Scienza & Tecnologia

Siamo ciò che mangiamo: lo dice il microbioma

Nell'intestino di individui Bantu, agricoltori africani che hanno integrato stili di vita occidentali, c'è una varietà di popolazioni di batteri intermedia tra quella tipica dei paesi industrializzati e quella dei pigmei BaAka, che sono ancora cacciatori-raccoglitori. Lo dimostra un nuovo studio genetico che supporta l'ipotesi che il microbioma, l'insieme del patrimonio genetico dei microrganismi ospiti dell'intestino, sia fortemente influenzato dall'alimentazione e dagli stili di vita.

Le cellule dei microrganismi che vivono nel corpo umano, in particolare nell'intestino, sono fino a dieci volte più numerose delle nostre. L'insieme dei geni di questi microrganismi ospiti, detto microbioma, ha una notevole influenza sulla salute umana, in particolare sui disturbi del metabolismo, ed è per questo che negli ultimi anni è stato oggetto di approfondite ricerche in campo biomedico.

Uno dei risultati emersi dalle ricerche è che nell'intestino di chi vive nei paesi industrializzati, specialmente nel mondo occidentale, il microbioma è meno vario rispetto a quello delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori. Il motivo di questa diversità è rimasto finora inspiegato.

Sulle pagine della rivista “Cell Reports”, i ricercatori del J. Craig Venter Institute, in California, guidati da Andreas Gomes, chiariscono alcuni aspetti del legame tra la composizione dei batteri dell'intestino e gli stili di vita, descrivendo il microbioma trovato nella popolazione Bantu, che vive nella Repubblica Centrafricana, che presenta caratteristiche intermedie tra quelle occidentali e quelle dei cacciatori-raccoglitori.


Gomez ha progettato la ricerca quando studiava i microbi intestinali nei gorilla dell'Africa centrale con l'aiuto di guide BaAka, una popolazione di pigmei la cui sussistenza è ancora basata principalmente sulla caccia, la pesca e la raccolta di vegetali. In quell'occasione, il ricercatore rimase affascinato dallo stile di vita dei BaAka, che sembrava non aver subito influenze occidentali, a differenza della popolazione Bantu, a cui apparteneva uno dei suoi assistenti.

I Bantu sono agricoltori che coltivano tuberi, alberi da frutta e altre specie vegetali, producono farine, e allevano capre. E anche se vivono in una società ancora in gran parte tradizionale,
hanno adottato alcuni stili di vita tipici delle società evolute: per esempio, fanno uso di antibiotici e altri farmaci, se sono disponibili.

Il ricercatore decise così di estendere la ricerca sui microbiomi intestinali agli esseri umani raccogliendo campioni fecali di 28 individui BaAka e 29 Bantu.

Il sequenziamento del materiale genetico ha rivelato che le specie batteriche sono simili nei due gruppi, ma i ceppi batterici tradizionali sono in quantità inferiore nei Bantu. Un ulteriore confronto ha dimostrato che il microbioma Bantu ricade all'incirca a metà dello spettro che ha come estremi il microbioma delle popolazioni BaAka e quello delle popolazioni occidentali.

“Il microbioma BaAka è più simile a quello dei primati selvatici che a quello degli esseri umani occidentali”, ha sottolineato Gomez. “Questo è uno dei primi studi a mostrare che i microbiomi di un gruppo di agricoltori tradizionali mostra uno stato intermedio tra quelli occidentali e quelli di popolazioni di cacciatori-raccoglitori."

Un dato particolarmente interessante emerso dalla ricerca riguarda le differenze indotte dai diversi microbiomi nell'elaborazione dei carboidrati e degli xenobiotici, cioè delle sostanze che non fanno parte del normale metabolismo dell'organismo.

