ETF - Exchange Traded Fund - The Ultimate Summary

Sospensioni e volatilità

Operare sul mercato sembra diventare difficile proprio quando si ha la necessità di vendere. Può sembrare una battuta, ma è la reale percezione degli investitori. Un incremento elevato della volatilità dei mercati può essere un evento sufficiente per far scattare le sospensioni tecniche automatiche previste dai regolamenti di Borsa.

Quello di fronte a cui si trovano le autorità dei mercati è infatti un trade-off tra tutela degli investitori e liquidità: durante la sospensione l'investitore è impossibilitato a vendere, ma la stessa sospensione evita anche che giorni di ampia volatilità possano andare a discapito del piccolo investitore. L'impennata della volatilità ha dunque fatto emergere un tema, quello delle sospensioni, su cui la maggioranza degli investitori in ETF ha avuto poche occasioni di soffermarsi in passato, ma che di per se non è una novità. Se proprio si vuole trovare un punto debole lo si può rintracciare in una carenza di informazioni sul tema. In generale, come per i titoli azionari, anche per gli ETF la sospensione scatta quando si registrano oscillazioni eccessivamente ampie rispetto al prezzo di riferimento o tra i prezzi di due contratti consecutivi. Nello specifico la sospensione avviene dunque per uno scostamento tra il prezzo del contratto (eseguito) e il prezzo di controllo (definito come prezzo di riferimento della seduta precedente, ossia come la media ponderata dell'ultimo 10% di volumi), oppure per una variazione oltre le soglie tra prezzo del contratto e prezzo del contratto precedente. Nel primo caso le soglie vanno dal +/-10% per gli ETF con effetto leva, al +/-3,5% per gli ETF obbligazionari, fino al +/- 5% per tutti gli altri ETF. Nel secondo caso dal +/-5% per gli ETF con effetto leva, al +/-2% per gli obbligazionari, fino al +/- 2,5% per tutti gli altri ETF.

Con la sospensione la negoziazione dello strumento viene sospesa per 5 minuti: non è più possibile inserire, modificare o cancellare le proposte di negoziazione, mentre il contratto che ha dato vita alla sospensione viene annullato. Al termine dei 5 minuti la negoziazione viene riattivata automaticamente. Non si tratta tuttavia di parametri fissi in quanto Borsa Italiana può infatti modificare i parametri di sospensione. Ancora una volta la decisione dipende dal motivo sottostante al provvedimento, si pensi ad esempio al caso di un errore nell'inserimento ordini: in questa situazione non avrebbe senso ampliare i margini di oscillazione.

Diverso il discorso se la sospensione scatta unicamente perché l'ETF segue il sottostante, in sostanza se l'oscillazione avviene solo per riflesso dello scostamento del fair value. Un caso diverso dalla sospensione è quello di scostamenti di prezzo che comportano il rigetto della proposta di negoziazione. In questo caso ciò che rileva è la differenza tra la cosiddetta proposta di negoziazione (l'ordine) e il prezzo di controllo. L'ordine viene quindi rigettato qualora si assista a uno scostamento dei prezzi del 20% al rialzo o al ribasso per gli ETF con effetto leva o a uno scostamento del +/- 10% per tutti gli altri ETF.
 
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Gestioni Core-Satellite

Esiste una complementarietà tra fondi a gestione attiva ed ETF, ad esempio attraverso la costruzione del portafoglio in ottica core/satellite:
  • ETF (Replica in modo costante la perfomance del benchmark, uso tattico per esposizione a mercati di difficile accesso, uso strategico nella parte core del portafoglio)
  • Fondi a gestione attiva (offre la possibilità di generare Alfa rispetto al mercato, utilizzo strategico nella parte core del portafoglio, uso tattico per generare extra perfomance)


Articoli e paper:
http://www.vanguard.com/pdf/icrcs.pdf
https://www.vanguard.co.uk/document...ature/EDguide_Core_Satellite_FINAL_190510.pdf
http://www2.goldmansachs.com/gsam/d...estment_education/wp89_smarter_satellites.pdf
http://www.edhec-risk.com/edhec_pub...isk_Publication_Dynamic_Risk_Control_ETFs.pdf
 
