Alla fine fu deciso di arrendersi in quanto, anche se la resistenza era fattibile, pesava su di essa il timore della violenta repressione dell'esercito di Napoleone delle rivolte popolari che certamente sarebbero sorte in seguito.
Il suono, proveniente dalla piazza, delle salve di moschetto degli Schiavoni intenti a salutare il vessillo di san Marco prima di imbarcarsi, provocò nell'assemblea il terrore che fosse scoppiata una rivolta. Così l'anziano doge Lodovico Manin procedette immediatamente alla votazione e, con 512 voti favorevoli, 5 astenuti e 20 contrari, la repubblica fu dichiarata decaduta. Mentre il consiglio si scioglieva frettolosamente, il Doge e i magistrati deposero le insegne e si presentarono quindi al balcone di Palazzo Ducale per fare l'annuncio alla folla radunatasi nella sottostante piazzetta. Al termine della lettura del decreto di scioglimento del Governo, il popolo si sollevò.
Mentre i membri del governo di Venezia tornavano nelle rispettive abitazioni, il popolo non capiva cosa stesse succedendo e attendeva in silenzio. Lo storico Cristoforo Tentori racconta che il «decrepito giacobino general Salimbeni» proruppe allora in un urlo gioioso: «Viva la libertà!». I veneziani, attoniti, accolsero l'urlo in un sepolcrale silenzio. Salimbeni, timoroso di attirare su di sé l'ira della folla, esclamò allora «Viva San Marco!», scatenando finalmente la reazione della folla.
Quando il popolo, alla fine, comprese che in realtà Venezia si era arresa a Bonaparte, ci fu uno scoppio di collera violentissimo, un tumulto come Venezia non vedeva da secoli. Da ogni dove spuntavano bandiere con il leone di San Marco, si innalzarono gli stendardi della Piazza. Il grido «Viva San Marco» risuonava più e più volte.
Nonostante le misure prese per evitarlo, Venezia subì il saccheggio delle truppe di Napoleone, una ferita profonda che rimarrà per secoli nel cuore dei veneziani
Temendo che le truppe di Napoleone sarebbero entrate in città se avessero avuto sentore della rivolta, gli stessi magistrati veneziani ordinarono di soffocare gli insorti a colpi di artiglieria, e li obbligarono a riconoscere i leader giacobini come governo provvisorio della città. Nonostante ciò i disordini continuarono e sfociarono in una feroce persecuzione delle autorità francesi contro il minimo atto di opposizione.