Alessandro Celli
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Ha narrato la memoria. E l’ha restituita sempre attuale, contemporanea e non, appunto, legata al passato.
Basta pensare al libro d’artista “10 Portraits Photographiques “ in cui sono raccolti i ritratti di sconosciuti, bimbi e giovani tra i due e i 20 anni che vengono indicati come l’artista nelle sue diverse età.
Nel libro “Il segno di Ustica” di Andrea Mochi Sismondi è riportata una conversazione sulla sua installazione al Museo per la Memoria di Ustica, a Bologna:
“Modulando il sussurro dei possibili pensieri quotidiani dei passeggeri dell’aereo con il respiro di ottantuno lampadine che si accendono e si spengono, ha saputo metterci in contatto con la densità di quelle vite spezzate dalla brutalità alla quale sono inconsapevolmente andate incontro. Vite che potevano essere la nostra, ci sembra dire con il suo lavoro, perché ognuno di noi – anima in viaggio – può entrare in collisione con la violenza cieca che ha devastato in migliaia di frammenti l’aereo, disperso i corpi, polverizzato gli effetti personali (e i pochi recuperati Christian li ha pudicamente sottratti allo sguardo, custoditi in nove sarcofaghi neri). Ma quel respiro persiste, anche dopo la sua morte, per indicarci la prosecuzione di percorso di consapevolezza esistenziale e coscienza politica che ficchi gli occhi ben dentro le ferite della storia”.
Basta pensare al libro d’artista “10 Portraits Photographiques “ in cui sono raccolti i ritratti di sconosciuti, bimbi e giovani tra i due e i 20 anni che vengono indicati come l’artista nelle sue diverse età.
Nel libro “Il segno di Ustica” di Andrea Mochi Sismondi è riportata una conversazione sulla sua installazione al Museo per la Memoria di Ustica, a Bologna:
“Modulando il sussurro dei possibili pensieri quotidiani dei passeggeri dell’aereo con il respiro di ottantuno lampadine che si accendono e si spengono, ha saputo metterci in contatto con la densità di quelle vite spezzate dalla brutalità alla quale sono inconsapevolmente andate incontro. Vite che potevano essere la nostra, ci sembra dire con il suo lavoro, perché ognuno di noi – anima in viaggio – può entrare in collisione con la violenza cieca che ha devastato in migliaia di frammenti l’aereo, disperso i corpi, polverizzato gli effetti personali (e i pochi recuperati Christian li ha pudicamente sottratti allo sguardo, custoditi in nove sarcofaghi neri). Ma quel respiro persiste, anche dopo la sua morte, per indicarci la prosecuzione di percorso di consapevolezza esistenziale e coscienza politica che ficchi gli occhi ben dentro le ferite della storia”.