Ma se il neoliberismo sta fallendo...

Pace In Medioriente

@LER1967 AKA Luigir
Registrato
28/12/00
Messaggi
1.021
Punti reazioni
42
Come mai la sinistra, non solo in Italia, ne soffre?

E' un dubbio che mi prende incessantemente e credo, in minima parte di averne intuito i motivi.

Con la caduta del muro di Berlino c'e' stata la bocciatura del comunismo. I comunisti sono diventati degli appestati ed anche all'interno di coalizioni di sinistra mentre i socialisti venivano ancora accettati i comunisti venivano ostracizzati. Basta vedere, in Italia, il girasole senza petali vista l'opposizione dello Sdi nel coalizarsi coi comunisti di Cossutta. In fondo questi partiti già convivevano all'interno di un governo di centrosinistra...

Lo spostamento a destra per stare il più lontano possibile dalla falce e dal martello ha provocato una corsa verso il liberismo ma nessuno, al momento, in Europa o nel mondo ha capito cosa fosse veramente.

Gli esempi presi erano quello USA, anche quello argentino per iPaesi in via di sviluppo o con democrazie deboli. Come se abbracciare il liberismo volesse dire diventare democratici. Chi vi scrive è liberale da sempre anche se non lo sapeva fino a 10 anni fa.

Ora vediamo che si scappa anche dal neoliberismo visti i fallimenti dell'esperienza americana, perchè di fallimento si tratta, e di quella di tante altre nazioni che in nome del liberismo si trovano alla mercè di Orgnismi internazionali pseudoliberisti.

Stretti da una parte e dall'altra credo l'intuizione migliore l'ha avuta, in Italia, Bertinotti che ha deciso di accantonare Lenin e Gramsci per abbracciare l'antiglobalizzazione. Lo stesso dicasi dei Verdi che stavano per sparire ed ora si propongono come partito antiglobalizzatore.

Ma è la via giusta? Perchè la sinistra non fa la sinistra e la destra la destra? Perchè non ammetterlo, oggi, che in fondo morta la DC abbiamo ora un grande centro composto dalle correnti di quella DC?

Questo non è un post politico è solo un voler comprendere cosa sta succedendo in Itali, e non solo ... continuo più tardi... devo scappare...
 
Scritto da luigir
Come mai la sinistra, non solo in Italia, ne soffre?

E' un dubbio che mi prende incessantemente e credo, in minima parte di averne intuito i motivi.

Con la caduta del muro di Berlino c'e' stata la bocciatura del comunismo. I comunisti sono diventati degli appestati ed anche all'interno di coalizioni di sinistra mentre i socialisti venivano ancora accettati i comunisti venivano ostracizzati. Basta vedere, in Italia, il girasole senza petali vista l'opposizione dello Sdi nel coalizarsi coi comunisti di Cossutta. In fondo questi partiti già convivevano all'interno di un governo di centrosinistra...

Lo spostamento a destra per stare il più lontano possibile dalla falce e dal martello ha provocato una corsa verso il liberismo ma nessuno, al momento, in Europa o nel mondo ha capito cosa fosse veramente.

Gli esempi presi erano quello USA, anche quello argentino per iPaesi in via di sviluppo o con democrazie deboli. Come se abbracciare il liberismo volesse dire diventare democratici. Chi vi scrive è liberale da sempre anche se non lo sapeva fino a 10 anni fa.

Ora vediamo che si scappa anche dal neoliberismo visti i fallimenti dell'esperienza americana, perchè di fallimento si tratta, e di quella di tante altre nazioni che in nome del liberismo si trovano alla mercè di Orgnismi internazionali pseudoliberisti.

Stretti da una parte e dall'altra credo l'intuizione migliore l'ha avuta, in Italia, Bertinotti che ha deciso di accantonare Lenin e Gramsci per abbracciare l'antiglobalizzazione. Lo stesso dicasi dei Verdi che stavano per sparire ed ora si propongono come partito antiglobalizzatore.

Ma è la via giusta? Perchè la sinistra non fa la sinistra e la destra la destra? Perchè non ammetterlo, oggi, che in fondo morta la DC abbiamo ora un grande centro composto dalle correnti di quella DC?

Questo non è un post politico è solo un voler comprendere cosa sta succedendo in Itali, e non solo ... continuo più tardi... devo scappare...
ciao luigi come dici tu la storia ci sta propinando il fallimento di tutti e due isistemi. prima e' fallito il comunismo ora stiamo assistendo alla morte del liberismo . il sistema migliore sara' quello in cui la collttivita' si riappropriera' della politica e dell'economia e non permettera' a poche multinazionali di fare il bello e il cattivo tempo . ciao
 
Ciao Luigi, un piccolo contributo

alla tua riflessione....preso da un intervento di Alfredo Reichlin Vicepresidente della Fondazione Italianieuropei ..


