China's giant step: Red moon rising

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

Usa-Cina: tutte le paure di Donald Trump | WSI

24 Aprile 2019

Con l’ascesa di una Cina sempre più potente, influente e tecnologicamente avanzata, gli Stati Uniti si trovano di fronte al primo vero rivale dai tempi della Guerra fredda

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Traduzione a spanne...

La competizione per le materie prime sta peggiorando. La Cina protegge terre rare. Gli Stati Uniti dominano il mercato del petrolio. E la Germania? È contenta di poche briciole. Ora Berlino vuole contrastare con una strategia della materia prima: la nuova materia prima.

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La competizione per le materie prime sta peggiorando. La Cina protegge terre rare. Gli Stati Uniti dominano il mercato del petrolio. E la Germania? È contenta di poche briciole. Ora Berlino vuole contrastare con una strategia della materia prima: la nuova materia prima.

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Quale sarebbe la nuova materia prima?
 
Huawei, Uk apre indagine su Consiglio Sicurezza per fuga notizie 5G | Sky TG24

Secondo il Telegraph, il Consiglio di Sicurezza Nazionale britannico avrebbe stabilito che Huawei è indispensabile per la realizzazione delle reti di telecomunicazioni di quinta generazione nel paese. Tuttavia, se l'accordo verrà siglato, l’azienda di Shenzhen non avrà accesso al ‘cuore’ del sistema, ma contribuirà al suo sviluppo solo come fornitore di alcune antenne e altre componenti non cruciali.

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Tenete un profilo basso

Terre rare, guerra fredda con la Cina per i materiali che servono all’hi tech - Corriere.it

27 apr 2019

Spesso, mostrare i muscoli non è una buona idea. Al vertice del Partito Comunista Cinese lo aveva ricordato Deng Xiaoping, il leader che nel 1978 aprì l’economia dell’Impero di Mezzo al mondo: tenete un profilo basso, aveva consigliato. Da qualche anno, però, gli alti dirigenti di Pechino si sono infatuati di altre frasi famose del grande uomo. Per esempio questa: «Il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare». Ritenendo evidentemente di potere spadroneggiare in un settore strategico importantissimo per la tecnologia di oggi, hanno inteso utilizzare la posizione di monopolio che avevano fino dieci anni fa nella produzione di terre rare per imporre prezzi, quote di esportazione e termini di scambio. Il risultato è questo: nel 2009-2010, la Cina produceva tra il 95 e il 97% delle rare earths mondiali, nel 2018 meno dell’80%, secondo certe statistiche, il 58% secondo altre.

Quando ha mostrato i muscoli, gli altri Paesi si sono spaventati e sono corsi ai ripari. Per un verso, hanno enormemente intensificato l’attività di ricerca.
Per un altro verso, in altri Paesi si è rimessa in moto l’estrazione, ad esempio nella miniera di Mountain Pass, in California, che in precedenza era stata chiusa per gli alti costi. 

Avere un’alternativa alle forniture cinesi, rimane un’arma di pressione sottratta a Pechino. Dall’altro lato del Pacifico, Donald Trump si è più volte detto preoccupato della catena di fornitura di elementi indispensabili alla sicurezza e alle strategie militari americane. E Michael Silver, il presidente della società di produzione e distribuzione di materiali avanzati American Elements, ha chiesto alla Casa Bianca di introdurre la questione delle terre rare nelle trattative commerciali in corso tra Washington e Pechino. Anche gli strateghi cinesi certe volte falliscono. Hanno seguito il consiglio sbagliato di Deng e invece della modestia hanno seguito la volontà di potenza. Il mondo non è rimasto a guardare.

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In anteprima su questo thread...

World military expenditure grows to $1.8 trillion in 2018 | SIPRI

(Stockholm, 29 April 2019) Total world military expenditure rose to $1822 billion in 2018, representing an increase of 2.6 per cent from 2017, according to new data from the Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI). The five biggest spenders in 2018 were the United States, China, Saudi Arabia, India and France, which together accounted for 60 per cent of global military spending. Military spending by the USA increased for the first time since 2010, while spending by China grew for the 24th consecutive year. The comprehensive annual update of the SIPRI Military Expenditure Database is accessible from today at www.sipri.org.

