Il girotondo del papà più bello del mondo

AID AL- ADHA

Questa storia ha inizio in un tempo lontano, quando il Profeta Abramo, ormai giunto in tarda età, pregò Allah di concedergli il tanto desiderato figlio, in modo da perpetuare la sua generazione.

Allah esaudì il suo desiderio e Abramo, ottantaseienne, diventò padre di Ismaele.
Quando il bambino compì sette anni, Abramo sognò che Allah gli ordinava di sacrificare suo figlio. E' facile immaginare il dolore di un padre di fronte ad una richiesta del genere, tanto più che si trattava del suo tanto atteso primogenito, ma Abramo decise in cuor suo di obbedire alla volontà di Dio. Aspettò che il ragazzo crescesse, poi un giorno, visto che il momento era arrivato, Abramo chiese al figlio di prendere un coltello e di seguirlo nella valle per raccogliere la legna. Strada facendo rivelò la sua intenzione ad Ismaele il quale rispose: «Padre mio, fai quel che ti è stato ordinato: se Allah vuole, sarò rassegnato».
Ma mentre Abramo stava per eseguire l'ordine, Allah fermò la sua mano sostituendo ad Ismaele un montone. Il profeta divenne così esempio di obbedienza e sacrificio dell’uomo alla volontà di Dio.
In ricordo di ciò,ogni anno i musulmani celebrano la festa di ‘Aid al-Adha” la quale segna anche la fine del pellegrinaggio alla Mecca.
Chiamata anche “ festa del Sacrificio” o "festa grande" ( Aid al-Kabir) ricade nel decimo giorno del mese di dhu ‘l-hijja, circa 70 giorni dopo l' Aid al-Fitr (o Aid al-Saghir), l’altra importante festa islamica che segna il termine del mese di Ramadan.
Nel giorno di Aid al-Adha, ogni famiglia che ne abbia i mezzi sacrifica un animale che deve essere fisicamente integro, adulto e può essere soltanto un ovino, un caprino, un bovino o un camelide , negli ultimi due casi è possibile sacrificare un animale per conto di più persone (fino a sette) e sarà poi consumato in parti uguali dalla famiglia, dagli amici e dai poveri.
Le feste islamiche hanno un preciso significato spirituale, quindi esse vanno celebrate in primo luogo rendendo culto al Signore.
L’Aid al- Adha inizia con una preghiera comune particolare cantata all’alba del primo giorno di festa nella moschea, in cui partecipano uomini e donne e spesso i bambini che, per l’occasione altamente festiva, usano indossare i loro migliori abiti.
E' molto importante trascorrere le feste con parenti ed amici, visitando, se e' possibile, anche coloro che sono lontani, poiché ciò aiuta a rinsaldare i vincoli familiari ed affettivi, esigenza sempre molto sentita in ambito islamico. Di solito, durante queste festività, i musulmani decorano le proprie case con festoni,ghirlande e luci colorate, e fanno regali ai propri bambini.
 

Allegati

  • nettuno%20prora%20polena%20%284%29.jpg
    nettuno%20prora%20polena%20%284%29.jpg
    81,4 KB · Visite: 2.796



..solo così i figli diventano padri ... e madri
 
» Sempre Tornerò «
Ascolto il grido del vento che
come non so mi porta da te!
la voce del vento che chiama il mio nome
è qui che oramai tornerò,
Vedrai ti troverò
Ovunque tu sarai
Ovunque lo sai
Per te correrò
Sei luce nel volo
Il sole per me
Aquila che tocca il cielo
Ti ritroverò
Non importa per quanto ti dovrò cercare
Come in un sogno ora vivo per te
E so bene cos’è, cos’è che vale per me
Sei l’unica terra, la sola per me
Come un fiume nel mare, corro da te
Grandi braccia per volare e avrò cura di te
La voce del vento sussurra al mio cuor
Ohhh , è qui che sempre e per sempre vivrò

http://www.youtube.com/watch?v=WOA6tcZ5MjQ&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=t8bH1WjhekU
 

