Il valore legale e il valore accademico della laurea

  • Ecco la 60° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Questa settimana abbiamo assistito a nuovi record assoluti in Europa e a Wall Street. Il tutto, dopo una ottava che ha visto il susseguirsi di riunioni di banche centrali. Lunedì la Bank of Japan (BoJ) ha alzato i tassi per la prima volta dal 2007, mettendo fine all’era del costo del denaro negativo e al controllo della curva dei rendimenti. Mercoledì la Federal Reserve (Fed) ha confermato i tassi nel range 5,25%-5,50%, mentre i “dots”, le proiezioni dei funzionari sul costo del denaro, indicano sempre tre tagli nel corso del 2024. Il Fomc ha anche discusso in merito ad un possibile rallentamento del ritmo di riduzione del portafoglio titoli. Ieri la Bank of England (BoE) ha lasciato i tassi di interesse invariati al 5,25%. Per continuare a leggere visita il link

bellavista

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Apro questo 3d in macroeconomia perchè l'abolizione del valore legale è da considerarsi una dalle riforme più urgenti per rilanciare la competizione nel paese e la competitività all'estero.

La differenza sostanziale tra valore legale e valore accademico.

Nel resto del mondo non esiste il valore legale della laurea, questo cosa vuol dire? Che nessuna professione può essere interdetta perchè non si possiede una laurea.

La laurea semplicemente un certificato accademico, e tu cerchi di andare nelle università migliori per avere maggiori conoscenze da usare sul lavoro.

In italia invece tu cerchi di andare nelle università più facili perchè è il valore legale che vuoi, cioè la possibilità di accedere a certe professioni che altrimenti ti sarebbero escluse.

Ma questo vuol dire che negli Usa chiunque può fare l'avvocato ad esempio? No, c'è il corrispettivo del nostro esame di stato, con la differenza sostanziale che li può accedervi chiunque. Si da infatti per scontato che per superare un esame di abilitazione alla professione legale devi conoscere la professione legale, perciò si va in una buona università: per avere la "conoscenza" di una materia.

In italia, dove persiste il valore legale, per partecipare ad un esame di stato devi avere un titolo di laurea riconosciuto (valore legale) non ti basta la conoscenza della materia, che è quello che un esame di stato dovrebbe appurare, esattamente come all'esame per la patente di guida devi dimostrare di saper guidare e conoscere il codice, non importa se hai frequentato un corso o meno.

La differenza con il valore accademico, che è l'unico dato alla laurea nel resto del mondo, è sostanziale. Il valore accademico è un valore interno alla struttura accademica: per fare un master devi avere un bachelor, per fare un dottorato devi avere un master ecc. E come dire che nel karate, per diventare cintura nera devi essere prima marrone, e prima ancora verde.

Anche la questione del titolo Dottore è molto divertente. Infatti nel resto del mondo è un titolo "accademico" che tu puoi usare come non usare. Tornando all'esempio di prima, è come se il karateca, si mettesse a fianco al nome CN (cioè cintura nera). Un dottore poi nel resto del mondo ha fatto un "dottorato" cioè un Phd e può scegliere se mettere a fianco al nome PhD, oppure davanti Dr. , chi ha fatto un Master può usare la sigla Ms chi ha un bachelor la sigla Bs.

Con la riforma italiana l'università dovrebbe seguire questi parametri. E cioè usare la dizione laureato (bachelor) laureato specialistico (Master) dottore di ricerca (Phd). Certo non sarebbe bello per gli italiani, perchè seguendo il modello anglosassone (come dalle dichiarazioni sembrano voler seguire) tutti i laureati italiani dovrebbero dimenticare di farsi chiamare "dottore" a meno che non si prendano un dottorato (e credo siano pochini i laureati con un dottorato in italia)

Il ministero ha detto di aver proposto all'europa la dizione all'italiana, e cioè: dottore, dottore magistrale, e dottore ricercatore. L'ha proposta, ovviamente. Ma è chiaro che questa proposta è come quella di fare le banconote da un euro. L'europa non si sogna nemmeno di concedere il titolo di "dottore" a chi non ha fatto un dottorato. Pensa un inglese con un bachelor, che da domani scopre, che per lasciare il "dott" agli italiani, ora anche lui è diventato dottore.

