fra il desiderio e l'incertezza

Alessandro Celli

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Quante volte ci è capitato in galleria, in una fiera o davanti ad un catalogo d’asta di desiderare un’opera ma poi rallentiamo l’entusiasmo pensando al solito orrendo dilemma del tipo “e se fra qualche anno non varrà un c__o ?”:(:(

Eggià, come se il desiderio di avere un’opera d’arte sia fin dall’inizio condizionato dalla probabilità di dovercene sbarazzare e rivendere?:mmmm::mmmm:

Ed ecco che gli abili giochi di marketing del mercato incidono sul nostro primario senso del desiderio.
Si dice sia sempre il cervello a dare le informazioni all’occhio e non il contrario, ma possibile che il nostro cervello sia tanto condizionato dal profitto e meno dal desiderio?

Mi torna in mente l’opera di Michael Elmgreen e Ingar Dragset dove per raggiungere il pianerottolo molti gradini non permettono la praticabilità della scala.:mad:

commenti in merito?
Grazie e buona serata.;)
 

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@techne già lo sapete ma quoto le ultime righe del tuo intervento “ non è sempre e solo questione di trovarsi "un patrimonio" da rivendere, è anche desiderio (in altro significato) di non buttare via soldi (c'è differenza comunque tra il "profitto" di cui parli, e il fatto di avere l'aspettativa che domani non valga più niente.... non trovi? ). Ecco: quello (della aspettativa) è l'equilibrio, secondo me”... anche secondo me!
 
le ragazzacce sempre più razionali di noi sempre un pò


bambini;)
 
Il ragionamento sul tema del “desiderio” è molto complesso.

Per ora mi limito a dire che ogni spesa dal frigo al gorgonzola, dal trattore al libro, dalle lezioni di tango al villaggio turistico...tecnicamente è “buttare” via i soldi.
Del resto a cosa servono se non per essere buttati?
Quel che conta è cosa ritorna indietro in termini di appagamento, soddisfazione ed equilibrio.
 
Credo sia il risultato di un "bilanciamento" tra ragione e sentimento, istinto e razionalità e anche di scala di priorità negli acquisti per esigenza o tra beni alternativi.

Il profitto non lo trovo strettamente legato, non sarebbe tanto diffuso il gioco d'azzardo, più che altro credo si tratti di limitare i danni.

Altri elementi in campo il praticare il collezionismo realmente come secondo lavoro ponderando attentamente le decisioni e nel dilettante l'insicurezza nella propria capacità di giudizio/preparazione.
Credo che il collezionismo richieda un'attitudine e "disciplina" che io ad es. credo di non avere.

P.S. Le donne sono in genere più analitiche e riflessive anche a rischio di restarne prigioniere e soprattutto sono meno propense alle gare "di lunghezza" da spogliatoio. ;)
 
Bambini perché? Io ho trovato un pò di confusione nelle tue parole. Proviamo a circoscrivere il campo: cosa intendi Tu per "profitto"? :)
Stiamo a ragionare su una aspettativa di guadagno, o sull'aspettativa di non aver gettato all'aria i nostri soldi?

Credo sia il risultato di un "bilanciamento" tra ragione e sentimento, istinto e razionalità e anche di scala di priorità negli acquisti per esigenza o tra beni alternativi.

Credo che il collezionismo richieda un'attitudine e "disciplina" che io ad es. credo di non avere.


se di desiderio si tratta io non voglio nemmeno pensare ad eventuali futuri profitti.
Voglio ossia desidero un'opera a prescindere;)

Chiaro che poi il collezionista "maturo" (quello che si è arricchito anche di tanti errori nel percorso:rolleyes:) una sua disciplina se la sarà costruita per riuscire ad individuare il desiderio a sua misura.

;)
 
Il ragionamento sul tema del “desiderio” è molto complesso.

Per ora mi limito a dire che ogni spesa dal frigo al gorgonzola, dal trattore al libro, dalle lezioni di tango al villaggio turistico...tecnicamente è “buttare” via i soldi.
Del resto a cosa servono se non per essere buttati?
Quel che conta è cosa ritorna indietro in termini di appagamento, soddisfazione ed equilibrio.

e mica posso darti torto, bambino:p

"Bambini che giocano con i soldi che sono diventati inutili dopo la guerra a Berlino nel 1923"
;);)
 

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Quante volte ci è capitato in galleria, in una fiera o davanti ad un catalogo d’asta di desiderare un’opera ma poi rallentiamo l’entusiasmo pensando al solito orrendo dilemma del tipo “e se fra qualche anno non varrà un c__o ?”:(:(

Eggià, come se il desiderio di avere un’opera d’arte sia fin dall’inizio condizionato dalla probabilità di dovercene sbarazzare e rivendere?:mmmm::mmmm:

Ed ecco che gli abili giochi di marketing del mercato incidono sul nostro primario senso del desiderio.
Si dice sia sempre il cervello a dare le informazioni all’occhio e non il contrario, ma possibile che il nostro cervello sia tanto condizionato dal profitto e meno dal desiderio?

