Pure lui
L'arte italiana? Siamo ai minimi storici. Parla Gian Enzo Sperone
L'arte italiana? Siamo ai minimi storici. Parla Gian Enzo Sperone
quanto pesa il fatto che oggi non esista più una critica d’arte come quella degli anni Sessanta e Settanta?
La domanda contiene già la risposta, nel senso che la critica ormai ha una posizione marginale: i consultant dominano, fatturano cifre che io e Lei non immaginiamo nemmeno, esattamente come nei settori più ordinari (come la moda) ci sono i cosiddetti influencer.
Come vede invece l’attuale panorama dell’arte italiana?
Devo essere sincero fino alla brutalità: mi sembra che, al contrario di quello che succede con la Nazionale italiana di calcio, nell’arte siamo ai minimi storici. E come già accennavamo prima, non esistendo movimenti, non ci sono teorici e critici, non ci sono studiosi che condividono le stesse esperienze degli artisti.
E come è stato possibile secondo Lei arrivare fino a questo punto?
Ci siamo arrivati perché questa è una società imperfetta. Possiamo dare un numero all’imperfezione? No: stiamo andando verso una presenza soffocante del marketing. E anche gli intellettuali e gli artisti assumono i modi e le cadenze di quelli degli uffici pubblicitari delle grandi aziende.
A me a scuola hanno insegnato che la qualità va di pari passo con la rarità. Dunque se tu produci un quadro al giorno e pensi che ognuno sia un capolavoro, sei fuori strada.