Total global military spending rose for the second consecutive year in 2018, to the highest level since 1988—the first year for which consistent global data is available. World spending is now 76 per cent higher than the post-cold war low in 1998.* World military spending in 2018 represented 2.1 per cent of global gross domestic product (GDP) or $239 per person. ‘In 2018 the USA and China accounted for half of the world’s military spending,’ says Dr Nan Tian, a researcher with the SIPRI Arms and Military Expenditure (AMEX) programme. ‘The higher level of world military expenditure in 2018 is mainly the result of significant increases in spending by these two countries.’

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Appena esce il libro lo posto in Donaldino

Newt Gingrich Says He (and We) Were Wrong about China: It's More Dangerous Than We Wanted to Believe

I t has become more and more obvious that our strategies for dealing with China don’t work.

For years, we have watched America’s manufacturing sector slowly migrate east. And right now we are watching China (through the giant telecom company Huawei) attempt to dominate the worldwide deployment of 5G technology. Very soon, we could be operating in a world in which the internet as we know it is maintained and controlled by a totalitarian Communist country.

Our strategies are failing because they are based not on reality but on two key myths. Decades ago, we—and I include myself—sold ourselves a fantasy version of China. The real thing is far more formidable and dangerous than we wanted to believe. I will explore this new reality in a book I’m writing called Trump Versus China: America’s Greatest Challenge.

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Cina nel "giardino di casa degli Usa". Sfida anche su Caraibi e Sudamerica - Affaritaliani.it

Domenica, 21 aprile 2019

L'ultima è stata la Giamaica. Negli scorsi giorni l'isola caraibica ha ufficialmente aderito alla Belt and Road Initiative, firmando il memorandum of understanding con la Cina. Solo l'esempio più recente dell'espansione della presenza di Pechino nell'area, che viene da sempre considerata il "giardino di casa" degli Stati Uniti. Il numero sempre più alto di paesi che endorsano il progetto infrastrutturale e commerciale cinese, che nell'ottica di Washington è anche geopolitico, insieme alla cospicua presenza del Dragone in America Latina ha acceso la spia dell'allarme alla Casa Bianca, che non a caso nelle scorse settimane ha lanciato due iniziative diplomatiche in funzione anti Cina nell'area con una sfida arrivata a latitudini impensabili fino a qualche anno fa, con Pechino che dimostra ormai di essere una potenza globale in grado di muoversi su tutti gli scacchieri a disposizione, dall'Asia al Pacifico, dall'Europa all'Africa fino, appunto, a Caraibi e America Latina.

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I siluri di Theresina

Huawei, Uk apre indagine su Consiglio Sicurezza per fuga notizie 5G | Sky TG24

Secondo il Telegraph, il Consiglio di Sicurezza Nazionale britannico avrebbe stabilito che Huawei è indispensabile per la realizzazione delle reti di telecomunicazioni di quinta generazione nel paese. Tuttavia, se l'accordo verrà siglato, l’azienda di Shenzhen non avrà accesso al ‘cuore’ del sistema, ma contribuirà al suo sviluppo solo come fornitore di alcune antenne e altre componenti non cruciali.

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Vedi l'allegato 2597191

Caso Huawei, May silura ministro Difesa - Rai News

01 maggio 2019

21.40 La premier britannica Theresa May ha silurato il giovane ministro della Difesa, Gavin Williamson, accusato di essere all'origine dell'anticipazione ai media della decisione di Londra di consentire - malgrado le pressioni Usa - una partecipazione del colosso cinese Huawei per la fornitura di "componenti non cruciali" del sistema di telecomunicazione 5G. Williamson, rampante quanto controverso, è stato riconosciuto colpevole dell'indiscrezione sulla base di un'inchiesta interna.


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Il lato oscuro della Cina

Lavoro forzato: il lato oscuro della Cina — L'Indro

La questione del lavoro forzato in Cina è un tema da maneggiare con estrema cautela, ma che puntualmente riesplode gettando pesanti ombre sulla gestione delle politiche sociali e dei diritti civili da parte del Partito Comunista Cinese, guidato dal Presidente Xi Jinping.