..............................................
Di fronte a noi sta un problema per certi aspetti analogo a quello che -a fronte di un cambiamento altrettanto radicale, quale il passaggio dall’agricoltura all’industria- fu affrontato dal movimento operaio e socialista. Il socialismo non si limitò a contrastare i metodi bestiali con cui il capitalismo degli inizi sfruttò le masse contadine, spinte a lavorare senza orari e in condizioni disumane -compresi i fanciulli- nelle manifatture. Il segreto del suo successo storico, la ragione per cui via via dominò il Novecento fu che “civilizzò” quel capitalismo. Gli impose un compromesso democratico. E ciò grazie al fatto che mise in campo una nuova dimensione della politica. Questo è il punto. Inventò e costruì nuovi strumenti politici e nuove istituzioni mai esistiti prima: i partiti di massa, i sindacati, il suffragio universale, i diritti sociali, lo Stato dei servizi, la funzione redistributiva della spesa pubblica, l’allargamento delle basi della democrazia. E’ l’insieme di questi fatti molto corposi che dette base e credibilità a quel grande movimento ideale e culturale che si è chiamato Socialismo. E che, al tempo stesso, spinse tutto il mondo occidentale nell’economia del benessere.

Esattamente in ciò dovrebbe consistere oggi la nostra risposta al “nuovo”. La straordinaria grandezza del problema politico posto dalla globalizzazione non sta solo nella novità del fatto produttivo. Sta nella contraddizione che si è aggravata tra mondializzazione dell’economia e localismo della politica. Sta nel vuoto molto pericoloso e potenzialmente perfino catastrofico che si è creato a causa del divario crescente tra la potenza dei mercati finanziari, della scienza giunta ormai alla manipolazione degli esseri umani, delle grandi imprese sovranazionali, dei media, e il potere della “polis”, cioè dello Stato, delle istituzioni politiche, cioè di tutto ciò che garantisce agli uomini il diritto di essere liberi, di decidere, di esprimere se stessi, di scegliere il proprio destino.

Il banco di prova della capacità di innovazione di un partito non consiste quindi (solo) nel capire che le cose sono nuove e che, di conseguenza, anche le immagini, le culture, le facce vanno rinnovate. Ci mancherebbe. Sta nel risolvere il problema altamente politico di come costruire le condizioni perché colmando quel divario sia favorita la nascita di una nuova civilizzazione. Quel problema, appunto, che il socialismo affrontò e risolse imponendo al vecchio capitalismo industriale un compromesso democratico, una economia sociale di mercato. Altrimenti dobbiamo sapere qual’è l’alternativa. E’ subire quella situazione (peraltro già in atto) secondo la quale i mercati governano, i tecnici amministrano, i politici “vanno in televisione”. L’alternativa è rassegnarsi, di fatto, a non contare nulla.

Si tratta di impedire –per usare le parole di Giorgio Ruffolo- una mercificazione non più solo della forza-lavoro, ma del soggetto umano stesso. Di evitare una sua totale e passiva subordinazione alle fluttuazioni di un mercato imperscrutabile. Che sinistra sarebbe mai –egli si chiede- quella che accettasse questo stato di cose come inevitabile? Non si tratta di ri-subordinare il mercato allo Stato. Si tratta di ricostruire –di fronte all’homo economicus imprenditore, lavoratore, consumatore- l’homo politicus cittadino: come figura centrale di un processo e di una lotta che consenta alla società di tessere i nessi profondi della coesione e della solidarietà. La ricostruzione della Politica nel mondo globale dei mercati –conclude Ruffolo- è il compito più alto della sinistra. Ed è il contrario dello statalismo. Solo una società politica forte può contenere e garantire una grande economia di mercato.
................

http://www.italianieuropei.it/
 
Ciao oriente... sono dovuto scappare per una chiamata urgente proprio nel mezzo dello sproloquio...

Dicevo... se mi ricordo cosa volevo dire...

Il discorso destra è sinistra è poco importante per me ed infatti non risparmio stoccate ne' agli uni ne' agli altri. Quello che mi interessa, come dicevo già in un altro thread è l'onestà verso i cittadini.

Al momento le difficoltà economiche stanno spingendo Paesi di destra a spostarsi verso il centro ed a riscoprire le teorie keynesiane nell'economia ma allo stesso tempo i Paesi di sinistra ad uno spostamento verso il centro. Proprio per questo abbiamo in vari Paesi delle coalizioni eterogenee come in Olanda od in Danimarca ed Austria ed anche in Italia. Credo che le ideologie siano state spazzate via dal 1989 e dal 2001 e che nessuno può dichiarare effettivamente che una teoria sia migliore dell'altra.

Se si guarda la Hall of Fame dei liberali si leggono dei nomi come Adenauer, De Gasperi, JFK... Nessuno di questi apparteneva ad un partito liberale così come lo intendiamo noi. Certo c'e' anche Malagodi ma l'essere liberali non vuol dire stare in un "partito liberale".

Allora i politici e gli economisti che si arrogano il titolo di liberali e liberisti e di avere ricette liberali e liberiste per la vita economica dovrebbere comprendere che essere liberali non vuole dire appartenere alla destra od alla sinistra.

nonostante mi ritenga liberale credo ceh in taluni casi lo stato debba intervenire per riaggiustare i meccanismi non perfetti di qualunque teoria economica ma negare che i sistemi siano infallibili è molto poco... liberale.

La sinistra, dunqeu si trova ad un bivio, schiacciata da due teorie che sembrano contrapposte ma che in verità possono convivere, basterebbe solo abbandonare le bandiere ed ammettere che i valori di oggi sono cambiati e così le esigenze della gente.
 
Hi Luigi!

qui dovremmo ripassare un bel pezzo di storia dei vari pensieri politici e dei loro riflessi in economia, compresa quella delle definizioni in gioco che li attualizzano, cosa che mi sconfinfera assai e che con calma faremo, dato che ci vuole il suo bel tempo.


