il colore politico nell'arte

Alessandro Celli

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Parto da questa recente intervista:
Intervista a Lucrezia De Domizio Durini su Joseph Buys | Artribune

e proseguo con Demetrio Paparoni, sempre da una intervista:
L'arte è oggi più svincolata dalla politica che in passato?
«Sì, ma è legata a quella che chiamo l'ideologia della finanza post-ideologica: nessuno sfugge alla sua influenza. Che i grandi collezionisti siano spesso speculatori fa parte del gioco, né sorprende il potere di certe gallerie, la cui influenza è pari a quella dei musei. Una volta c'erano artisti asserviti ai partiti, oggi ce ne sono altri che promuovono la visione della finanza internazionale».

Quindi aveva ragione Ennio Flaiano a sentenziare "L'arte è un investimento di capitali, la cultura un alibi" ??:mmmm::mmmm:

Miuccia Prada con un passato di femminista e militante comunista che si ostinava ad andare ai cortei studenteschi vestita Yves Saint Laurent dopo essersi fermata sulle scale di casa per accorciare con ago e filo l’orlo alla gonna senza che questo le impedisse di dare una mano a lavare piatti e pentole dei frugali pasti con i compagni …
disse in una intervista : «In certi intellettuali nostrani c'è ancora diffidenza verso la ricchezza e il fascino che viene dal denaro». E dire che si comprò un Barnett Newman per 34 milioni di euro.:rotfl::rotfl::rotfl::rotfl:

E dall’altra parte del mondo, in America :
“Ogni proclama di Trump sembra ispirare nuove ondate di proteste e reazioni. Quando il presidente ha annunciato la prima revisione del suo bando all’immigrazione da sette stati a maggioranza musulmana, il David Museum del Wellesley College ha coperto e rimosso circa 120 opere realizzate o donate da immigrati, mente il Museum of Modern Art ha messo in esposizione le opere della sua collezione realizzate da artisti provenienti dalle nazioni bandite. Andrea Rosen, allineata con l’establishment, ha deciso di chiudere la sua galleria di Chelsea, anche per concentrarsi sulla propria attività politica. “

O forse, come dall’intervista di Lucrezia De Domizio Durini in testa al post aveva ragione Joseph Beuys nelle dichiarazioni del 23 aprile 1979?:cool::cool:

E come ne abbiamo trattato di là sul 3D di Salvo, che dichiarò:
“Erano tutti di sinistra come del resto lo ero stato anch'io, e ci voleva poco a dire quello è fascista, è di destra”

Mi chiedo, ma perché, perché gli artisti ancora oggi sono spesso di sinistra? Cosa è una dichiarazione di protesta, di controtendenza o cos’altro?


Con questo chiedo cortesemente di non farmi rimuovere il 3D dopo i prossimi tre vostri interventi, eh?:p:p
Grazie
 

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Par condicio...
:):p Ciao!!

Il Cavaliere magnificava i pregi della nuova costruzione.
«Qui ci andrà Marcello, qui Fedele, qui mio padre, qui riposerò io», gli aveva detto orgoglioso Berlusconi, indicando prima i loculi e poi il sarcofago.
Montanelli aveva fatto scorrere uno sguardo perplesso lungo le pareti in travertino.
Si era reso conto che l'intera cripta era delitimitata da un altorilievo di forme incastrate le une nelle altre «a significare la catena degli affetti che tengono uniti i morti e i vivi».
E da toscano scaramantico qual era, si era infilato le mani nella profondità delle tasche dei pantaloni.
Ma l'antico rito anti-sfortuna era stato improvvisamente interrotto dalla voce di Silvio.
«Indro, non oso chiedertelo, ma se anche tu volessi farmi l'onore...», gli aveva domandato un Berlusconi particolarmente emozionato...

