Mobili di ieri, di oggi e oggetti di design

Ste donne.

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Segnalazione veramente interessante...merci:)

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La storia della donna nel mondo design moderno nasce con Charlotte Perriand, la figura che riuscì brillantemente a collaborare con il mitico atelier parigino di Le Corbusier e Jeanneret, con i quali firmò alcuni tra i più prestigiosi oggetti di équipement degli anni Venti.

Nel 1927, con una cartella di disegni sotto il braccio entra nello studio dei due, al 35 di rue de Sèvres. Le Corbusier si avvicina alla giovane ospite e dopo un veloce sguardo ai disegni esordisce in tono sarcastico: «Qui non si ricamano cuscini…».
Così lei stessa racconta il suo incontro con Le Corbù con il quale intraprenderà una proficua carriera e risolverà il problema de l’équipement d’intérieur de l’habitation, con risultati di estremo fascino intellettuale e di grande esito sul piano commerciale: ancora oggi i suoi prodotti vengono disegnati da Cassina.
Una mentalità libera, un disegno pulito, l’estrema attenzione per il giunto, le soluzioni limpide e quelle contaminate dall’esperienza giapponese hanno dato vita ad arredi come la LC7, Les Arcs, 522 Tokyo che ancora oggi sono indiscutibilmente attuali e magnifici.


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LA LAMBRETTA

Nel 1922 Ferdinando Innocenti di Pescia diede vita ad una fabbrica di tubi d’acciaio a Roma.

Nel 1931 spostò tutti i propri affari a Milano, costituendo proprio nel quartiere Lambrate la più grande fabbrica di tubazioni d’acciaio senza giunti.

Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica fu bombardata e completamente distrutta. Innocenti, nell’attesa di riacquisire da parte degli Alleati gli stabilimenti di Milano, diede vita nella Capitale allo studio del prodotto che avrebbe costituito la riconversione post-bellica della fabbrica.

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Infatti, prendendo ispirazione proprio dai motoscooter militari americani giunti in Italia durante la guerra, e comprendendo le nuove necessità di motorizzazione utili alla popolazione nell’immediato dopoguerra, decise di dedicarsi alla produzione del rivoluzionario scooter.

Affida il design del nuovo veicolo ad una straordinaria accoppiata di ingegneri aeronautici: Pier Luigi Torre, che si occupa della meccanica (lo stesso che aveva creato i motori dell’idrovolante Savoia-Marchetti S.55A della trasvolata atlantica di Italo Balbo) e ricostruisce gli stabilimenti milanesi, e Cesare Pallavicino che era stato il direttore tecnico prima della Breda fino al 1935 e poi della Caproni, che si occupò del telaio e del design.

Nel 1947 lo scooter, battezzato Lambretta dall’artista Daniele Oppi, è pronto e viene lanciato sul mercato.


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Pier Luigi Torre e Cesare Pallavicino, realizzarono nel 1947 il primo modello della celebre 2 ruote, la Lambretta M (A) 125.

Fu l’inizio di una sorprendente storia di successi che durarono per circa 25 anni, fino a quando le mutate condizioni dei mercati e l’avvento dell’automobile costrinsero la fabbrica Milanese prima a siglare degli accordi finanziari con la British Motor Corporation (BMC) e successivamente a chiudere gli stabilimenti nel 1971.

Il governo indiano comprò la catena di montaggio della Lambretta nel 1972 per 3 miliardi di Lire, essenzialmente per le stesse ragioni per cui Ferdinando Innocenti l'aveva costruita dopo la guerra.
L'India all'epoca era un Paese con poche infrastrutture e non era ancora pronta economicamente per produrre piccole automobili dedicate al trasporto privato. La SIL (Scooters of India Limited), con sede a Lucknow nell'Uttar Pradesh, fu l'impresa di proprietà statale che cominciò la produzione un paio d'anni dopo l'acquisto, continuando la costruzione della Lambretta originale sino al 1997.

