A parte quell'
analisi prontamente censurata dal nostro vaticanesco programma - integro per chiarezza, puoi farlo anche tu - certamente la seconda parte dell'intervento è un tipico esempio di discorso fumoso che non dice nulla in quanto potrebbe applicarsi a qualunque pittore sulla faccia della terra, e ora anche su Marte.
Troppo semplice dire che l'artista Dorazio volendo esprimere la forza nativa dei colori prima sceglie forme geometriche, poi, per non dare una sensazione di eccessiva rigidità, che bloccherebbe la comunicazione del colore, rompe egli stesso queste forme geometriche inserendo superfici apparentemente in disordine o lacerate, recuperando così il senso della vitalità e profittandone per arricchire la danza dei colori con questi inserti? I quali inserti possono mostrare il colore stesso non solo come elemento di "ordine", ma anche come "aspetto complementare", a seconda del rapporto colore/forma che di volta in volta si viene a creare (vorrei risultare ancora più semplice, ma allora ci vorrebbe molto più tempo
).
Quanto a Kandinskij, si può essere meno generici citando un'alternanza tra forme geometriche e forme vagamente organiche in cui si esprime sia un dialogo tra rette e curve, sia, parallelamente, un altro dialogo tra il quasi morto ed il quasi vivente. Senza dimenticare che l'uso "magico" del colore in K., proveniente dalla sua cultura russa, cioè da icone che non volevano rappresentare il reale, ma lo spirituale che nel reale agisce, non può essere ripreso dall'italiano se non come visione che, a confronto, appare addirittura classicheggiante.
Altro che “tutto quanto è stato prodotto e assimilato ritorna come elemento attivo nella nuova unità formale", frase che si può usare da Giotto a Monet senza problemi per tutti i pittori vissuti nel frattempo, e anche dopo.