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Libri e articoli (inglese)

Introduction to Index Funds: The 12-Step Program for Active Investors. "A complete investor education program, the treatment-of-choice for active investors and a rehab for tradeaholics and stockaholics. After you have completed the program, you will be prepared to invest and relax."
Mark T. Hebner: "I hope that my book and websites will educate investors worldwide, so they won't have to look back fifteen years from now and determine that they earned substantially less than the return that they had the capacity to earn."

http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/01_Active_Investors.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/02_Nobel_Laureates.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/03_Stock_Pickers.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/04_Time_Pickers.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/05_Manager_Pickers.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/06_Style_Drifters.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/07_Silent_Partners.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/08_Riskese.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/09_History.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/10_Risk_Capacity.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/11_Risk_Exposure.pdf
http://www.ifa.com/Book/Book_pdf/12_Invest_and_Relax.pdf


Vanguard
Education: "Investing is for meeting long-term goals; saving is for meeting
short-term goals."

https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve1_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve2_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve3_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve4_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve5_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve6_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve7_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve8_042006.pdf
https://global.vanguard.com/international/common/pdf/webelieve9_042006.pdf

Articoli e paper
The Arithmetic of Active Management
Indexed Investing - A Prosaic Way to Beat the Average Investor
The case for indexing
The active-passive debate - Bear market performance
The Active-Passive Debate - Market Cyclicality and Leadership Volatility
Indexing Made Easy - A Look at Popular Investing Strategies Using ETFs
 
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Etf e Fondi di Investimento

Noto che si tende a mescolare mele con pere.

Un conto è la valutazione ex-post del rendimento di uno strumento finanziario. A tal fine dovei considerare il prelievo iniziale con addebito dal conto corrente ed il ritorno finale dell'investimento con l'accredito sul conto corrente. In questo modo si è certi di valutare correttamente sia il rendimento nominale dell'investimento, sia l'incidenza della fiscalità, sia l'incidenza degli spread, sia le commissioni di intermediazione applicate. Ed ovviamente si dovrebbero considerare gli eventuali accrediti dati dai dividendi. Penso che su questo siamo tutti d'accordo.

Ora passiamo invece alla considerazione degli investimenti e rendimenti ex-ante. Compariamo quindi uno strumento ad indicizzazione passiva (che può essere sia un etf che un fondo di investimento no load con basso TER) con uno strumento a gestione attiva (come un fondo di investimento a reale gestione attiva).
Se accettiamo il concetto che nel complesso il mercato è efficiente, nella media del rendimento lordo (prima di considerare le spese e la tassazione) gli etf ed i fondi di investimento rendono tanto quanto il mercato. A questo punto, dedotti i costi medi degli etf rispetto ai costi medi dei fondi di investimento, l'etf risulta essere più performante in termini di rendimento netto. E' chiaro che all'interno della gamma dei fondi di investimento, a parità di benchmark di riferimento, il gap in termini di rendimento netto tra il fondo migliore ed il fondo peggiore risulta molto più ampio rispetto al gap tra l'etf migliore e l'etf peggiore.
Se invece non si accetta il fatto che i mercati siano efficienti, dato che l'investitore comune (ma anche quello professionale) è un Homo Sapiens anziché Homo Economicus, e quindi soggetto a bias comportamentali, potremmo allora discutere se un investitore comune sia effettivamente capace di estrarre valore dall'inefficienza dei mercati. E se l'investitore retail si affida a gestori professionali, che attraverso la gestione attiva doverebbero essere in grado di estrarre Alpha rispetto al mercato, allora potremmo discutere su concetti quali: persistenza dei rendimenti dei fondi di investimento, valutazione dei rendimenti corretti per il rischio, ecc.

Se accettiamo il concetto del mercato efficiente, passiamo quindi a soffermarci sulle voci di spesa che possono incidere sul rendimento netto di uno strumento finanziario.

Consideriamo le voci di costo di un ETF.