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Dei modelli degli anni 60, i modelli TV (Turismo Veloce) e SX (Special X) sono generalmente i più richiesti e desiderati, un successo dovuto alle loro prestazioni maggiorate e al look raffinato. Il modello TV fu il primo scooter al mondo a montare il freno a disco anteriore. Vespa e Lambretta potevano essere modificate facilmente; molti modificavano e tuttora modificano questi scooter "customizzandoli" con specchietti supplementari, elaborandoli, pitturando la carrozzeria, o personalizzandoli in altri modi, tutto ciò anche alla luce della filosofia culturale Mod's inglese nata negli anni sessanta e ancora in voga presso il Regno Unito, che fece degli scooter italiani il mezzo simbolo della rivoluzione culturale giovanile di quegli anni.

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Oggi la Lambretta è un oggetto da collezionisti, spesso impegnati nel restauro con ricambi originali. Un'innumerevole quantità di Lambretta Club sparsi in tutto il mondo conserva ed alimenta il mito di questo storico scooter che, assieme alla Vespa, rappresenta inevitabilmente un'icona dell'Italia degli anni cinquanta e sessanta.


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CESARE PALLAVICINO DESIGNER

L’Innocenti inizia a produrre la Lambretta ideata da Cesare Pallavicini nel 1947, un anno dopo il trionfale debutto della Vespa, progettata da Corradino D’Ascanio.
I due scooter si differenziano nel dettato morfologico: la Vespa e a carrozzeria portante, la Lambretta a struttura tubolare, ridefinita in seguito da Pier Luigi Torre.

“Questa differenza morfologica, si deve principalmente alle due tendenze progettuali dominanti nel cameo dell’ingegneria aeronautica”.

Ne l’una ne l’altra configurazione sarebbero mai venute in mente ad un progettista di motociclette… solo a due ingegneri aeronautici”.


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La Mini Minor vide la luce nel 1959, per mano dell’ingegner Alec Issigonis che la progettò e realizzò come primo prototipo (scherzosamente chiamato “scatoletta arancione” per il colore prescelto) nel 1957, lavorando con un piccolo team composto da otto persone.

Con la sua Mini classica, Sir Alec Issigonis disegnò una piccola auto rivoluzionaria che univa il più spazioso degli abitacoli con il minimo ingombro, applicando una massima del design “la forma segue la funzione” alla costruzione di automobili. A tutt’oggi, questo rimane uno dei princìpi chiave del design che sta alla base del marchio MINI che rivive, non soltanto grazie alla sua tradizione, ma la interpreta di nuovo ogni giorno.
Progettata in Inghilterra, fu tuttavia prodotta in vari paesi, tra cui anche l’Italia.


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Donne come Martina Starke in BMW e Agneta Dahlgren in Renault stanno contribuendo a plasmare le caratteristiche delle auto che guidiamo oggi. E la loro minoranza in questo campo non è affatto dovuta ad una discriminazione.

Martina Starke ha ricoperto numerose posizioni legate al design all'interno di BMW Group dal 2001. Con un'ampia esperienza nel design di esterni e interni, così come nei materiali, nei colori e nei dettagli, ha ricoperto cariche in BMW Brand Vision e BMW Brand Design prima di unirsi a Designworks nel luglio 2019.


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"La bellezza dei dettagli è un elemento fondamentale dell'esperienza del cliente Jaguar."

Siobban Hughes, Chief Designer nel reparto colori e materiali in Jaguar ha detto ai microfoni
di Automotive News Europe che poche donne sono consapevoli del fatto che nel mondo del car
design ci sono molte possibilità di carriera per loro e l’industria automobilistica dovrebbe
promuoversi di più anche con le donne.

"Le persone amano ciò che rappresenta attenzione al dettaglio, affidabilità e bellezza senza tempo.
Per questo combiniamo elementi classici come la pelle anche in un contesto moderno”. C’è, poi,
il valore sensoriale (cioè legato ai cinque sensi) che la pelle garantisce: passa dal calore e dalle
finiture, ma soprattutto dall’olfatto. “L’odore della pelle è inimitabile e sinonimo di lusso. Evoca
ricordi e sensazioni positive
”.