Solo due parole introduttive.
Leggo delle strane teorie o affermazioni in giro, tipo la permanenza oggi di liberismi o neo-liberismi: a quanto mi risulta, se il crollo del comunismo é databile all''89, muro di Berlino, il liberismo come accezione di capitalismo puro che il termine definisce, si é estinto con la grande crisi dei primi anni '30, quasi sessant'anni prima.

E l'articolo di Reichlin che ci ha offerto Claudio, che mi trova assolutamente d'accordo, lo dimostra. Il socialismo ha avuto il grande effetto, indiretto, di far crescere il liberalismo e spingerlo verso quell'attenzione sociale di cui oggi é interamente e pienamente consapevole, come ho anche ricordato alcuni giorni fa.

Diceva Benedetto Croce che il liberalismo non é un pensiero politico, ma un pre-pensiero, una scuola formativa, con connotazioni sue proprie particolari, che viene prima dell'applicazione delle scelte che stanno alla base del contratto sociale. Non sta a destra o a sinistra, ma prima; scherzando dico sempre che sta "sopra".

Ne sono talmente convinto da provare un certo fastidio, oggi, nel sentire ancora separazioni drastiche destra-sinistra, quando ormai sono limitate a quei quattro gatti che si richiamano a ben precise posizioni estreme, o al contrario sentire che sono tutti "liberali", anche quelli che hanno mangiato per tutta la vita pane e Marx.

Il mondo occidentale si muove attualmente sui due grandi filoni che sono sopravvissuti al tumultuoso XX secolo: il liberalismo e la socialdemocrazia.

In Italia, per una serie di fattori sia interni che esterni, sono ambedue immaturi.
Il liberalismo perché di fatto compresso per mezzo secolo tra i due pensieri dominanti, cattolico e marxista, che si sono imposti al termine del secondo conflitto mondiale, oltre ad avere una precedente tradizione strettamente elitaria nel nostro paese; la socialdemocrazia perché recente, frutto di modificazione degli ex-comunisti più che di evoluzione del socialismo, che i primi hanno praticamente spazzato via nei primi anni ’90.

Tale genesi è, secondo me, il principale problema culturale della sinistra italiana, ancora in bilico tra il “vecchio” partito di lotta e una efficiente moderna forza di governo.
I cinque ultimi anni di governo della sinistra ha dimostrato tale dualismo che, spero, scomparirà nel tempo, così come dovremo aspettare, arispero, che la coalizione raccogliticcia di centro-destra, grande merito storico dell’”anomalia Berlusconi”, cresca e diventi una vera forza liberale moderna.

In Italia, purtroppo, è sempre domani per la politica.
Guardando il nostro PIL pro capite, scopriamo però e per fortuna che sappiamo cavarcela benissimo anche "malgrado" i nostri politici.

A presto.
mario
 
Mister B, microalfa, oriente... Grazie per le vostre considerazioni...
Buon w/e a tutto il Forum!

Luigi
 
Scritto da luigir
Mister B, microalfa, oriente... Grazie per le vostre considerazioni...
Buon w/e a tutto il Forum!

Luigi
anche a te ciao:) :) :)
 
Re: Ciao Luigi, un piccolo contributo

Scritto da Mister B
Si tratta di impedire –per usare le parole di Giorgio Ruffolo- una mercificazione non più solo della forza-lavoro, ma del soggetto umano stesso
/

Uno dei punti focali, se non il punto chiave del problema è questo sopracitato.
La mondializzazione e la delocalizazione delle produzioni porta ad orientare gli investimenti dove non solo il costo è minore ma anche le regole sono più evanescenti.
Questo inevitabilmente porta ad un allentamento delle stesse, anzi soprattutto della loro visione in chiave di impedimento allo svolgimento delle attività e non come garanzia di un corretto rapporto fra i soggetti interessati.
La conseguenza di ciò si riflette nel fatto che la rilevanza di questo problema è soffocata dalla debolezza dei sistemi politici verso il capitale, probabilmente anche per una stasi del pensiero politico e sociale, a parte alcune minoranze.
L'unica, a mio modo di vedere, possibilità di innovazione nell'affrontare i problemi di soluzione dei problemi economici oramai comuni a tutto l'occidente, sarebbe una presa di posizione forte da parte dell'europa, veramente unita, sotto quella bandiera su cui per ora soffiano molti venti di potere e pochi di progresso civile.
Riguardo all'Italia, men che meno mi pare di scorgere i sintomi dello sviluppo concreto e vigoroso di una nuova visione della politica e dell'idea dei diritti del cittadino, ma vedo una destra impresentabile in cui serpeggia addirittura la voglia di distruggere il welfare e una sinistra frastornata e incapace di svolgere, anche commettendo errori, temi innovativi.
 
Scritto da luigir
Come mai la sinistra, non solo in Italia, ne soffre?

E' un dubbio che mi prende incessantemente e credo, in minima parte di averne intuito i motivi.

Con la caduta del muro di Berlino c'e' stata la bocciatura del comunismo. I comunisti sono diventati degli appestati ed anche all'interno di coalizioni di sinistra mentre i socialisti venivano ancora accettati i comunisti venivano ostracizzati. Basta vedere, in Italia, il girasole senza petali vista l'opposizione dello Sdi nel coalizarsi coi comunisti di Cossutta. In fondo questi partiti già convivevano all'interno di un governo di centrosinistra...