La scorsa settimana, l’agenzia stampa statunitense ‘Associated Press’ (AP) ha pubblicato un’indagine sui campi di detenzione dello Xinjiang, regione occidentale della Cina, dove sono stati rinchiusi circa un milione di cinesi uiguri, una minoranza musulmana che cova aspirazioni indipendentiste. Sebbene la questione dei campi di indottrinamento mandarini sia già nota da anni all’opinione pubblica internazionale, l’inchiesta di ‘AP’ ha portato alla luce il fatto che, all’interno di questi centri ‘rieducativi’, in realtà, le persone detenute siano costrette a lavorare in delle fabbriche manifatturiere e alimentari, sottopagate, o, addirittura, non retribuite.

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Grave dilemma

GB: la May e il dilemma Huawei

Nei giorni scorsi il governo May ha inviato a Pechino il “Cancelliere dello Scacchiere”, Philip Hammond, per partecipare al secondo forum sulla “Nuova Via della Seta” cinese (“Belt and Road Initiative”), dove ha parlato in maniera decisamente entusiastica del potenziale dei rapporti tra i due paesi. L’ambiziosa iniziativa cinese e la partecipazione a essa di paesi alleati degli USA sono fortemente osteggiate dalla Casa Bianca e, come dimostra la polemica su Huawei, i diktat di Washington hanno tuttora un peso determinante sulle decisioni della classe politica britannica.

Questa realtà mette Londra di fronte a un grave dilemma, in parte alla base anche delle lacerazioni prodotte dalla Brexit. Il Regno Unito, da una parte, punta a rafforzare la sua alleanza storica con gli Stati Uniti per poter continuare a perseguire le ambizioni da potenza internazionale dopo avere allentato i legami con l’Europa. Questo obiettivo, tuttavia, contrasta con l’altro, ritenuto ugualmente determinante, di saltare sul carro cinese e sfruttarne gli effetti positivi.
Ciò comporterà inevitabili tensioni con Washington, nonché ulteriori preoccupazioni per la classe dirigente britannica, ben consapevole che qualsiasi arretramento sul fronte cinese andrà a beneficio di altri paesi, a cominciare da quelli europei, potenzialmente concorrenti e già in prima linea nel cercare di stabilire o consolidare i rispettivi rapporti economici e commerciali con Pechino.

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China: Determined to dominate cyberspace and AI - Bulletin of the Atomic Scientists

Intelligenza artificiale: un futuro cinese? | ImpresaCity.it

Pubblicato il: 26/04/2019

Pechino spinge le aziende cinesi che operano in campo AI ad accelerare il loro sviluppo. E ne detta anche i tempi: devono arrivare entro il 2020 allo stesso livello dei leader internazionali in campo AI, fare parte entro il 2025 della "top list" globale dell'AI, entro il 2030 essere leader per quanto riguarda teorie, tecnologie ed applicazioni AI.


È possibile raggiungere questi obiettivi? In teoria sì, perché Pechino ha vari punti di forza. Il principale è che le linee guida del Governo sono rispettate per definizione. Sebbene molte nazioni abbiano attivato programmi o iniziative a favore dello sviluppo in campo AI, il loro appeal resta sempre dubbio. I Governi occidentali possono spingere il settore privato a muoversi in una certa direzione ma non hanno garanzie che questo accada, mentre gli inviti di Pechino - con relative scadenze - sono sempre accettati. :eek: :censored:

Secondo vantaggio: il Governo cinese ha ampia libertà di movimento. In Occidente qualsiasi contributo economico governativo alle aziende locali di un certo settore rischia di essere bloccato come aiuto di Stato. I programmi di sviluppo tecnologico "buoni" sono quindi sempre piuttosto complessi e generici. A Pechino il problema non si pone :o e inoltre si ha la certezza che il supporto del Governo generi un analogo supporto del capitale privato. Non è un caso che da un paio d'anni la Cina abbia sorpassato gli USA nella raccolta di investimenti per le startup attive in campo AI.