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Carlo Bugatti.
Ogni oggetto è un'opera d'arte
Il più grande disegnatore di arredamento della fine del secolo.
Carlo Bugatti (Milano, 6 dicembre 1855 – Molsheim, aprile 1940) è stato un ebanista, designer e politico italiano.

È il padre di Ettore Bugatti, il fondatore dell'omonima famosa fabbrica di automobili.
Come l'arte dei mobili di un padre ha dato forma alle automobili del figlio.

I suoi mobili si distinguono per la qualità dei materiali utilizzati, per le linee originali le cui forme orientaleggianti
rimandano a un gusto esotico-moresco

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ROLLS- ROYCE -Dalle forniture alla casa reale inglese, alla conquista di Bentley fino alla vendita a Bmw: oltre un secolo di trasformazioni nel segno del lusso mai banale

È un storia che parte dal 1906 quella che stiamo per raccontarvi.
La prima Rolls Royce infatti nasce esattamente nel 1906 quando i fondatori Charles Rolls e Henry Royce uniscono le proprie abilità per diventare il principale fornitore della Casa Reale inglese (anche se va detto che la prima vettura firmata solo Royce è di un paio d’anni prima).

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Già allora la Silver Ghost installò un motore sei cilindri e venne venduta in oltre sei mila unità: diventò così il simbolo del successo del brand più aristocratico, una realtà che nel 1914 trovò una seconda via di grande successo nella costruzione dei motori per aeroplani, e nel 1921 aprì un impianto produttivo di proprietà in America.

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Sono anni d’oro per Charles e Henry, spinti dalla produzione di motori aeronautici che segneranno un secolo e due guerre di successi commerciali tanto che nel 1931 comprarono il marchio rivale, Bentley, in difficoltà dopo la grande depressione.
Iniziò così un percorso parallelo lungo quasi un secolo, finché nel 2002 i brand si separarono passando rispettivamente sotto il controllo di Bmw e Volkswagen.

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I due produttori si differenziarono, spesso, solo per alcuni dettagli estetici come la calandra e il marchio, con ali asimmetriche quello Bentley, con la doppia R in rosso Rolls-Royce: monogramma che cambiò (per sempre) nel 1933. Con la morte del cofondatore Henry Royce le due R passano al nero in segno di lutto.

Le loro vetture restano comunque l’emblema del lusso, della ricerca maniacale per la perfezione sia negli arredi che nella meccanica: le varie Phantom, Silver Wright e Cloud, la bestseller Silver Shadow di fine anni Sessanta, sono tutte vetture ricche ma mai pacchiane.

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Anche oggi che il mondo è decisamente cambiato, i modelli che hanno segnato l’ultima dozzina di anni sotto il controllo del colosso bavarese sono macchine con un quid aristocratico come i nomi che continuano a declinare. Testimoni di un secolo di storia e del suo costume, come l’ultima nata: Wraith, lo 'spettro', cui si affida il compito di rendere un po’ più contemporaneo lo stile Rolls-Royce.


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Spirit of Ecstasy è dal 1911 uno dei simboli più riconoscibili al mondo: sinonimo di bellezza, lusso, stile e perfezione, lo Spir it of Ecstasy è la piccola statuetta che adorna da oltre un secolo la sommità della calandra (non meno celebre per la sua forma a "tempio greco") di tutte le Rolls-Royce

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E chi non riconoscerebbe a colpo sicuro una "Rolls" vedendo la figura che "brilla" all"estremità del cofano? Certo però non deve brillare troppo: l"Ue ha infatti appena vietato l"uso della statuetta illuminata (l"accusa? Inquinamento luminoso).

