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02-01-21, 07:41 #2
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Secondo la definizione del suo grande estimatore (e similmente anarchico
) Harald Szeemann:
«appartenente all’ultima generazione di visionari, solitari e nomadi che crea dal caos, considerando la pulsione interiore come criterio primario»
Nel vortice che investe il mondo culturale a metà degli anni ‘60, Mario Merz è l’autore più anziano e una delle figure di spicco della koinè dei poveristi (prendo a prestito una felice definizione di Bruno Corà).
Merz arriva a Torino da Milano per studiare medicina ed entra nel gruppo antifascista Giustizia e Libertà nel 1945, alimentando la sua visione politica attraverso la lettura di Gramsci e Marx: partigiano, verrà condannato a un anno di detenzione nelle Carceri Nuove, un evento che segnerà un momento cruciale nella la sua esperienza artistica.
Lì incontrerà Luciano Pistoi (che aprirà poi la galleria Notizie) e sfrutterà la parentesi carceraria per sperimentare disegni con la tecnica del tratto continuo, già approcciati durante la prima giovinezza. Si forma da autodidatta, concentrandosi in prima battuta sul disegno e aprendosi alla pittura anche grazie al confronto con Mattia Moreni e Luigi Spazzapan, due “outsider” della scena artistica dell’epoca, guardando poi all’informale, a Jackson Pollock, ma anche a Jean Dubuffet e Jean Fautrier.
La sua pratica artistica è segnata da una visione critica della società consumistica contemporanea, ed è influenzata dal Situazionismo, presente nell’area torinese nella figura carismatica di Pinot Gallizio, ma anche dalla tradizione pittorica.
“Merz, using himself as a sensitive needle, tries to draw a map in which the archetypes of the individual’s feeling and living solidify as they move through differentiated territories.” (Germano Celant, Mario Merz, catalogo della mostra, Solomon R. Guggenheim Museum,
Fonte : Mario Merz. Igloos | Doppiozero
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02-01-21, 08:14 #3
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Colgo l'occasione per riproporre il messaggio #235 Lettura di un'opera
Ciao!!
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02-01-21, 08:27 #4
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02-01-21, 08:41 #5
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Se le parole prendono la forma di frasi o di domande, i numeri invece fanno invece sempre riferimento alla cosiddetta “serie di Fibonacci”, a cui Merz si appassionò alla fine degli anni ’60 leggendo i testi del filosofo naturalista toscano Leonardo Fibonacci.
Quest’ultimo, all’inizio del 1200, per studiare come evolveva la popolazione di una colonia di conigli, aveva individuato una sequenza matematica nella quale ogni numero è dato dalla somma dei due precedenti (1,2,3,5,8…). Fino al XIX secolo a questa successione non fu attribuita alcuna importanza, finché si scoprì che poteva essere applicata, per esempio, nel calcolo delle probabilità, nella sezione aurea e anche nella natura, per esempio nella disposizione delle foglie di un albero. Insomma, una serie numerica che sta alla base della nostra realtà.
A partire dal 1970, Merz inizia ad introdurre la sequenza di Fibonacci all’interno di molte sue opere (ad esempio su alcuni igloo, o direttamente sulle pareti, in relazione ad animali o oggetti della vita quotidiana che compongono le sue opere). I numeri di Fibonacci rappresentano i processi di crescita del mondo naturale e rimandano anche a un’idea di continua trasformazione ed evoluzione, una sorta di successione potenzialmente infinita.
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02-01-21, 17:04 #6
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Una somma reale è una somma di gente del 1972
Le fotografie ritraggono artisti e mercanti d'arte che cenano al ristorante Ponte delle Gabelle a Milano.
Presso
‘Untitled (A Real Sum is a Sum of People)’, Mario Merz, 1972 | Tate
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04-01-21, 15:47 #7
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Spazio, tempo, materia, gesto e comportamento sono gli elementi che avvicinano Mario Merz a Lucio Fontana, in un dialogo ideale sulle potenzialità dell’arte nella tarda modernità che ha contribuito in maniera determinante a ridefinire i caratteri della cultura artistica contemporanea.
Sebbene attraverso percorsi molto diversi, entrambi hanno ridefinito i concetti di spazio e tempo in relazione alla posizione dell’uomo
rispetto alla natura.
Vi è un passaggio nel Primo Manifesto dello Spazialismo, redatto da Fontana e da altri nel 1947, in cui si legge “L'arte è eterna, ma non può essere immortale. È eterna in quanto un suo gesto, come qualunque altro gesto compiuto, non può non continuare a permanere nello spirito dell'uomo come razza perpetuata. [...] Ma l'essere eterna non significa per nulla che sia immortale. Anzi essa non è mai immortale. Potrà vivere un anno o millenni, ma l'ora verrà sempre, della sua distruzione materiale. Rimarrà eterna come gesto, ma morrà come materia”.
Alcuni decenni più tardi, Merz realizzerà un’opera con una scritta al neon che recita “Se la forma scompare la sua radice è eterna”.
(verso del poeta persiano Rumi)
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04-01-21, 19:07 #8
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Forse non tutti sanno che una delle poche opere (igloos) ad avere al suo interno anche oggetti di uso comune è “Is space bent or straight?”, dove dalle pareti in vetro di un suo igloos si vede una macchina da scrivere.
L’oggetto presente è andato in scena all’interno di una performance eseguita da Merz insieme a Emilio Prini, nella quale i due leggevano, scrivevano e parlavano seduti all’interno dell’igloo, che diventava a tutti gli effetti un luogo abitabile e di relazione.
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07-01-21, 06:49 #9
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Merz era affascinato dalla serie di numeri di Fibonacci, questo sistema (originariamente applicato alla comprensione della riproduzione nei conigli) si estende all'infinito, quindi si può vedere che corrisponde alla proliferazione in natura.
I numeri aumentano sommando ciascuna coppia precedente, ad esempio 1 + 1 = 2 + 1 = 3 + 2 = 5.
Qui immagini di tavoli sempre più grandi sono collegati in una spirale, numeri al neon su ciascuno secondo il sistema Fibonacci, con bicchieri disegnati su ogni tavolo corrispondenti a questi numeri, suggerendo un numero infinitamente crescente di commensali.
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07-01-21, 09:33 #10
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@Antipole lavoro splendido!