Lo spostamento a destra per stare il più lontano possibile dalla falce e dal martello ha provocato una corsa verso il liberismo ma nessuno, al momento, in Europa o nel mondo ha capito cosa fosse veramente.

Gli esempi presi erano quello USA, anche quello argentino per iPaesi in via di sviluppo o con democrazie deboli. Come se abbracciare il liberismo volesse dire diventare democratici. Chi vi scrive è liberale da sempre anche se non lo sapeva fino a 10 anni fa.

Ora vediamo che si scappa anche dal neoliberismo visti i fallimenti dell'esperienza americana, perchè di fallimento si tratta, e di quella di tante altre nazioni che in nome del liberismo si trovano alla mercè di Orgnismi internazionali pseudoliberisti.

Stretti da una parte e dall'altra credo l'intuizione migliore l'ha avuta, in Italia, Bertinotti che ha deciso di accantonare Lenin e Gramsci per abbracciare l'antiglobalizzazione. Lo stesso dicasi dei Verdi che stavano per sparire ed ora si propongono come partito antiglobalizzatore.

Ma è la via giusta? Perchè la sinistra non fa la sinistra e la destra la destra? Perchè non ammetterlo, oggi, che in fondo morta la DC abbiamo ora un grande centro composto dalle correnti di quella DC?

Questo non è un post politico è solo un voler comprendere cosa sta succedendo in Itali, e non solo ... continuo più tardi... devo scappare...
Certo, gli storici sanno bene che destra e sinistra hanno molte più cose in comune di quanto credano (si pensi al termine nazionalsocialismo) ma gli antiglobal sono letteralmente surclassati da Mussolini sul piano della loro politica. Quale antiglobal non sottoscriverebbe oggi queste parole di Mussolini?
"Il supercapitalismo trae la sua ispirazione e la sua giustificazione dall'utopia dei consumi
illimitati. L'ideale del supercapitalismo sarebbe la standardizzazione del genere umano dalla
culla alla bara. Il supercapitalismo vorrebbe che tutti gli uomini nascessero della stessa
lunghezza in modo che si potessero fare delle culle standardizzate; vorrebbe che i bambini
desiderassero gli stessi giocattoli, che gli uomini andassero vestiti della stessa divisa, che
leggessero tutti lo stesso libro, che fossero tutti degli stessi gusti al cinematografo, che tutti
infine desiderassero una cosiddetta macchina utilitaria. Questo non è un capriccio, ma è la
logica delle cose, perchè solo in questo modo il supercapitalismo può fare i suoi piani". (B.
Mussolini, Discorso per lo stato corporativo del 14 novembre 1933 al Consiglio nazionale
delle Corporazioni)
 
Re: Re: Ma se il neoliberismo sta fallendo...

Scritto da adolar

che gli uomini andassero vestiti della stessa divisa, che
leggessero tutti lo stesso libro, che fossero tutti degli stessi gusti al cinematografo, che tutti
infine desiderassero una cosiddetta macchina utilitaria. Questo non è un capriccio, ma è la
logica delle cose, perchè solo in questo modo il supercapitalismo può fare i suoi piani". (B.
Mussolini, Discorso per lo stato corporativo del 14 novembre 1933 al Consiglio nazionale
delle Corporazioni)


Io che sono un sostenitore di una globalizazzione più umana, MAI sottoscriverei le parole di Mussolini che dice: "che gli uomini andassero vestiti della stessa divisa".
Non è quello che è accaduto sotto la sua dittatura? Tipico esempio di contraddizione insita nel sistema capitalista. Lo si critica ma si finisce per esserne un ingranaggio.
Un pò quello che accade a Fini oggi.

Comunque in merito alle riflessioni poste da Luigi mi viene da dire che: nè il comunismo nè il liberismo abbiano fino ad oggi trovato una vera e propria realizzazione coerente. Ci sono state delle brutte copie che hanno portato o porteranno all'affosamento di tali teorie.

Il modello neoliberale partito 30 anni orsono, si è sviluppato con enormi contraddizioni. Ad esempio il fatto che i governi cosidetti neoliberali siano o un CDA(Usa) oppure guidati da un imprenditore(Italia) fa rivoltare nella tomba il padre del liberismo economico Adamo Smith.

Il liberismo economico nacque come risposta alle ingerenze del mercantilismo nella vita politica e economica dell'Inghilterra.
Il libero mercato veniva invocato per fermare lo strapotere dei ricchi.

Oggi il neoliberismo è fatto dai ricchi che impongono le loro regole ai poveri, credo su questo non ci siano dubbi.

Io riconosco l'importanza del libero mercato, ma non del "libero mercato dei ricchi", come economista ritengo un insulto all'onesta intellettuale e alla propria dignità di studioso appoggiare in qualsiasi modo e forma questo libero mercato.

Questo libero mercato come ricordato da Luigi, è stato sostenuto anche dalle sinistre europee alla Clinton, in questo modo hanno perso la loro identità e oggi le classi dirigenti di questi partiti non sanno neppure dove si trovano.

Per quel che riguarda i comunisti, diciamo che qualcosa di interessante si muove nelle nuove leve della rifondazione, ma sono ancora troppo deboli per imporre qualcosa di diverso al partito, che non sia la lotta di classe.

