China's giant step: Red moon rising

Un fallimento da far passare in sordina

Perché l'economia della Cina rallenta

I risultati migliori possibili”. Questo è l’obiettivo economico a cui il Politburo cinese ha annunciato di ambire. Una mancanza di precisione quanto mai anticonvenzionale per una Cina abituata a programmare i decimali dei suoi obiettivi di crescita. Ma il +5,5% del PIL inizialmente annunciato per il 2022 non sarà raggiunto di almeno un paio di punti percentuali: un fallimento da far passare in sordina nell’anno in cui Xi cerca il suo terzo mandato.

Nel secondo trimestre, l’economia cinese, alle prese con i ripetuti lockdown, è cresciuta solo dello 0,4%. Ma anche senza considerare la pandemia, Pechino fa i conti con problemi strutturali. Come il peggior crollo di sempre del mercato immobiliare le cui vendite sono in calo da undici mesi consecutivi.

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Controllo della popolazione

La Cina ha un grosso problema: non nascono abbastanza bambini

Il calo delle nascite in Cina è la conseguenza quindi di diversi fattori: economici, sociali e politici. Ed è, senza ombra di dubbio, l’eredità di una sfrenata crescita che la Cina ha registrato dal 1979 con il programma "Riforma e apertura economica" lanciato da Deng Xiaoping. Il “piccolo Timoniere” ha dovuto affrontare un’altra sfida inattesa, che si è presentata già alla fine degli anni Sessanta: una “bomba” demografica senza precedenti.

A lanciare l’allarme è stato un professore della Stanford University, Paul Ehrlich, con il suo libro "Population Bomb”, in cui ha predetto una carestia mondiale negli anni '70 e '80, nonché altri sconvolgimenti sociali, a causa della sovrappopolazione. I timori di una "esplosione demografica" si erano già presentati negli anni '50 e '60, ma il libro e il suo autore hanno portato l'idea a un pubblico ancora più ampio.

I toni allarmistici del docente statunitense, sebbene criticati, hanno alimentato le preoccupazioni del Club di Roma - una organizzazione no profit fondata nel 1968 con lo scopo di avviare una discussione globale sulle crisi sociali e ambientali che il mondo avrebbe affrontato da lì a poco - che ha chiesto ai diversi paesi dell’Asia (India e Cina in particolare) di attuare le giuste misure per arginare il fenomeno della crescita spropositata della popolazione.

Gli appelli degli studiosi occidentali non sono rimasti inascoltati in Cina, che in quegli anni era impegnata a recuperare anche un gap scientifico e culturale con gli Stati Uniti. Deng si rivolge ai suoi scienziati e affida all’ingegnere Song Jian il compito di individuare una soluzione per evitare che la bomba demografica scoppiasse e minasse gli obiettivi di crescita della Cina. Song ha applicato un modello matematico (di derivazione europea) che è stato alla base del lancio della politica del figlio unico. Sulla base di ipotesi sulle tendenze future, Song con il suo gruppo di scienziati ha eseguito calcoli che hanno determinato la popolazione "ideale" per la Cina: per il successivo secolo, il paese avrebbe dovuto ospitare tra 650 e 700 milioni cinese, circa due terzi della popolazione di allora.

Al fine di raggiungere questo target, sostenibile nel lungo periodo, tra la fine degli anni 60 e l’inizio degli anni 70 lo scienziato Song ha calcolato che per ridurre rapidamente il numero dei nuovi nati si sarebbe dovuto imporre un limite: consentire a ogni coppia di avere un solo figlio per i successivi 40 anni, dopo i quali sarebbe stata allentata gradualmente la stretta sul controllo demografico.
La sua tesi, promossa in un libro pubblicato nel 1985, “Controllo della popolazione”, ha conquistato il Partito comunista. Lo stesso che ha dovuto affrontare una umana tragedia legata alla politica del figlio unico e che ora deve lottare per aumentare il numero dei nuovi nati.

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Culto della personalita'

Cina, a Xi verrà assegnato il titolo di “Leader del Popolo”?

