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Self-Tracking – Un nuovo concetto di Salute
#IlSorrisodelFuturo:
1 novembre 2018Buone notizie

La discreta istruzione della maggior parte delle persone in Occidente fa sì che i pazienti guardino in modo critico le indicazioni dei medici, viste come paternalistiche. Internet permette a chiunque di farsi una cultura (spesso errata) dei trattamenti, e di fronte a delle contraddizioni tra diversi pareri medici, o tra questi e le opinioni pseudoscientifiche diffuse online, le persone tendono a ridurre la compliance, non seguendo i consigli dei dottori. Perché? Perché non capiscono, perché vorrebbero capire, ma questa comprensione viene loro preclusa.



Siamo di fronte ad un cambiamento epocale del concetto di salute

Dopo secoli di medicina calata dall’alto dei camici bianchi verso dei pazienti intesi come esseri inermi e tutti uguali, è ora di renderci conto che le persone devono essere convinte a seguire una cura. Senza la cosiddetta compliance, le persone non seguono le cure prescritte perché non si fidano di ciò che dice loro il dottore. E questa mancata fiducia affonda le sue radici nei diversi errori che la stessa medicina ha fatto nel tempo, generalizzando troppo le cure e focalizzandosi eccessivamente sul dover incastrare dei sintomi specifici sotto un’etichetta precisa, ignorando lo stato di benessere complessivo della persona.

Oggi, in tutti i rami della salute si osserva una tendenza inversa, complice un individualismo più marcato nelle nostre società occidentali: l’iper-personalizzazione delle cure. Le patologie non sono più un insieme di sintomi che devono ricadere sotto una categoria specifica e che vengono curati con farmaci predefiniti. Al contrario, le malattie si configurano come un pull di sintomi psico-fisici e contestuali, tengono conto del corredo genetico, dell’ambiente in cui si vive e delle attività svolte dalla persona nel quotidiano.



Tutto è sintomo, quindi i sintomi non esistono

Le categorie mediche classiche vengono sempre utilizzate per definire questa o quella patologia, ma iper-personalizzando le cure i loro confini sono molto più sfumati e relativi.

Ma come può un medico individuare quali siano le esatte variabili della vita quotidiana del suo paziente che stanno causando una patologia, se molti di questi “sintomi” non vengono nemmeno individuati dal paziente stesso? Come fa la persona a rendersi conto che quel fatto di vita quotidiana – che per lui è normale – in realtà potrebbe essere una delle cause della sua patologia, e quindi raccontarlo al medico?

Utilizzare una strategia di cura iper-personalizzata è estremamente complesso, ma non impossibile: il paziente deve essere messo nelle condizioni di cogliere l’importanza di certi fattori sulla sua salute, attraverso l’educazione.



Ma come si può insegnare qualcuno a prestare attenzione a tutte queste variabili?

Oltre alla “cultura del sintomo” che può essere insegnata sia durante gli studi che dal dottore stesso in sede di visita, servirebbe qualcosa che tutti i giorni ricordi alla persona – non ancora “paziente” – che il suo stile di vita influenza profondamente il suo benessere.

In una parola? Self-tracking: tracciare tutto ciò che ci riguarda giorno dopo giorno ci aiuta a rintracciare ciò che sta sfuggendo dal nostro vivere quotidiano. Magari non ce ne siamo accorti, ma quel sintomo compare in maniera ciclica una volta al mese, e o soltanto in alcuni mesi dell’anno, oppure soltanto dopo aver svolto delle specifiche azioni.



Il self-tracking è un nuovo modo di concepire la salute

Come raccontano Gina Neff e Dawn Nafus in un interessante libro intitolato – appunto – “Self-Tracking” (edito dalla casa editrice del MIT nel 2016), il self-tracking ha l’importante potere di spostare il controllo del benessere dalla parte del paziente. “I dati – sostengono le autrici – diventano delle “protesi delle sensazioni”, qualcosa che ci aiuta a percepire il nostro corpo o il mondo attorno a noi” (ibidem, p.77).

Questo perché “parlare di ‘assenza di compliance’ non considera il fatto che i pazienti sanno bene perché quel particolare protocollo di cure non può funzionare nel loro caso o contesto sociale” (ibidem, p. 160), anche se non sempre sanno spiegare esattamente il perché.