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Bellina la cover

We live in uncertain times: a majority of the BRICs-countries; Brazil, Russia, India and China – comprising over 40% of the world’s population and roughly 23% of world GDP – are now governed by leaders with authoritarian tendencies. Populist, nationalist, and/or revisionist governments dissatisfied with the Liberal World Order established after the Second World War: from Putin’s Eurasian vision for Russia to Modis’ Hindu-nationalism, Xi’s China Dream, and Bolsonaro’s Trumpista-regime in Brazil. Meanwhile, the leader of this order – the United States – is seemingly relinquishing its role as global Hegemon and returning to the isolationism characteristic of the interwar period, when both presidential candidates and Ku Klux Klan-members loudly proclaimed “America First!”

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Copertina di repertorio: molto bella...

Usa-Cina, Trump: dazi piu cari da venerdi - Rai News

05 maggio 2019

23.17 Tra 5 giorni i dazi americani su 200 miliardi di prodotti cinesi saliranno dal 10% al 25%. Lo annuncia il presidente Usa Trump. Le trattative commerciali, spiega, procedono "troppo lentamente". "Per 10 mesi la Cina ha pagato dazi al 25% su 50 miliardi di dollari di prodotti hi-tech e del 10% su 200 mld di altri prodotti": 325mld di dollari di prodotti cinesi restano non tassati "ma presto lo saranno al 25%", spiega Trump. "I dazi pagati agli Usa hanno un lieve impatto sui costi del prodotto. La Cina tenta di rinegoziare, ma lentamente".

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Africa: sviluppo, libero scambio, futuro del cibo. Con l'aiuto della Cina - Affaritaliani.it

Sabato, 16 febbraio 2019 - 17:00:00

L'Africa può portare sviluppo. La Cina lo ha capito da tempo. E non a caso Pechino investe da parecchio nel continente

Nelle scorse settimane il ministro degli Esteri di Pechino, Wang Yi, ha visitato l'Etiopia da dove ha rinnovato l'impegno di Pechino di investire nel Paese per aiutare ad alzare il volume dello sviluppo interno. I rapporti tra l'Africa e la Cina sono molto stretti, come dimostra un'intervista realizzata da CCTV+ (la video news agency leader in Cina) ad Akinwumi Adesina, presidente dell'African Development Bank. Intervista realizzata proprio ad Addis Abeba, la capitale etiope.

"Penso davvero che l'Africa abbia un enorme potenziale, ma non possiamo mangiare quel potenziale: dobbiamo attrarre investimenti nel nostro continente. L'Africa dovrebbe implorare lo sviluppo, dovrebbe svilupparsi alle sue condizioni attraendo investimenti e questo è il nostro lavoro presso la banca africana di sviluppo", ha dichiarato. "L'Africa perde 53 miliardi di dollari all'anno per l'immobilismo e la malnutrizione: è un costo troppo alto, dobbiamo cambiare quella traiettoria ", ha detto Adesina a CCTV+.

"Dobbiamo iniziare a guardare all'interno, siamo una popolazione che è molto grande, la classe media sta crescendo rapidamente nel continente e quindi il lancio dell'area continentale di libero scambio è davvero eccitante. La nostra zona di libero scambio è stata creata negli anni '40, e quindi dobbiamo continuare a commerciare di più tra noi ", ha detto il capo dell'AfDB. "Ecco perché l'AfDB sta investendo massicciamente su come realizzarlo investendo massicciamente in infrastrutture, in energia, stiamo investendo 12 miliardi di dollari nel settore Agricoltura: avremo il 65 per cento di tutta la terra arabile rimasta per nutrire il mondo entro il 2050", ha detto. Adesina ha aggiunto che ciò che l'Africa fa in termini di agricoltura potrebbe determinare il futuro del cibo in tutto il mondo. E la Cina lo ha capito.