Allegati

  • cavallo.jpg
    cavallo.jpg
    91,9 KB · Visite: 44.194
quanto è differente e sostanziale questo 3ad, dedicato al papà, da quello dedicato alla mamma(scritto da + soggetti in modo differenziato ma vuoti:anche gli interventi son puerili e scontati).
il merito è dell'autrice maf@lda:bow::bow:
si è parlato del papà con gli occhi di un figlio bambino,poi adolescente,poi uomo-donna.
dopo il figlio diventa "padre" di suo padre e lo accompagna negli ultimi giorni..questo video è la storia di un padre e di un figlio malato
 
Padre nostro che sei nei cieli,

sia santificato il tuo nome;

venga il tuo regno;

sia fatta la tua volontà

anche in terra come è fatta in cielo.

Dacci oggi il nostro pane quotidiano;

rimettici i nostri debiti,

come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori;

e non ci esporre alla tentazione,

ma liberaci dal maligno.

Perché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria in eterno, amen.


Padre, che figlia ingrata che mi sento! Io confido in Te, mi assento quando tutte le cose vanno bene e poi, immancabilmente e sfacciatamente, vengo a cercarti, quando ho bisogno che Tu intervenga a mettere le "cose" a posto, nel senso di come vorrei io. Ogni volta mi faccio piccola, ti siedo sulle ginocchia e tu mi abbracci..ti vedo anche sorridere per le mie richieste a volte assurde, ma io imperterrita e capricciosa mi lagno e chiedo...chiedo...chiedo!
Ad un certo punto, però, ti fai tutto serio e mi sgridi bonariamente...io mi zittisco, capisco di essere esagerata, abbasso gli occhi...e ripeto "sia fatta la Tua volontà!"...ci sono figli che richiedono la tua presenza per casi più gravi e urgenti! Però lo sai , che io ritorno immancabilmente a tirare i lembi della Tua tonaca celestina, ti rifaccio le mie richieste..e Tu pazientemente mi abbracci, mi consoli e di nuovo mi sgridi...ma Tu mi vuoi bene lo stesso, con i miei pregi e i miei difetti.... e poi sei il Mio Padre Celeste!...e allora Ti dicevo che sto ancora aspettando che ........:)
 

Allegati

  • preciousinhissight.jpg
    preciousinhissight.jpg
    34 KB · Visite: 980
Carissimo papà,
sentendo ormai prossima la mia
fine il mio pensiero corre affettuosamente e dolorosamente
a voi. Sò di darvi un dolore grande; il vostro indefesso
lavoro, i vostri continui sacrifici, le vostre cure premurose
che avete avuto per me in modo speciale di fronte agli
altri figli, non meritavano certo una tale ricompensa.
Vi ho già dato in questi ultimi anni altri dolori, vi ho
causato già tante pene non corrispondendo ai vostri giusti
voleri. Perdonatemi. Dall’aldilà, dal cielo in cui
spero di entrare dopo essermi purificato dalla macchia
delle mie colpe, veglierò su di voi, pregherò Dio di darvi
la grazia della santa completa rassegnazione ai suoi
imperscrutabili disegni. E solo in Dio troverete questa
forza. Vi parlo in nome di quei principi che mi sono
stati inculcati negli anni della mia educazione,
principi dai quali pure io purtroppo mi sono tante
volte allontanato, ma che però ho sempre riconosciuto,
ed ora più che mai riconosco, principi unici di verità. La nostra
vita vera non è la terrena, questo è solo uno
stadio preparativo che Dio c’impone, dotandoci di