Con il vantaggio di apprendere se stessi e generare nuove “buone abitudini”, il self-tracking è uno strumento che, se affinato con cura, può diventare un prezioso alleato della propria salute.

I dati possono essere registrati con l’ausilio di un semplice diario, oppure utilizzando tecnologie più avanzate e specifiche, come gli wearable.

Gli wearable come gli smartwatch hanno il pregio di monitorare anche in modo passivo, una sorta di “black box” del corpo umano (ibidem, p. 182); anche se la componente di elaborazione dei dati rimane cruciale nel rendere questo metodo efficace.



Ma non è così semplice

Avere il controllo sui propri dati, altrimenti detti “sintomi”, non significa che si sarà in grado, all’improvviso, di curarsi da soli.

Non si prende la laurea in medicina imparando a monitorare i propri sintomi, ma farlo ci permette di fare delle correlazioni logiche che, nei casi più clinicamente significativi, potranno essere avvalorate da un medico.

Inoltre, non è facile dare il giusto peso a tali correlazioni. “I dati possono essere al contempo temibili ed empowering, possono sopraffarti ed essere gestibili, possono informarti o confonderti. Imparare a tenere traccia dei dati ci permette di imparare quando non serve tracciarli, e ci consente di creare una base sulla quale porsi delle domande su ciò che ci ha portato effettivamente a tracciarci” (ibidem, p.191).



Una utopia del benessere

Se per magia riuscissimo a far sparire tutte le problematiche relative alla sensibilità dei dati personali (facendo scomparire tutti gli hacker con un colpo di bacchetta magica), potremmo vivere in modo molto più autonomo la nostra salute.

Se per noi fosse normale tracciare i nostri dati – che siano dolori, emozioni, o altro – potremmo prevenire la maggior parte delle patologie o scoprire la causa di patologie poco note. Questo perché il corpo umano vive in un equilibrio stabile, e la malattia è uno squilibrio di questa stabilità. I grandi squilibri (come un forte dolore) sono facilmente identificabili, ma ce ne sono altri che sono più subdoli, meno gravi, ma che se non vengono identificati potrebbero aprire le porte a qualcosa di più pericoloso per la salute.

Nell’utopia del benessere, i dottori guardano nei diari dei pazienti e cercano di coglierne i bisogni, le aspettative e quelle variabili che giocano un ruolo chiave nella loro salute.

In questo sogno utopistico, i pazienti vanno dal dottore soltanto se notano dei veri squilibri nei loro dati, e non sanno darne significato.

Questa è un’utopia, e non basta un articolo (né un libro intero) per argomentare tutte le criticità di questo nuovo concetto di salute, che va al di fuori degli schemi tradizionali. Ma sta di fatto che vi è una tendenza crescente a vedere l’essere umano come un’unità psicofisica calata in un contesto socio-culturale. In poche parole: l’uomo è complesso. E la sua salute lo è altrettanto. Giorno dopo giorno nascono sempre più scoperte scientifiche, filoni teorici e nuove tecnologie indirizzate verso un nuovo concetto di salute.

A cura di Annalisa Viola
 
Enzo Muscia rileva l’azienda che lo ha licenziato, assume 35 colleghi e ispira una fiction con Beppe Fiorello
By Giangiacomo Schiavi, milano.corriere.it

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Enzo Muscia alla A-Novo

Ha avuto il coraggio di ricominciare dove tutto era finito e in due anni ha realizzato un sogno: è tornato da padrone nell’azienda che l’aveva licenziato. Dopo aver riassunto 35 operai in cassa integrazione, dopo un titolo di Cavaliere al merito della Repubblica, dopo un libro che racconta la sua vita, dopo una fiction che ha ispirato Beppe Fiorello per la Rai, Enzo Muscia trasferisce un po’ della sua storia successo da Saronno a Torino.