In più il valore del PhD, è legato a dove lo hai preso, uno può dire di avere un PhD ma all’università dello Sci Nautico. Oppure di averlo ad Oxford. Questo è il valore “accademico” si vuole conoscere “dove” una persona a studiato, per valutare se è una istituzione di prestigio o meno.

In italia il dottore è dottore dovunque, arrivi dalla bocconi o dall’università più scadente e “facile” del paese. Hai una laurea triennale o un dottorato di ricerca. Ovviamente la “non distinzione” vale per il pubblico. Il privato sta ben attento nel considerare quanto una persona sa fare. E purtroppo con la voglia di prendere il “titolo” più che di imparare (conseguenza del valore legale di tale titolo) molti scelgono strade facili, copiano e comprano esami, per arrivare poi con un titolo ma senza sapere fare nulla si aspettano di trovarsi le porte aperte.

Questo spiega anche perché le università migliori negli Usa sono private ed invece in italia sono (per ora) quelle pubbliche. Non perché negli Usa abbiano maggior etica. Ma per un motivo molto semplice: in italia una università privata deve attivare gli studenti e il modo più facile è fare corsi facili, dove ci si laurea di sicuro (visto che è il valore legale e non quello accademico che si cerca in italia) Negli usa è l’opposto, le università private sono molto più serie delle pubbliche, perché il valore che ha quel titolo è direttamente riferito alla “loro” serietà. Se si sparge la voce che l’università X è “facile” i primi a svantaggiarsene saranno i laureati di quella università e quindi l’università stessa perché negli Usa puoi comprare una laurea a 100 dollari, quindi non ne spendi 50.000 per avere un titolo “facile” spendi questi soldi per avere una istruzione di prima scelta spendibile sul mercato.

L'argomento è interessante, continuerò a trattarlo, e mi piacerebbe aprire una discussione ad ampio raggio sull'importanza di eliminare il valore legale soprattutto (e non solo sul dott. che andrebbe tolto agli italiani se volessimo "integrarci" nel sistema anglosassone)
 
Ultima modifica:
bellavista ha scritto:
in italia una università privata deve attivare gli studenti e il modo più facile è fare corsi facili, dove ci si laurea di sicuro (visto che è il valore legale e non quello accademico che si cerca in italia)

Purtroppo è vero... :yes: :yes: :yes: :'( :'( :'(



E' l'italia del valzer e del caffè... KO! KO! KO!
 
Scusa ma tutto questo per arrivare a dimostrare cosa? Che l'univerista italiana produce laureati scadenti, e che sono loro la causa della stagnazione di cui soffre il paese?

Ma stiamo scherzando?

Anche se fosse così (e non è vero) le aziende italiane sono talmente terra-terra, che anche il più scadente dei laureati (a meno che non sia un super-raccomandato, e su questo ho anche una storiella da raccontarvi se volete) supera in conoscenza di parecchi multipli la richiesta conoscitiva della ditta.

Se poi si vuole introdurre il sistema americano così solo chi ha un pacco di soldi si può laureare in una buona università e chi non li ha si fotte, produrrà anche migliori risultati (forse ma ci dubito) ma mi sembra che l'iniquità del sistema non sembra più essere una elemento degno di nota anzi direi del tutto marginale.

Saluti.
 
bandit ha scritto:
Scusa ma tutto questo per arrivare a dimostrare cosa? Che l'univerista italiana produce laureati scadenti, e che sono loro la causa della stagnazione di cui soffre il paese?

Le università italiane sfornano mediamente laureati scadenti. Semplicemente perchè si punta al titolo e non all'istruzione. Ovviamente ci sono delle eccezioni, ma non è la regola (e lo dico perchè sto facendo molti colloqui, e i laureati che si presentano sono veramente "impresentabili" laureati in "mercati finanziari" che non sanno cos'è un benchmark")

Comunque la colpa non è dei laureati, è del sistema così impostato. Se una persona sapesse che il titolo non gli assicura niente di più rispetto a chi non ce l'ha, ma che gli anni che ha studiato li doveva impiegare per ottenere la conoscenza da spendere sul mercato, studierebbe in un modo, se invece bivacca aspettando di finire e poi vuole avere un lavoro importante è perchè il modello italiano ha permesso fin'ora questo ;)

Tra l'altro, se le aziende assumono neo ingegneri e poi li mandano a fare fotocopie, mentre il lavoro da ingegnere lo fa l'operario, non è che lo facciano perchè sono "cattive" e vogliono "umiliare" il povero giovine. E' perchè vedono che quel neo ingegnere non sa fare una fava e non possono dirgli: "fai questo lavoro" semplicemente perchè non lo saprebbe fare. E probabilmente perchè al titolo ci è arrivato scoppiazzando e superando gli esami per tentativi. ;)
 
Ho capito sei un selezionatore...