Mi torna in mente l’opera di Michael Elmgreen e Ingar Dragset dove per raggiungere il pianerottolo molti gradini non permettono la praticabilità della scala.:mad:

commenti in merito?
Grazie e buona serata.;)
Ho visto l’opera in questione al museo di Aarchen in Danimarca e mi aveva incuriosito.
Andrea
 
Mi chiedo se in questo caso il desiderio fosse di non andare in amministrazione e quindi ha unito desiderio e raziocinio trovando una soluzione per non andarci (rompere la scala)...

Comunque sono d'accordo con le ragazze, intanto cerco di commisurare il desiderio alle disponibilità. Non avendo ambizione di comprare opere per vederne il valore aumentato ma solo, spero, mantenuto, è più facile abbandonarsi al piccolo desiderio.


Quante volte ci è capitato in galleria, in una fiera o davanti ad un catalogo d’asta di desiderare un’opera ma poi rallentiamo l’entusiasmo pensando al solito orrendo dilemma del tipo “e se fra qualche anno non varrà un c__o ?”:(:(

Eggià, come se il desiderio di avere un’opera d’arte sia fin dall’inizio condizionato dalla probabilità di dovercene sbarazzare e rivendere?:mmmm::mmmm:

Ed ecco che gli abili giochi di marketing del mercato incidono sul nostro primario senso del desiderio.
Si dice sia sempre il cervello a dare le informazioni all’occhio e non il contrario, ma possibile che il nostro cervello sia tanto condizionato dal profitto e meno dal desiderio?

Mi torna in mente l’opera di Michael Elmgreen e Ingar Dragset dove per raggiungere il pianerottolo molti gradini non permettono la praticabilità della scala.:mad:

commenti in merito?
Grazie e buona serata.;)
 
Compro con l'illusione di vendere un giorno che inesorabilmente non arriva mai e penso che non arriverà fin quando esisto. Il mio comprare è un esercizio di pura fantasia nell'atto sperato del rivendere.
Avrei fatto volentieri il mercante, così da essere costretto a non legarmi mai ad un'opera dal mestiere stesso che avrei esercitato.

Un saluto
 
Creazione del desiderio, del bisogno ( spesso indotto dalla Pubblicità, dal Mercato ecc..) di possedere un determinato bene... poi, magari dopo poco tempo si capisce, che in realtà non ne avevamo affatto bisogno!!.. Non per niente proliferano siti quali Subito, Catawiki, E Bay ecc ecc.. detto in soldoni, eh... In linea di massima siamo pieni di cose che, per vivere, servono a ben poco. Io, ormai, sono quasi diventato un Francescano... quasi.. :D
 
In un contesto dove anche chi lo fa di professione fatica a sopravvivere (tendenza già in atto prima del covid al di la di certe eccezzioni che non sto a ribadire) sperare non dico di guadagnarci, ma anche solo di non perderci, e un poco utopico. Poi magari nel lungo periodo qualche colpo di fortuna può capitare, come in ogni ambito della vita.
Per me i soldi in arte, come in altri piaceri della vita, una volta spesi 'vanno dimenticati'.
Se non ci si può permettere questo, meglio lasciar perdere o comunque dedicare budget che possano essere persi senza alcun problema.
Altro errore che poi spesso accade e inseguire artisti che quando costavano poco manco li si filava e quando diventano costosi ed il prezzo sale di colpo ci appaiono come interessanti.
In poche parole, prendi ciò che ti appaga senza alcuna convinzione di poter recuperare quanto speso. Cosi appaghi il desiderio facendo svanire l'incertezza.
 
toni77... bollinato :bow::bow::bow: la penso esattamente come te. :)
 
Io dedico una piccola parte del mio budget annuale a opere che mi piacciono e basta. Giovani sconosciuti, vecchie glorie scomparse, gente mai sentita prima, perfino arte antica o sotto-correnti scovate su lot-tissimo. La mia collezione è orientata perlopiù sull’astrattismo italiano degli anni 50 e 60. Lì spendo i miei soldi, mediando rra ragione e sentimento, con l’obiettivo di appagare la mia sete di arte, ma anche (l’illusione?) di una sorta di investimento.
 
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