Fa il bis, si ripete, continua a credere nella sfida che per lui riassume i valori in cui crede: il lavoro, l’impegno, la buona squadra, la passione, i rapporti umani. Oggi a centotrenta chilometri dall’A-Novo, l’azienda che ha resuscitato dal fallimento, inaugura un centro di assistenza che Samsung stava per dismettere. «Lo faccio con entusiasmo non solo perché viene riconosciuta la nostra qualità aziendale, la soddisfazione più grande è poter dare una speranza a chi l’aveva persa». Per Muscia questa avventura torinese è un ritorno alle origini, ai momenti già vissuti quando nel 2012 si rimboccò le maniche per ricostruire quello che a Saronno una multinazionale aveva dismesso. «A Torino ho incontrato tecnici e operai che avevano negli occhi le stesse paure e le stesse angosce dei miei ex colleghi. E ripeto a tutti che non c’è momento più bello per un imprenditore che poter dire a una persona: ok, ti assumo». Saranno cinque, per ora, gli assunti: ritroveranno il posto che avevano perso con la vecchia gestione. Come nella precedente avventura, anche questa volta Muscia dorme con un occhio solo mentre fa la spola tra Saronno e Torino. «Bisogna dare l’esempio, ieri mattina ho avvitato anche le prese in ufficio». La sua filosofia è un modello di concretezza: piedi per terra e tanta volontà. «Non c’è lavoro senza lavoratori e non esiste successo senza la firma di qualcuno e di una squadra», dice. Ma ce n’è un’altra, di filosofia, che riassume nel libro autobiografico intitolato «Tutto per tutto» che esce in contemporanea con l’inaugurazione torinese: «Meglio pazzi che persi». Somiglia alle parole di Steve Jobs: siate affamati, siate folli. In effetti di follia ce n’era tanta in quell’inverno del 2013 quando Muscia riaprì i portoni dell’A-Novo, a Saronno, dopo una lunga cassa integrazione e 320 licenziamenti. «Qualche mese prima ero stato nell’ufficio di un commercialista per vedere se si era fatto avanti qualcuno in grado di rilevare l’azienda. Niente. Mi sentivo come Wile E. Coyote. Avvilito e con la testa bassa». Qualche giorno dopo il curatore fallimentare dell’azienda specializzata nella riparazione di monitor e schermi di computer e tv, guardò Muscia negli occhi: «Lei è davvero convinto che questa azienda dopo due anni di chiusura possa ripartire? Caro Muscia, se ci crede è lei che deve andare avanti». Questo dialogo lo raccontò commosso al Corriere, due anni fa, rievocando le difficoltà, le traversie, gli ostacoli superati. Casa ipotecata. Liquidazione bloccata. Prestiti. Tutto nell’indifferenza delle banche. «La mia è una storia di resilienza e di fiducia. Il business in cui credo è quello delle persone che non si arrendono».

È un bel giorno questo per Muscia e per i cinque dipendenti che ritrovano un posto di lavoro. Non ripeterà a loro quello che disse ai suoi ex colleghi di Saronno, umiliati dalla disoccupazione: «Ragazzi, se entro tre mesi non ci sono nuovi contratti, si torna a casa». Enzo Muscia parlerà di speranza. Di sogni. Di battaglie che si possono vincere. Di positività e di economia collaborativa. Un messaggio per curare un Paese ferito. «Se si vuole, ce la possiamo fare».
 
Obei Obei 2018 a Milano: date, orari e info. Come da tradizione, intorno al ponte di Sant'Ambrogio, Patrono del capoluogo lombardo, e dell'Immacolata, si terrà l'immancabile Fiera degli Obei Obei. Per la precisione dal 6 al 9 dicembre 2018.
 
Rimini, senzatetto vince scommessa e offre pranzo al tartufo agli amici clochard
La storia: la famiglia allargata di Zelindo Fedrighetti

di MONICA RASCHI




Zelindo Fedrighetti, primo da sinistra, con altri ospiti della Capanna di Betlemme, Rimini


Rimini, 19 dicembre 2018 - Senzatetto vince scommettendo sulle partite di calcio e decide di investirne la metà per un pranzo a base di tartufi da dividere con altri cinquanta clochard. Zelindo Fedrighetti, 74 anni, da dieci anni fa parte della famiglia della Capanna di Betlemme, una delle grandi realtà solidali messe in piedi dalla Papa Giovanni XXIII, che offre un’abitazione a chi si trova in condizioni di disagio.