Costi espliciti: riportati nel prospetto informativo

TER (Total Expense Ratio): rappresenta il costo totale annuo ed è determinato ex-ante dalla società emittente e include le spese annuali necessarie per amministrare il fondo. Il Ter include i costi di gestione e una serie di altri costi, tra cui costi amministrativi, di custodia, di revisione e spese legali, di registrazione eventualmente dovute agli Organi di vigilanza, oltre che dalla politica prezzi adottata dall'emittente.

Commissione di entrata, di uscita e di performance: non ci sono

Costi impliciti: non sono del tutto quantificabili anticipatamente e non sono pertanto riportati nel prospetto informativo.

Spread: lo spread equivale alla differenza tra costo di acquisto/ prezzo di vendita per ogni negoziazione, ed è determinato da diversi fattori, tra cui la domanda e l'offerta dello stesso ETF, le dimensioni del fondo in termini di patrimonio gestito, la liquidità dei titoli sottostanti e il numero di market maker presenti sul book di negoziazione.

Tracking error: rappresenta lo scostamento della performance dell'ETF rispetto a quella dell'indice (benchmark) preso come riferimento. Tale componente può variare significativamente in base all'esposizione ad uno specifico mercato ed alla struttura dell'ETF.

Costi di ribilanciamento: al fine di replicare un indice di mercato un Etf sostiene delle spese, definite costi di ribilanciamento, connesse al flusso in entrata e in uscita di titoli, in linea con i criteri di selezione prescelti degli index provider.

Commissioni di negoziazione / intermediazione: applicati dalla propria banca o intermediario finanziario. Come riferimento direi di assumere come riferimento 0,19% per transazione con intermediario che offre opzione di trading on line.

Costi bancari amministrativi e dossier titoli: per la maggiorparte delle banche on line è pari a zero.

Oneri fiscali: come sappiamo la fiscalità dell'etf è un po' perversa. Tanto è stato detto a riguardo e rimando a precedenti discussioni. Ricordiamo comunque che per le transazioni intraday il problema non si pone, mentre invece per investimenti di lungo periodo ritengo l'impatto fiiscale dell'etf perfettamente equivalente a quello dei fondi di investimento.

Costi cognitivi: i costi dovuti al “fai da te” sono equivalenti tra etf e fondo di investimento. Anzi, per i fondi di investimento direi che sono superiori dal momento che va attentamente valutato il team di gestione e la politica di investimento.

Rendimenti extra: gli Etf cash based hanno la possibilità di generare rendimenti aggiuntivi che contribuiscono quindi a ridurne i costi totali. Il gestore dell’Etf, infatti, può prestare i titoli sottostanti all’Etf a fronte di un rendimento che va a beneficio del rendimento complessivo, poiché la porzione di rendimento generata dal prestito titoli si riflette sul net asset value (Nav) su base giornaliera.


Consideriamo le voci di costo di un fondo di investimento/sicav.


Costi espliciti: riportati nel prospetto informativo

TER (Total Expense Ratio): come per gli etf rappresentano le commissioni di gestione (una parte viene retrocessa alla rete di vendita) ed include le spese annuali necessarie per amministrare il fondo.

Commissioni di sottoscrizione: solitamente previste in alternativa a quelle di uscita, costituiscono la remunerazione della rete di vendita. I fondi che non le prevedono si definiscono "no load".

Commissioni di uscita: si pagano al momento del riscatto. In alcuni casi, viene usato un sistema a tunnel, in base al quale la commissione decresce fino ad annullarsi in funzione della permanenza nel fondo.

Commissioni di switch: possono essere applicate in caso di trasferimenti di quote da un fondo a un altro della stessa società, i cosiddetti switch. Sono fisse o espresse come percentuale del capitale trasferito. Molto spesso gli switch sono a costo zero in funzione della politica adottata dall'emittente.

Commissioni di performance: spettano alla società di gestione nel caso in cui questa raggiunga rendimenti superiori a un parametro prestabilito. Sono un premio che il sottoscrittore corrisponde al gestore calcolato sul rendimento differenziale del fondo rispetto all'indice di riferimento, ovvero al benchmark.