Chiamato anche "Flying Lady", lo Spirit of Ecstasy ha attraversato generazioni di auto senza mai cambiare, almeno in apparenza. Negli anni, infatti, la statuetta è evoluta cambiando metodo di fabbricazione, design e persino colore e materiale.

Rappresenta una figura femminile piegata in avanti, con le braccia distese all'indietro e verso l'alto: le vesti gonfiate dal vento danno alle braccia l'aspetto di ali. In origine era chiamata Spirit of Speed ("Spirito della velocità").

Nei primi anni del ‘900, le cosiddette mascotte iniziarono a comparire sui tappi del radiatore (all’epoca posizionati all’esterno) delle vetture degli automobilisti più facoltosi.
John Montagu Douglas Scott, noto come Barone Montagu di Beaulieu, ricco appassionato di automobili, chiese all’amico scultore e illustratore Charles Sykes di realizzare una mascotte personalizzata per la sua Rolls-Royce Silver Ghost del 1909.

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Pare che la statuetta fu disegnata prendendo ispirazione dalle forme di Eleanor Velasco Thornton, segretaria del Barone Montagu e sua amante (motivo per cui, in origine, venne denominata “Whisper”: la donna, infatti, era raffigurata con il dito indice sulle labbra, a simboleggiare il grande segreto della liaison tra i due).

In seguito, per l’esattezza il 6 febbraio 1911, l’allora managing director del brand inglese, Claude Johnson, si rivolse a Sykes per commissionare una mascotte che avrebbe dovuto identificare tutte le Rolls-Royce future. Lo scultore, apportando delle modifiche all’originale Whisper, realizzò la Spirit of Speed, che divenne poi lo Spirit of Ecstasy oggi conosciuto da tutti gli appassionati di automobili.
La statuetta è stata anche soprannominata ironicamente Nelly in her Nighty ("Nelly in camicia da notte"), o semplicemente Emily, nome con cui era anche conosciuta Eleanor Velasco Thornton.
Fino al 1914 la statuetta era placcata di argento, attualmente è fabbricata in una lega a base di nickel

Il design della mascotte è rimasto praticamente invariato dal 1911 ad oggi, tranne che per dimensioni e posizione: Spirit of Ecstasy, infatti, misura oggi 9,5 cm contro i ben 18 originari; inoltre, dalla posizione fissa sul tappo del radiatore, la statuetta è ora nascosta in un alloggiamento posto sotto al cofano quando l’auto non è accesa. La soluzione ha sia funzione di protezione per eventuali urti con pedoni, sia di protezione contro eventuali furti: un rapidissimo meccanismo a scomparsa, infatti, fa rientrare la mascotte in poche frazioni di secondo

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Per quanto riguarda, infine, i materiali, negli anni ne sono stati adottati i più svariati: oltre al classico nickel placcato in argento, ne esistono versioni in cristallo, con tanto di scenografica illuminazione, e addirittura in oro massiccio 24 carati.
In occasione dei 110 anni della “donna volante” il CEO Rolls-Royce, Torsten Milles-Otvos, ha dichiarato: “Vera e propria icona, lo Spirit of Ecstasy rappresenta molto più che la nostra azienda e i nostri prodotti: per i nostri clienti, la Flying Lady è un potente simbolo di successo, conquiste e status. Con la sua bellezza, semplicità, eleganza ed esclusività, la mascotte racchiude tutto ciò che i nostri clienti cercano – e trovano – nelle loro Rolls-Royce”.

Vi è da notare che lo Spirit of Ecstasy fa parte delle poche "mascotte" apposte sui radiatori che sono sopravvissute pressoché invariate per quasi un secolo, accomunabile forse solo alla Flying B della Bentley, il giaguaro della Jaguar e la celebre stella a tre punte, distintiva della Mercedes-Benz.

Rolls-Royce: i 110 anni di Spirit of Ecstasy

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Rolls-Royce produrrà la sua prima auto di lusso completamente elettrica: Rolls-Royce Spectre.