“Ipotizziamo che il maggior numero di modalità di elaborazione di carboidrati e di xenobiotici che si osserva nei Bantu, così come nei soggetti statunitensi, sia collegato all'accesso a zuccheri più digeribili, mentre i cacciatori-raccoglitori consumano più fibre vegetali e non hanno accesso a farmaci e antibiotici”, ha aggiunto Gomez. “Lo studio corrobora l'ipotesi che la dieta sia il fattore più importante per determinare la composizione del microbioma umano: siamo ciò che mangiamo, e il microbioma riflette in modo abbastanza fedele il nostro stile di vita”.

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Elementare, Higgs? Quattro italiani dicono no

Pubblicata sul Journal of High Energy Physics, la nuova teoria per la quale il bosone di Higgs non sarebbe una particella elementare, ma un insieme di particelle tenute insieme da una nuova forza, è firmata da Francesco Sannino, Alessandro Strumia, Andrea Tesi ed Elena Vigiani, che abbiamo intervistato
di Giuseppina Pulcrano


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Caccia a nuovi mondi, un supersegugio al Tng

Completata con successo una prima parte di verifiche sul nuovo strumento GIARPS, che entrerà in funzione al Telescopio Nazionale Galileo, alle Canarie, a partire dalla prossima primavera. Sarà il primo strumento al mondo in grado di fornire spettri ad alta risoluzione con una banda spettrale molto estesa, dal visibile all’infrarosso, in una singola esposizione
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Dawn: primo piano su Occator

La sonda della Nasa cambia orbita e si allontana un po' dalla superficie di Cerere, regalandoci una nuova panoramica dell'emisfero settentrionale del pianeta nano, dominata dal grande cratere da impatto e dalle sue caratteristiche zone brillanti
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La nana più debole attorno alla Via Lattea

Nella costellazione della Vergine a 280 mila anni luce dal Sole, la galassia nana ha battuto di misura Segue I e Cetus II. È talmente debole (cioè poco luminosa) che una singola stella luminosa della nostra galassia può facilmente mettere in ombra l'insieme di stelle che formano Virgo I
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Da Piccola Amica a Cygnus X-3

Il sistema binario a raggi X si riflette nella piccola ma densa nube di formazione stellare e ciò permette di studiare entrambi gli oggetti, di particolare interesse. Cygnus X-3 si trova al di fuori dei bracci della Via Lattea, dove sarebbe nato: un’esplosione di una supernova, dalla quale si è formato il buco nero o la stella di neutroni (compagna della stella massiccia) che completa il sistema, lo avrebbe scaraventato lontano ad altissima velocità
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Aumentare artificialmente la resa delle colture

La resa di una coltivazione può essere incrementata del 14-20 per cento aumentando i livelli nella pianta di tre proteine che sono coinvolte nel meccanismo biomolecolare per la dissipazione della luce in eccesso nelle giornate di Sole. La tecnica è stata dimostrata sul tabacco, ma potrebbe trovare utile applicazione anche nelle colture di importanza alimentare

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L'autismo e il successo evolutivo umano

Nell'evoluzione della cognizione sociale umana, la teoria della mente, cioè la capacità di comprendere il pensiero degli altri, è stata un elemento determinante. Tuttavia, anche i soggetti autistici, che hanno una teoria della mente molto diversa dalla norma, trovarono una nicchia in cui costruire una reputazione sociale positiva, grazie a doti non comuni che portarono a una specializzazione dei compiti all'interno dei gruppi sociali

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Nell'evoluzione della cognizione sociale umana, la teoria della mente, cioè la capacità di comprendere il pensiero degli altri, è stata un elemento determinante. Tuttavia, anche i soggetti autistici, che hanno una teoria della mente molto diversa dalla norma, trovarono una nicchia in cui costruire una reputazione sociale positiva, grazie a doti non comuni che portarono a una specializzazione dei compiti all'interno dei gruppi sociali

Nei contesti sociali dei primati, e in particolare in quelli umani, comprendere i pensieri e i sentimenti degli altri – cioè possedere una teoria della mente – costituisce un notevole vantaggio adattativo. È quindi molto probabile che questa capacità abbia rappresentato una delle forze determinanti dell'evoluzione della cognizione sociale umana.