L’eventuale assegnazione del titolo di “Leader del Popolo” a Xi, peraltro, confermerebbe una valutazione che è piuttosto diffusa tra gli osservatori della Cina: cioè che l’attuale presidente intenda mantenere il suo potere a vita. Se, infatti, i titoli di presidente della Rpc-segretario generale del Pcc-presidente della Commissione militare centrale sono senza limiti di mandato, ma comunque trasmissibili a un successore, un titolo creato ex novo su misura per Xi non sarebbe trasferibile.

Xi ha già mandato gambe all’aria la prassi che si era consolidata dopo l’epoca di Deng Xiaoping. Sia Jiang Zemin sia Hi Jintao avevano mantenuto le loro cariche per due mandati quinquennali – anche se Jiang si era tenuto il titolo di presidente della Commissione miltiare centrale per un biennio extra – e il carisma di Xi non fa al momento intravvedere possibili successori.
Sebbene il culto della personalità sia stato bandito in Cina all’epoca di Deng, nei media ufficiali e tra i vertici della nomenklatura c’è una fortissima spinta alla loro del capo, come non si vedeva dai tempi di Mao.

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L'arte della guerra

Ma Xi non affonda il colpo. La sfida è alla storia

«Prima calcola il costo», ovvero prima di un'avventura militare valutane le conseguenze. Sun Tzu, il generale cinese autore de «L'arte della guerra», lo scriveva 2.500 anni fa. E fino allo scorso 24 febbraio scorso la maggior parte di noi avrebbe scommesso su quella regola. Poi, però, si è visto che può anche andare diversamente. Dunque anche nel prevedere le prossime mosse di Pechino a Taiwan è meglio non fermarsi alla logica. Ma siamo condannati alla razionalità e quindi immaginiamo che nulla possa succedere fino al Congresso del Partito Comunista del prossimo novembre.

Bisogna capire quel che succederà quando Xi Jinping dovrà scegliere le imprese con cui venir ricordato nei libri di storia. L'invasione di Taiwan, promessa sin dal primo mandato nel 2013, è la più scontata. Ma uno scontro militare con gli Usa non è, nonostante lo sforzo profuso da Xi Jinping per ammodernare le proprie forze armate, la strada più agevole. Nel 2020 le analisi del generale di Pechino Zhang Shaozhong posizionavano la potenza militare di Pechino al quinto posto dietro Stati Uniti, Russia, Francia e Gran Bretagna concludendo che solo nel 2049 la Cina comunista avrebbe potuto ambire al ruolo di seconda potenza militare dopo gli Stati Uniti. Un'analisi condivisa dagli strateghi occidentali che sottolineano come negli ultimi 30 anni la spesa militare degli Usa abbia superato i 19mila miliardi di dollari contro gli appena 3mila della Cina. Per non parlare dell'ineguagliabile esperienza conseguita dagli Usa combattendo in teatri come Somalia, ex-Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Siria e Libia. Dunque al posto della strada delle armi Xi Jinping potrebbe scegliere la strada del consenso più o meno imposto.

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Fonte di grave preoccupazione

Le ansie del Parlamento Uk su TikTok e il rischio di spionaggio della Cina

Doveva essere una trovata per attirare un pubblico giovane e giovanissimo e rendere accattivante ai suoi occhi i lavori delle Camere. Ma la decisione del Parlamento britannico di aprire un account TikTok ha provocato una bufera tra i deputati e i Lord, che hanno alla fine costretto il ramo legislativo a fare un passo indietro.

Ieri così è arrivata la notizia, prontamente rilanciata dalla Bbc, che il profilo TikTok @UKParliament è stato chiuso e i suoi contenuti cancellati ad appena pochi giorni dal lancio.

Nella lettera, i parlamentari, alcuni dei quali sono sotto sanzioni di Pechino per via della polemica sulla repressione dei diritti umani nello Xinjiang, avevano detto di essere “sorpresi e delusi” dalla decisione del Parlamento di iscriversi al social posseduto dalla compagnia cinese ByteDance. I parlamentari sottolineavano tra l’altro i rischi “considerevoli” per la sicurezza dei dati.

“La prospettiva”, concludeva la lettera, “che il governo di Xi Jinping possa avere accesso ai dati personali dei telefoni dei nostri figli dovrebbe essere fonte di grave preoccupazione”.