L'AD Müller-Ötvös con orgoglio ha annunciato: “Oggi, 117 anni dopo – sono orgoglioso di annunciare che Rolls-Royce sta per iniziare il programma di test su strada per un nuovo prodotto che eleverà la rivoluzione globale delle auto completamente elettriche e creerà la prima – e la migliore – super- auto di lusso nel suo genere. Questo non è un prototipo. È una cosa reale, sarà testata in bella vista e i nostri clienti riceveranno le prime consegne dell'auto nel quarto trimestre del 2023”.

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Anche il design riveste un ruolo importante: Spectre utilizza la medesima architettura in alluminio brevettata utilizzata su Phantom: uno spaceframe scalabile e flessibile che sarà alla base di tutte le future automobili Rolls-Royce.
Questa tecnologia, spiega l’AD, è stata “creata per costituire la base non solo di diversi modelli di motori a combustione interna, come fa ora con Cullinan e Ghost, ma anche per i modelli con propulsori”.


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ASTON MARTIN — Le ali sono anche il leit-motif di Aston Martin nei continui cambiamenti dei suoi 107 anni di storia:
dalle A e M intrecciate negli Anni 20 al monogramma alato (preso in prestito da Bentley) negli Anni 30 e ancora
al ‘David Brown’ degli Anni 50 che sostanzialmente è quello di oggi, leggermente ristilizzato.
Aston Martin per il suo doppio pennone piumato si serve di Vaughtons, factory di Birmingham che da due secoli
è famosa per bottoni, medaglie e stemmi


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BMW

La Bayerische Motoren Werke - meglio nota come BMW - ha un logo pieno zeppo di simbologie. Il primo cerchio nero è un residuo del logo dell'azienda Rapp, su cui si è sviluppata.

Al suo interno c'è un secondo cerchio all'interno del quale sono presenti due colori, blu e bianco a spicchi alternati. È semplicemente la bandiera invertita della Baviera, ma secondo alcuni rappresenta anche il motivo stilizzato di un’elica che gira.

Non per niente, spesso ci si riferisce a BMW come alla “Casa dell’Elica”.


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Hyundai

Simile al logo Toyota, il logo della coreana Hyundai sembra rappresentare semplicemente l’iniziale dell’azienda in una forma un po’ stilosa, e invece non è tutto.
Hyundai è nata nel 1947 come impresa edile, il brand asiatico ha creato la sua divisione automobilistica vent’anni più tardi.
Il nome “hyundai” significa “modernità” in coreano
L’immagine simboleggia il gesto di due persone che si stringono la mano. Rappresenta, ancora una volta, la fiducia tra il cliente e l'azienda.

Nel 2011 Hyundai ha deciso di diventare tridimensionale e ha iniziato a utilizzare un voluminoso emblema d’argento al posto di quello blu piatto. Le linee sono rimaste invariate, così come il logotipo, che era ancora posizionato a destra del simbolo, ma grazie all’uso della tonalità metallica lucida sfumata, l’intera immagine sembra più ariosa e fresca.


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LOTUS

Lotus è una casa automobilistica britannica, attualmente di proprietà della holding cinese Geely Holding Group, con sede a Hethel in Inghilterra, in un’ex base aerea, famosa per le sue realizzazioni sportive ed estreme e per le sue innovazioni, merito del suo fondatore, Colin Chapman. Di sua proprietà è la Lotus Engineering, società di consulenza ingegneristica che possiede strutture nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Cina e in Malesia.

Il logo del produttore britannico Lotus è speciale perché include diversi simboli.

Innanzitutto, il cerchio giallo simboleggia la felicità e, più in generale, un futuro felice.
All'interno c'è un trifoglio verde che ricorda le radici sportive del marchio.

Infine, un po’ più in alto, le lettere intrecciate sono semplicemente le iniziali di Anthony Colin Bruce Chapman.

Aggiungiamo che il nome “Lotus”, ossia il leggendario fiore dell’oblio, era il soprannome che lui diede alla fidanzata e futura moglie.