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Bellina la cover

Joint Sea 2019: Cina e Russia preoccupano Trump — L'Indro

7 Maggio 2019 18:00

Cina e Russia non sono mai stati così stretti alleati. Tra il 29 aprile e il 4 maggio si è tenuta un’esercitazione congiunta nelle acque della Cina orientale, a Qingdao, alla quale hanno partecipato le marine di Pechino e di Mosca. La Joint Sea 2019 – alla sua ottava edizione – disegna un quadro di ipotetica alleanza tra le potenze cino-russe, che non sempre hanno collaborato, ma che ora sono partners privilegiati in chiave anti-americana. I motivi del loro avvicinamento potrebbero essere le sanzioni americane alla Cina, o anche quelle euro-americane alla Russia dopo l’azione militare in Crimea.

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Tu vuo' fa' l'americano

Mike Pompeo suggests Thatcher would never have given Huawei access to 5G networks

Pompeo dice alla Gran Bretagna su Huawei: Vogliamo reti 5G sicure per l'intelligence americana – youFOCUS.TV

(Reuters) – Gli Stati Uniti vogliono che la Gran Bretagna assicuri che le reti 5G siano sicure e ha l’obbligo di chiedere che la sua intelligence sia tenuta in sicurezza, ha detto il segretario di Stato americano Mike Pompeo quando gli viene chiesto del ruolo di Huawei nella nuova rete 5G della Gran Bretagna. “Gli Stati Uniti hanno l’obbligo di garantire che i luoghi in cui vogliamo operare, i luoghi in cui si trovano le informazioni americane, i luoghi in cui abbiamo la nostra sicurezza nazionale, operino all’interno di reti affidabili”, ha detto Pompeo a Londra.

“Rispetto al 5G, continuiamo ad avere discussioni tecniche, stiamo rendendo le nostre opinioni molto conosciute. Dal punto di vista dell’America, ogni paese ha il diritto sovrano di prendere la propria decisione su come affrontare la sfida “.

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In pochi hanno davvero capito

La nuova Via della Seta cinese è molto più di quel che sembra

Il piano della Cina per allargarsi per mare e per terra è ambizioso e probabilmente in pochi hanno davvero capito a cosa mira

L’espressione cinese che traduciamo come Belt and Road Initiative (BRI) significa molto di più di quel che sembra. Alla lettera sarebbe “iniziativa della zona e della via”, dove i due termini non sono in opposizione, l’uno distinto dall’altro, il primo riferito alla terra e il secondo al mare. Il senso di tutto il progetto è, al contrario, proprio quello di creare un unico, coerente e dinamico insieme territoriale composto da una via che sia una zona e allo stesso tempo da una zona che sia una via, al cui interno la stessa differenza tra mare e terra diventa secondaria. Per averne idea basta arrivare a Khorgos, la città-varco cresciuta come un fungo al confine tra Cina e Kazakistan, e che oggi è il porto asciutto più grande al mondo, uno dei punti della Terra più lontani dal mare dove si movimentano ogni giorno, attraverso la ferrovia, migliaia di container.

Perciò è tempo di mettersi alle spalle Sir Halford Mackinder, che all’inizio del secolo scorso inventó la geopolitica, attraverso l’idea che è ancora quella da cui oggi la maggior parte degli analisti occidentali partono per tentare di spiegare la strategia cinese. Mackinder distingueva tre sedi naturali della potenza mondiale, divideva il mondo in tre parti. La prima, interamente continentale, era l’interno dell’Eurasia propriamente detta, il perno geografico della storia, a nord cinto dal ghiaccio e comunque inaccessibile alle navi, da cui perciò restava fuori l’Europa bagnata dalle piogge atlantiche. Al di sotto di questo “cuore della Terra” s’individuava una mezzaluna interna, cintura periferica accessibile alla navigazione e distesa dall’Europa occidentale sino alla Cina e alla Kamciatka. Infine vi era una mezzaluna esterna che coincideva con l’emisfero marino. Come Mackinder avvertirà nel corso della Seconda guerra mondiale: se chi occupa la regione-perno (allora l’Unione Sovietica) riesce a espandersi sulle terre della mezzaluna interna (allora la Germania di Hitler) diverrà la prima potenza, perché raggiungerà l’accesso al mare alterando ogni equilibrio deciso dalla natura nell’ordine del mondo.

