delle npe lorde dal 2019 è stata del 63%, con il ratio medio delle npe lorde sceso al 3,1% alla fine del 2023 rispetto al 9% del 2019 e al 3,3% del 2022. Al netto delle cessioni, il ratio medio delle npe nette era dell’1,6% alla fine del 2023, in calo rispetto all'1,7% del 2022, con una copertura media totale delle npe del 50% alla fine del 2023, quasi stabile su base annua. Il quarto trimestre del 2023 sembra suggerire una certa ripresa dei prestiti alle imprese e alle famiglie, «tuttavia ci aspettiamo che la crescita continui a essere un problema nel 2024, limitata dai tassi di interesse elevati e dalla minore attività economica», avvertono Costanzo e Rudman.

La liquidità si è ridotta, ma rimane solida

Le banche italiane si finanziano principalmente tramite i depositi. La loro base di depositi è granulare in quanto consiste principalmente in conti correnti e conti a vista retail, per lo più coperti dalla garanzia fornita dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. L'alta inflazione unita a tassi di interesse elevati che spingono a significative restituzioni di prestiti e alla ricerca di prodotti a rendimento più elevato hanno fatto diminuire i depositi dei clienti del 3% su base annua alla fine del 2023 (grafico 10). Tuttavia, i deflussi sono avvenuti nel primo semestre del 2023 e sono stati in parte compensati da afflussi nel secondo semestre dell’esercizio. E comunque alla fine del 2023 i depositi dei clienti erano ancora superiori del 24% rispetto alla fine del 2019.

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Le banche italiane hanno continuato a ridurre la loro esposizione al finanziamento della Bce, costituito principalmente da Tltro III, che è diminuito del 65% alla fine del 2023 rispetto alla fine di novembre 2022. Tuttavia, le banche italiane sono rimaste i principali acquirenti dei fondi della Bce con circa 150 miliardi di euro alla fine del 2023, ovvero il 37% del totale del Sistema Euro. Quanto, infine, al ratio medio di copertura della liquidità (Lcr) per le grandi banche italiane è sceso a un livello ancora solido del 164% alla fine del 2023 (grafico12).

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Orario di pubblicazione: 13/02/2024 10:09
Ultimo aggiornamento: 13/02/2024 11:09
 
Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria
Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria


Come (e perché) fermare la desertificazione bancaria​

di Angelo De Mattia

Sulla desertificazione bancaria sarebbe legittimo attendersi analisi e indicazioni della Banca d'Italia. Il tema riguarda anch'essa perché, a partire dalla seconda parte del primo decennio 2000, il numero di filiali è stato ridotto a 39, con una serie di chiusure a catena



Possibile che finora nessuna banca osservi il fenomeno in atto della desertificazione degli sportelli e decida di agire controvento sfruttando proprio il deserto che si sta determinando e le relazioni con categorie di cittadini più propense al contato fisico nelle dipendenze rispetto allo home banking, all'internet banking e forme alternative? Finora è merito dei sindacati del credito segnalare la desertificazione in questione con indagini molto accurate e conseguenti proposte. Ha iniziato, diverso tempo fa, la Fabi, hanno poi fatto seguito la Uil, la Cgil e la Cisl che ha rappresentato, con una ricerca del proprio Osservatorio sulla desertificazione, come negli ultimi due anni siano state chiuse 1.500 filiali, con la conseguenza, secondo un lungo trend, che 3.300 Comuni sono ora sprovvisti di dipendenze e oltre 4 milioni di cittadini non possono utilizzare uno sportello nel Comune di residenza.

Moltissima acqua è passata sotto i ponti da quando la Vigilanza redigeva periodicamente un piano sportelli, sulla base delle richieste di autorizzazione all'apertura da parte di tutte le banche interessate, poi effettuava una selezione ai fini del rilascio dei benestare . Con il sopravvenire della prima Direttiva comunitaria bancaria e, in particolare, del superamento del criterio della valutazione del «bisogno economico del mercato» contrastante con i principi della concorrenza e dell'autonomia decisionale degli istituti, fu abolito il piano, mentre, a livello nazionale, di pari passo si superava la cosiddetta amministrativizzazione del credito. Seguì la seconda Direttiva, che sanciva il carattere di impresa dell'attività bancaria. Non si rendeva più necessaria la preventiva autorizzazione, ma era sufficiente la segnalazione dell'apertura e della chiusura alla Vigilanza.