Zelindo, quanti soldi ha vinto?

«Non molto, 2.700 euro ma ne ho voluti spendere la metà per fare un bel pranzo con tutti gli altri».

Come se li è procurati?

«Con le scommesse del calcio: erano più partite e le ho azzeccate tutte. C’erano delle squadre italiane e straniere, un po’ le conosco e sono riuscito a vincere. Ma non è facile, il più delle volte si perde».

Quindi ha deciso di investirne una parte in un pranzo con altri della Capanna.

«Ho acquistato un chilo di tartufo, sei chili di tagliolini e gli straccetti di vitello: eravamo in cinquanta, ci voleva un bel po’ di roba».

Però. Non male il tartufo.

«E’ un pranzo da re. Comunque mi hanno fatto un buon prezzo perché sono andato a comperarlo ad Acqualagna. Io sono di Urbino, un tempo commerciavo in tartufi».

Zelindo, come è arrivato alla Capanna di Betlemme?

«Una decina di anni fa ho rinunciato a tutto. Ho deciso che questa era la mia famiglia e sto molto bene con loro».

Ritorniamo al pranzo: dove lo avete fatto?

«Alla Stella Maris, così c’era un bel posto per tutti».

I suoi ospiti hanno gradito?

«Direi proprio di sì, perché non è rimasto niente nei piatti. Sono molto contento di averlo fatto. E’ stato un bel momento di allegria dividere questa vincita con gli altri».

Responsabile della Capanna di Betlemme è Nicolò Capitani, mentre Davide Lovato è il referente per gli appartamenti. Attualmente la struttura composta ospita 29 persone (28 uomini e una donna) che vivono in modo stanziale in diversi appartamenti. Altre sedici persone (dieci uomini e sei donne) vengono accolte dai volontari ogni sera alla stazione. Cenano ed hanno un letto per la notte. Dopo la colazione vengono riportati in stazione e la sera seguente il ciclo si ripete, da decenni, come aveva insegnato don Oreste Benzi.


Rimini, senzatetto vince scommessa e offre pranzo al tartufo agli amici clochard - Cronaca
 
IL GESTO
Trieste, i cittadini riportano le coperte al clochard
«Caro amico, scusaci». Il vicesindaco Polidori le aveva buttate nella spazzatura vantandosene sui social, poi il dietrofront: «Pensavo fosse andato via»
di Giuseppe Gaetano


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La Befana, stanotte, s'è fermata a Trieste. «Caro amico, speriamo che questa notte tu soffra meno il freddo. Ti chiediamo scusa a nome della città». I cittadini del capoluogo giuliano hanno dato una straordinaria prova di solidarietà e replicato così - riportando le coperte al loro posto - al post su Facebook (rimosso troppo tardi) con cui Paolo Polidori aveva orgogliosamente rivendicato di aver gettato tra i rifiuti il giaciglio di un senzatetto in via Carducci, in pieno centro. Non solo coperte ma sciarpe, maglioni, berretti e cuscini da poter riempire un baule, per affrontare al meglio le rigide temperature di questi giorni, con la colonnina di mercurio scesa nella notte sottozero. «In caso di mancato ritiro non gettare nulla, provvederemo al recupero entro domani» aggiungono in un post scriptum sul cartello, per tranquillizzare il vicensindaco tanto solerte verso il decoro urbano, quanto insensibile a quello umano. «Non è la nostra Trieste, e non è questione di visione politica ma di civiltà - scrive Diego D'Amelio, il giornalista de Il Piccolo che ha diffuso le foto su Twitter -. Non penso che sia esagerato dire che siamo davanti alla banalità del male».