Costi impliciti: non sono del tutto quantificabili anticipatamente e non sono pertanto riportati nel prospetto informativo.

Costo del gestore: l'Alpha del gestore può rappresentare sia un vantaggio che un costo. Nella valutazione della media dei fondi di investimento però, la gestione attiva rappresenta un costo rispetto all'indicizzazione passiva. L'Alpha viene generato attraverso: stock picking vale a dire selezione di un paniere di titoli differente rispetto al benchmark, market timing vale a dire la decisione del gestore di tenere cash una parte del portafoglio ad esempio durante la fase bear di mercato, style drifting vale a dire quando il gestore decide di inserire nel paniere ad esempio un titolo di una small cap quando invece l'indice benchmark di riferimento rappresenta delle blue chips.

Costi di rotazione del portafoglio: solitamente un gestore, nella ricerca della gestione attiva, ha una percentuale di rotazione annuale del portafoglio estremamente superiore rispetto alla percentuale di ribilanciamento annuale di un etf, con conseguenti costi impliciti dati dalle commissioni di negoziazione e spread.

Conflitto di interessi: il gestore potrebbe essere indotto, più o meno esplicitamente, verso determinate logiche, non sempre tutelando gli interessi dell'investitore retail.

Spero che riteniate utile il contributo :)

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Articoli (italiano)

http://homepage.sns.it/marmi/AIAF/dicembre_2008_indici_fondamentali.PDF

Leggete a pag. 24: ETF E LIQUIDITÀ - Spread degli ETF: analisi e fattori che lo condizionano - Gli elementi che concorrono alla liquidità degli ETF e gli spread registrati sul mercato italiano.
http://immagini.spystocks.com/immagini/etf/etfnews70.pdf


Morningstar sugli etf
Quattro regole per comprare (vendere) un Etf: Controllare il Nav e lo spread, impostare ordini limitati ed evitare aperture e chiusure di sedute sono i fattori per un trading di successo.
Etf, attenzione al “mito liquidità”
I trucchi del trading: Non solo commissioni di gestione. Gli Etf hanno altre voci di spesa, che però si possono tenere sotto controllo.
Etf, dopo l’allarme è tempo di buona condotta


I Quaderni di Progetica:
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Cosa si nasconde dietro gli Etf?

27 Apr 2011

A cura di Rocki Gialanella

E’ poco probabile che si tratti di una casualità. Nell’arco di pochi giorni, il FMI, la BIS e il Financial Stability Board hanno pubblicato tre report sui rischi associati al folgorante successo degli Exchange Traded Funds, uno strumento cresciuto a ritmi del 40% annuo nell’ultimo decennio

Come spesso accade, non è stato l’uso dello strumento ma l’abuso ad aver contribuito alla costruzione di una nuova bomba ad orologeria. Un Etf è un fondo comune di investimento caratterizzato da una peculiarità: le sue quote possono essere acquistate e vendute sui listini allo stesso modo di quanto avviene per i titoli azionari. Questi prodotti offrono notevoli vantaggi in termini di liquidità e trasparenza. Negli Stati Uniti gli Etf vengono utilizzati dalla maggior parte degli investitori privati, mentre nel Vecchio Continente i volumi di negoziazione vengono assorbiti soprattutto dagli investitori istituzionali.

Tradizionalmente gli Etf sono un prodotto semplice destinato a replicare indici di mercato. Per esempio, il fondo acquista azioni facenti parte dell’indice Dow Jones mantenendo gli stessi pesi dell’indice. Tuttavia, la crescita degli ultimi anni ha comportato un aumento della complessità di questi strumenti. Gli Etf permettono di investire nei mercati emergenti, in titoli di debito pubblici e privati, nel segmento delle materie prime, oltre a consentire di assumere posizioni ribassiste su questi assets (in alcuni casi accompagnate da un effetto leva).

Alcuni Etf non vengono costruiti attraverso l’acquisto di un paniere di titoli, ma servendosi dei derivati. Vengono chiamati Etf sintetici e il loro funzionamento è simile a quello di uno strutturato. L’Etf riceve il denaro degli investitori e lo investe in un paniere di titoli che svolge la funzione di collaterale per un contratto di derivati OTC (Over the counter) che supporta la scommessa rialzista o ribassista insita nel prodotto. Secondo i dati in possesso del Financial Stability Board, gli Etf sintetici rappresentano già il 45% del mercato.