A differenza tua Luigi, credo che più di Marx dovremmo rispolverare Schumpeter e le sue previsioni sulla fine del capitalismo. Personalmente ritengo che oggi siamo molto più vicini alla sua visione che non a quella di Marx, anche se l'una non esclude l'altra.

Personalmente ritengo che la situazione si risolverà con un qualche conflitto o con delle rivolte popolari, non vedo la possibilità per il pensiero di fermare tutto questo.
La stupidità è troppo diffusa, l'egoismo pure e quelli che usano il cervello in modo onesto e indipendente sono veramente pochi;
questo è il più grande problema.

Basta pensare come è stato etichettato a volte Luigi stesso(non dico su FOL), solo perché esprimeva un'idea che aveva solide basi culturali. Questa è la dimostrazione che nella società l'intelligenza e la cultura per capire certe posizioni è molto limitata; questo favorirà ancora di più coloro che estremizzeranno il pensiero sia a destra che a sinistra, ma credo qualcuno ci sia già riuscito.

Io sono fiducioso, ma non nel breve periodo, vedo una nuova era dei lumi all'orizzonte e credo che la si possa realizzare e concretizzare con l'aiuto di tutti gli uomini di buona volontà.


Concludo questo mio intervento ponendo all'attenzione di voi tutti un libro, di recente uscita, che personalmente ho trovato interessante perché fornisce un modello sociale alternativo a quello esistente.

Pekka Himanen: "L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione".
Edito da Feltrinelli
12,91€

Il libro prende in considerazione il modello sociale hacker confrontandolo con quello cristiano e protestante (Weber) e mettendo in risalto come gli hacker siano vicini all'università e all'accademia di Platone.

L'epilogo e il prologo sono ad opera di Linus Torvalds (ideatore di Linux) e Manule Castells (autorevole economista dell'informazione).

Un'ultima cosa: questo libro fornisce anche informazioni su quale sia lo spirito e la natura che anima gli hacker che diverge completamente da come tv e giornali li raccontano.

ciao
 
Re: Re: Re: Ma se il neoliberismo sta fallendo...

Scritto da James Tobin



Io che sono un sostenitore di una globalizazzione più umana, MAI sottoscriverei le parole di Mussolini che dice: "che gli uomini andassero vestiti della stessa divisa".
Non è quello che è accaduto sotto la sua dittatura? Tipico esempio di contraddizione insita nel sistema capitalista. Lo si critica ma si finisce per esserne un ingranaggio.
Un pò quello che accade a Fini oggi.

Comunque in merito alle riflessioni poste da Luigi mi viene da dire che: nè il comunismo nè il liberismo abbiano fino ad oggi trovato una vera e propria realizzazione coerente. Ci sono state delle brutte copie che hanno portato o porteranno all'affosamento di tali teorie.

Il modello neoliberale partito 30 anni orsono, si è sviluppato con enormi contraddizioni. Ad esempio il fatto che i governi cosidetti neoliberali siano o un CDA(Usa) oppure guidati da un imprenditore(Italia) fa rivoltare nella tomba il padre del liberismo economico Adamo Smith.

Il liberismo economico nacque come risposta alle ingerenze del mercantilismo nella vita politica e economica dell'Inghilterra.
Il libero mercato veniva invocato per fermare lo strapotere dei ricchi.

Oggi il neoliberismo è fatto dai ricchi che impongono le loro regole ai poveri, credo su questo non ci siano dubbi.

Io riconosco l'importanza del libero mercato, ma non del "libero mercato dei ricchi", come economista ritengo un insulto all'onesta intellettuale e alla propria dignità di studioso appoggiare in qualsiasi modo e forma questo libero mercato.

Questo libero mercato come ricordato da Luigi, è stato sostenuto anche dalle sinistre europee alla Clinton, in questo modo hanno perso la loro identità e oggi le classi dirigenti di questi partiti non sanno neppure dove si trovano.

Per quel che riguarda i comunisti, diciamo che qualcosa di interessante si muove nelle nuove leve della rifondazione, ma sono ancora troppo deboli per imporre qualcosa di diverso al partito, che non sia la lotta di classe.

A differenza tua Luigi, credo che più di Marx dovremmo rispolverare Schumpeter e le sue previsioni sulla fine del capitalismo. Personalmente ritengo che oggi siamo molto più vicini alla sua visione che non a quella di Marx, anche se l'una non esclude l'altra.

Personalmente ritengo che la situazione si risolverà con un qualche conflitto o con delle rivolte popolari, non vedo la possibilità per il pensiero di fermare tutto questo.
La stupidità è troppo diffusa, l'egoismo pure e quelli che usano il cervello in modo onesto e indipendente sono veramente pochi;
questo è il più grande problema.

Basta pensare come è stato etichettato a volte Luigi stesso(non dico su FOL), solo perché esprimeva un'idea che aveva solide basi culturali. Questa è la dimostrazione che nella società l'intelligenza e la cultura per capire certe posizioni è molto limitata; questo favorirà ancora di più coloro che estremizzeranno il pensiero sia a destra che a sinistra, ma credo qualcuno ci sia già riuscito.

Io sono fiducioso, ma non nel breve periodo, vedo una nuova era dei lumi all'orizzonte e credo che la si possa realizzare e concretizzare con l'aiuto di tutti gli uomini di buona volontà.