Perché rivedere la rete

Nella fase attuale che stimola ristrutturazioni e riconversioni per l'estendersi dei processi di digitalizzazione e, in prospettiva, per il probabile impiego dell'intelligenza artificiale, la revisione della rete non è immotivata. Ma una innovazione rapida apre spazi e suggerisce anche l'opportunità di competere pure nel campo della presenza fisica di una banca in un territorio che può dare buoni ritorni, oltre ai riflessi di immagine e di reputazione. Non si deve necessariamente fare riferimento alle classiche dipendenze; possono prevedersi forme di presenza più agili; fondamentale è che si possa colloquiare con chi è addetto allo sportello il quale sia chiamato a svolgere anche un'attività di assistenza e consulenza nei limiti della legge. Di pari passo occorrerebbe uno sforzo del settore nell'educazione all'impiego delle nuove tecnologie, come uno dei modi della partecipazione del settore alla promozione dell'educazione bancaria. L'Abi ha mostrato sensibilità a questi temi. Su tutta questa materia, ora che anche il valore degli sportelli è caduto, sarebbe altresì legittimo attendersi analisi e indicazioni della Banca d'Italia. Il tema ha riguardato anch'essa perché, a partire dalla seconda parte del primo decennio 2000, il numero delle filiali, che originariamente erano insediate nei capoluoghi di tutte le province (a eccezione delle nuove costituite negli anni 90), è stato ridotto a 39, con una serie di chiusure a catena. Si è rinunciato a rafforzarne i compiti che avrebbero potuto meglio corrispondere agli interessi del territorio e del Paese. Quando, ai tempi, ci si interrogava su di una eventuale chiusura di qualche filiale l'allora governatore Carlo Azeglio Ciampi diceva che mai avrebbe legato il suo nome a una tale decisione e il suo successore Antonio Fazio vedeva le filiali dell'Istituto come la presenza di una faccia dello Stato nel territorio. Mai le avrebbe soppresse: semmai, avrebbe voluto insediarne altre nelle nuove province. Tuttavia, a partire dal 2007 prevalse la linea riduzionistica. Oggi, si dovrebbe, in ogni caso, sperare che ci si fermi alle 39 filiali operanti, senza ipotizzare ulteriori diminuzioni, anche tenendo conto delle possibili nuove misure normative, come quella - sia pure di là da venire e non si sa se e con quale eventuale beneficio - dell'autonomia regionale differenziata.

MF - Numero 034 pag. 20 del 16/02/2024
 

UNICREDIT PRESENTA LA LISTA DEL CDA. CONFERMATI ORCEL E PADOAN AI VERTICI​

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(Teleborsa) - Il Consiglio di Amministrazionedi UniCredit ha approvato all'unanimità una lista di candidati per la nomina dei membri del Consiglio di Amministrazione e del Comitato per il Controllo sulla Gestione che tiene conto del numero complessivo ottimale di membri del Consiglio, determinato in numero di 15, inclusi 4 membri del Comitato per il Controllo sulla Gestione, nonché della durata della carica, fissata in 3 esercizi.

La prima sezione è composta da: Pietro Carlo Padoan (Chair), Andrea Orcel (Chief Executive Officer), Paola Bergamaschi Broyd, Elena Carletti, Marcus Chromik, António Domingues, Jeffrey Alan Hedberg, Beatriz Lara Bartolomé, Maria Pierdicchi. Della seconda sezione fanno parte: Paola Camagni, Gabriele Villa, Julie Galbo.

La lista è costituita da 12 candidati, inclusi 3 membri del Comitato per il Controllo sulla Gestione, in linea con i requisiti dello Statuto che prevede la nomina di altri 3 amministratori tratti dalla lista di minoranza che otterrà il maggior numero di voti, uno dei quali ricoprirà la carica di Presidente del Comitato per il Controllo sulla Gestione.