Ipotizziamo che un provider di fondi lanci un Etf legato all’andamento della quotazione del rame. Il denaro ricevuto dagli investitori viene collocato in bond e viene sottoscritto un contratto OTC che garantisce il rendimento promesso al sottoscrittore. Tutto va bene fino a quando il mercato sale. Questo modo di operare ingloba due rischi evidenti: quello di contropartita e quello di liquidità. Nonostante le quote degli Etf vengano negoziate in Borsa allo stesso modo delle azioni, se un Etf ha investito in strumenti illiquidi, non potrà far fronte ad una vendita massiccia di titoli in una fase di mercato permeata da un elevato livello di instabilità. In altre parole, l’Etf in questione utilizza tecniche simili a quelle degli hedge fund ma, a differenza di quest’ultimo, non pone limiti ai rimborsi.

Il Financial Stability Board mette l’accento anche sui potenziali conflitti di interesse insiti nel fatto che, spesso, la banca che vende il derivato che fa funzionare l’Etf è lo stesso istituto che si occupa della gestione dell’Etf, ragione per la quale la selezione degli assets in cui investe resta completamente nelle mani dell’entità. Allo stesso modo, ci sono rischi di contropartita molto elevati di quelli che si potrebbero immaginare. In questo modo si investe in un contratto OTC. E sufficiente ricordare quanto accaduto con AIG per rendersi conto del rischio che si assume un’entità quando vende a destra e manca migliaia di milioni di derivati.

Gli Etf tradizionali (quelli che investono in titoli ai quali restano vincolati) non sono completamente esenti da peccati, visto che hanno l’abitudine di prestare le azioni ospitate in portafoglio. Un meccanismo che apporta vantaggi all’Etf in cambio di un aumento dei rischi in caso di arrivo di un’ondata anomala di vendite di quote dell’Etf. La BIS ha messo a confronto l’evoluzione degli Etf con quella delle cartolarizzazioni prima della crisi dei sub-prime. Ci troviamo di fronte ad una formula di investimento con molti vantaggi apparenti ma che, per cercare di far fronte ad una domanda in forte crescita ed offrire rendimenti più appetibili, opta per un incremento del livello di complessità della struttura del prodotto e per l’assunzione di rischi addizionali. E quando nessuno se lo aspetta, il banco salta. Nulla di nuovo sotto il sole.

FondiOnLine.it


Si sono mescolate un po' le carte in tavola con gli ETC.... :D
 
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ETF e rischio fallimento

Come nascono gli ETF e perché non possono fallire

Dietro ad ogni ETF c'è un portafoglio di titoli depositati presso una banca che ne gestisce la custodia e amministrazione. Questo spiega perché gli ETF, come le altre tipologie di fondi comuni, non sono soggetti al rischio di un eventuale fallimento della SGR che ne cura l'emissione e la gestione

Analizzati le caratteristiche principali e le peculiarità degli ETF, approfondiamo la conoscenza dello strumento vedendo come nasce e perché non è soggetto al rischio emittente.

Il processo di creazione parte ovviamente dall’idea di una SGR, che ne dovrà curare l'emissione e la gestione. Questa, individuato l'indice sottostante da replicare e fatto uno studio di fattibilità (non tutti gli indici mondiali si possono "duplicare" per problemi connessi, per esempio, alla negoziazione dei titoli sottostanti) chiederà le opportune autorizzazioni agli organi competenti (Borsa e relativa autorità di controllo).

Superato questo primo scoglio si procede concretamente ad acquistare sul mercato le azioni/obbligazioni dell'indice che si vuole "copiare", nella medesima proporzione e peso percentuale che questi titoli hanno nel relativo indice. La SGR che ha creato l'ETF sull'indice S&P/MIB ha comperato sul MTA le azioni componenti l’indice, per esempio le varie Eni, Unicredito, Enel ecc., rispettando il peso che queste azioni hanno nell'indice di appartenenza (fatta 100 la somma da investire e dati 16%, 17% e 7,8% i pesi delle azioni, sui tre titoli confluiranno, rispettivamente, 16€, 17€ e 7,8€).