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Crescenti pressioni statunitensi

Il messaggio chiaro di Pechino a Israele sul futuro delle relazioni bilaterali

Un alto funzionario del ministero degli Esteri israeliano ha rivelato al portale Axios che Liu Jianchao, il capo del dipartimento per gli affari internazionali del Partito Comunista Cinese (PCC), avrebbe avvertito Israele di non consentire alle crescenti pressioni statunitensi di danneggiare le loro relazioni bilaterali.

Il messaggio di Liu Jianchao, uno dei massimi diplomatici cinesi, è stato consegnato all'ambasciatore israeliano a Pechino, Irit Ben-Abba, durante un incontro il 10 agosto scorso.

Liu ha sottolineato che, sebbene la Cina riconosca le relazioni speciali di Israele con gli Stati Uniti, monitora da vicino le proprie politiche nei confronti della Cina.
Il funzionario del PCC ha anche avvertito di "un punto di prova critico per le relazioni tra Cina e Israele" e ha chiesto di portare avanti una relazione bilaterale positiva, in contrasto con Israele che si allinea alle politiche anticinesi di Washington.

Il popolo ebraico ha molto in comune con il popolo cinese. Non c'è motivo di farci del male a vicenda. Se Israele danneggia la Cina a causa di pressioni esterne, prenderà la decisione politica sbagliata", ha avvertito Liu, secondo le fonti di Axios.

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Maglie del credito

Cina: banca centrale taglia ancora i tassi, preoccupa economia debole


La Cina allarga le maglie del credito. La banca centrale cinese ha abbassato due dei suoi tassi di interesse di riferimento, a sostegno dell’economia indebolita dalla crisi immobiliare e dalla rigida politica anti Covid, una settimana dopo aver tagliato diversi tassi chiave.
Il tasso primario di prestito a un anno (LPR), che costituisce il benchmark per i tassi più vantaggiosi che le banche possono offrire alle imprese e alle famiglie, è stato ridotto dal 3,70% al 3,65% e quello del benchmark dei mutui a cinque anni è stato ridotto da 4,45% al 4,3%, ha comunicato la banca.

Entrambi i tassi sono ora ai minimi storici. L‘LPR a un anno era stato abbassato l’ultima volta a gennaio, l’LPR a cinque anni a maggio. La misura dovrebbe incoraggiare le banche a concedere più prestiti a tassi più vantaggiosi: una mossa che dovrebbe a sua volta sostenere l’attività.

Pechino ha pubblicato di recente una serie di dati economici, che hanno mostrato un rallentamento della crescita negli ultimi mesi dell’anno. Per restare al mese di luglio: la produzione industriale è salita solo del 3,8% annuo – inferiore al +4,6% atteso dagli analisti – anche le vendite al dettaglio, aumentate del 2,7%, sono in forte frenata sul +3,1% di giugno e sul +5% stimato alla vigilia.
La disoccupazione nelle aree urbane – secondo i dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica – è scesa al 5,4% dal 5,5% di giugno, mentre la quota dei senza lavoro tra i 16 e i 24 anni è salita al 19,9%, dal 19,3% di giugno e dal 18,4% di maggio.


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Guerra commerciale con la Cina

La Germania teme la guerra commerciale dell'Ue con la Cina, le costerebbe 6 volte più della Brexit

Berlino teme una guerra commerciale con la Cina che costerebbe molto caro alla nazione, già provata dalla crisi del gas scatenata in seguito all'invasione dell'Ucraina. Un disaccoppiamento dell'Unione europea dal gigante asiatico, che comporterebbe misure di ritorsione da parte di Pechino, costerebbe alla Germania quasi sei volte di più della Brexit. È quanto emerge da un'analisi di scenario condotta dall'Istituto ifo per conto dell'Associazione industriale bavarese (Vbw).

Come ricorda la Handelsblatt, la Cina è di gran lunga il partner commerciale più importante della Germania: nel 2021 tra i due Paesi sono state scambiate merci per un valore di circa 245 miliardi di euro.


