Quando una quindicina di anni fa ho iniziato a investire in obbligazioni mi sono subito imbattuto nell'annosa questione della differenza tra "redditi di capitale" e "redditi diversi". Mi sembrava strano dover pagare le tasse sulle cedole nonostante le minusvalenze accumulate. Quello che mi sembrava strano allora adesso mi è piuttosto chiaro, ma continuo a non capirne il senso.
Allora anche io, come immagino altri, sono andato alla ricerca di certificati, magari a capitale protetto, ma le cui cedole sono considerate redditi diversi e quindi possono compensare le minus. Anche qui non ci vedo una grande logica. Poi mi sono avvicinato al mondo degli ETF, anche azionari: qualche anno fa vigeva uno complesso sistema di classificazione dei redditi (la differenza del NAV - se positiva - era considerata reddito di capitale, ma la differenza tra nav e prezzo di carico era classificata come reddito diverso), ora invece i redditi da ETF sono sempre considerati redditi da capitale, mentre se compro singole azioni con le loro plusvalenze posso compensare le minus.
Il sistema della doppia classificazione mi sembra inutilmente complicato, e onestamente anche ingiusto.
Ma forse le cose stanno cambiando finalmente! Le commissioni finanza di Camera e Senato (sotto la presidenza Marattin) hanno licenziato un documento che dovrebbe fungere da indirizzo politico al governo per la predisposizione di una legge delega su un complessivo e organico riordino fiscale (Irpef, Ires, IVA etc...).
Nel documento (approvato all'unanimità, con l'astensione di LEU e il voto contrario di FdI) si suggerisce esplicitamente di superare questa distinzione tra "redditi di capitale" e "redditi diversi"
Il documento delle commissioni finanze di Camera e Senato è disponibile online. http://documenti.camera.it/leg18/re...ZswuTGqFn2t1qpN2ml-qgnRuBOA5spatdHXhuqXFgP7wA
Riporto qui la sezione dedicata alla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi:
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Nel nostro ordinamento vige una distinzione – quella tra « redditi da capitale » e « redditi diversi di natura finanziaria » – che non ha sostanziali motivazioni economiche legate alla diversa natura o funzione dei redditi. I redditi da capitale (art. 44 TUIR) ricomprendono la remunerazione dell’impiego del risparmio, vale a dire interessi e dividendi. I redditi diversi di natura finanziaria (art. 67, comma 1, lettere da c) a cquinquies) del TUIR) ricomprendono le plusvalenze derivate dalla negoziazione delle attività finanziarie, nonché i prodotti derivati (19). Mentre i redditi da capitale sono tassati al lordo (sia delle spese sia delle minusvalenze), i redditi diversi di natura finanziaria sono tassati al netto di entrambe le componenti (le minusvalenze eccedenti sono deducibili dalle plusvalenze entro i quattro periodi di imposta successivi a quello di realizzo). Questa situazione genera notevoli distorsioni che pregiudicano l’efficienza del mercato dei capitali e non sono coerenti con un’impostazione pro-crescita. In particolare, non potendo compensare le componenti di reddito positive di una categoria (interessi) con quelle negative di un’altra (le minusvalenze), il contribuente che ha subito pesanti perdite in conto capitale su uno strumento finanziario è costretto comunque a pagare le imposte se quello stesso strumento ha corrisposto cedole, anche di bassa entità.
Inoltre, si corre il rischio di incentivare comportamenti elusivi, come l’utilizzo di derivati, per trasformare i redditi da capitale in plusvalenze, a cui il contribuente può applicare minusvalenze, pagando così meno tasse di quanto avrebbe altrimenti fatto.
Infine, la situazione vigente incentiva implicitamente gli investimenti privi di rischio (quelli che proteggono il capitale da possibili minusvalenze ma che lo remunerano con un interesse modesto ma ragionevolmente sicuro), quando invece un’impostazione pro-crescita dovrebbe quantomeno essere neutrale rispetto a investimenti maggiormente in grado di convogliare il risparmio privato nell’economia reale.
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Allora anche io, come immagino altri, sono andato alla ricerca di certificati, magari a capitale protetto, ma le cui cedole sono considerate redditi diversi e quindi possono compensare le minus. Anche qui non ci vedo una grande logica. Poi mi sono avvicinato al mondo degli ETF, anche azionari: qualche anno fa vigeva uno complesso sistema di classificazione dei redditi (la differenza del NAV - se positiva - era considerata reddito di capitale, ma la differenza tra nav e prezzo di carico era classificata come reddito diverso), ora invece i redditi da ETF sono sempre considerati redditi da capitale, mentre se compro singole azioni con le loro plusvalenze posso compensare le minus.
Il sistema della doppia classificazione mi sembra inutilmente complicato, e onestamente anche ingiusto.
Ma forse le cose stanno cambiando finalmente! Le commissioni finanza di Camera e Senato (sotto la presidenza Marattin) hanno licenziato un documento che dovrebbe fungere da indirizzo politico al governo per la predisposizione di una legge delega su un complessivo e organico riordino fiscale (Irpef, Ires, IVA etc...).
Nel documento (approvato all'unanimità, con l'astensione di LEU e il voto contrario di FdI) si suggerisce esplicitamente di superare questa distinzione tra "redditi di capitale" e "redditi diversi"
Il documento delle commissioni finanze di Camera e Senato è disponibile online. http://documenti.camera.it/leg18/re...ZswuTGqFn2t1qpN2ml-qgnRuBOA5spatdHXhuqXFgP7wA
Riporto qui la sezione dedicata alla tassazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi:
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Nel nostro ordinamento vige una distinzione – quella tra « redditi da capitale » e « redditi diversi di natura finanziaria » – che non ha sostanziali motivazioni economiche legate alla diversa natura o funzione dei redditi. I redditi da capitale (art. 44 TUIR) ricomprendono la remunerazione dell’impiego del risparmio, vale a dire interessi e dividendi. I redditi diversi di natura finanziaria (art. 67, comma 1, lettere da c) a cquinquies) del TUIR) ricomprendono le plusvalenze derivate dalla negoziazione delle attività finanziarie, nonché i prodotti derivati (19). Mentre i redditi da capitale sono tassati al lordo (sia delle spese sia delle minusvalenze), i redditi diversi di natura finanziaria sono tassati al netto di entrambe le componenti (le minusvalenze eccedenti sono deducibili dalle plusvalenze entro i quattro periodi di imposta successivi a quello di realizzo). Questa situazione genera notevoli distorsioni che pregiudicano l’efficienza del mercato dei capitali e non sono coerenti con un’impostazione pro-crescita. In particolare, non potendo compensare le componenti di reddito positive di una categoria (interessi) con quelle negative di un’altra (le minusvalenze), il contribuente che ha subito pesanti perdite in conto capitale su uno strumento finanziario è costretto comunque a pagare le imposte se quello stesso strumento ha corrisposto cedole, anche di bassa entità.
Inoltre, si corre il rischio di incentivare comportamenti elusivi, come l’utilizzo di derivati, per trasformare i redditi da capitale in plusvalenze, a cui il contribuente può applicare minusvalenze, pagando così meno tasse di quanto avrebbe altrimenti fatto.
Infine, la situazione vigente incentiva implicitamente gli investimenti privi di rischio (quelli che proteggono il capitale da possibili minusvalenze ma che lo remunerano con un interesse modesto ma ragionevolmente sicuro), quando invece un’impostazione pro-crescita dovrebbe quantomeno essere neutrale rispetto a investimenti maggiormente in grado di convogliare il risparmio privato nell’economia reale.
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