libero arbitrio e facendoci conoscere la Sua divina legge.
Il grado di osservanza di questa deciderà del premio o
del castigo, deciderà dell’ammissione o meno a
godere della eterna beatitudine. Iddio è buono con noi;
ci dà un grande mezzo per ritornare a Lui, ci perdona,
se ne siamo realmente pentiti, tutte le offese che
gli abbiamo arrecato rimanendo insensibili di fronte
alla sua Autorità e non rendendogli quegli onori
che solo a Lui, Padrone Assoluto, devono essere
indirizzati. Ascoltate, papà, questa sua voce,
fatelo in mia memoria. Muoio contento, sicuro
che corrisponderete al Divino richiamo, sicuro che
nella nostra famiglia rialeggerà quel palpito d’amore
che deve tenere riuniti tutti i suoi membri.
Assistete la mamma: povera mamma, oltre al
gran dolore della mia perdita, ha ora quello
di Idilia lontana; e saranno finite le sue pene?
accettatele comunque dalla mano di Dio e rassegnatevi
tutti a Lui.
Addio, papà, perdonatemi, baciami Lino e
collocalo al mio posto nel tuo cuore.
Il tuo Zeffirino
Edolo 8.11.1944 – ore 13

Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza
1943 - 1945
 

Allegati

  • T_let00_17bis.jpg
    T_let00_17bis.jpg
    62,6 KB · Visite: 1.086
  • T_let00_17bisuu.jpg
    T_let00_17bisuu.jpg
    68,8 KB · Visite: 1.054
Lettera al padre di Franz Kafka

“Caro papà, recentemente ti è capitato di chiedermi perché affermo che avrei paura di te. Come al solito non ho saputo risponderti, in parte appunto per la paura che mi incuti, in parte perché motivare questa paura richiederebbe troppi particolari, più di quanti riuscirei a riunire in qualche modo in un discorso”.

Così inizia una lunghissima lettera di oltre sessanta pagine che nel 1919 Franz Kafka scrive al padre, senza poi trovare il coraggio di consegnarla al destinatario. La lettera ripercorre la storia di un rapporto assolutamente squilibrato tra un padre troppo forte ed un figlio troppo debole.
E’ impossibile capire Kafka senza scandagliare il suo rapporto con il padre.

Questo doloroso e tormentatissimo rapporto è all’origine del sentire di Kafka nei confronti delle cose della vita ed è la sorgente dalla quale scaturiscono, direttamente o indirettamente, tutti i temi della sua opera letteraria.
Il sentimento che domina lo scrittore quando pensa al padre è la paura.
E’ una lotta impari.
Da una parte c’è “un vero Kafka" dotato di "forza, salute, appetito, potenza di voce, capacità oratoria, autosufficienza, senso di superiorità, tenacia, presenza di spirito, conoscenza degli uomini, irascibilità”.
Dall’altra c’è un bambino “pauroso” e “testardo” anche se “non indocile”.

Un bambino che desidera con tutto se stesso l’affetto del padre, ma che non ha il cuore di conquistarselo: “non tutti i bambini hanno la resistenza ed il coraggio di cercare a lungo l’affetto fino a trovarlo”.

Non mancano gli eventi traumatici.

Una notte il piccolo Franz piagnucola per avere dell’acqua. Il padre, infastidito dalle sue lagne, irrompe come una furia nella sua stanza, lo afferra e lo porta sul ballatoio lasciandolo lì per un certo tempo in camicia da notte, in piedi vicino alla porta chiusa.

“Ancora dopo anni mi impauriva la tormentosa fantasia che l’uomo gigantesco, mio padre, l’ultima istanza, potesse arrivare nella notte senza motivo e portarmi dal letto sul ballatoio, e che dunque io ero per lui una totale nullità”.

Il dialogo risulta impossibile tra i due. Non appena il figlio si azzarda a coltivare un pensiero non collimante con quello del padre, è subito investito dalla pesantezza dei suoi giudizi negativi.

Ogni volta che Franz è entusiasta di un’esperienza e cerca di condividerla, la reazione è sempre la stessa: sufficienza (“ho visto di meglio”), sarcasmo ("se i tuoi pensieri son tutti qui”) fastidio (“ho altro per la testa io!").

E’ sufficiente che Franz esprima simpatia, ammirazione o anche semplice interesse per qualcuno ed ecco che il padre è già pronto a caricare quella persona di insulti, calunnie e denigrazioni senza alcun rispetto per il giudizio del figlio.

