Il corona virus ci porta via CELANT

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Ho appreso dai quotidiani che Germano Celant, 80 anni si è spento a Milano a causa del corona virus. Il mondo dell'arte perde un grandissimo.
 
@getulio era stato gia' riportato ieri nel 3D "Le brutte notizie dal mondo dell'arte due" ... una grande perdita :(
 
Ho appreso dai quotidiani che Germano Celant, 80 anni si è spento a Milano a causa del corona virus. Il mondo dell'arte perde un grandissimo.

Concordo con l'apertura di un 3D incentrato sulla triste notizia della dipartita.

Che sia motivo per riflettere su un lutto simbolico e collettivo sulla fine del '900 artistico italiano. Partendo dal suo lavoro di critico e curatore, con analisi, elogi o critica, si ha comunque una visione molto più ampia di quella che può darci il singolo artista, chiunque sia e qualunque sia la sua grandezza.

Celant incarna l'ultima avanguardia del '900 (arte povera) e con ABO (transavanguardia), pur avendo storie e visioni differenti, sono gli ultimi due passaggi rilevanti di un intero secolo d'arte.
 
Un ricordo autorevole ....
(mi sono permesso di mettere in grassetto i passaggi attinenti al mio post precedente e meritevoli di essere discussi)

Ogni giorno arrivano messaggi da leggere, video da guardare, appelli da firmare.
Oggi per favore non mandateci niente.
Non abbiamo più voglia di questi giochi.*Non servono a niente, per favore un po’ di silenzio.
Germano Celant ha terminato la sua vita su questa terra*e noi abbiamo perso un amico, oltre che un grande interprete e organizzatore di mostre della nuova arte.*Dare tempo al tempo e mettere al mondo il mondo, come avrebbe detto Boetti. Lui c’era riuscito.
Tutto questo agitarsi, questo darsi daffare nelle arti: un grande gioco al massacro. Celant invece aveva portato un approccio da storico*e da grande*Uomo concreto qual era. Non dimentichiamo che con *la sua azione caparbia e concreta molti artisti italiani hanno raggiunto le vette del mercato e creato un'economia e un indotto non trascurabili. Non avremmo le Italian Sales, non avremmo Piero Manzoni e Alighiero Boetti a quei livelli senza Celant.
Dalla lanterna di Genova al Guggenheim.
Dalla Salita di Oregina, il luogo della mitica comunità dell’Oregina a Genova, alla sua Fondazione di Milano.
Dal Marcatrè all'Arte Povera.
Da Venezia a Kassel.
Dal biliardo al poker.
Con occhialini tondi e anelli alle dita,*anelli d’Argento, come il nome del suo bimbo.
Fondatore di una nuova identità:*identité italienne.
Mi ha raccontato un giorno che, non trovando Artforum in Italia, era andato*a New York a comperarlo. Alzava il sopracciglio sinistro e gli scappava un sorriso d'intesa in queste occasioni di complicità, come a dire: "Sembra che l’abbia detta grossa, vero? Invece proprio così è andata...”.*A New York si fermerà un po' più del previsto. Acquista i numeri di Artforum che cercava ma diventa anche caporedattore. Inoltre, en passant, siederà al Guggenheim su una poltrona molto* importante.
Oggi il mondo ha perso un gigante.*Ma nel disastro di questo pandemonio Germano ci ha lasciato una grande eredità.*Oggi siamo più disperati da un lato e più ricchi dall’altro.*La sua lezione è stata importante: ci ha insegnato un metodo, una diversa consapevolezza, un modo di*guardare alle opere d’arte senza filtri, un sistema del tutto nuovo per mostrarle seguendo i desideri*dell’artista.*Germano diventa coautore e complice, non solo narratore di interpretazioni ex post.
L'invenzione dell'arte povera è stato solo un passaggio, poi è venuto tutto il resto, compresa la sua forza fisica, oltre quella mentale, per affrontare lunghi viaggi fatti per vedere, capire, fare, inventare; forza necessaria per imporre il “modo italiano” nei mitici Sessanta e Settanta, che oggi ci appaiono così grandi ma lontani. Giri del mondo che lo hanno sorpreso un giorno senza difese.
Ci piace pensarlo ora mentre viaggia a velocità che noi non conosciamo, verso l'infinito, come dice il titolo di una famosa opera di Giovanni Anselmo.
Tutti viaggeremo così in quei momenti, ma Germano lascia dietro di sé una scia luminosa.
Una scia d'Argento...
*
Massimo Minini
 
caro Cris
visto che tu hai citato il mio compaesano Massimo
io ti riporto le parole di Giulio ....
Paolini, sì:yes:


Fu proprio Germano Celant a tenermi a battesimo negli anni Sessanta e ad accompagnarmi, dai primi passi fino a oggi, in una felice e condivisa avventura. Coetaneo e conterraneo (nativi entrambi di Genova nello stesso anno, il 1940) da sopravvissuto ora lo saluto quest’ultima volta, incredulo e commosso, fiducioso di ritrovarlo presto altrove in un futuro incognito (quale futuro non lo è?).
Spazio e Tempo furono proprio le coordinate assolute, ma anche concrete dell’opera d’arte che con lui ci ritrovavamo ad indicare in una identità di vedute che costituì una bella parentesi nelle confuse correnti di pensiero di quell’epoca. Idee e materiali si davano la mano nel dialogo senza fine con le immagini: ci trovavamo ad essere, insieme, autori o spettatori nella scena della rappresentazione.
Molti accadimenti si sono avvicendati nella vita di ognuno di noi: all’inseguimento di rotte e passioni diverse fummo distanti per lunghi periodi. Eppure Germano era sempre lì, pronto a rilanciare la nostra intesa con sguardo complice e rinnovate proposte: è del 1972 la nostra prima monografia insieme e del 2019 la sua ristampa… andata, ritorno, fine.
Vicini e lontani come sempre, grazie caro Germano.
 
in questi giorni ho letto tanta ipocrisia dalle bocche di coloro che in vita lo avevano spesso aspramente criticato.

Questa ritengo invece la recensione più coerente:

Germano Celant, critico baby boomer | Doppiozero


L'immagine qui sotto è invece riferita alla mia frase inziale.:o
 

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Buongiorno a tutti,

Chi pensate possa diventare il «*futuro*» Celant dell’arte contemporanea italiana ? Chi secondo voi è un curatore/critico moderno capace di portare i nostri artisti nel mondo ?

Buon weekend a tutti
 
Germano Celant era soprattutto un bravissimo curatore
molto legato con gallerie e istituzioni in mezzo mondo.

Temo ad oggi nessuno:no:
 

Molto interessante questo passaggio che spiega tante cose

....
Per essere radicali bisogna essere poveri? Ricchezza o Povertà? Ma come fa uno che si è inventato l’Arte Povera a lavorare poi per musei come il Guggenheim e la Fondazione Prada?
Lo spiega Celant stesso com’è andata, in un’intervista del 2017 su cui spesso mi sono soffermato in questi giorni: “Da circa un secolo, da Duchamp in poi, c’è stato il tentativo di togliere all’arte l’aura, cioè quella sostanza sacra che rendeva l’oggetto artistico qualcosa di venerabile. Ma non è andata proprio così. Il feticcio dell’arte ha resistito a ogni laico assalto e ha trovato un alleato fortissimo nel feticcio economico. Non è tanto un simbolo quanto una forza che ti scappa da tutte le parti. [Io] per un verso sono un meccanismo che ha contribuito a consolidare questo tipo di realtà. Dall’altro ho cercato di contrastarlo, ma è difficile ribellarsi, anche se la ribellione è un’ombra che mi ha seguito fin dall’Arte Povera. Tutte le volte che provi a mettere in crisi il sistema, ne rinnovi il valore. Anche se dicessi che l’oggetto d’arte non esiste, continuerebbero a esistere le conseguenze. Sono queste che si impongono...
 
interessante ricordo e tributo di Massimiliano Gioni.

Simpatico l'aneddoto ... "eppure, nonostante tutta la sua professionalità ed efficienza, quando qualche anno fa l'ho intervistato sul suo rapporto con Alighiero Boetti e la nascita dell'Arte Povera, ha affermato con orgoglio che l'origine mitica del movimento doveva forse meno alle rivolte studentesche maoiste o a Jerzy Grotowski (il regista teatrale polacco da cui Celant ha preso in prestito l'idea di un'arte "povera"), rispetto al consumo di grandi quantità di droghe ricreative negli studi degli artisti"

Non conoscevo il regista Jerzy Grotowski e tanto meno che avesse dato il via all'idea di Arte Povera. Da approfondire!

Massimiliano Gioni on What He Learned From Germano Celant, the Troublemaking Curator With a Maniacally Precise Mind
 
da un mio vecchio post

.... Forse non tutti sanno che Germano Celant coniò il termine “Arte Povera”, mutuandola dal “Teatro Povero” di Grotowski.
Voleva intendere un ritorno al primario, al primordiale, che mettesse da parte gli artifici antropici e guardasse al mondo animale e vegetale.

E proprio nel 1968 uscì una raccolta di saggi intitolata "Per un teatro Povero" . Una sorta di manifesto delle tecniche teatrali ideate da Jerzy Grotowski (1933-1998), che hanno rivoluzionato il teatro.

Foto :
ALIGHIERO BOETTI, Shaman/Showan, 1968. Veduta dell’installazione in occasione della mostra Arte Povera più Azioni Povere, Arsenali della Repubblica, Amalfi 1968.

e Jerzy Marian Grotowski
 

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Ma che bravi che siete :bow:
Essendo l'ignorante della situazione, nel senso che ignoravo questo importante passaggio perché in effetti non è banale, promesso che mi metterò a studiare :p.
 
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