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Intense pressioni sui prezzi dei prodotti

Siccità e inondazioni minacciano il raccolto della Cina: rischi per le forniture globali

Il caldo record di quest’estate sta minacciando l’agricoltura in Cina, durante il periodo cruciale dell’anno per i raccolti. La siccità sta colpendo le aree centrali e sud occidentali della nazione e, inoltre, molte sono le inondazioni verificatesi nel nord-est. Molti i danni. Ora, in particolare, ad essere a rischio è un raccolto di grano da circa centinaia di milioni di tonnellate, la cui raccolta dovrebbe avvenire in gran parte in autunno. Una situazione che va ad aggravare le già intense pressioni sui prezzi dei prodotti.

La produzione del primo potrebbe ridursi di circa 4,5 milioni di tonnellate, secondo un rapporto di Yongan Future Co. Le forniture globali, determinate in buona parte dalle esportazioni della Cina, sono quindi a rischio.


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Un bell'ambientino...

Lo spionaggio cinese è diventato sofisticato come quello russo

«Gli agenti dell’intelligence cinese – ha detto al quotidiano economico britannico un ex capo della stazione europea della Cia – sono alla pari con i russi. Le migliori operazioni della Cina ora sono pericolose quanto le migliori della Russia».

La Cina è attiva in tutto il mondo con attacchi informatici, anche molto sofisticati.

La Human Intelligence cinese – le attività di intelligence di raccolta di informazioni attraverso contatti interpersonali – ha acquisito un livello di complessità solitamente associato allo spionaggio russo.

La grossa differenza tra i due apparati di intelligence, da quel che hanno spiegato le fonti ascoltate dal Financial Times, è che le operazioni estere della Russia si basano ancora su una più tradizionale rete di agenti d’élite, addestrati in tecniche di spionaggio come le comunicazioni codificate, che hanno il compito di raggiungere uno specifico obiettivo. Quelle della Cina, invece, hanno obiettivi più ampi e generici, che vanno dall’influenza politica all’ottenimento di segreti commerciali o tecnologici.

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Cina, Pechino accusa Washington di spionaggio informatico

La Cina ha accusato Washington di aver violato i computer di un’università che secondo funzionari statunitensi svolge ricerche militari.

Le azioni statunitensi “mettono in serio pericolo la sicurezza nazionale cinese”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, che ha anche accusato Washington di intercettare i telefoni cellulari cinesi e di aver rubato messaggi di testo.


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Obiettivo significativo per lo spionaggio cinese

Tutti gli allarmi della Casa Bianca per gli investimenti cinesi. Report Ft

Giovedì Biden ha emesso un ordine esecutivo volto a rafforzare il controllo degli accordi che coinvolgono aziende straniere in settori ad alta tecnologia come l’intelligenza artificiale, l’informatica quantistica e la biotecnologia. L’ordine era rivolto al Comitato per gli investimenti esteri negli Stati Uniti, un gruppo inter-agenzie che esamina gli investimenti in entrata alla ricerca di rischi per la sicurezza.

L’ordine non cita la Cina per nome. Tuttavia, le industrie citate assomigliano molto all’elenco dei settori high-tech che gli Stati Uniti ritengono un obiettivo significativo per lo spionaggio cinese, compresi gli sforzi legali di Pechino per assicurarsi l’accesso a tecnologie all’avanguardia, ad esempio attraverso un’acquisizione che potrebbe poi essere utilizzata per minacciare gli Stati Uniti.

Le agenzie di intelligence statunitensi, guidate dal National Counterintelligence and Security Center, l’anno scorso hanno lanciato una campagna per informare le aziende sui legami tra le imprese cinesi e il governo, l’esercito e i servizi di intelligence del Paese. Questo sforzo si è concentrato su IA, informatica quantistica, biotecnologia, chip e sistemi autonomi.

Durante una recente visita a Londra per colloqui con funzionari dell’intelligence e della sicurezza britannici, il direttore dell’FBI Christopher Wray ha avvertito le aziende del Regno Unito che la Cina e le sue attività di spionaggio rappresentano una minaccia più grave per le aziende occidentali di quanto anche le aziende più sofisticate si rendano conto.

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Schermatura cinese

Alla vigilia del Congresso del Pcc, la Cina è schermata al mondo

Dopo gli anni di strategic engagement della Cina, l’interscambio di accademici tra i due Paesi sta rallentando fortemente. Un fenomeno che ha un forte impatto sulla capacità di entrambi di leggere le decisioni altrui.