Schiacciato dalla personalità del padre, Kafka finisce per diventare insicuro.

“Lo ripeto per la centesima volta: probabilmente sarei diventato un un uomo poco socievole e ansioso, ma da questo al punto in cui sono arrivato il percorso è ben più lungo e oscuro [....] avevo perso la fiducia in me stesso sostituendola con un immenso senso di colpa”.

Essere bravi padri non è facile.. il ruolo di madre è più naturale e richiede meno sforzo di quello di un padre. :o
 

Allegati

  • Kafka%20Passphoto%201920.jpg
    Kafka%20Passphoto%201920.jpg
    43,4 KB · Visite: 1.163

Allegati

  • bambi4.jpg
    bambi4.jpg
    25,2 KB · Visite: 3.277
si ritorna....bambini?


Arrivano gli uomini
Sento avvicinarsi dei passi quasi come una
minaccia che viene verso di noi
no li distinguo bene però .... dall'odore
(sono certo di sapere chi sono
è probabile che non sappiate che sul pianeta
ci sono esseri chiamati uomini.
Bambini
Puoi descriverci come sono fatti
tu che li conosci cosi bene questi
che si chiamano uomini?...
Loro sono fatti quasi come noi
con le gambe e il naso
camminano coi piedi e guardano
con gli occhi anche.
Bambini
Da quel che dici pare di capire che fra noi
e gli uomini nessuna differenza.
Apparentemente noi siamo uguali
ma è una bugia
e la differenza
è davvero immensa.
Bambini
Ci puoi dire in cosa consiste
la diversita a cui tu alludi.?...
La differenza sta nel fatto che loro
non essendo come voi ragionano da uomini
e i bambini una volta uomini
non giocano piu piano piano perdono il valore di tutte le cose.
Bambini
Allora devi spiegarci un po' come
mai
tu non ragioni come gli altri uomini
poichè tu come noi non ti meravigli
se vedi un asino volare in cielo
poichè tu come noi non ti meravigli
se vedi un asino volare in cielo
Dunque spiegaci un po'
di che razza sei
già che pure tu
un bambino non sei piu.
Però tu parli come noi
e non sappiamo come mai...
qual'è il segreto che tu hai
qual'è il segreto che tu hai.
Se non volete che questo "gioco del mondo"
si distrugga non dovete crescere mai

Loro sono fatti quasi come noi, con le gambe
e il naso, pensano coi piedi e guardano
coi soldi anche.
Ed è questo il motivo perche
non sono cresciuto
per giocare con voi
eternamente....
Bambini
Certo non potevamo pensare che sul
pianeta ci sono esseri chiamati uomini...
loro sono fatti quasi come noi,
con le gambe e il naso,
camminano coi piedi e guardano
con gli occhi anche... Loro sono fatti quasi come noi
con le gambe e il naso
pensano coi piedi e guardano coi
soldi anche
.




YouTube - Adriano Celentano - Arrivano Gli Uomini



...per rimanere bambini basta guardare e pensare con il ....cuore!;)
 

Allegati

  • 22742189.jpg
    22742189.jpg
    146,2 KB · Visite: 275
Arrivano gli uomini
Sento avvicinarsi dei passi quasi come una
minaccia che viene verso di noi
no li distinguo bene però .... dall'odore
(sono certo di sapere chi sono
è probabile che non sappiate che sul pianeta
ci sono esseri chiamati uomini.
Bambini
Puoi descriverci come sono fatti
tu che li conosci cosi bene questi
che si chiamano uomini?...
Loro sono fatti quasi come noi
con le gambe e il naso
camminano coi piedi e guardano
con gli occhi anche.
Bambini
Da quel che dici pare di capire che fra noi
e gli uomini nessuna differenza.
Apparentemente noi siamo uguali
ma è una bugia
e la differenza
è davvero immensa.
Bambini
Ci puoi dire in cosa consiste
la diversita a cui tu alludi.?...
La differenza sta nel fatto che loro
non essendo come voi ragionano da uomini
e i bambini una volta uomini
non giocano piu piano piano perdono il valore di tutte le cose.
Bambini
Allora devi spiegarci un po' come
mai
tu non ragioni come gli altri uomini
poichè tu come noi non ti meravigli
se vedi un asino volare in cielo
poichè tu come noi non ti meravigli
se vedi un asino volare in cielo
Dunque spiegaci un po'
di che razza sei
già che pure tu
un bambino non sei piu.
Però tu parli come noi
e non sappiamo come mai...
qual'è il segreto che tu hai
qual'è il segreto che tu hai.
Se non volete che questo "gioco del mondo"
si distrugga non dovete crescere mai