La banca evidenzia che i candidati sono stati selezionati nel rispetto delle best practice internazionali, della legislazione in materia e delle linee guida della Banca Centrale Europea.

Il processo di selezione di quest'anno evidenzia: una lista che garantisce un mix di esperienze e competenze; una rafforzata dimensione internazionale del Consiglio, con un ampio spettro di diversità, tra cui l'equilibrio di genere (50%), il background culturale e l'età; una rinnovata enfasi sulla conoscenza e sull'esperienza bancaria combinata con una profonda competenza in materia di rischio e controllo; una comprovata esperienza - a livello esecutivo e non - nei Consigli di Amministrazione di importanti istituzioni finanziarie quotate in borsa in diversi continenti; riconoscimento dell'importanza della leadership e della gestione delle persone, con riferimento alla diversità e all'inclusione; conformità alle best practice internazionali in termini di indipendenza degli amministratori, con tutti gli amministratori non esecutivi della lista indipendenti (ovvero il 92%).

(TELEBORSA) 16-02-2024 17:47
 
Bond, da Unicredit un’emissione con taglio minimo 10.000 euro che rende il 7,7% per i primi tre anni. Come funziona
Bond, da Unicredit un’emissione con taglio minimo 10.000 euro che rende il 7,7% per i primi tre anni. Come funziona
La sede di Unicredit in piazza Gae Aulenti a Milano

Bond, da Unicredit un’emissione con taglio minimo 10.000 euro che rende il 7,7% per i primi tre anni. Come funziona​

di Marco Capponi

L’obbligazione, con scadenza a 13 anni, dal quarto anno in poi pagherà un tasso pari all’Euribor a 3 mesi, che attualmente è al 3,93%. Emissione pensata per una clientela retail evoluta



Unicredit torna sul mercato obbligazionario retail puntando a captare l’interesse della clientela al dettaglio evoluta. La banca guidata dall’amministratore delegato, Andrea Orcel, ha emesso sul mercato Mot di Borsa Italiana e sul sistema multilaterale di negoziazione EuroTlx un titolo di debito a 13 anni, con taglio minimo di ingresso a 10.000 euro, che nei primi tre anni rende il 7,7%. Ecco come funziona.

Tasso fisso per tre anni, poi variabile

Il bond, con scadenza nel 2037, per i primi tre anni garantisce al possessore una cedola lorda del 7,7% annuo, pagato su base annuale. Da febbraio 2027 e per i successivi 10 anni il meccanismo cambia: la cedola lorda diventa variabile, pari al tasso Euribor 3 mesi (con un
minimo 0 e un massimo del 7,7% annuo), pagata su base annuale. Attualmente il tasso di riferimento è al 3,93%. A scadenza l’importo di rimborso sarà pari al 100% del valore nominale: i 10.000 euro del taglio minimo, per l’appunto.

Il bond di Unicredit: rischi e tassazione

Il titolo, che ha codice Isin IT0005583643, è esposto come tutte le emissioni di questo tipo al rischio di credito dell’emittente. Un pericolo che parrebbe allo stato attuale piuttosto improbabile, anche su scadenza molto lunghe come quelle del titolo in questione. L’obbligazione di Unicredit inoltre, per sua natura, non protegge il capitale del rischio di inflazione. La tassazione sulle plusvalenze, come per tutte le emissioni corporate, è al 26%(invece del 12,5% dei titoli di Stato).

Orario di pubblicazione: 19/02/2024 12:03
Ultimo aggiornamento: 19/02/2024 12:28
 
Banche italiane, ecco quali possono distribuire più capitale del previsto nel 2024. L’analisi di Citi

Banche italiane, ecco quali possono distribuire più capitale del previsto nel 2024. L’analisi di Citi​

di Francesca Gerosa

Gli outlook 2024 sono stati la vera sorpresa positiva, secondo Azzurra Guelfi, analista di Citi, che avverte: data la possibilità di un consolidamento nel settore bancario italiano, il ritorno del capitale delle banche di medie dimensioni dipenderà anche dalla strategia di crescita