Il Cavaliere Del Santo Sepolcro - l'Espresso

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Tema spinosetto eh Brix ;)

L'arte è sempre andata a braccetto con il potere. Da secoli. E quindi con la politica. A volte anche facendo finta di andare controcorrente, mentre quelli controcorrente sono sempre stati pochissimi.
La quasi totalità degli artisti - del resto come la maggior parte delle persone - si è storicamente conformata al pensiero dominante, quasi sempre in buona fede e senza magari rendersene pienamente conto. Incanalando poi la propria creatività in quella direzione.

L'essere umano non fa come i salmoni... tendenzialmente segue il verso della corrente.
 
speriamo proprio di no Biagio.
Se no diventiamo una popolazione di pecore.
Sai quelli che credono ciecamente agli archivi, senza capacità di senso critico.

Boetti il fiume lo risaliva fino alla sorgente.
Si fa più fatica, ma non sai che bello!
 
I problemi della committenza bipartisan...
:):p Ciao!!

Ps, sono sintesi senza cercare di entrare troppo nel merito.
Per le lamentele rivolgersi al Mod che ha aperto il 3D. :D
 
Giuseppe Prezzolini, in un suo articolo intitolato Fascismo e futurismo, pubblicato il 3 luglio del 1923, scrive: “Evidentemente nel Fascismo c’è stato del Futurismo e lo dico senza alcuna intenzione.
Il futurismo ha rispecchiato fedelmente certi bisogni contemporanei e certo ambiente milanese.
Il culto della velocità, l’amore per le soluzioni violente, il disprezzo per le masse e nello stesso tempo l’appello fascinatore alle medesime, la tendenza al dominio ipnotico delle folle, l’esaltazione di un sentimento nazionale esclusivista, l’antipatia per la burocrazia, sono tutte tendenze sentimentali passate senza tara nel fascismo dal futurismo.


Del resto terminato il conflitto mondiale, Marinetti fonda i Fasci Futuristi per opporsi ai politici che avrebbero voluto "mutilare", come si diceva, "la vittoria italiana".
Nel 1919, il 23 marzo, con altri futuristi, partecipa a Milano alla riunione di piazza San Sepolcro, in cui sono fondati i Fasci di Combattimento, capeggiati da Mussolini.
Per poco più di un anno Marinetti procede al fianco di Mussolini, ma dopo il congresso fascista del 1920 esce dai Fasci...

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Quando nell’ottobre del 1917 Lenin salì al potere, società e cultura avevano un unico obiettivo: la costruzione dell’homo novus che nasceva dalla rivoluzione.
L’arte aveva in questo un ruolo essenziale, si poneva come strumento principe di educazione del proletariato.

Ma astrattismo e costruttivismo avevano un grande limite: peccavano di immediatezza e dunque non potevano rispondere a quell’obiettivo, ineludibile, di formazione della classe emergente dei proletari.
Così queste correnti, seppur validissime, furono presto isolate e screditate, in luogo di un realismo che fu la corrente quasi esclusiva tra il 1920 e il 1970.

Il realismo socialista, ufficialmente, nacque nel 1932.
A quel punto era chiaro ciò che il partito si aspettava dagli artisti: la rappresentazione di concetti come la fedeltà al partito, l’ideologia e naturalmente il radioso avvenire della società...

Isaak Brodskij. Cerimonia di apertura della Terza Internazionale (1921-24).

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speriamo proprio di no Biagio.
Se no diventiamo una popolazione di pecore.
Sai quelli che credono ciecamente agli archivi, senza capacità di senso critico.

Boetti il fiume lo risaliva fino alla sorgente.
Si fa più fatica, ma non sai che bello!

Mmt il tema sarebbe "l'arte e il colore politico", almeno qui cerchiamo di lasciare fuori gli archivi...

Io un po' di sano realismo ce lo metto: il senso critico lo hanno in pochi, e la stragrande maggioranza delle persone segue la corrente. Non è una critica, è una semplicissima constatazione.
Gli artisti sono persone, e quindi si comportano come le altre persone. In maggioranza (non tutti!) seguono il pensiero dominante, e sono in pochi a distaccarsene. Per foruna alcuni addirittura stanno proprio al di sopra e fanno una personale ricerca del tutto distaccata dalla politica.