Loro sono fatti quasi come noi, con le gambe
e il naso, pensano coi piedi e guardano
coi soldi anche.
Ed è questo il motivo perche
non sono cresciuto
per giocare con voi
eternamente....
Bambini
Certo non potevamo pensare che sul
pianeta ci sono esseri chiamati uomini...
loro sono fatti quasi come noi,
con le gambe e il naso,
camminano coi piedi e guardano
con gli occhi anche... Loro sono fatti quasi come noi
con le gambe e il naso
pensano coi piedi e guardano coi
soldi anche
.




YouTube - Adriano Celentano - Arrivano Gli Uomini



...per rimanere bambini basta guardare e pensare con il ....cuore!;)

:yes:
 
:bow::)


GRAZIE CARO PAPA’ - LETTERA DI MANFREDI BORSELLINO AL PADRE

Il primo pomeriggio di quel 23 maggio studiavo a casa dei miei genitori, preparavo l’esame di diritto commerciale, ero esattamente allo “zenit” del mio percorso universitario. Mio padre era andato, da solo e a piedi, eludendo come solo lui sapeva fare i ragazzi della scorta, dal barbiere Paolo Biondo, nella via Zandonai, dove nel bel mezzo del “taglio” fu raggiunto dalla telefonata di un collega che gli comunicava dell’attentato a Giovanni Falcone lungo l’autostrada Palermo-Punta Raisi.

Ricordo bene che mio padre, ancora con tracce di schiuma da barba sul viso, avendo dimenticato le chiavi di casa bussò alla porta mentre io ero già pietrificato innanzi la televisione che in diretta trasmetteva le prime notizie sull’accaduto. Aprii la porta ad un uomo sconvolto, non ebbi il coraggio di chiedergli nulla né lui proferì parola.

Si cambiò e raccomandandomi di non allontanarmi da casa si precipitò, non ricordo se accompagnato da qualcuno o guidando lui stesso la macchina di servizio, nell’ospedale dove prima Giovanni Falcone, poi Francesca Morvillo, gli sarebbero spirati tra le braccia. Quel giorno per me e per tutta la mia famiglia segnò un momento di non ritorno. Era l’inizio della fine di nostro padre che poco a poco, giorno dopo giorno, fino a quel tragico 19 luglio, salvo rari momenti, non sarebbe stato più lo stesso, quell’uomo dissacrante e sempre pronto a non prendersi sul serio che tutti conoscevamo.

Ho iniziato a piangere la morte di mio padre con lui accanto mentre vegliavamo la salma di Falcone nella camera ardente allestita all’interno del Palazzo di Giustizia. Non potrò mai dimenticare che quel giorno piangevo la scomparsa di un collega ed amico fraterno di mio padre ma in realtà è come se con largo anticipo stessi già piangendo la sua. Dal 23 maggio al 19 luglio divennero assai ricorrenti i sogni di attentati e scene di guerra nella mia città ma la mattina rimuovevo tutto, come se questi incubi non mi riguardassero e soprattutto non riguardassero mio padre, che invece nel mio subconscio era la vittima. Dopo la strage di Capaci, eccetto che nei giorni immediatamente successivi, proseguii i miei studi, sostenendo gli esami di diritto commerciale, scienze delle finanze, diritto tributario e diritto privato dell’economia. In mio padre avvertivo un graduale distacco, lo stesso che avrebbero percepito le mie sorelle, ma lo attribuivo (e giustificavo) al carico di lavoro e di preoccupazioni che lo assalivano in quei giorni. Solo dopo la sua morte seppi da padre Cesare Rattoballi che era un distacco voluto, calcolato, perché gradualmente, e quindi senza particolari traumi, noi figli ci abituassimo alla sua assenza e ci trovassimo un giorno in qualche modo “preparati” qualora a lui fosse toccato lo stesso destino dell’amico e collega Giovanni.