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Le banche italiane hanno fatto goal con i conti del quarto trimestre del 2023. Infatti, hanno mostrato una redditività e un ritorno del capitale oltre le aspettative con un margine di interesse più forte e hanno migliorato l’outlook per il 2024, in anticipo rispetto alla stima del consenso, sottolinea Azzurra Guelfi, analista di Citi, in un report raccolto da milanofinanza.it. Mentre lo scenario macroeconomico è più sfidante per il 2024 rispetto al 2023, le banche italiane hanno messo in moto molte azioni compensative, come ad esempio coperture sugli npl e ottimizzazione dei costi. «Vediamo il ritorno di capitale come un supporto chiave per le banche italiane, anche con l'esecuzione di buyback, e l'utilizzo potenziale del capitale come una variabile chiave per il secondo semestre di quest’anno», prevede Azzurra Guelfi, non escludendo dividendi extra o crescita tramite acquisizioni. Tra le banche italiane « Unicredit ha registrato il miglior set di risultati e rimane la nostra top pick». È coperta con un rating outperform come per Intesa Sanpaolo, Bper Banca e Mediobanca. Invece, il rating suMps è neutral.

Gli outlook 2024 la vera sorpresa positiva

L’esperta di Citi crede che la principale sorpresa positiva sia stata il miglioramento delle previsioni delle banche per il 2024, con la maggior parte che prevede un utile uguale o superiore a quello del 2023 e questo può anche favorire un maggior ritorno del capitale. Le nuove previsioni sugli utili del 2024 sono sopra quelle del consenso e questo ha portato a rivedere al rialzo le stime di utile per azione (eps). Tutte le banche, inoltre, hanno previsto un aumento o ricavi stabili quest’anno (poiché eventuali venti contrari sul margine di interesse dovrebbero essere più che compensati dalla crescita delle commissioni), anche i costi sono per lo più attesi stabili come il costo del rischio. Non manca, tra l’altro, chi come Intesa Sanpaolo e Mediobanca prevede una crescita sia del margine di interesse sia delle commissioni anno su anno, mentre Unicredit si aspetta una diminuzione dei costi.

Le banche italiane che possono distribuire più capitale del previsto nel 2024

Le banche italiane hanno annunciato un rendimento totale del 15% nel 2023. Unicreditsi è distinta per il ritorno del capitale (8,6 miliardi di ritorno del capitale contro una guidance di oltre 6,5 miliardi) e Intesa Sanpaolo ha quantificato un buyback più alto rispetto al consenso (buyback da 1,65 milioni che inizierà a giugno, oltre al 70% di payout cash).

Al contempo, Mps è tornata a distribuire un dividendo prima del previsto (0,25 euro per azione). «Crediamo che il ritorno del capitale sia un supporto chiave per un investimento nelle azioni delle banche italiane e vediamo ulteriori opportunità in futuro: ad esempio, i payout totali del 2024 di Unicredit fissato a =90% nel 2024 e quello al 70% di Intesa Sanpaolo e di Mediobanca offrono più opportunità di una distribuzione extra», ipotizza Azzurra Gulefi.

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Data la possibilità di un consolidamento nel settore bancario italiano, precisa l’esperta di Citi, il ritorno del capitale delle banche di medie dimensioni dipenderà anche dalla strategia di crescita. Azzurra Guelfi cita, ad esempio, la prudenza di Bper Banca sul ritorno del capitale. Insieme a Unicredit, infatti, l’ex popolare deve rinnovare il consiglio di amministrazione in primavera e questo può condizionare la strategia sull'utilizzo del capitale.

Il costo del rischio può migliorare ulteriormente

Intanto, le banche italiane hanno ridotto la sensibilità ai tassi di interesse. «Prevediamo un margine di interesse piatto nel 2024 e in calo di circa il 5% nel 2025. I dati sui prestiti di dicembre mostrano una contrazione del -2% anno su anno, in miglioramento rispetto al -4% di novembre, e il beta dei depositi era del 17% circa, più basso rispetto ai cicli precedenti. L'attenzione sui costi rimane alta, ma i trend differiscono tra le singole banche», precisa Azzurra Guelfi, apprezzando, infine, il costo del rischio migliore del previsto.