Concludo questo mio intervento ponendo all'attenzione di voi tutti un libro, di recente uscita, che personalmente ho trovato interessante perché fornisce un modello sociale alternativo a quello esistente.

Pekka Himanen: "L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione".
Edito da Feltrinelli
12,91€

Il libro prende in considerazione il modello sociale hacker confrontandolo con quello cristiano e protestante (Weber) e mettendo in risalto come gli hacker siano vicini all'università e all'accademia di Platone.

L'epilogo e il prologo sono ad opera di Linus Torvalds (ideatore di Linux) e Manule Castells (autorevole economista dell'informazione).

Un'ultima cosa: questo libro fornisce anche informazioni su quale sia lo spirito e la natura che anima gli hacker che diverge completamente da come tv e giornali li raccontano.

ciao
una delle principali critiche che dal mondo global viene fatta all'economia globaliazzata (vedi il caso di Bové) è prorpio quella della progressiva standardizzazione dei prodotti. Non è un caso che uno dei loro bersagli siano i Mac Donald. Questa esigenza è fortemente avvertita anche in ambito liberale. Si pensi ad esempio agli interventi di Roepke in La crisi del Nostro tempo e la sua forte critica alla standardizzazione dei prodotti imposta dalle multinazionali.
Credo che una cosa sia la ricerca di slogan più o meno convincenti per ottenere consenso politico altra cosa la discussione teorica dei fondamenti del pensiero sociale ed economico. Nel prmo caso tutto fa brodo purchè porti consenso e , dal liberalsocialismo, alla socialdemocrazia ecc. Sul piano teorico credo che il liberalismo austriaco abbia ampiamente dimostrato con argomenti difficilmente criticabili la insostenibilità teorica della socialdemocrazia e delle politiche di interventismo eufemisticamente giustificate sulla base del perseguimento di obiettivi etici o di una non meglio specificata giustizia sociale. Tra l'altro società complesse come quelle avanzate non possono essere considerate come piccoli gruppi caratterizzati da una unità di intenti e presumibilmente di bisogni. Le politiche di redistribuzione economica consegnano in realtà un ampio potere nelle mani di burocrati che stabiliscono centralisticamente come devono essere spesi i soldi di tutti sulla base di un numero estremamente limitato di informazioni e, fatto importante ignorando quel sistema informativo di basilare importanza costituito dai prezzi ed impedendo di fatto ai singoli individui di usare per i propri fini inconoscibili e non determinabili su base centrale le proprie risorse economiche. Senza tenere conto del fatto che tutto ciò deve necessariamente comportare una progressiva standardiddazione delle idee e degli stili di vita della società, facendo scadere la dialettica delle opinioni a pura propaganda il più delle volte imposta tramite l'educazione scolastica i mass media o la criminalizzazione della difformità di pensiero e l'invenzione di nuovi nemici. Sotto questo punto di vista anche il liberalismo crociano con la sua distinzione tra libertà politica e libertà economica è poco interessante ed arretrato.
 
x JT

Grazie mille per aver menzionato il mio nome tante volte :D ma a dirti il vero non ho mai detto, od almeno non intendevo dire, che la sinistra devi riscoprire Marx, tutt'altro, infatti ho applaudito a Bertinotti ed i verdi che fanno proprie tesi dei no-global pacifici. Lungi da me l'idea di uno stato marxista... Non ci penso proprio.

Per il resto rinnovo i miei complimenti a tutti voi. Siete super, mi sembra di essere tornato al mio primo Forum!
 
Re: Re: Re: Re: Ma se il neoliberismo sta fallendo...

Scritto da adolar

una delle principali critiche che dal mondo global viene fatta all'economia globaliazzata (vedi il caso di Bové) è prorpio quella della progressiva standardizzazione dei prodotti. Non è un caso che uno dei loro bersagli siano i Mac Donald. Questa esigenza è fortemente avvertita anche in ambito liberale. Si pensi ad esempio agli interventi di Roepke in La crisi del Nostro tempo e la sua forte critica alla standardizzazione dei prodotti imposta dalle multinazionali.
Credo che una cosa sia la ricerca di slogan più o meno convincenti per ottenere consenso politico altra cosa la discussione teorica dei fondamenti del pensiero sociale ed economico. Nel prmo caso tutto fa brodo purchè porti consenso e , dal liberalsocialismo, alla socialdemocrazia ecc. Sul piano teorico credo che il liberalismo austriaco abbia ampiamente dimostrato con argomenti difficilmente criticabili la insostenibilità teorica della socialdemocrazia e delle politiche di interventismo eufemisticamente giustificate sulla base del perseguimento di obiettivi etici o di una non meglio specificata giustizia sociale. Tra l'altro società complesse come quelle avanzate non possono essere considerate come piccoli gruppi caratterizzati da una unità di intenti e presumibilmente di bisogni. Le politiche di redistribuzione economica consegnano in realtà un ampio potere nelle mani di burocrati che stabiliscono centralisticamente come devono essere spesi i soldi di tutti sulla base di un numero estremamente limitato di informazioni e, fatto importante ignorando quel sistema informativo di basilare importanza costituito dai prezzi ed impedendo di fatto ai singoli individui di usare per i propri fini inconoscibili e non determinabili su base centrale le proprie risorse economiche. Senza tenere conto del fatto che tutto ciò deve necessariamente comportare una progressiva standardiddazione delle idee e degli stili di vita della società, facendo scadere la dialettica delle opinioni a pura propaganda il più delle volte imposta tramite l'educazione scolastica i mass media o la criminalizzazione della difformità di pensiero e l'invenzione di nuovi nemici. Sotto questo punto di vista anche il liberalismo crociano con la sua distinzione tra libertà politica e libertà economica è poco interessante ed arretrato.