Bene, se questo è il tuo pensiero che li esamini a fare i "laureati"?

Se quello che serve è l'esperienza e non la laurea prendi uno che non ha la laurea (deleterea al massimo a quanto pare) ma che sa fare il lavoro che gli chiedi, che so magari uno che è stato allo sportello una decina d'anni, sicuramente sa cos'è un benchmark, poi non saprà altre cose, magari saprà anche quelle...sicuramente.

Se l'operaio sa fare il mestiere dell'ingegnere non ha che da dimostrarlo, si presentasse all'università, passa tutti gli esami di slancio, tando dopo dieci anni di carpenteria cosa c'è più da sapere sulle costruzioni e prendersi la laurea che un sistema bacato gli ha sempre negato.

Ma chissà perche le aziende cercano solo neo-laureati, forse per pagarli poco e niente?

Il giochino dei laureati che non vanno non attacca più sono le aziende che fanno schifo!
 
bandit ha scritto:
Il giochino dei laureati che non vanno non attacca più sono le aziende che fanno schifo!

Ok, sono le aziende cattive che prendono ragazzi capacissimi e poi li uniliano per il gusto di farlo :rolleyes:

Ti faccio una domanda, una azienda ha tre ragazzi di 24 anni, uno appena laureato in una università italiana, uno appena laureato in una università usa e l'altro diplomato diplomato ma con 5 anni d'esperienza in quel settore specifico (ovviamente anche le lauree sono per quel settore specifico ;) )

Il formatore spiega a tutti e 3 per lo stesso tempo e allo stesso modo il lavoro: chi riuscirà a farlo meglio? (facciamo l'esempio che quei 3 ragazzi siano la stessa persona come intelligenza e abilità, ma che abbiano semplicemente seguito percorsi diversi)

Perfavore, rispondi al quesito e non tergiversare dicendo che è la solita domanda banale (oppure di che è la solita domanda banale ma dopo aver risposto al quesito ;) )
 
E' ovvio che se vi è uno che da cinque anni fa quel lavoro dovrebbe farlo meglio degli altri...

Come è ovvio che un operaio sa tenere il badile meglio di un ingegnere, tuttavia l'ingegnere se lo metti a fare il lavoro dell'operaio te lo farà forse più lentamente con meno resa ma dopo un po lo sapra fare...
L'operaio se lo metti a fare calcoli col c..zo che ti porta da qualche parte!

Non sono convinto che il laureato italiano farebbe peggior figura di quello USA assolutamente.

Le aziende non pigliano laureati per il gusto di umiliarli, ma sicuramente cercano di non farli crescere altrimenti poi scalzano le posizioni superiori e questo non va bene a chi ti "gestisce".

Quello che non capiscono le aziende è che i laureati non sono delle macchinette pronte per essere inserite al posto di lavoro ma hanno bisogno di un minimo di avviamento.
Siccome però le aziende vogliono tutte "la pappa pronta" e tutta a carico dello stato le cose resteranno cosi.

Vogliono inoltre tenere bassa la qualità del lavoro per poter avere rapide possibilità di rimpiazzo e bassi costi, se le aziende fanno un prodotto da 4 soldi è chiaro che non ci sarà bisogno di laureati...

Questo è un paese che merita davvero di fallire...

Personalmente mi sto studiando un po d'inglese cosi la finisco con questa agonia è diventata una cosa straziante restare in italia...

ciao.

ps. tu però vai trovando le risposte, ma alle mie domande "glissi":D
 
bandit ha scritto:
E' ovvio che se vi è uno che da cinque anni fa quel lavoro dovrebbe farlo meglio degli altri...