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Le previsioni indicano un trend piatto anno su anno. «C’è la possibilità di un miglioramento delle stime del consenso grazie agli accantonamenti per perdite su crediti più bassi. Unicredit ha migliorato le sue previsioni sul costo del rischio per il 2024 sotto 20bps (precedentemente era sotto 25bps, ndr), Intesa Sanpaolo ha un target conservativo sotto 40bp. Altri hanno previsioni stabili: Bper a 48bps, Mediobanca a 55bps e Mps a 57bps», conclude Azzurra Guelfi.

Orario di pubblicazione: 21/02/2024 10:08
Ultimo aggiornamento: 21/02/2024 11:08
 
Non solo Mediobanca, Angelini Investments esce anche da Unicredit. Ecco i piani della famiglia
Non solo Mediobanca, Angelini Investments esce anche da Unicredit. Ecco i piani della famiglia
Il ceo di Angelini Industries Sergio Marullo di Condojanni

Non solo Mediobanca, Angelini Investments esce anche da Unicredit. Ecco i piani della famiglia​

di Andrea Deugeni

Emanuele Campagnoli, ceo della controllata del gruppo della Tachipirina, Tantum Verde e dei pannolini Pampers che investe la cassa in quotate e non, spiega i motivi della dismissione della quota in Mediobanca e dell’uscita dal patto. Ma anche perché Angelini si è astenuta in assemblea sulla lista del cda



«Abbiamo deciso di uscire dal comparto bancario per ribilanciare il nostro portafoglio. Infatti abbiamo anche venduto anche la nostra storica partecipazione in Unicredit». Emanuele Campagnoli, ceo di Angelini Investments, spiega così a MF-Milano Finanza le ragioni della scelta della conglomerata romana, che al settore farmaceutico (Tachipirina, Tantum Verde e pannolini Pampers) ha affiancato stabilmente il largo consumo, le tecnologie industriali, il venture capital e alcune premiate cantine di vini, di dismettere le storiche quote in Mediobanca (0,47%) e Unicredit (0,06%).

Angelini Investments è la controllata che investe la cassa in quotate e non. Fra le prime, nel portafoglio ci sono Prysmian (0,38%), Tamburi Investment Partners (10,6%), Digital Magics(0,94%) e Revo (9,1%). Più nutrito invece il pacchetto di partecipazioni in società non quotate, come il 2,35% di Banca del Fucino e l’1,7% di Talent Garden. O le quote nei club deal promossi dal banchiere di Tip Giovanni Tamburi. Come rivelato da questo giornale, l’ultimo investimento risale a dicembre con l'ingresso nel capitale di Rina, la multinazionale italiana nata nel 2000 dal Registro Italiano Navale, attraverso la newco E-Tic Coinvest.

Domanda. Da azionista storico di Mediobanca, come mai Angelini Investments ha deciso di uscire dal capitale? Quello di Piazzetta Cuccia è uno dei migliori pay-out di Piazza Affari.
Risposta.
Come anticipato dal ceo di Angelini Industries Sergio Marullo di Condojanni nell’intervista pubblicata su Milano Finanza, abbiamo deciso di uscire dal comparto bancario per ribilanciare e diversificare il portafoglio di Angelini Investments. Infatti abbiamo anche venduto anche la nostra storica partecipazione in Unicredit (lo 0,06%, ndr).
D. In assemblea Angelini Investments si è astenuta sulla remunerazione dei vertici e, soprattutto, sulla lista del consiglio. Come mai?
R.
Ci siamo astenuti perché abbiamo ritenuto opportuno non schierarci in alcun modo nelle vicende che hanno riguardato Mediobanca.
D. Al tempo della partecipazione in assemblea, era già stato deciso il disimpegno in Mediobanca?
R.
No, è stato deciso quest’anno alla luce dell’andamento positivo del titolo.
D. Con i nuovi assetti azionari che si sono formati negli ultimi due anni, secondo lei Mediobanca dovrebbe ricostituire un patto di sindacato di blocco e tornare a presentare una lista per il consiglio?
R.
Come detto, la nostra volontà ora è quella di non impegnarci rispetto a tematiche come queste.
D. La famiglia ha vissuto tutti i mandati del ceo Nagel. Che giudizio dà della gestione?
R.
È un giudizio positivo, considerati l’andamento del conto economico, del titolo e la remunerazione degli azionisti.