Posso anche in parte essere d'accordo con te ma vi viene in mente che un oscuro economista italiano che lavorava a Cambridge, Piero Sraffa, smontò la teoria della concorrenza perfetta nel 1926, come mai è stato dimenticato?
 
Scrive Adolar:

"il liberalismo austriaco abbia ampiamente dimostrato con argomenti difficilmente criticabili la insostenibilità teorica della socialdemocrazia e delle politiche di interventismo eufemisticamente giustificate sulla base del perseguimento di obiettivi etici o di una non meglio specificata giustizia sociale".

Giusto.

La questione però, come ben noto, è che ogni politica economica contiene in se la scelta di quale obiettivo perseguire. Anche nell'ipotesi estremo di perseguire una configurazione dei redditi visti come risultato di una qualche sorta di diritto naturale, alla Nozick ad esempio, è implicito l'adozione (o meglio la non adozione) di dati strumenti che qualificheranno la EP.
Allora la questione diventa quella di dare una giustificazione teorica, e augurabilmente scientifica, a ciò che segue dal perseguire una configurazione di diritto naturale.
Altrimenti, è solo difesa dell'esistente. Cosa per altro legittimissima.

Su un piano diverso: siamo sicuri che diritto naturale e capitalismo siano conciliabili ? Non è che il capitalismo nasce e si sviluppa solo in quanto riesce a far fuori ogni considerazione che rimanda ad un mondo mitico-naturale ? E non risiede esattamente in questa sua forza di spingere in avanti la "cognitività umana" la sua funzione progressiva ?
 
Re: Re: Re: Re: Re: Ma se il neoliberismo sta fallendo...

Scritto da James Tobin



Posso anche in parte essere d'accordo con te ma vi viene in mente che un oscuro economista italiano che lavorava a Cambridge, Piero Sraffa, smontò la teoria della concorrenza perfetta nel 1926, come mai è stato dimenticato?
Nulla è perfetto, ti potrei rispondere. Chi considera la concorrenza un sistema perfetto sbaglia. Ma più generalmente potrei dire che la ricerca di un ordine perfetto è estranea alla natura del liberalismo, il quale parte dalla constatazione della imperfezione dell'uomo e cerca di pensare concretamente ad un ordine politico che possa limitare i danni delle false perfezioni e delle presunzioni fatali (Hayek) Il problema è questo: in che modo garantire l'esercizio di quelli che -ad esempio- Nozick chiama diritti fondamentali degli uomini (persone o ndividui)?
 
Scritto da suslov
Scrive Adolar:

"il liberalismo austriaco abbia ampiamente dimostrato con argomenti difficilmente criticabili la insostenibilità teorica della socialdemocrazia e delle politiche di interventismo eufemisticamente giustificate sulla base del perseguimento di obiettivi etici o di una non meglio specificata giustizia sociale".

Giusto.

La questione però, come ben noto, è che ogni politica economica contiene in se la scelta di quale obiettivo perseguire. Anche nell'ipotesi estremo di perseguire una configurazione dei redditi visti come risultato di una qualche sorta di diritto naturale, alla Nozick ad esempio, è implicito l'adozione (o meglio la non adozione) di dati strumenti che qualificheranno la EP.
Allora la questione diventa quella di dare una giustificazione teorica, e augurabilmente scientifica, a ciò che segue dal perseguire una configurazione di diritto naturale.
Altrimenti, è solo difesa dell'esistente. Cosa per altro legittimissima.

Su un piano diverso: siamo sicuri che diritto naturale e capitalismo siano conciliabili ? Non è che il capitalismo nasce e si sviluppa solo in quanto riesce a far fuori ogni considerazione che rimanda ad un mondo mitico-naturale ? E non risiede esattamente in questa sua forza di spingere in avanti la "cognitività umana" la sua funzione progressiva ?
Suslov, mi spieghi per favore che cosa intendi per diritto naturale? O per lo meno lo intendi nel senso classico del termine(alla Strauss per intenderci) come diritto proprio di un essere dotato di ragione o nel senso 700 del termine all'interno del dualismo tra stato di natura e stato di civiltà?
Perchè sono due approcci molto diversi
Grazie!
 
Aldolar, lungi dall'entrare in questioni sulle quali possiedo ampi spazi di ignoranza, la questione minima che volevo porre riguarda la politica economica.

Sempre più spesso, dai pochi e meritevoli economisti liberisti del pianeta, dentro l'espressione "diritto naturale" viene ricompreso ciò che di "naturale" possiede ben poco.
Preservare con la politica economica una data distribuzione del reddito, ad esempio, mi sembra aver poco di "naturale".
Come dimostrare che la distribuzione del reddito tra classi e paesi al 13 febbraio 2002, rifletta una qualche "naturalità"?
E come dimostrarlo al 13 febbraio 1990, 1950, 1900, 1800 e via cantando ? Di questa via si arriverebbe all'assurdo, o forse no, che l'unica distribuzione della ricchezza conforme al "diritto naturale" è quella che assegna la mela ad Eva ed il resto ad Adamo. E che le modificazioni intervenute in seguito, siano distorsioni dovute all'ingerenza di inaccettabili mani ben visibili.
Il che di per sè, non sarebbe necessariamente male.
Basta sostenerlo con una teoria.
Cosa che mi sembra ancora incerta.