E’ bene fin d’ora precisare che questo è solamente un esempio volutamente non esaustivo, in quanto le modalità di replica sono diverse e richiederebbero intere pagine per spiegarle nei dettagli.

Una volta creato questo portafoglio, viene trasferito presso una banca depositaria che a fronte di questa consegna rilascia dei certificati rappresentativi dei titoli ricevuti. Tali certificati/ricevute vengono poi negoziate giornalmente sul MTF classe 1 (segmento del mercato azionario italiano dedicato agli ETF) sotto forma di quote il cui valore è solitamente una frazione del valore dell'indice benchmark (es 1/100).

Già da queste poche righe è possibile capire perché chi compra ETF non è teoricamente esposto al rischio emittente o fallimento della SGR: dietro la quota acquistata c'è infatti un paniere di titoli di cui la banca depositaria garantisce l'esistenza. Ne deriva che o falliscono tutte le imprese emittenti componenti l’indice di riferimento (evento a cui darei una probabilità pressoché nulla) o il valore dell'ETF non andrà mai a zero.

Detto questo, pare anche evidente la stretta relazione esistente tra il valore del patrimonio del fondo e quindi del basket di azioni depositate presso la banca depositaria, il prezzo di mercato dell'ETF e l'andamento dell'indice benchmark sottostante: l'uno segue l'andamento dell'altro nel modo più lineare possibile.

Nella realtà, come accade in maniera evidente nei fondi chiusi di investimento immobiliari, dove il valore del patrimonio pro-quota del fondo detto NAV è costantemente superiore al prezzo di mercato dello stesso, questa non è un'affermazione scontata. Nel mondo degli ETF tale rischio è scongiurato dalla creation / redemption in kind” (letteralmente "creazione / rimborso in natura”, forse il vero elemento di innovazione e valore degli ETF): meccanismo che, attraverso continue operazioni di arbitraggio permesse ad un numero limitato di investitori istituzionali, garantisce la convergenza fra prezzo di mercato dell'ETF e il suo NAV (valorizzazione pro-quota del capitale gestito) e, di riflesso, una migliore replica del benchmark e un maggior contenimento dei costi rispetto ad un fondo tradizionale.

Mirco Leonelli


Saperinvestire - ATS - Come nascono gli ETF e perché non possono fallire



I rischi nascosti dietro gli Etf


12 mag 2010


Se l’emittente fallisce niente paura…


Anche se le loro quote sono scambiabili in Borsa come azioni, gli Etf sono a tutti gli effetti dei fondi comuni. Per questo il portafoglio dell’Etf è distinto da quello del gestore: solo i possessori delle quote vantano credito nei confronti dell’attivo del fondo. In parole povere? Se acquistate l’Etf Lyxor Ftse Mib che replica l’andamento di Piazza Affari e la Lyxor fallisce, quest’ultima non può prelevare neanche un centesimo dal patrimonio dell’Etf. Il vostro investimento non è quindi intaccato dal possibile fallimento del gestore.


… ma il portafoglio è un po’ lontano


· Bene, ma dove si trova in realtà il patrimonio dell’Etf? È presso una banca che prende il nome di depositaria. Se fallisce, la banca depositaria non può vantare alcun credito nei confronti dell’Etf. Bene, ma spesso l’Etf tiene la liquidità proprio su conti della banca depositaria: soldi difficilmente recuperabili in tempi brevi in caso di fallimento.


· Ricordate poi che i vostri Etf sono iscritti a vostro nome in un registro presso la banca tramite cui operate (per esempio Unicredit). A loro volta è quest’ultima a essere iscritta nel registro dei creditori presso la banca depositaria. Anche se non riteniamo che ci siano potenziali rischi a risalire all’effettivo creditore dell’Etf (quindi a voi), siete comunque un po’ distanti dal portafoglio dell’Etf.