Non è poi ovvio. Ma hai dimostrato quello che dico :)

Se in italia sembra ovvio che chi ha lavorato in un settore sappia fare una cosa prima di chi ha studiato 5 anni di quel settore è semplicemente perchè l'università non "forma", ripeto la colpa non è dei ragazzi è dell'istituzione. ;)

Se io voglio un titolo perchè ha un valore legale e mi permette di fare alcune cose, punterò al titolo, non all'istruzione che mi da. Questo vuol dire che se riesco a scopiazzare un esame lo farò volentieri, se riesco a passare gli esami presentandomi a tutti gli appelli lo farò volentieri, se riesco a non seguire le lezioni e passare lo stesso lo farò volentieri. Infondo io sto puntando al valore legale di quel titolo, non al suo valore accademico.

Se un titolo invece ha solo un valore accademico, io cercherò di sfruttare al massimo gli insegnanti e i corsi.

Considererò "buono" un corso, se ho imparato bene, e non se è stato facile passarlo con un buon voto ;)

In questo senso ti riporto un interessante articolo apparso sul sole 24 ore:

IL VALORE LEGALE DELLA LAUREA
di Daniela Marchesi

Che le attuali formule di selezione di ricercatori e professori all’interno dell’università producano risultati disastrosi e vadano riformate, non v’è dubbio. La fuga dei cervelli all’estero e la bassa qualità dei nostri atenei parlano da sole.
Roberto Perotti nell’articolo pubblicato il 21 giugno su questo giornale («Concorsi riformati un inutile pasticcio») afferma giustamente e documenta che poco importa quale insieme di regole normative, vecchio o nuovo, prevarrà: senza la concorrenza tra atenei nessun risultato virtuoso si può ottenere, gli studenti devono sostenere di tasca propria il grosso del budget delle facoltà e queste devono potere fallire e chiudere.
Ma perché questa competizione non riesce a partire a prescindere dalle diverse regole che le svariate riforme hanno introdotto e che la nuova va proponendo?
I punti nodali da risolvere perché le università siano incentivate a premiare i migliori sono due.
Il primo è comune a qualunque altro servizio di interesse pubblico e consiste nel dare potere di controllo ai destinatari delle prestazioni: in altri termini, nel riconoscere agli studenti il potere di premiare e punire gli atenei in base alla qualità del servizio reso, dando e sottraendo fondi.
Il modo più semplice e diretto per farlo è sostituire le tasse universitarie con rette il cui importo può essere liberamente scelto dall’ateneo, sussidiabili o meno a livello individuale con voucher. Ma un effetto analogo si può conseguire — anche se in modo meno immediato e quindi con risultati più incerti — con meccanismi, quali quelli tentati in Italia dalla riforma istitutiva dell’autonomia delle università, che introducono rispettivamente incrementi e riduzioni di budget per le università che abbiano fatto crescere o ridurre il numero dei propri iscritti. Nel primo caso gli studenti votano con i soldi, nel secondo votano à la Tiebout "con i piedi" cioè spostandosi dagli atenei inefficienti verso quelli più efficienti. L’altro punto fondamentale è porre le condizioni perché gli studenti si esprimano sulla giusta questione, ossia sui contenuti e la qualità degli insegnamenti che vengono loro offerti.
E condizione indispensabile perchè ciò avvenga è che sia abolito il valore legale della laurea. Diversamente, la valutazione e, di conseguenza, i premi e le punizioni alle facoltà vengono somministrati sulla base di altro. Ad esempio, sulla facilità di conseguimento del titolo.
Se il valore legale della laurea non viene abolito — e non mi risulta che questo punto sia minimamente in discussione accanto alle numerose e complicate regole per riformare le selezioni — è probabile che un vasto pubblico di studenti sia disposto a pagare di più per avere la laurea con poca fatica e tempi rapidi, piuttosto che per avere docenti brillanti. Soprattutto tutti coloro — e sono molti — destinati ad impiegarsi nel settore pubblico.
Un settore dove le regole di selezione sono a tutt’oggi ancorate al superamento di prove che vertono su argomenti più o meno generici — per i quali quanto si è appreso all’università conta poco—e dove la carriera retributiva è legata all’anzianità: dunque, ciò che più vale è entrare il più presto possibile e anche laurearsi il più presto possibile.
Pertanto, se prima non viene abolito il valore legale del titolo, la sola concorrenza tra atenei non porterebbe a un corsa ad accaparrarsi gli studiosi più capaci, ma piuttosto quelli con meno autorevolezza e più disposti a essere meno rigidi negli esami. In tale scenario, una riforma che desse libertà all’ateneo — che si finanzi con le rette degli studenti — di assumere e di offrire stipendi differenziati rispetto alle caratteristiche del ricercatore o del professore potrebbe senz’altro risolvere alcune cose.
Sarebbe rapidamente chiaro a chi intraprende la carriera università se ha possibilità o meno di essere assunto perché dal punto di vista finanziario gli atenei diventerebbero accountable: perciò si eliminerebbero molte opacità, l’incertezza del ricercatore sulle proprie opportunità sarebbe ridotta e si registrerebbe qualche fuga in meno. Non sarebbe però risolto il nodo della selezione a favore dei migliori.
In termini aziendali, infatti, alle università sarebbe data libertà nella combinazione dei fattori produttivi, potendo scegliere i docenti in base al rapporto qualità-prezzo, costringendole però al contempo a vendere un prodotto che ha una caratteristica distintiva e fondamentale invariabile: un certificato con indifferenziato valore legale su tutto il territorio italiano.
Paradossalmente anche se operassero in termini di efficienza il risultato non sarebbe quello desiderato, perché la scelta ottimale sarebbe quella di assumere i docenti a più basso costo, non i migliori sul mercato.