Ciao.
 
Noam Chomsky

Questo grande intellettuale liberale americano fa vedere nel suo libro molto 'leggibile' come si può essere liberali senza essere 'liberisti' a spese dei più poveri e come tutte le nazioni che sono passate da economie povere ad economie sviluppate lo hanno fatto mediante un forte intervento statale e non attraverso la via opposta. Chi legge questo libro apprezzerà questa segnalazione.

Noam Chomsky - Sulla nostra pelle - Marco Tropea editore

Luigir, fa sempre piacere risentirti.
 
Re: Noam Chomsky

Scritto da gisi
Questo grande intellettuale liberale americano fa vedere nel suo libro molto 'leggibile' come si può essere liberali senza essere 'liberisti' a spese dei più poveri e come tutte le nazioni che sono passate da economie povere ad economie sviluppate lo hanno fatto mediante un forte intervento statale e non attraverso la via opposta. Chi legge questo libro apprezzerà questa segnalazione.

Noam Chomsky - Sulla nostra pelle - Marco Tropea editore

Luigir, fa sempre piacere risentirti.

Ciao gisi.

Bel libro e soprattutto grande personaggio. Paladino dei diritti civili, è stato uno dei pochi che nel dopo 2 torri si è permesso di criticare apertamente gli USA, dopo aver manifestato il suo disgusto per gli attacchi terroristici dell'11/9, ricordando che Clinton nel suo pretestuoso attacco al Sudan ha fatto di peggio, distruggendo scorte di medicinali ed un numero imprecisato di morti. imprecisato perchè gli USA hanno bloccato l'indagine dell'ONU, ritenendola inutile... (nota: Una staffilata anche a Clinton, visto che mi si dice di essere sempre contro quelli di destra).

Volendo sintetizzare Noam Chomski in due parole lo si può definire un "liberal-socialista".

Chiedo scusa ma intendevo "libertario-socialista".

Già riportato in altro thread:

Liberali, liberisti, libertari... che differenza c'è?

La tradizione liberale autentica è quella che si identifica con la teoria lockeiana dei diritti naturali alla vita, alla libertà ed alla proprietà. Per un vero liberale l'unico compito dello Stato deve essere quello di difendere tali diritti. I Liberali quindi sono favorevoli a che lo Stato svolga le funzioni della giustizia, della polizia e della difesa, ma si oppongono a che si arroghi altre funzioni in quanto facendolo diventa inevitabilmente aggressore di quei diritti individuali che dovrebbe difendere.
Se Locke ed Adam Smith rappresentano i fondatori del liberalismo, i suoi maggiori interpreti in questo secolo sono Carl Menger, Ludwig von Mises, F.A. Van Hayek e Milton Friedman.
Purtroppo il termine liberale ha subito un po' ovunque contaminazioni. Negli Stati Uniti in particolare il significato è stato completamente stravolto ed i "liberals" sono i progressisti, cioè coloro che si battono per un maggiore intervento dello Stato in economia. Anche in Italia il termine liberale è molto inflazionato. Oggi tutti, da Fini a D'Alema si dicono ormai "liberali".
Nel caso italiano la maggiore confusione sul termine è stata opera di Benedetto Croce che divise tra libertà di ordine superiore (quelle civili) la cui difesa competeva ai liberali e libertà di ordine inferiore (quelle economiche) la cui difesa poteva essere lasciata ai liberisti. La maggior parte dei liberali, in senso autentico, rifiuta la distinzione di Croce in quanto ritiene senza senso pensare di scindere libertà civili e libertà economiche e non ama pertanto il termine liberismo a causa dell'iniziale connotazione spregiativa.
Il termine liberismo, comunque, per denotare il liberalismo economico ha preso ormai abbastanza piede nel nostro paese.
Le varie contaminazioni richiedono spesso, per indicare il liberalismo autentico, il ricorso all'espressione liberalismo classico.
Il libertarismo è una variante più radicale del liberalismo classico, tipicamente americana, che porta con sé una critica allo Stato ben più marcata (tanto che alcune correnti libertarie auspicano addirittura l'estinzione totale dello Stato) ed una fede assoluta nel capitalismo laissez-faire.
Anche sul termine libertario c'è grande confusione. Esso viene infatti utilizzato sia dall'ala più estrema e radicale del liberalismo, che dal socialismo anarchico o "comunismo libertario" di Bakunin, Kropotkin e Chomsky. Nel linguaggio comune inoltre il termine "libertario" viene usato spesso genericamente in riferimento all'allargamento delle libertà civili specie nel campo della droga, della libertà sessuale, etc. La necessità di indicare in maniera più univoca il libertarismo capitalista americano ha anche portato ad un tentativo, poi abortito, di introdurre in Italia il termine libertarianismo.
 
Ultima modifica:
Scusa Luigi,ma quando azz trovi il tempo per leggerti anche sti libri (leggerini)????

Miguelangel
 
Indietro