La mattina del 19 luglio, complice il fatto che si trattava di una domenica ed ero oramai libero da impegni universitari, mi alzai abbastanza tardi, perlomeno rispetto all’orario in cui solitamente si alzava mio padre che amava dire che si alzava ogni giorno (compresa la domenica) alle 5 del mattino per “fottere” il mondo con due ore di anticipo. In quei giorni di luglio erano nostri ospiti, come d’altra parte ogni estate, dei nostri zii con la loro unica figlia, Silvia, ed era proprio con lei che mio padre di buon mattino ci aveva anticipati nel recarsi a Villagrazia di Carini dove si trova la residenza estiva dei miei nonni materni e dove, nella villa accanto alla nostra, ci aveva invitati a pranzo il professore “Pippo” Tricoli, titolare della cattedra di Storia contemporanea dell’Università di Palermo e storico esponente dell’Msi siciliano, un uomo di grande spessore culturale ed umano con la cui famiglia condividevamo ogni anno spensierate stagioni estive.

Mio padre, in verità, tentò di scuotermi dalla mia “loffia” domenicale tradendo un certo desiderio di “fare strada” insieme, ma non ci riuscì. L’avremmo raggiunto successivamente insieme agli zii ed a mia madre. Mia sorella Lucia sarebbe stata impegnata tutto il giorno a ripassare una materia universitaria di cui avrebbe dovuto sostenere il relativo esame il giorno successivo (cosa che fece!) a casa di una sua collega, mentre Fiammetta, come è noto, era in Thailandia con amici di famiglia e sarebbe rientrata in Italia solo tre giorni dopo la morte di suo padre. Non era la prima estate che, per ragioni di sicurezza, rinunciavamo alle vacanze al mare; ve ne erano state altre come quella dell’85, quando dopo gli assassini di Montana e Cassarà eravamo stati “deportati” all’Asinara, o quella dell’anno precedente, nel corso della quale mio padre era stato destinatario di pesanti minacce di morte da parte di talune famiglie mafiose del trapanese. Ma quella era un’estate particolare, rispetto alle precedenti mio padre ci disse che non era più nelle condizioni di sottrarsi all’apparato di sicurezza cui, soprattutto dolo la morte di Falcone, lo avevano sottoposto, e di riflesso non avrebbe potuto garantire a noi figli ed a mia madre quella libertà di movimento che negli anni precedenti era riuscito ad assicurarci.

Così quell’estate la villa dei nonni materni, nella quale avevamo trascorso sin dalla nostra nascita forse i momenti più belli e spensierati, era rimasta chiusa. Troppo “esposta” per la sua adiacenza all’autostrada per rendere possibile un’adeguata protezione di chi vi dimorava. Ricordo una bellissima giornata, quando arrivai mio padre si era appena allontanato con la barchetta di un suo amico per quello che sarebbe stato l’ultimo bagno nel “suo” mare e non posso dimenticare i ragazzi della sua scorta, gli stessi di via D’Amelio, sulla spiaggia a seguire mio padre con lo sguardo e a godersi quel sole e quel mare. Anche il pranzo in casa Tricoli fu un momento piacevole per tutti, era un tipico pranzo palermitano a base di panelle, crocché, arancine e quanto di più pesante la cucina siciliana possa contemplare, insomma per stomaci forti. Ricordo che in Tv vi erano le immagini del Tour de France ma mio padre, sebbene fosse un grande appassionato di ciclismo, dopo il pranzo, nel corso del quale non si era risparmiato nel “tenere comizio” come suo solito, decise di appisolarsi in una camera della nostra villa. In realtà non dormì nemmeno un minuto, trovammo sul portacenere accanto al letto un cumulo di cicche di sigarette che lasciava poco spazio all’immaginazione........
 