Derivati in portafoglio: rischio crack bancario


· Ma cosa c’è realmente nel portafoglio di un Etf? Ovvero cosa è che vi ritrovate in mano se l’emittente fallisce? Gli Etf fisici in pancia hanno esattamente gli stessi titoli dell’indice che vogliono replicare. La maggior parte degli Etf (per esempio tutti i Lyxor e i Db) sono però sintetici e non si comportano così. Guardate il grafico: tra i primi 10 titoli dell’Etf Lyxor Ftse Mib ce n’è solo uno italiano, Eni! Il titolo col peso maggiore è Total, francese! Il secondo è un derivato swap. Ma come fa allora a seguire Piazza Affari?


· Lo swap è un contratto privato stipulato tra il gestore dell’Etf e una banca d’affari. In pratica accade così: il portafoglio con dentro Total, E.On… oggi guadagna il 2%. Piazza Affari sale però del 5%. Siccome l’Etf deve seguire l’andamento dell’indice, il 3% che manca deve essere garantito dallo swap. Il valore dello swap deriva, quindi, dalla differenza tra il valore dell’indice che si vuole replicare e il valore del portafoglio titoli alla base dell’Etf.


· La conseguenza? Se la banca d’affari con cui è stipulato lo swap fallisce, il valore del prodotto si annulla e l’Etf subisce una perdita secca: nell’esempio sarebbe il 9,11%!


· Morale: gli Etf sintetici vi espongono a un rischio di controparte assente negli Etf fisici. Il rischio di perdita per il fallimento di controparte è fissato però per legge a un massimo del 10%: se il valore dello swap supera questa soglia, lo swap viene annullato, la banca d’affari fa un pagamento in denaro verso l’Etf, che riporta il valore del portafoglio in linea con quello dell’indice, e un nuovo swap viene stipulato. Notate poi che il valore del portafoglio può essere anche superiore al valore dell’indice: in questo caso il fallimento della controparte non determina perdite.


Attenzione al prestito titoli


· Non è detto però che il rischio di controparte sia assente negli Etf fisici. Questi ultimi possono infatti “prestare” titoli del portafoglio a banche d’affari. Queste vendono i titoli prestati sul mercato: se poi il prezzo scende, quando devono ricomprare gli stessi titoli per restituirli all’Etf ci fanno un bel guadagno. L’Etf dal canto suo incassa commissioni che servono a ridurre il costo di gestione dell’Etf.


· Attenzione però che se la banca che ha preso a prestito i titoli fallisce, il portafoglio dell’Etf resta “monco” e perde valore. La pratica del prestito titoli non è proibita agli Etf sintetici, ma è più frequente negli Etf fisici, i cui costi di gestione sono più elevati – Lyxor, per esempio, non pratica il prestito titoli per nessuno dei suoi Etf sintetici.


Occhi aperti, ma niente panico



· Attenzione infine al rischio di “sovrapposizione”. Ve lo spieghiamo con un esempio: Lyxor è una società controllata da Société Générale, la controparte con cui stipula gli swap è Société Générale, la banca depositaria è sempre Société Générale. Insomma se Société Générale fallisce si sommano diversi dei rischi su presentati. Se la cosa non vi piace, vi consigliamo di dare un’occhiata al prospetto dell’Etf (dove le suddette informazioni sono riportate) prima di investirci.

· Stiamo comunque parlando di eventi estremi: noi continuiamo a consigliamo sia Etf sintetici sia Etf fisici. È però importante, vista la tensione sui mercati, che sappiate bene tutti i rischi degli strumenti in cui investite.


I rischi nascosti dietro gli Etf - Analisi - Fondi - Soldi
 
Sara Silano | 22-03-11

Per un investitore in Etf, una delle analisi più importanti è quella sui costi. Ma il Ter (indicatore sintetico di spesa) non basta da solo a determinare l’onere dell’investimento in Exchange traded fund. Morningstar ha elaborato una misura “all- in cost”, che tiene conto di tutti gli elementi rilevanti, escludendo le distorsioni tipiche di molti indicatori tradizionali.