MF - Numero 039 pag. 6 del 23/02/2024
 
Mediobanca, titolo in rally a Piazza Affari. Unicredit in manovra: la borsa ci crede
Mediobanca, titolo in rally a Piazza Affari. Unicredit in manovra: la borsa ci crede
Andrea Orcel

Mediobanca, titolo in rally a Piazza Affari. Unicredit in manovra: la borsa ci crede​

di Andrea Deugeni

Titoli bancari sotto i riflettori sul listino milanese. A catalizzare l'attenzione degli investitori sono le ipotesi di una possibile unione tra Unicredit e Generali attraverso Mediobanca



Operazioni in corso sull’asse Mediobanca- Generali? Bancari sotto i riflettori sul listino milanese. A catalizzare l'attenzione degli investitori sono le ipotesi di una possibile unione tra Unicredit (+0,69% a 30,665 euro) e Generali (+3,5% a 22,19 euro) attraverso Mediobanca (+4,35% a 12,84 euro). C’è da dire che periodicamente circolano ipotesi di aggregazione fra Unicredit e Piazzetta Cuccia, visti i razionali industriali che porterebbero a un rafforzamento della corporate&investment bankingdi Unicredit. Ma questa volta a sostenere le ipotesi di un’operazione straordinarianon sono soltanto gli studi di fattibilità delle investment bank internazionali, fra cui anche quello di una grande banca d’affari americana, ma anche lo switch improvviso degli ultimi giorni nel portafoglio azionario di Fondazione Crt fra Banco Bpm e Assicurazioni Generali.

Le ipotesi sulle mosse di Orcel in tandem con Palenzona

Come riferito da MF-Milano Finanza, nel giorno in cui il presidente dell’ente sabaudo Fabrizio Palenzona ha annunciato il rafforzamento della fondazione del capitale del Leone dall’1,61 a ridosso del 2%, con i proventi della vendita dell’1,8% di Banco Bpm, negli ambienti finanziari già circolava l'ipotesi di un'operazione straordinaria nella galassia Mediobanca- Generali. In particolare, a muoversi sarebbe anche Andrea Orcel, il banchiere che Palenzona ha appena contribuito a riconfermare al vertice di Unicredit, con cui i rapporti sono ottimi da sempre, e che avrebbe l'ambizione di iniziare il suo secondo mandato in piazza Gae Aulenti con un grande deal di m&a. Operazione che spiegherebbe la volontà di Crt di prendere repentinamente posizione in Generali, prima dello stacco della cedola di Banco Bpm (il dividendo più alto della storia in Piazza Meda), nonostante il titolo del Leone viaggi ai massimi da 16 anni.

I 10 miliardi di capitale in eccesso di Unicredit

Secondo le indiscrezioni, i dossier presentati dai banker internazionali su una possibile operazione da parte di Unicredit su Mediobanca, resa possibile dai 10 miliardi di capitale in eccesso nelle dotazioni di Orcel, presenterebbe un premio ipotizzato del 20%, ovvero pari a circa 12 miliardi di euro ai prezzi attuali. Il disegno, sempre secondo i rumors, potrebbe avere già il benestare da parte del regolatore e di alcuni azionisti importanti di Piazzetta Cuccia. Da inizio anno Mediobanca ha portato a casa un guadagno di oltre il 10% (+4,22% nella giornata di giovedì 22 febbraio) e nelle ultime due sedute ha registrato scambi superiori alla media, in particolare mercoledì 21 con oltre 11 milioni di titoli.

Intermonte: Unicredit è un candidato per il consolidamento del settore

Un’operazione tra Mediobanca e Unicredit, segnalano da Intermonte, avrebbe un “solido razionale industriale" e «doterebbe Unicredit di importanti supporti in aree in cui la banca è poco presente come investment banking, wealth management e credito al consumo. Dal punto di vista industriale la combinazione avrebbe senso e con sinergie di ricavo più che di costo». «Da valutare anche poi - proseguono gli analisti - la quota in Generali e i possibili risvolti per Banca Generali (+4,16% a 35,83 euro, ndr) in un contesto di questo tipo. Unicredit rimane a nostro avviso un candidato per il consolidamento del settore e recentemente è stato indicato tra i potenziali interessati anche su PopSondrio e Banco Bpm».