Allegati

  • borsellino_300bord.jpg
    borsellino_300bord.jpg
    27,5 KB · Visite: 558
...Dopo quello che fu tutto fuorché un riposo pomeridiano mio padre raccolse i suoi effetti, compreso il costume da bagno (restituitoci ancora bagnato dopo l’eccidio) e l’agenda rossa della quale tanto si sarebbe parlato negli anni successivi, e dopo avere salutato tutti si diresse verso la sua macchina parcheggiata sul piazzale limitrofo le ville insieme a quelle della scorta. Mia madre lo salutò sull’uscio della villa del professore Tricoli, io l’accompagnai portandogli la borsa sino alla macchina, sapevo che aveva l’appuntamento con mia nonna per portarla dal cardiologo per cui non ebbi bisogno di chiedergli nulla. Mi sorrise, gli sorrisi, sicuri entrambi che di lì a poche ore ci saremmo ritrovati a casa a Palermo con gli zii. Ho realizzato che mio padre non c’era più mentre quel pomeriggio giocavo a ping pong e vidi passarmi accanto il volto funereo di mia cugina Silvia, aveva appena appreso dell’attentato dalla radio. Non so perché ma prima di decidere il da farsi io e mia madre ci preoccupammo di chiudere la villa. Quindi, mentre affidavo mia madre ai miei zii ed ai Tricoli, sono salito sulla moto di un amico d’infanzia che villeggia lì vicino ed a grande velocità ci recammo in via D’Amelio.

Non vidi mio padre, o meglio i suoi “resti”, perché quando giunsi in via D’Amelio fui riconosciuto dall’allora presidente della Corte d’Appello, il dottor Carmelo Conti, che volle condurmi presso il centro di Medicina legale dove poco dopo fui raggiunto da mia madre e dalla mia nonna paterna. Seppi successivamente che mia sorella Lucia non solo volle vedere ciò che era rimasto di mio padre, ma lo volle anche ricomporre e vestire all’interno della camera mortuaria. Mia sorella Lucia, la stessa che poche ore dopo la morte del padre avrebbe sostenuto un esame universitario lasciando incredula la commissione, ci riferì che nostro padre è morto sorridendo, sotto i suoi baffi affumicati dalla fuliggine dell’esplosione ha intravisto il suo solito ghigno, il suo sorriso di sempre; a differenza di quello che si può pensare mia sorella ha tratto una grande forza da quell’ultima immagine del padre, è come se si fossero voluti salutare un’ultima volta.

La mia vita, come d’altra parte quella delle mie sorelle e di mia madre, è certamente cambiata dopo quel 19 luglio, siamo cresciuti tutti molto in fretta ed abbiamo capito, da subito, che dovevamo sottrarci senza “se” e senza “ma” a qualsivoglia sollecitazione ci pervenisse dal mondo esterno e da quello mediatico in particolare. Sapevamo che mio padre non avrebbe gradito che noi ci trasformassimo in “familiari superstiti di una vittima della mafia”, che noi vivessimo come figli o moglie di ….., desiderava che noi proseguissimo i nostri studi, ci realizzassimo nel lavoro e nella vita, e gli dessimo quei nipoti che lui tanto desiderava. A me in particolare mi chiedeva “Paolino” sin da quando avevo le prime fidanzate, non oso immaginare la sua gioia se fosse stato con noi il 20 dicembre 2007, quando è nato Paolo Borsellino, il suo primo e, per il momento, unico nipote maschio.