All’inizio degli anni Settanta del secolo scorso, le relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina erano entrate in un momento di distensione, simboleggiato dalla cosiddetta “diplomazia del ping pong”. Il panorama degli istituti di ricerca statunitensi che si concentravano sulla Cina era caratterizzato da un sempre crescente flusso di accademici e analisti politici che visitavano, e studiavano in loco, la Repubblica Popolare. Oggi la situazione è cambiata, come riporta un dossier del Financial Times. Se il patrimonio conoscitivo di una intera generazione di docenti, diplomatici, uomini d’affari è quantomai essenziale allo sviluppo del paese in una superpotenza, questo patrimonio si sta nondimeno erodendo. La principale conseguenza di questo fenomeno è che diventa, e diventerà, sempre più difficile per la comunità accademica, ma anche per i governi e i policymaker in generale, comprendere dall’esterno i fenomeni e le dinamiche interne cinesi.

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La crisi del Principe?

Xi e la Cina: un potere in crisi?

Xi, e la Cina, si stanno indebolendo, il primo in patria, e la seconda sul teatro economico internazionale. Oxford Economics prevede che la crescita della Cina scenderà ad appena l’1% nel 2022, specie se i problemi di indebitamento del gigante immobiliare Evergrande dovessero estendersi ad altri settori dell’economia.
Si tratterebbe della più debole espansione del prodotto interno lordo dal 1976, anno in cui la Rivoluzione Culturale cinese si concluse con la morte di Mao Zedong.
A questo ritmo, inoltre, l’economia crescerebbe a meno della metà del 2,3% del 2020, altro anno nero per l’Impero di mezzo. E, come ad esempio sostiene Michael Shoebridge, direttore dell’Australian Strategic Policy Institute per la difesa, la strategia e la sicurezza nazionale, la legittimità autoritaria del Partito Comunista Cinese dipende dalla capacità di garantire la prosperità economica.

Insomma, la posizione di Xi Jinping come Presidente della Cina potrebbe essere minacciata dall’interno del Partito Comunista se la crescita economica dovesse precipitare. Il giro di vite nell’ambito del programma “Prosperità comune” potrebbe essere un altro freno alla crescita economica, e la crisi della globalizzazione derivata dal conflitto in corso, e dalle tensioni con Usa ed Europa su Taiwan mette a rischio la catena di approvvigionamento di materie prime essenziali.

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Volare e nuotare

L'arma crossmediale della Cina: il nuovo missile supersonico di Xi

Un missile supersonico alimentato al boro, capace di “volare e nuotare”. La Cina sta progettando un dispositivo anti-nave in grado di raggiungere le altitudini degli aerei di linea commerciali e muoversi sott’acqua fino ad una velocità massima di 200 nodi. In altre parole, Pechino è al lavoro per sviluppare un missile anti-nave supersonico che, una volta ultimato, potrà viaggiare più lontano e più velocemente rispetto a qualsiasi altro missile tradizionale.

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, che ha citato il team responsabile del progetto, il missile in questione, lungo 5 metri, promette di portare in dote caretteristiche di tutto rispetto. Si parla di una capacità di navigazione fino a 2,5 volte la velocità del suono a circa 10.000 metri di altitudine – la stessa, come detto, raggiunta dagli aerei di linea commerciali – per 200 chilometri, prima di tuffarsi in acqua e sfiorare le onde per un massimo di 20 chilometri.
Da quanto spiegato, una volta entrato nel raggio di circa 10 chilometri dal suo bersaglio, il missile dovrebbe entrare in modalità siluro, viaggiando sott’acqua fino a 100 metri al secondo usando la supercavitazione. Detto altrimenti, si viene a formare una gigantesca bolla d’aria attorno al missile che ne eriduce la resistenza.

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Sciarada internazionale

Xi Jinping verso il terzo mandato in un mondo difficile

12 ottobre 2022 - 17:45

Tutto è pronto per la partenza del XX Congresso del Partito comunista cinese, destinato a incoronare per il suo terzo mandato il presidente Xi Jinping a dieci anni dal suo arrivo al timone del paese più popoloso del mondo. Oggi si è conclusa settima sessione plenaria del XIX Comitato centrale del Pcc, l’ultima prima della cerimonia d’apertura che è fissata per domenica.