Daniela Marchesi è primo ricercatore dell'Istituto di Studi e Analisi Economica (ISAE) nel settore di Economia e Diritto. Il suo campo di ricerca è quello della Law and Economics, in modo particolare delle interazioni tra scelte d’impresa e ambiente normativo e dell’efficienza della giustizia civile.
 
L'università come la vorresti tu:

Si chiede alle aziende cosa serve e lo si fabbrica ad hoc...
Nel campo dell'architettura il corso di laurea sarebbe costituito da soli 5 esami gli altri sono perfettamente inutili, eccoli:

1) Come presentare una DIA;
2) La signora di sopra ha il lavandino rotto, come si ripartiscono i costi?
3) Il catasto, come aggirare le code (illegale ma necessario)
4) Tentativo di mettere un minimo di stile in una casa che fa schifo di suo.
5) Chi gestisce il piano regolatore e come entrare in contatto con questa persona.

Il 5 ovviamente è il più importante (varra come tesi), il candidato dovra dare prova di essersi fatto amico la persona in questione.

FALLIRE SUBITO!!!

ps. guarda che anche tu ti sei risposto da solo, ti cito

Paradossalmente anche se operassero in termini di efficienza il risultato non sarebbe quello desiderato, perché la scelta ottimale sarebbe quella di assumere i docenti a più basso costo, non i migliori sul mercato.
 
bandit ha scritto:
ps. guarda che anche tu ti sei risposto da solo, ti cito

Paradossalmente anche se operassero in termini di efficienza il risultato non sarebbe quello desiderato, perché la scelta ottimale sarebbe quella di assumere i docenti a più basso costo, non i migliori sul mercato.

Guarda che il secondo, come ho scritto, non è mio ma un articolo del sole 24 ore. Quindi non sta citando me ;)

Secondo, non ti sei letto l'articolo mi sa, perchè quella frase intende dire che "allo stato attuale, cioè con un valore legale della laurea il modo migliore per attirare studenti non è avere i migliori insegnati sul mercato, ma quelli che fanno gli esami più facili che sono poi anche i meno costosi"

Mentre se la laurea avesse solo valore accademico, allora si le persone sceglierebbero una facoltà in base alla bravura degli insegnanti ;)

Leggilo tutto l'articolo, prima di estrapolarne delle parti :D ;)
 
Guarda che il secondo, come ho scritto, non è mio ma un articolo del sole 24 ore. Quindi non sta citando me

Questo è veramente un ragionamento sensa senso, se mi sottoscivi un articolo postandolo ed associandoci il tuo nick è dato per scontato che lo condividi, se non lo condividi perche lo posti?

Puoi anche farlo ma devi anteporre la scritta:

"ecco un articolo che non condivido!!!" non so che senso ha ma comunque...boh?


Riguardo il leggersi l'articolo hai ragione, non mi piace entrare nel circolo vizioso:

IO SCRIVO QUELLO CHE PENSO - TU COPI INCOLLI

io voglio un interlocutore che parla con la testa sua... se vuoi parlare con quella degli altri allora posta solo link!

comunque ti voglio accontentare... nonostante rifuggi dal rispondere alle mie domande.

Che le attuali formule di selezione di ricercatori e professori all’interno dell’università producano risultati disastrosi e vadano riformate, non v’è dubbio. La fuga dei cervelli all’estero e la bassa qualità dei nostri atenei parlano da sole.