Tracking error giornaliero
Oltre al Ter, un elemento rilevante è il tracking error, che misura la capacità di un Etf di replicare un indice nel modo più fedele possibile. Come ha spiegato Bradley Kay, direttore dell’analisi quantitativa di Morningstar, durante la Morningstar investment conference di Vienna, ci sono tre tipologie di fattori che determinano tale scostamento. La prima è di lungo termine e cattura gli elementi persistenti, quali le commissioni di gestione, i costi di ribilanciamento dei portafogli, i ricavi derivanti dal prestito titoli e dalle operazioni di pronti contro termine, e, infine, i costi derivanti da swap e contratti derivati.

La seconda tipologia cattura le cause tecniche e legate al timing. Il caso più emblematico è quello del diverso fuso orario tra il Paese dove è quotato l’Etf e quello dell’indice di riferimento. Pensiamo ad esempio a un replicante sugli Stati Uniti negoziato in Italia. I fattori tecnici possono determinare scostamenti anche di 100 punti base e sono la fonte principale di tracking error per il reddito fisso, i metalli preziosi e gli azionari internazionali.

La terza tipologia è rappresentata da fattori come l’ottimizzazione del portafoglio o il campionamento (qualora l’Etf non replichi l’intero paniere), oppure il ritardo nell’investimento della liquidità. Questi elementi non hanno effetti nel lungo termine, ma possono determinare degli scostamenti per certi periodi di tempo.

In ragione di queste considerazioni, Morningstar ha introdotto il calcolo giornaliero del tracking error e l’estimated holding cost, che misura i costi per tenere in portafoglio l’Etf.

L'impatto del mercato
Un altro elemento dell’all-in cost è rappresentato dalla liquidità, misurata da Morningstar attraverso il cosiddetto “impatto del mercato”, che rappresenta quanto ciascuna transazione è in grado di muovere il prezzo dell’Etf rispetto al suo valore equo. Questo indicatore tiene in considerazione i volumi negoziati e lo spread bid-ask. Esso è maggiore nel caso di replicanti con un ammontare di transazioni esiguo.

Per un investitore, l’all-in cost ha il vantaggio di dare una rappresentazione realistica dei costi sostenuti, partendo da input semplici, quali la durata dell’investimento, le dimensioni della transazione e le commissioni. Negli strumenti a replica passiva i costi fanno la differenza, ma spesso l’informazione sul tema si ferma al solo Ter. Questo nuovo indicatore, che entrerà a far parte delle analisi svolte da Morningstar sugli Etf ed è già presente nella sua banca dati per istituzionali, rappresenta un passo verso la trasparenza di strumenti che proprio su tale aspetto hanno costruito il loro successo.


Etf, il costo tutto incluso: Oltre il Ter, l

http://corporate.morningstar.com/us...thodologypapers/etfdatapointmethodologies.pdf


Aspettiamo che rendano disponibili questi dati anche per l'investitore retail ..... :ronf:

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Salve!!! avrei bisogno di dati aggiornati, anche al 2010, sul TER medio degli ETF e dei fondi comuni (attivi e passivi) italiani. sapete dove posso trovarli?
 

Allegati

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    rend.JPG
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Fantastico!!! è proprio quello di cui ho bisogno, anche se il dato dei fondi comuni è riferito alla media europea invece che a quella italiana.
una domanda: ma in Italia fondi comuni indicizzati non quotati ve ne sono?
 
Fantastico!!! è proprio quello di cui ho bisogno, anche se il dato dei fondi comuni è riferito alla media europea invece che a quella italiana.

Questo è quello che ho trovato....

"Una delle caratteristiche più interessanti degli Etf è l’economicità. Il Ter medio degli azionari europei è dello 0,37%, rispetto allo 0,87% dei fondi indicizzati e all’1,75% dei fondi attivi."

I costi bassi sono più smart: Gli Etf hanno commissioni più basse dei fondi attivi. Ma conta anche la liquidità.

una domanda: ma in Italia fondi comuni indicizzati non quotati ve ne sono?

Non c'è molto...
http://www.finanzaonline.com/forum/...s/1247199-fondi-passivi-dove-sono-finiti.html
 
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