Complimenti ai cittadini triestini per questo bel gesto:clap::clap:OK!...KO! il vicesindaco
 
IL GESTO
Trieste, i cittadini riportano le coperte al clochard
«Caro amico, scusaci». Il vicesindaco Polidori le aveva buttate nella spazzatura vantandosene sui social, poi il dietrofront: «Pensavo fosse andato via»
di Giuseppe Gaetano


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La Befana, stanotte, s'è fermata a Trieste. «Caro amico, speriamo che questa notte tu soffra meno il freddo. Ti chiediamo scusa a nome della città». I cittadini del capoluogo giuliano hanno dato una straordinaria prova di solidarietà e replicato così - riportando le coperte al loro posto - al post su Facebook (rimosso troppo tardi) con cui Paolo Polidori aveva orgogliosamente rivendicato di aver gettato tra i rifiuti il giaciglio di un senzatetto in via Carducci, in pieno centro. Non solo coperte ma sciarpe, maglioni, berretti e cuscini da poter riempire un baule, per affrontare al meglio le rigide temperature di questi giorni, con la colonnina di mercurio scesa nella notte sottozero. «In caso di mancato ritiro non gettare nulla, provvederemo al recupero entro domani» aggiungono in un post scriptum sul cartello, per tranquillizzare il vicensindaco tanto solerte verso il decoro urbano, quanto insensibile a quello umano. «Non è la nostra Trieste, e non è questione di visione politica ma di civiltà - scrive Diego D'Amelio, il giornalista de Il Piccolo che ha diffuso le foto su Twitter -. Non penso che sia esagerato dire che siamo davanti alla banalità del male».

Complimenti ai cittadini triestini per questo bel gesto:clap::clap:OK!...KO! il vicesindaco
Trieste, pronta la multa per il vicesindaco: 450 euro per il cassonetto sbagliato - Repubblica.it
 
IL GESTO
Trieste, i cittadini riportano le coperte al clochard
«Caro amico, scusaci». Il vicesindaco Polidori le aveva buttate nella spazzatura vantandosene sui social, poi il dietrofront: «Pensavo fosse andato via»
di Giuseppe Gaetano


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La Befana, stanotte, s'è fermata a Trieste. «Caro amico, speriamo che questa notte tu soffra meno il freddo. Ti chiediamo scusa a nome della città». I cittadini del capoluogo giuliano hanno dato una straordinaria prova di solidarietà e replicato così - riportando le coperte al loro posto - al post su Facebook (rimosso troppo tardi) con cui Paolo Polidori aveva orgogliosamente rivendicato di aver gettato tra i rifiuti il giaciglio di un senzatetto in via Carducci, in pieno centro. Non solo coperte ma sciarpe, maglioni, berretti e cuscini da poter riempire un baule, per affrontare al meglio le rigide temperature di questi giorni, con la colonnina di mercurio scesa nella notte sottozero. «In caso di mancato ritiro non gettare nulla, provvederemo al recupero entro domani» aggiungono in un post scriptum sul cartello, per tranquillizzare il vicensindaco tanto solerte verso il decoro urbano, quanto insensibile a quello umano. «Non è la nostra Trieste, e non è questione di visione politica ma di civiltà - scrive Diego D'Amelio, il giornalista de Il Piccolo che ha diffuso le foto su Twitter -. Non penso che sia esagerato dire che siamo davanti alla banalità del male».

Complimenti ai cittadini triestini per questo bel gesto:clap::clap:OK!...KO! il vicesindaco

Paolo Polidori. La fisiognomica, da sempre, è una scienza esatta.
 

Allegati

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L'Osteria Francescana di Massimo Bottura è entrata nella "Hall of Fame" del World’s 50 Best Restaurants, categoria dedicata ai migliori di sempre.
 
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Hunting pollution: a Roma murale che mangia lo smog
11 Febbraio 2019

Un murale raffigurante un airone a caccia in un mare inquinato. E’ questa l’opera ideata dall’artista milanese Federico Massa, in arte Iena Cruz, e realizzata dalla no-profit Yourban 2030 che, con i suoi 1000 m2, è il più grande murale in Europa.

“Hunting pollution”, questo è il nome del disegno, è visibile sulla facciata di un edificio romano in Via del Porto Fluviale, una delle aree più trafficate ed inquinate della capitale, ed è stata realizzata con una particolare vernice “hi-tech” in grado di assorbire lo smog della città grazie trasformando l’ossido di azoto e di zolfo in sostanze inerti grazie all’energia della luce solare.

Hunting pollution: a Roma murale che mangia lo smog
 
un possibile vaccino per il cancro
9 Aprile 2019, di Alessandra Caparello

Un sogno per l’umanità, un vaccino contro il cancro è quello che è stato sperimentato con successo su un ristretto numero di pazienti affetti da linfoma e reso noto da uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Nature Medicine.