Quali sarebbero questi cervelli se l'università produce solo menti scadenti non si sà, se sono deficenti è bene che vadano all'estero non ti pare? Chissa perche all'estero poi se li tengono? Saranno così stupidi da non accorgersi che non valgono niente?

gli studenti devono sostenere di tasca propria il grosso del budget delle facoltà e queste devono potere fallire e chiudere.

Insomma se sei figlio di papà hai i soldi per l'universitàtà ed il tempo per studiare diversamente ti fotti!
Ti devi pagare la salata retta lavorando e studiando insieme e partendo quindi svantaggiato rispetto ai più facoltosi, che è quello che poi in sostanza si vuole parliamoci chiaramente.

E condizione indispensabile perchè ciò avvenga è che sia abolito il valore legale della laurea. Diversamente, la valutazione e, di conseguenza, i premi e le punizioni alle facoltà vengono somministrati sulla base di altro. Ad esempio, sulla facilità di conseguimento del titolo, ecc....

Allora ti dico io come andrebbe, dal momento che siamo in un sistema "raccomandocratico" e non meritocratico, i figli di papà andrebbero direttamente all'esame di stato e conseguirebbero la abilitazione professionale a 18 anni non sapendo neanche quel poco che comunque avrebbero studiato all'università.

Il giorno dopo sarebbero già abilitati a far danni, nello studio del padre che li servoassiste e li protegge da tutte le ******* che fanno, dopo 5 anni ovviamente con un tutor come il padre che full-time ti insegna il lavoro sei diventato anche bravo, intanto hai fatto i soldi e cominci ad assumere i migliori laureati per fargli fare fotocopie, come comicia a capire qualcosa lo licenzi.... e via andare

va te cocc', una buona idea per questa sera, va te cocc'.:D
 
bellavista ha scritto:
Tra l'altro, se le aziende assumono neo ingegneri e poi li mandano a fare fotocopie, mentre il lavoro da ingegnere lo fa l'operario, non è che lo facciano perchè sono "cattive" e vogliono "umiliare" il povero giovine. E' perchè vedono che quel neo ingegnere non sa fare una fava e non possono dirgli: "fai questo lavoro" semplicemente perchè non lo saprebbe fare. E probabilmente perchè al titolo ci è arrivato scoppiazzando e superando gli esami per tentativi. ;)

Ma quali sarebbero questa aziende italiane dove e' rischiesta la competenza di un ingegnere? :confused:
Ancora con ste stupidaggini .... sarebbe curioso fare una bilancia commerciale degli ingegneri e laureati tecnico-scientifici italiani. Cosi' la facciamo finita con le stupidaggini che raccontano "i nostri siur parun dalle belle braghe bianche".
La realta' e' che la richiesta per competenze tecniche elevate sta a zero. Punto. Il resto sono stupidaggini. KO!
 
bandit ha scritto:
Ho capito sei un selezionatore...

Bene, se questo è il tuo pensiero che li esamini a fare i "laureati"?

Se quello che serve è l'esperienza e non la laurea prendi uno che non ha la laurea (deleterea al massimo a quanto pare) ma che sa fare il lavoro che gli chiedi, che so magari uno che è stato allo sportello una decina d'anni, sicuramente sa cos'è un benchmark, poi non saprà altre cose, magari saprà anche quelle...sicuramente.

Se l'operaio sa fare il mestiere dell'ingegnere non ha che da dimostrarlo, si presentasse all'università, passa tutti gli esami di slancio, tando dopo dieci anni di carpenteria cosa c'è più da sapere sulle costruzioni e prendersi la laurea che un sistema bacato gli ha sempre negato.

Ma chissà perche le aziende cercano solo neo-laureati, forse per pagarli poco e niente?

Il giochino dei laureati che non vanno non attacca più sono le aziende che fanno schifo!