Per comprendere la natura della BRI, il più gigantesco piano di ingegneria politica mai concepito, a molti commentatori basta sostituire all’Unione Sovietica la Cina di oggi, erede dei tentativi espansionistici verso l’Asia centrale delle ultime dinastie imperiali, i Ming e i Manciú Qing. Il che copre al massimo un aspetto del progetto, un lato. Ma basta consultare i documenti ufficiali cinesi relativi all’Artico, anzi alla Via Polare della Seta, quella di cui meno si parla, per avvedersi che urgono invece nuovi modelli. Basta la premessa: la questione artica, che è ecologica ed economica oltre che politica, riguarda «la sopravvivenza, lo sviluppo e il condiviso futuro dell’umanità» intera. Non è insomma questione interregionale ma globale. E nell’Artico i Cinesi cercano anzitutto nuove rotte per abbreviare il tragitto verso l’Europa, cioè nuovi mediterranei, che sono appunto quelle aree al cui interno ogni distinzione tra via e zona cioè tra mare e terra (per Mackinder invece decisiva) risulta inessenziale. Fernand Braudel concepiva il nostro Mediterraneo appunto come una serie di «pianure liquide che comunicano per via di porte più o meno larghe».

L’originalità dell’iniziativa cinese sta proprio nel tentativo di intervenire nel controllo di due dei tre mediterranei che fin qui al mondo esistono, e di quelli che in seguito alla fusione dei ghiacci iniziano a definirsi verso il Polo Nord. Uno, quello americano costituito dal Golfo del Messico e il Mar dei Caraibi è decisamente fuori portata, al contrario degli altri due, il Mediterraneo euro-africano e quello cino-malese, composto dal Mar Cinese meridionale e orientale, dal Mar Giallo e dai mari indonesiani e filippini. E tale tentativo si spiega per almeno due ragioni.

La prima riguarda il compito che i mediterranei svolgono all’interno del funzionamento economico del mondo, di cui costituiscono la faccia poco esplorata, tollerata ed eterodiretta, il rovescio del sistema ma parte integrante del sistema stesso, la zona franca che funziona da spazio della deroga e dello scarto dalla norma, e proprio per questo garantisce la tenuta del complesso. Sede d’elezione dell’economia informale (a partire da quella relativa al traffico di droga, armi e esseri umani) essi definiscono l’insieme degli ambiti di cui gli stati nazionali hanno bisogno ma che agiscono trasgredendone le leggi, e che perciò fanno eccezione: casinò, paradisi fiscali, zone franche commerciali, basi militari, teste di ponte, servitù d’uso, parchi tecnologici, zone franche industriali d’esportazione, punti avanzati nell’ambito delle strategie di marketing territoriale. Diaframma tra il nucleo terrestre euroasiatico e quello oceanico, tale frangia assolve così una funzione decisiva nella produzione della rendita territoriale globale, ed é evidentemente questa la prima ragione dell’interesse cinese.

Anche il secondo motivo della tensione cinese verso i mediterranei riflette qualcosa di molto antico, comune sia all’Oriente che all’Occidente. Nei negozi di Khorgos le scritte sono in caratteri cinesi, cirillici, latini, georgiani e arabi. Prima dell’avvento degli stati moderni tale pluralità linguistica e culturale era normale in ogni organismo urbano degno di rispetto, in Europa oltre che in Asia. Si pensi ai quartieri genovesi o veneziani disseminati nei primi secoli del passato millennio da Siviglia e Cadice, cioè dall’Atlantico, fino al Mar Nero. L’unico possibile paragone con il progetto cinese è anzi proprio quello veneziano, uno stato in grado di comandare fino al Cinquecento sull’intero Mare Adriatico o quasi, attraverso un insieme di tecniche di dominio che andavano dall’alleanza all’acquisto di punti strategici, dalla concessione d’uso a quella che oggi viene definita la trappola del debito, per non dire della corruzione. In tal modo Venezia dominava il suo golfo. La Cina aspira invece a instaurare con metodi analoghi un nuovo ordine mondiale, esteso a tutto il pianeta.

