Trascorse anche queste elezioni, nel 2018 probabilmente il decreto attuativo recepira' quanto gia' stabilito dalle Regioni italiani piu' attive nel campo della repressione degli affitti brevi.
In soldoni,
A) chi affittera' piu' di 3 stanze (esempio, Regione Emilia)
E/O (non si sa ancora bene)
B) chi affittera' con una notevole organizzazione di impresa (tutta da stabilire nel decreto, non si sa se cambiare le lenzuola ogni giorno comporti automaticamente presunzione di organizzazione di impresa)
DOVRA' APRIRE LA PARTITA IVA
e non potra' piu' farlo da privato.
Le disposizioni del DL 50/2017 in tema di locazioni brevi trovano applicazione dal 1° giugno, sotto il profilo oggettivo, solo alle locazioni di immobili ad uso abitativo (quindi, solo categoria catastale A, tranne A/10), di durata non superiore a 30 giorni, comprese anche quelle che includono la fornitura (attenzione: iniziale, vale a dire prima fornitura nel senso di dotazione, non cambio) di biancheria e pulizia (riattenzione: iniziale, vale a dire precedente la locazione, non durante il corso del rapporto) dei locali (art.4, co.1), a condizione però che queste ultime si atteggino come meramente accessorie alla locazione o altri servizi
“strettamente connessi all’utilizzo dell’immobile, tanto che ne costituiscono un elemento caratterizzante" come ad esempio il wi-fi o l’aria condizionata (circolare 24/E/2017, pag.7), ma con esclusione di servizi accessori ulteriori tipici, quali quello di prima colazione, servizio che qualifica tipicamente il bed&breakfast.
Diversamente, se il legislatore avesse inteso riferirsi, peraltro nella sole locazioni brevi (il tutto viene stabilito dal comma 1
“ai fini del presente articolo”), a prestazioni accostabili ai servizi alberghieri, quali per l’appunto il cambio della biancheria da letto, da bagno e da cucina e il riassetto giornaliero dei locali durante la permanenza del conduttore), l’effetto distorsivo sarebbe quello di un oggettivo ampliamento dei confini del negozio locativo che andrebbe ritarato su presupposti di assoluta novità, con la conseguenza che, in presenza di tali condizioni, non potrebbe configurarsi lo svolgimento di un’attività d’impresa e dovrebbe sempre ammettersi l’applicabilità del regime sostitutivo o, in alternativa, del regime ordinario quale modalità di tassazione sul reddito derivante da questa particolarissima forma di locazione.
Riguardo l’imprenditorialtà, ll co.3-bis dell’art.4 annuncia l’emanazione di un ulteriore regolamento, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, che dovrà definire i criteri in forza dei quali l’attività di locazione in questione debba essere considerata esercitata in forma imprenditoriale
“avuto riguardo al numero delle unità immobiliari locate e alla durata delle locazioni in un anno solare”. Sul punto la Corte di Giustizia UE si è però già da tempo espressa (27 gennaio 2000) e la prassi amministrativa italiana non ha potuto fare finta di niente, ma ha dovuto giocoforza recepire tali statuizioni, tra l’altro, nella risoluzione 169/E del 2009, di cui riporto un estratto alquanto interessante.
La qualifica di imprenditore può conseguire anche dal compimento di un solo affare, in considerazione della sua rilevanza economica e della complessità delle operazioni in cui lo stesso si articola. Non è necessario, peraltro, a tal fine, che la funzione organizzativa dell’imprenditore costituisca un apparato strumentale fisicamente percepibile, poiché quest’ultimo può ridursi al solo impiego di mezzi finanziari, sicché la qualifica di imprenditore va attribuita a chi utilizzi e coordini un proprio capitale per fini produttivi (cfr. sentenza della Corte di Cassazione n. 8193 del 29 agosto 1997 e risoluzioni n. 148/E del 20 maggio 2002, n. 204/E del 20 giugno 2002 e n. 273/E del 7 agosto 2002).
Nell’ambito della determinazione del presupposto soggettivo d’imposta l’articolo 9, della Direttiva CE del Consiglio 28 novembre 2006, n. 112 (già articolo 4 della Direttiva CEE 17 maggio 1977, n. 388) prevede che soggetto passivo agli effetti dell’IVA sia “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”.
Con riferimento alla nozione “attività economica”, con risoluzione n. 122 del 6 maggio 2009, è stato precisato che il medesimo articolo 9 della citata Direttiva stabilisce che essa deve essere intesa come “lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi caratteri di stabilità” (cfr. sentenze della Corte di Giustizia CE 26 settembre 1996, causa C-230/94 e 27 gennaio 2000, causa C-23/98).
Al fine di verificare la sussistenza di detta finalità, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha affermato che occorre considerare il complesso dei dati che caratterizzano il caso specifico e, in particolare, la natura del bene; a tal riguardo, il medesimo Organo comunitario ha precisato che “ (…) il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico basta, di regola, per far ammettere che il proprietario lo utilizza per esercitare attività economiche e, quindi, per realizzare introiti aventi un certo carattere di stabilità. Per contro, se, per sua natura, un bene può essere usato sia per scopi economici sia a fini privati, occorre esaminare l’insieme delle circostanze del suo sfruttamento per stabilire se esso sia utilizzato per ricavarne introiti aventi effettivamente un certo carattere di stabilità” (cfr. sentenza della Corte di Giustizia CE 26 settembre 1996, causa C-230/94).
Relativamente alla locazione di un bene, la stessa Corte di Giustizia ha precisato che “la durata effettiva della locazione, l’entità della clientela e l’importo degli introiti” possono essere presi in considerazione al fine di stabilire se lo sfruttamento del bene materiale avvenga allo scopo di realizzare introiti aventi un certo carattere di stabilità e si configuri quale esercizio di un’attività economica riconducibile nell’ambito applicativo dell’IVA (cfr. sentenza della Corte di Giustizia CE 26 settembre 1996, causa C-230/94) […]
Si comprende quindi la ragione e l’origine della previsione che delega il MEF a promuovere l’adozione di un apposito regolamento avente natura normativa, per il quale è facile immaginare che i tempi di approvazione non saranno brevi (si sa che in Italia nel “torbido” si lavora meglio…). Tutti aspettano questo ulteriore ennesimo regolamento salvifico che non arriva, ma, quando arriverà, inutile farsi illusioni: troveranno il copione di sempre, una leggina nebulosa e letteralmente illeggibile anche per i sacerdoti dei sacri misteri che potrà, quindi, essere interpretata dal Fisco in un modo, o, a piacere, nel suo esatto contrario, ma forse l’obiettivo, sotto sotto, è esattamente questo...
L’aveva già capito Publio Cornelio Tacito secoli addietro:
“Corruptissima re publica plurimae legis”. Moltissime sono le leggi, quando lo stato è corrotto.