Orario di pubblicazione: 23/02/2024 13:21
Ultimo aggiornamento: 23/02/2024 14:21
 
Per Unicredit il 2024 sarà l’anno della svolta sul risparmio gestito. Si rafforzerà l’asse con Azimut. Nuovo accordo in vista con Amundi
Per Unicredit il 2024 sarà l’anno della svolta sul risparmio gestito. Si rafforzerà l’asse con Azimut. Nuovo accordo in vista con Amundi
ANDREA ORCEL UNICREDIT

Per Unicredit il 2024 sarà l’anno della svolta sul risparmio gestito. Si rafforzerà l’asse con Azimut. Nuovo accordo in vista con Amundi​

di Luca Gualtieri

Nel 2024 la banca guidata da Andrea Orcel farà crescere la piattaforma interna e l’alleanza con Azimut. Per Onemarkets volumi oltre 3 mld Accordo con Amundi entro l’anno Deutsche Bank boccia Uni-Mediobanca



La crescita nella gestione del risparmio sarà una strategia centrale per Unicredit nel 2024. L’obiettivo del ceo Andrea Orcel, che all’assemblea del prossimo 8 aprile sarà confermato alla guida della banca per un nuovo triennio, è muoversi su due canali: da un lato far crescere i volumi della piattaforma interna Onemarkets e dall’altro lato rafforzare o rivisitare le alleanze con gli operatori specializzati.

I canali per la crescita

Creata alla fine del 2022, Onemarkets ha superato i tre miliardi di volumi attraverso il lancio di una serie di fondi sia multi-asset che azionari. Rispetto al bacino iniziale che comprendeva Italia, Germania e Austria, il raggio d’azione si è allargato ai paesi dell’Est Europa, dove storicamente il network di Unicredit è molto forte. Al contempo la piattaforma ha fatto leva su una serie di accordi con asset manager internazionali come Blackrock, Fidelity, JP Morgan, Blackstone e Pimco.

Le ultime alleanze

Le ultime intese in ordine di tempo sono state quelle con l’americana Capital Group e con Rockefeller Asset Management, arrivate nelle scorse settimane. L’altro canale di crescita nel 2024 sarà l’alleanza con Azimut, diventata pienamente operativa all’inizio dell’anno dopo l’ottenimento di tutte le autorizzazioni e la messa a punto di un’offerta ad hoc. Su entrambi questi canali l’obiettivo di Unicredit è offrire alla clientela dei prodotti mirati, sviluppando una serie di competenze all’interno del gruppo e mantenendosi margini contrattuali più ampi nei rapporti con i partner.

Nuova rotta con Amundi

Nell’arco del 2024 la banca dovrebbe ridefinire anche i rapporti con Amundi. Da piazza Gae Aulenti nel 2016 l’asset manager aveva comprato Pioneer per 3,54 miliardi battendo sul filo di lana una cordata nazionale composta da Poste, Cassa depositi e prestiti e Anima Holding. Secondo quanto riportato da Reuters, Orcel punta a rinegoziare nel corso del 2024 l'accordo per la distribuzione dei fondi di Amundi, con due anni fa rispetto alla scadenza del contratto nel 2027. Muoversi in anticipo su un contratto che risulterebbe migliorativo per la banca aiuterebbe Unicredit ad affrontare la sfida comune a tutte le banche ora che i tassi sono giunti al picco: aumentare i ricavi da commissioni per compensare la diminuzione della spinta derivante dal margine di interesse.

Le speculazioni su Mediobanca e Generali

Se la prime linea della banca è concentrata sulla strategia industriale, piazza Gae Aulenti resta al centro delle indiscrezioni per le possibili mosse di m&a. Come riferito da MF-Milano Finanza la scorsa settimana, sono tornate a circolare suggestioni su un interesse dell’istituto di Orcel per Mediobanca e, a cascata, su Generali. Gli analisti però sono scettici. Per gli esperti Deutsche Bank «al momento riteniamo che le chance di un'offerta ostile su Mediobanca siano estremamente basse per più di una ragione, incluso l'impatto diluitivo sui numeri di Unicredit e il rischio di effetti negativi sulle attività di investment banking di Mediobanca», spiega un report circolato del gruppo tedesco circolato ieri sul mercato.