Amen. Il livello delle aziende italiane e' sotto zero. Non c'e' professionalita', ne' competenza, ne' programmazione ..... niente di niente. Zero assoluto. Per non parlare poi del mito che si sono inventati del "laureato pronto all'uso" che non esiste da nessuna parte del mondo. Anche uno che esce dal MIT ci mette un paio d'anni per arrivare ad una certa produttivita'. Solo che trova qualcuno che ci spende soldi e tempo sopra. Perche' e' ovvio che il compito dell'universita' non sara' mai insegnare il tool X o Y .... anche perche' ce ne sono decine in concorrenza (caso a parte strumenti particolari che sono standard de facto tipo MATLAB). Compito dell'universita' e' dare le basi culturali per comprendere quel tool ed imparare ad usarlo. E' cosi' a Boston, e' cosi' a S.Francisco, e' cosi' alla CMU, a Oxford, a Cambridge ecc.
 
bellavista ha scritto:
Ok, sono le aziende cattive che prendono ragazzi capacissimi e poi li uniliano per il gusto di farlo :rolleyes:

No, non sono cattive. Sfruttano il momento del mercato. Siccome la richiesta di personale tecnico sta a zero e quindi sono tutti a spasso, allora con due lire puoi prendere neolaureati e metterli a fare qualsiasi cosa ti serve, tanto basta fare un minimo di selezione ed hai sicuramente un paio di ragazzi svegli. Tutta qua. Lavori altamente specializzati in Italia non ce n'e'. Punto.

Ti faccio una domanda, una azienda ha tre ragazzi di 24 anni, uno appena laureato in una università italiana, uno appena laureato in una università usa e l'altro diplomato diplomato ma con 5 anni d'esperienza in quel settore specifico (ovviamente anche le lauree sono per quel settore specifico ;) )

Il formatore spiega a tutti e 3 per lo stesso tempo e allo stesso modo il lavoro: chi riuscirà a farlo meglio? (facciamo l'esempio che quei 3 ragazzi siano la stessa persona come intelligenza e abilità, ma che abbiano semplicemente seguito percorsi diversi)

Perfavore, rispondi al quesito e non tergiversare dicendo che è la solita domanda banale (oppure di che è la solita domanda banale ma dopo aver risposto al quesito ;) )

Il diplomato con 5 anni di esperienza naturalmente. La domanda naturalmente e' stupida, e dimostra la pochezza con la quale si affronta l'argomento. QUesto accade perche' il lavoro e' quel che e'. Perche' se il lavoro dovesse richiedere nozioni di fisica della materia, gradienti, rotori, divergenze ..... il diplomato, o meglio il 99,9 % dei diplomati e' tagliato fuori.
Siccome negli US per sviluppare certi prodotti serve anche chi ha certe nozioni allora uno che ha fatto studi di un certo livello trova un posto consono. Qui in Italia invece si scende di livello e di conseguenza l'eventuale vantaggio competitivo viene vanificato.
Ma da come hai posto la domanda mi sembra ovvio che non riesci nemmeno a capire questo problema.
 
bellavista ha scritto:
Non è poi ovvio. Ma hai dimostrato quello che dico :)

Se in italia sembra ovvio che chi ha lavorato in un settore sappia fare una cosa prima di chi ha studiato 5 anni di quel settore è semplicemente perchè l'università non "forma", ripeto la colpa non è dei ragazzi è dell'istituzione. ;)

Non capisci niente. L'universita' e' li per dare basi culturali, non per insegnare a fare il lavoro specifico richiesto dall'azienda X. In qualsiasi universita' del mondo uno che studia ad esempio ingegneria elettronica viene imbevuto di nozioni sulla fisica dello stato solido, non su come usare il tool XY che fa i calcoli da solo.
Il 99% dei lavori specie qui in Italia e' semplice routine. E' ovvio che l'esperienza fa la differenza e le basi culturali no.
Pero' se invece devi andare a lavorare al Cern dove hai gente che ti parla di bosoni, muoni ecc .... chi ci mandi?
Se uno deve fare il progettista all'Intel chi ci mandi?
Questo e' il problema. Le nostre aziende non producono niente che richieda di conoscere qualche nozione matematica in piu' delle quattro operazioni. Come vuoi che venga fuori la differenza!?

In questo senso ti riporto un interessante articolo apparso sul sole 24 ore:

Quello e' il megafono di confindustria. Deve giustificare per statuto l'incapacita' di sta marmaglia.
Te la faccio io una domanda. Come mai abbiamo perso il 15% di competitivita' in 5 anni nei confronti della Germania?
Basta fare un giro per le fabbrichette tipo nordest per capirlo .... ;)
 
Ultima modifica:
bandit ha scritto:
Che le attuali formule di selezione di ricercatori e professori all’interno dell’università producano risultati disastrosi e vadano riformate, non v’è dubbio. La fuga dei cervelli all’estero e la bassa qualità dei nostri atenei parlano da sole.