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Infiniti

Infiniti è il marchio delle auto di lusso del produttore automobilistico giapponese Nissan Motor.
Le vendite di Infiniti sono iniziate ufficialmente in nord America l’8 novembre 1989 e da allora le sue
attività mondiali si sono sviluppate fino a comprendere Messico, Medio Oriente, Corea del Sud, Taiwan,
Kazakistan, Russia, Cina e Ucraina. Oggi la rete globale Infiniti è presente in tutto il mondo.

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Il logo del giovane marchio premium di Nissan ha due significati.

Il motivo circolare richiama il simbolo matematico dell’infinito, in accordo con il nome Infiniti,
con sotto due linee che ricordano una strada rivolta al futuro.


Ma il motivo del triangolo simboleggia anche il Monte Fuji il cui vertice rappresenta il massimo grado di qualità.


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Ma noi siamo qui per ricordarlo!:):bow:

FRANCO SCAGLIONE nasce a Firenze il 26 settembre 1916 da padre calabrese e madre emiliana. ...un genio dell'aerodinamica che non ha avuto una vita facile. Uno dei car designer italiani più famosi di sempre. Specialista dell’aerodinamica.

Nel 1948 Franco Scaglione trova lavoro a Bologna come figurinista in una sartoria: nel tempo libero disegna auto e invia i propri lavori a tutte le più importanti carrozzerie del nostro Paese.

Tre anni più tardi trova lavoro alla Pininfarina ma dopo pochi mesi lascia in seguito alla richiesta – non soddisfatta – di poter firmare col proprio nome i progetti da lui realizzati.

Dopo una breve parentesi con Michelotti, Franco Scaglione viene assunto dalla Bertone.
Fino al 1959 realizza per l’atelier piemontese numerosi capolavori come le concept Alfa Romeo BAT, la Giulietta Sprint e la Giulietta Sprint Speciale e le NSU Sport Coupé e Spider (la prima auto di sempre dotata di un motore Wankel).

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Negli anni ’60 Scaglione si mette in proprio e uno dei suoi primi lavori – commissionato da Carlo Abarth per conto del reparto corse Porsche – riguarda alcune modifiche effettuate sulla 356 B per farla gareggiare. Le forme di questo modello ispireranno quelle di una certa 911…

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Il 1963 è l’anno in cui Franco Scaglione progetta per Lamborghini la prima auto di sempre della Casa di Sant’Agata – il prototipo della 350 GTV – ma bisogna aspettare quattro anni per vedere il suo capolavoro: l’Alfa Romeo 33 Stradale.

La crisi di Scaglione inizia in seguito all’incontro con l’imprenditore Frank Reisner, titolare dell’Intermeccanica. All’inizio degli anni ’70 l’ingegnere ungherese con passaporto canadese – dopo aver raggiunto un accordo con Franco per la realizzazione di sette sportive – scappa con tutti i soldi racimolati fino a quel momento. Compresi quelli prestati dal designer toscano.

Franco Scaglione, scosso dall’evento, smette di lavorare: rinuncia al progetto di un autobus commissionato dalla Fiat e si trasferisce in una specie di autoesilio a Suvereto, in provincia di Livorno, facendo perdere le proprie tracce. Nel 1993 scompare dopo malattia.


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I gioielli sono fra gli accessori più versatili. Basta scegliere l’anello, il bracciale o la collana giusta per rendere speciale anche il look più semplice. All’estero (oltre che in Italia) c’è un ampio bacino di nuovi brand che si distinguono per uso dei materiali o creatività.

Oggi è fondamentale usare materiali alternativi, mixarli e plasmarli.
Scegliere pietre che possano tramettere a chi li compra una sensazione di serenità.

I pezzi di Adina Mills sono piccole opere d’arte che girano attorno a scelte di pietre particolari che hanno significati, il confine fra un gioiello e un’opera d’arte è sottile nelle creazioni di Adina che fondono la chicness con un’anima boho.


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