MF - Numero 041 pag. 7 del 27/02/2024
 

Unicredit: domanda oltre 3 mld per Bond Senior Preferred​

MILANO (MF-NW)--Unicredit ha collocato con successo un Bond Senior Preferred a 10 anni (con scadenza a marzo 2034) per un ammontare pari a 1,25 mld euro. Il book si e' chiuso con una domanda oltre i 3 mld euro. Il prezzo e' stato fissato al midswap +125 punti base. Unicredit e' Sole Book Runner e' anche Joint Lead Managers insieme a Citi, Deutsche Bank, Hsbc, Natixis, Rbi, Santander. fus marco.fusi@mfnewswires.it (fine) MF NEWSWIRES (redazione@mfnewswires.it)

27/02/2024 12:56
 
Sulle banche volumi record tra risiko, conti record e maxi cedole. Ecco quali sono i titoli più scambiati in Piazza Affari
Sulle banche volumi record tra risiko, conti record e maxi cedole. Ecco quali sono i titoli più scambiati in Piazza Affari


Sulle banche volumi record tra risiko, conti record e maxi cedole. Ecco quali sono i titoli più scambiati in Piazza Affari​

di Luca Gualtieri

Gli investitori scommettono su Banco Bpm, Mediobanca, Bper e Popolare di Sondrio. Sullo sfondo le manovre che potrebbero ridisegnare la geografia del settore



Le banche medie sono sotto i riflettori di Piazza Affari. Nelle ultime due settimane i titoli di Banco Bpm, Bper e Popolare di Sondrio hanno registrato un boom dei volumi sulla scia degli eccellenti numeri di bilancio, dei ricchi piani di remunerazione e, soprattutto, delle ipotesi di m&a.

Il boom del Banco

Le azioni più scambiate sono state quelle del Banco, con una media giornaliera di 24 milioni di pezzi, molto superiore a quella delle prime due settimane di dicembre a 17 milioni di azioni. La seduta boom per piazza Meda (+12,79% nell’ultimo mese) è stata quella di venerdì 23 febbraio sia in termini di numero di contratti che di controvalore, ma anche la giornata di ieri si è mantenuta al di sopra della media.

I casi Bper e Sondrio

Nei radar degli investitori c’è anche Bper (+15,6% da fine gennaio a oggi), con una media delle ultime due settimane di oltre 19 milioni di pezzi scambiati contro i meno di 16 milioni della prima metà di dicembre. Non è stata da meno la Popolare di Sondrio (+8,14% nell’ultimo mese). L’istituto valtellinese guidato da Mario Pedranzini ha registrato volumi medi per 1,2 milioni contro i meno di 800 mila titoli passati di meno a dicembre.

Cosa spinge i titoli

A sostenere i titoli nei tre casi sono stati numeri di bilancio superiori alle attese del mercato, grazie alla positiva performance del margine di interesse, e la prospettiva di lauti dividendi. La speculazione sul m&a ha fatto la sua parte, anche se per il momento non ci sono ancora state mosse ufficiali. In momenti differenti però sia il Banco che la Sondrio sono finite nel mirino di Unicredit, mentre per Bper si prefigura un ruolo da protagonista nella costruzione del terzo polo del credito.

Le manovre nella Galassia

Al centro dei rumor è tornata anche Mediobanca. Per piazzetta Cuccia i volumi sono stati di quasi 5 milioni di pezzi scambiati nelle ultime due settimane contro i 3,3 milioni di inizio dicembre. A sostenere il titolo della merchant milanese sono state anche le recenti speculazioni su un intervento di Unicredit nel crocevia Mediobanca- Generali. Un intervento, si mormora, propiziato dal rafforzamento nel capitale di Trieste della Crt di Fabrizio Palenzona.

MF - Numero 042 pag. 6 del 28/02/2024
 
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