Il Consiglio di Stato – cioè l’esecutivo cinese – e l’Ufficio affari di Taiwan all’interno dello stesso consiglio hanno emesso ad agosto un ‘libro bianco’ nel quale si afferma che ‘la completa riunificazione è un processo che non può essere fermato’ e che ‘le forze esterne che ostruiscono la completa riunificazione (leggi: gli Usa, ndr.) saranno certamente sconfitte’. Il documento ovviamente non esclude una ‘riunificazione pacifica’ che porterebbe a ”prospettive luminose’, ma di certo il sottolineare l’ineluttabilità storica del ritorno in Cina di Taiwan vincola Xi Jinping a fare di tutto per raggiungere questo risultato.

Alla base di questo stress su Taiwan non ci sono solo questioni storiche, ma anche strategiche. La Cina – che è un paese ben lontano dall’autosufficienza per quanto riguarda le risorse energetiche e le altre materie prime – è ostruita nella sua proiezione verso il mare aperto, l’Oceano Pacifico, dalla strategia del ‘lago americano’ emersa dopo la seconda guerra mondiale, che vede il gigante asiatico avere come dirimpettai capisaldi della difesa avanzata americana: la Corea del Sud e il Giappone al nord; Okinawa, Taiwan, le Filippine e ora il Vietnam al sud. Questa catena di ferro è in grado non solo di contenere la proiezione militare marittima di Pechino, ma anche eventualmente di creare difficoltà nell’approvvigionamento di materie prime e parti per l’affamato apparato industriale cinese.

La Cina oggi oscilla tra una necessità di stabilità internazionale per lasciare campo libero all’economia, la sfida americana che punta a mantenere la sua egemonia e un rapporto controverso e irrisolto con il vicino russo. Una sciarada internazionale che spinge da un lato Pechino a consolidare la sua potenza militare, dall’altro a cercare di perorare la causa della stabilità. Xi si troverà a dover scegliere tra l’una e l’altra se vuole che la Cina consolidi le sue prospettive egemoniche. Dal Congresso capiremo come e con chi intende far navigare la nave cinese in mari più che mai perigliosi.

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Elevazione dello status

Xi Jinping va verso un 'inedito' terzo mandato

La Cina si prepara a celebrare il ventesimo Congresso del Partito Comunista Cinese che stenderà i piani per lo sviluppo futuro del Paese e consoliderà ulteriormente, secondo ogni aspettativa, il ruolo di Xi Jinping, di cui è atteso il terzo, inedito, rinnovo del mandato al vertice del partito. Xi Jinping è diventato segretario generale del Partito Comunista nel novembre 2012, alla fine del diciottesimo Congresso del Pcc, e ha assunto la carica di presidente cinese nel marzo dell'anno successivo.

Al sesto plenum dell'ottobre 2016, Xi viene eletto "core leader" del Pcc, termine traducibile come "nucleo" o "fulcro" della leadership, formula che indica il suo innalzamento a leader fondamentale del Partito Comunista Cinese. L'elevazione dello status si accompagna, al diciannovesimo Congresso dell'anno successivo, all'iscrizione del suo contributo ideologico, comprendente anche il suo nome, nel preambolo della Costituzione del Pcc: il "pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era" diventa parte integrante della carta fondamentale del partito insieme al pensiero di Mao Zedong e alla teoria di Deng Xiaoping.


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Rara manifestazione di dissenso

Cina, proteste contro Xi Jinping e la strategia Covid zero: «Vogliamo cibo, non test molecolari»

Venerdì 14 Ottobre 2022, 11:20

A due giorni dall'apertura del XX Congresso del partito comunista cinese scoppia una protesta a Pechino. Si tratta di una rara manifestazione di dissenso contro le politiche sanitarie cinesi che come noto perseguono la strategia Covid zero con test di mass e lockdown (tutte misure che da noi sono state abolite da tempo in virtù di una strategia di convivenza responsabile con il virus). Gli slogan della protesta sono forti e diretti contro il presidente Xi Jinping e il partito comunista. Rappresentano un caso politico rilevante, recitano: «Nessun covid test, vogliamo mangiare, vogliamo libertà e dignità».

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