Ci riesca o meno, la sua strategia insegna molte cose sulla natura della globalizzazione, e a quale punto essa sia. Come già il sistema veneziano anch’essa consiste in un complesso di tecniche di controllo, che non esclude nessuna delle forme di relazione e nessuno dei dispositivi territoriali fin qui messi a punto. Più precisamente, essa sembra tendere a subordinare al modello dello stato centralizzato tutte le articolazioni e le formazioni che sfuggono al suo schema, cioè esterne alla sua logica. Ma questo è possibile soltanto attraverso il rilancio e l’estensione proprio delle forme territoriali ad esso contrarie, che cioè precedono la nascita dello stesso stato moderno. Come avvertiva Ulrich Beck: la logica della globalizzazione è quella del paradosso. Forse si può dire con un po’ più di precisione: la logica della globalizzazione non è spaziale, non si fonda cioè soltanto sulla distanza, sul fatto che le cose siano più o meno l’un l’altra discoste, ma appunto come le scatole cinesi essa è ricorsiva, si basa sul fatto che le cose stiano l’una dentro l’altra: la zona sta dentro la via, la via dentro la zona. E, come le cose, stanno l’una dentro l’altra anche le logiche stesse.

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UBS scommette su Cina e mercati emergenti - MilanoFinanza.it

09/05/2019 19:06

UBS Asset Management sta puntando sempre di più sul mercato asiatico. Cina ed emergenti rappresentano gli elementi chiave per lo sviluppo strategico della banca svizzera. Nel 2030 gli Stati Uniti, che sono tutt’ora la potenza più importante al mondo, verranno sorpassati dalla Cina, che oggi detiene circa il 16,1% del Pil globale, e dall’India.

Il modello economico cinese si sta spostando verso i consumi, in modo da creare una classe media sempre più numerosa e forte. Trasformazione in parte già avvenuta: nel 1950 il 90% dei cinesi abitava in campagna, oggi più del 50% abita in città. Per quanto riguarda la tecnologia, la sfida è ancora aperta con gli Stati Uniti. Ma la crescita è evidente: oggi circa il 40% dei robot vengono prodotti in Cina.

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Borse, che cosa lascia in eredità la peggior settimana dell’anno - Il Sole 24 ORE

12 maggio 2019

La guerra dei dazi ha ripreso la scena dei mercati finanziari. Le tensioni tra Cina e Stati Uniti, sfociate in nuove tariffe Usa alle importazioni cinesi, hanno fermato i listini azionari che correvano da inizio anno. I dati economici diffusi la scorsa settimana non hanno avuto la forza di compensare i contrasti tra le due superpotenze e gli investitori si sono rifugiati nelle obbligazioni e nell’oro. Dietro la cortina di fumo della questione doganale, tuttavia, continua il flusso di rilevazioni che saggiano lo stato di salute del mondo reale, dalla produzione industriale cinese, alla crescita dell’Eurozona, ai consumi americani.

Stop alle borse, torna la volatilità

La scorsa settimana è stata la peggiore da gennaio per le piazze azionarie, tutte in perdita. La questione doganale ha appesantito l’umore degli investitori, già delusi nelle speranze per un taglio dei tassi di interesse da parte della banca centrale americana. Solo sul finire delle contrattazioni a New York, le dichiarazioni di Dolad Trump hanno risollevato le sorti di un venerdì nero. La volatilità è tornata a farsi sentire e molto probabilmente resterà viva finché non ci saranno notizie concrete sui negoziati. L’indice Vix, che traccia gli scostamenti dei prezzi delle opzioni americane, è balzato sopra i venti punti (con un salto di dieci misure). A patire di più sotto i colpi delle schermaglie commerciali sono stati i titoli tecnologici del Nasdaq; ma anche le azioni cinesi sono arretrate dai picchi che avevano raggiunto sull’onda dell’ottimismo per un’intesa con Washington. L’Europa ha seguito Wall Street, con Piazza Affari fanalino di coda.

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