Quest'ultima tuttavia è un fenomeno complesso, e si può quindi ipotizzare che i soggetti con un deficit di teoria della mente, a partire da un certo punto in poi dell'evoluzione, non furono esclusi dalla società ma anzi accuditi e protetti, e anche apprezzati per altre doti e competenze, utili alla sopravvivenza del gruppo sociale stesso.

È il caso dei disturbi dello spettro autistico, analizzati da un punto di vista antropologico da Penny Spikins, Barry Wright e Derek Hodgson della NewYork University, in un articolo apparso sulla rivista “Time & Mind”.

L'argomentazione degli autori prende le mosse da alcuni ritrovamenti archeologici che documentano come nelle società umane la pressione selettiva non abbia sempre favorito risposte comportamentali immediate e di valore sociale a breve termine: la protezione di soggetti vulnerabili era infatti comune. Una delle svolte fondamentali fu l'emergere dell'etica collaborativa, cioè il diffondersi di comportamenti prosociali, come la condivisione del cibo o la partecipazione alla cura della prole, rintracciabili già 1,5 milioni di anni fa.

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Temple Grandin è una delle più famose personalità autistiche "high functional". Esperta di psicologia animale, i suoi libri hanno contribuito a diffondere una migliore conoscenza della sindrome (ROBYN BECK/AFP/Getty Images)

Questi comportamenti furono sempre più apprezzati, tanto che gli individui che li mettevano in pratica acquisivano una reputazione sociale positiva. Solo in un'epoca molto più recente, che gli studiosi collocano a 100.000 anni fa, si svilupparono le dinamiche sociali complesse di protezione dei
soggetti più deboli che sono state osservate nelle popolazioni moderne di cacciatori-raccoglitori.

In questo quadro teorico complessivo gli autori hanno cercato d'inserire l'autismo, che secondo gli studi di genetica ha una lunga storia evolutiva.

Il caso è interessante, perché i soggetti autistici hanno, in termini clinici, un deficit della comunicazione verbale e non verbale, e un'interazione sociale compromessa. In una prospettiva antropologica, argomentano gli autori, andrebbero considerati come soggetti con una socialità diversa dalla norma: sviluppano infatti una teoria della mente differente, basata sull'uso di regole e di logica, che comunque funziona.

In altri termini, questi soggetti non sono in grado di comprendere situazioni emotivamente e socialmente complesse, ma hanno enormi potenzialità in altri ambiti, sia sociali sia tecnici, che possono aiutarli a ottenere una reputazione sociale positiva.

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Il savant autistico britannico Daniel Tammet posa nel 2013 al Palais de la Decouverte di Parigi in occasione della celebrazione del pi greco, del quale ricorda più cifre decimali di qualunque altro europeo: 22.514 (Credit: LIONEL BONAVENTURE/AFP/Getty Images)

Molte persone affette da autismo, inoltre, hanno eccezionali doti di memoria, di percezione visiva, olfattiva e gustativa, oltre a una maggiore comprensione del comportamento animale.

“La nostra tesi è che la diversità, la variabilità di caratteristiche tra le persone, era probabilmente più significativaper il successo evolutivo umano delle caratteristiche di una singola persona”, ha sottolineato Spikins. “Fu proprio la diversità, infatti, a garantire il successo alle comunità umane, aprendo la strada alla specializzazione dei ruoli”.

Come esempio, gli autori citano uno studio etnografico sugli abitanti della Sberia pubblicato nel 2005 dall'antropologo Piers Vitebsky, in cui è descritto il caso di un anziano mandriano di renne in grado di ricordare ricordare parentele, storia individuale e carattere di ciascuno dei sui 2600 animali. Questa conoscenza dettagliata, con tutta probabilità, dava un contributo significativo alla gestione della mandria e alla sua sopravvivenza. L'anziano era più a suo agio in compagnia delle renne che degli uomini, ma nonostante ciò era una persona rispettata, ed ebbe una moglie, figli e nipoti.