Oggi vorrei dire a mio padre che la nostra vita è sì cambiata dopo che ci ha lasciati ma non nel senso che lui temeva: siamo rimasti gli stessi che eravamo e che lui ben conosceva, abbiamo percorso le nostre strade senza “farci largo” con il nostro cognome, divenuto “pesante” in tutti i sensi, abbiamo costruito le nostre famiglie cui sono rivolte la maggior parte delle nostre attenzioni come lui ci ha insegnato, non ci siamo “montati la testa”, rischio purtroppo ricorrente quando si ha la fortuna e l’onore di avere un padre come lui, insomma siamo rimasti con i piedi per terra. E vorrei anche dirgli che la mamma dopo essere stata il suo principale sostegno è stata in questi lunghi anni la nostra forza, senza di lei tutto sarebbe stato più difficile e molto probabilmente nessuno di noi tre ce l’avrebbe fatta.

Mi piace pensare che oggi sono quello che sono, ossia un dirigente di polizia appassionato del suo lavoro che nel suo piccolo serve lo Stato ed i propri concittadini come, in una dimensione ben più grande ed importante, faceva suo padre, indipendentemente dall’evento drammatico che mi sono trovato a vivere. D’altra parte è certo quello che non sarei mai voluto diventare dopo la morte di mio padre, una persona che in un modo o nell’altro avrebbe “sfruttato” questo rapporto di sangue, avrebbe “cavalcato” l’evento traendone vantaggi personali non dovuti, avrebbe ricoperto cariche o assunto incarichi in quanto figlio di …. o perché di cognome fa Borsellino. A tal proposito ho ben presente l’insegnamento di mio padre, per il quale nulla si doveva chiedere che non fosse già dovuto o che non si potesse ottenere con le sole proprie forze. Diceva mio padre che chiedere un favore o una raccomandazione significa mettersi nelle condizioni di dovere essere debitore nei riguardi di chi elargisce il favore o la raccomandazione, quindi non essere più liberi ma condizionati, sotto il ricatto, fino a quando non si restituisce il favore o la raccomandazione ricevuta.

Ai miei figli, ancora troppo piccoli perché possa iniziare a parlargli del nonno, vorrei farglielo conoscere proprio tramite i suoi insegnamenti, raccontandogli piccoli ma significativi episodi tramite i quali trasmettergli i valori portanti della sua vita.

Caro papà, ogni sera prima di addormentarci ti ringraziamo per il dono più grande, il modo in cui ci hai insegnato a vivere.

( La testimonianza del figlio del giudice - “Era d’estate”)
 

Allegati

  • manfredi_borsellino.jpg
    manfredi_borsellino.jpg
    32,2 KB · Visite: 444
Il vero amore non lascia tracce

Come il ghiaccio sul fiume non lascia sfregi
a quell'acqua che scorre e si porta via
Cosi la tua vita non ne ha lasciati
nel mio cuore ne spero io nel tuo.

Adesso che sei nel buio oltre le finestre
che sei qua ma anche no, che sei ancora
cose che hai lasciato, che vengono, vanno come nubi
frecce senza bersaglio, foto in bianco e nero

Il vero amore non lascia tracce, lascia amore
Tu e io siamo stati un figlio e un padre
Un momento dell'eternità nell'aria
come la tua mano tra i capelli e lo sguardo sperso

E molte notti dovranno resistere
senza luna, senza una stella
Cosi resisteremo noi, padre e figlio
quando uno dei due sarà lontano




YouTube - Leonard Cohen 'I'm Your Man', Sydney Jan 2009




La prima volta che scrisse in vita sua, Leonard Cohen la sepellì. Dopo la morte di suo padre, scucì dall'interno di uno dei suoi papillon, vi infilò un blglietto e lo nascose poi sotto la neve, nel piccolo giardino dietro la sua casa a Montreal.
Per un ragazzino di nove anni, era un gesto potente e simbolico. Il bigliettino garantiva un legame con il padre: ogni volta che avesse composto qualcosa, avrebbe ristabilito il contatto. Una fusione di arte e sacramento, scrittura e rito"
 

Allegati

  • 18586356.jpg
    18586356.jpg
    143,2 KB · Visite: 87
Indietro