Quali sarebbero questi cervelli se l'università produce solo menti scadenti non si sà, se sono deficenti è bene che vadano all'estero non ti pare? Chissa perche all'estero poi se li tengono? Saranno così stupidi da non accorgersi che non valgono niente?

Gia'.
Ah, un'altra domanda per Bellavista.
Le aziende italiane si lamentano che i laureati sono pochi e scarsi.
Alla prima (pochi) mi viene subito da chiedere: se una risorsa e' scarsa il prezzo dovrebbe andare alle stelle. Come mai allora si va avanti a stage pagati e non pagati?
Alla seconda (scarsi) mi viene da chiedere: come mai allora la bilancia commerciale dei cervelli e' sbilanciata completamente verso l'export?
Cioe' se le aziende sono fantastiche e richiedono cervelloni come mai (non trovandoli come dicono loro in Italia) non ne importano a iosa? E come mai invece l'Italia comtinua esportare ingegneri, chimici, fisici e ricercatori di ogni risma? :D

Sono le stranezze della vita .... :D:D:D
 
Sir Wildman ha scritto:
Gia'.
Ah, un'altra domanda per Bellavista.
Le aziende italiane si lamentano che i laureati sono pochi e scarsi.
Alla prima (pochi) mi viene subito da chiedere: se una risorsa e' scarsa il prezzo dovrebbe andare alle stelle. Come mai allora si va avanti a stage pagati e non pagati?
Alla seconda (scarsi) mi viene da chiedere: come mai allora la bilancia commerciale dei cervelli e' sbilanciata completamente verso l'export?
Cioe' se le aziende sono fantastiche e richiedono cervelloni come mai (non trovandoli come dicono loro in Italia) non ne importano a iosa? E come mai invece l'Italia comtinua esportare ingegneri, chimici, fisici e ricercatori di ogni risma? :D

Sono le stranezze della vita .... :D:D:D
Ma infatti, la verità è che le aziende italiane fanno schifo...

Pero vorrei dirti una cosa, Sir Wildman, tu sottovaluti l'entità del problema facendo passare l'idea che la cosa riguardi le posizioni dal laureato in fisica atomica in su.

Anche in un campo "terra terra" come quello dell'edilizia (in generale) le ns imprese hanno una qualità che fa schifo, quando anni fà eravamo in condizioni di assoluto rispetto e rilevanza internazionale (almeno in certi settori).

Questo significa mancare appalti a raffica (che vuol dire perdere tanti bei soldini), significa dover partecipare come consociate di aziende estere (sempre se ci accettano, quando una volta erano loro che ci chiedevano di partecipare) perche tra un po ci scadono anche le certificazioni.

E' solo un esempio, comunque sono convinto che ci saranno anche altri settori e comparti economici, solo che non li conosciamo bene, almeno io.

Ci sono una marea di diplomati che in questa situazione ci sguazzano, ma non sanno che il sistema gli sta già scavando la fossa, si perche finche la qualità richiesta è nulla e i mestieri scadenti ed appiattiti richiedono un periodo formativo di un paio di settimane (10 ore al giorno sempre sullo stesso programmino) al massimo, anche loro sono sostituibili e lo saranno sempre, e quando non saranno più giovanissimi e cominceranno ad alzare il tiro sulla retribuzione si vedranno immediatamente sostituiti dal primo pischello di turno.
 
accidenti, mi sono trovato in mezzo a due laureanti italiani che nessuno ha assunto! :D

scusate ragazzi, non voletemene ;)
 
bellavista ha scritto:
accidenti, mi sono trovato in mezzo a due laureanti italiani che nessuno ha assunto! :D

scusate ragazzi, non voletemene ;)

Laureato e impiegato di 6° livello...

Comunque se non vuoi rispondere alle mie domande...

segui almeno i miei consigli.:D
 
bellavista ha scritto:
accidenti, mi sono trovato in mezzo a due laureanti italiani che nessuno ha assunto! :D

scusate ragazzi, non voletemene ;)

Ecco il caciottaro che c'e' il te che viene fuori.:p Invece di dare una risposta decente l'ha buttata in vacca.
Vabbeh, bravo, bella figura. :D:D:D:D
 
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