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Alcuni studi avrebbero individuato elementi grafici tipici dei soggetti autistici nell'arte rupestre del Paleolitico (cortesia University of York)

Va comunque sottolineato che le conclusioni dello studio di Spikins e colleghi sono molto speculative, anche se argomentate, poiché manca la possibilità di documentare il ruolo dei soggetti autistici nelle società preistoriche sulla base dei ritrovamenti paleoantropologici. Tuttavia, alcuni studiosi studiosi rintracciano alcuni elementi grafici tipici dei soggetti autistici con notevoli doti artistiche nell'arte rupestre del Paleolitico superiore, va da 40.000 a 10.000 anni fa circa.

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molto interessante OK!
 
A Margaret Hamilton la Medaglia della LibertÃ*

Premiata la settimana scorsa da Obama, fu la programmatrice che guidò il team responsabile della scrittura del codice del computer di bordo del Programma Apollo. Un codice, scrive Luca Perri, che contiene letteralmente la fatica e le speranze di un gruppo di eroi dimenticati
di Luca Perri



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Cerco un centro di gravitÃ* impermanente

La forza di un terremoto sposta enormi blocchi di roccia, cambiando di conseguenza la gravità locale. Un gruppo internazionale di ricerca, guidato dal CNRS francese, ha riscontrato un segnale di cambiamento della gravità in concomitanza del terribile terremoto giapponese del 2011. In futuro si potranno forse allestire reti di gravimetri, più sensibili di quelli attuali, che forniscano qualche secondo supplementare di anticipo ai sistemi di allerta esistenti, quanto meno per i terremoti più forti
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Realizzate cellule viventi che legano silicio e carbonio

Un enzima batterico modificato ha permesso alle cellule di Escherichia coli di creare composti organici che l'evoluzione non ha usato, quelli in cui il carbonio è legato al silicio. Questa nuova chimica potrebbe permettere lo sviluppo di nuovi farmacidi Davide Castelvecchi/Nature

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Ci fu un tempo in cui la luce correva più veloce?

In un articolo apparso su Physical Review D, due ricercatori, sostenitori di una teoria controversa sulla non costanza della velocità della luce, presentano un modello le cui predizioni sul valore dell’indice spettrale, legato alle fluttuazioni cosmiche primordiali da cui sarebbero emerse le strutture cosmiche, potrebbero ora essere verificate sperimentalmente
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Transiti planetari visti da Terra

Un team internazionale di ricercatori, combinando i dati raccolti dai telescopi spaziali Kepler, Spitzer, e dal telescopio dell’Osservatorio Astrofisico di Okayama, è riuscito a migliorare la stima sulla misura del periodo orbitale del pianeta extrasolare K2-3d di oltre un’ora. Il risultato permetterà agli strumenti di prossima generazione di pianificare al meglio le osservazioni di questo pianeta, che è uno dei più promettenti per la ricerca di vita extraterrestre
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Effetti quantistici dalla stella di neutroni

L'analisi della luce emessa da una stella di neutroni fortemente magnetizzata ha permesso a un gruppo internazionale di astronomi guidati da Roberto Mignani, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dell’Università di Zielona Gora (Polonia) di osservare gli indizi di un effetto quantistico previsto da circa ottant’anni e mai rilevato finora, che prende il nome di birifrangenza del vuoto
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Perchè i brutti ricordi sono difficili da cancellare

Il ricordo delle esperienze spiacevoli, e ancor più di quelle traumatiche, viene consolidato durante il sonno non solo nell'ippocampo, ma anche in una rete diffusa di circuiti della corteccia: è questa conservazione distribuita che rende difficile eliminare le memorie che ci turbano

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