I ricercatori del Mount Sinai Hospital di New York hanno testato il trattamento in 11 pazienti con linfoma. I loro risultati hanno avuto abbastanza successo da giustificare un altro studio clinico a marzo su pazienti affetti da linfoma e carcinoma mammario. I ricercatori hanno detto che per alcuni pazienti presi nella fase iniziale del tumore c’è stata la completa remissione. Il trattamento “ha vaste implicazioni per diversi tipi di cancro”, ha detto l’autore principale, Dr. Joshua Brody.

La ricerca parla dello studio come di un vaccino perché aiuta il sistema immunitario a combattere la malattia, sebbene non sia preventivo come la vaccinazione antinfluenzale. In questo caso, il trattamento insegna al corpo a riconoscere i tumori e ad attaccarli. In tre pazienti la scomparsa di tumori, anche in zone del corpo non trattate direttamente con le radiazioni, è stata completa.

Nonostante sia promettente, l’effetto del vaccino è stato osservato però in sole tre persone e dovrà essere testato in studi più ampi prima di essere esaminato dalla Food and Drug Administration.


Ricerca individua un possibile vaccino per il cancro | WSI
 
Banche: partiti i rimborsi per azionisti vittime dei crack (Italia Oggi)
Ora: 23/08/2019 08:43
Testo:
MILANO (MF-DJ)--Via alle domande di rimborso per gli azionisti vittime
del crack bancario degli istituti di credito veneti. Avranno un ristoro -
scrive Italia Oggi - pari al 30% del valore d'acquisto, fino a un massimo
di 100 mila euro. Per gli obbligazionisti il rimborso e' del 95% con lo
stesso tetto.
red/cce



MF-DJ NEWS
2308:43 ago 2019
 
Titolo: Banche: Mef, ecco link domande fondo indennizzo risparmiatori
Ora: 23/08/2019 12:32


ROMA (MF-DJ)--E' il portale
FIR | Home Page l'indirizzo corretto per
inoltrate le domande di indennizzo da parte dei risparmiatori truffati
dalle banche (Carife, Carichieti, Banca Etruria e Banca Marche) o finite
in liquidazione o risoluzione come Banca Popolare di Vicenza e Veneto
Banca.

Lo precisa il Ministero dell'Economia e delle Finanze, aggiungendo che
sono indennizzabili da ieri le azioni ed obbligazioni subordinate emesse
dalle seguenti banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il
16 novembre 2015 e prima del 1* gennaio 2018: Banca Etruria, Banca delle
Marche, Cassa di risparmio della Provincia di Chieti, Cassa di risparmio
di Ferrara, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca e le loro
controllate.

Per le azioni, l'indennizzo e' determinato nella misura del 30% del
costo di acquisto dei titoli, ivi inclusi gli oneri fiscali, entro il
limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun avente diritto.

Per le obbligazioni subordinate il rimborso e' nella misura del 95% del
costo di acquisto delle stesse, ivi inclusi gli oneri fiscali, entro il
limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun avente diritto. I
rimborsi ai risparmiatori verranno corrisposti secondo i piani di riparto
approvati dalla Commissione tecnica nominata dal Mef.
pev

 
Novartis: accordo con Polpharma su farmaco biosimilare natalizumab
Ora: 03/09/2019 11:47

MILANO (MF-DJ)--Sandoz, la divisione di farmaci biosimilari di Novartis,
ha siglato un accordo con Polpharma per la commercializzazione di un
biosimilare di natalizumab.

Il farmaco e' attualmente nella fase 3 dello sviluppo clinico e potra'
essere utilizzato per il trattamento della sclerosi multipla.

L'accordo prevede che Polpharma mantenga le responsabilita' legate allo
sviluppo, alla produzione e alla fornitura del biosimilare di natalizumab,
mentre Sandoz commercializzera' e distribuira' il farmaco in tutti i
mercati dopo l'approvazione, attraverso una licenza esclusiva a livello
mondiale.

Gli altri termini dell'accordo non sono stati rivelati.
 
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