Prova ad andare in visita a Documenta e ti renderai conto di come il sistema sia intriso di pensiero dominante, e che se un artista vuole entrare in certi contesti deve affrontare certi temi e lo deve fare in una certa direzione. In quel caso ha la strada spianata per essere invitato. Altrimenti è fuori.

E' sempre stato così, in tutte le epoche. Una volta in una direzione, una volta in un'altra, a seconda di dove sta "il potere".

Non sempre ci si rende conto perchè essendo in molti a stare all'interno di una tendenza "dominante", facilmente non ci si fa caso.

PS. Il potere è sempre andato a braccetto con l'arte in tutte le sue forme, da quella visiva alla musica al cinema. E ovviamente ha sempre controllato l'informazione. E' normale.
 
aggiungo un pochetto di sale:p


parole senza peli sulla lingua quelle di Luca Beatrice, sull’arte povera.

Ha goduto della connivenza politica, soprattutto a sinistra e recentemente anche a destra, grazie all’abilità del curatore sia di rispolverare quei termini populisti che un tempo solleticavano i radical chic, sia quei capitalisti così disprezzati ma che hanno permesso all’Arte povera di fare il bello e il cattivo tempo, «dimenticando» tutto ciò che non fosse omologato, a cominciare dai primi «compagni di strada», il troppo ironico Alighiero Boetti (recuperato solo post mortem) o l’Aldo Mondino «venduto» al mercato.

L’Arte povera ha impedito all’arte italiana di crescere producendo una serie di cloni fuori tempo che, essendo al massimo degli imitatori, non ha alcuna possibilità di successo. Al suo cospetto persino la Transavanguardia risulta un incidente di percorso.

L’Arte povera è lo specchio della vecchia Italia protetta e assistita, rappresenta la roccaforte del reducismo sessantottino mutatosi geneticamente in classe dirigente. :eek:
La cultura in Italia continua a dividere ancor più della politica. Inutile tentare un accordo con chi minimizza e ridicolizza il giudizio del pubblico, perché la gente ha gusti rozzi e provinciali. A loro basta il consenso degli arruolati, tanto gli stilisti passano i vestiti neri :cool: e il resto lo paga Pantalone.

LArte povera? Ha impoverito i musei - IlGiornale.it
 

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l'importante è che per non andare avanti, magari ti distrai e calpesti uno o due persone, un poco più deboli di te.
 
Mmt il tema sarebbe "l'arte e il colore politico", almeno qui cerchiamo di lasciare fuori gli archivi...

Io un po' di sano realismo ce lo metto: il senso critico lo hanno in pochi, e la stragrande maggioranza delle persone segue la corrente. Non è una critica, è una semplicissima constatazione.
Gli artisti sono persone, e quindi si comportano come le altre persone. In maggioranza (non tutti!) seguono il pensiero dominante, e sono in pochi a distaccarsene. Per foruna alcuni addirittura stanno proprio al di sopra e fanno una personale ricerca del tutto distaccata dalla politica.

Prova ad andare in visita a Documenta e ti renderai conto di come il sistema sia intriso di pensiero dominante, e che se un artista vuole entrare in certi contesti deve affrontare certi temi e lo deve fare in una certa direzione. In quel caso ha la strada spianata per essere invitato. Altrimenti è fuori.

E' sempre stato così, in tutte le epoche. Una volta in una direzione, una volta in un'altra, a seconda di dove sta "il potere".

Non sempre ci si rende conto perchè essendo in molti a stare all'interno di una tendenza "dominante", facilmente non ci si fa caso.

PS. Il potere è sempre andato a braccetto con l'arte in tutte le sue forme, da quella visiva alla musica al cinema. E ovviamente ha sempre controllato l'informazione. E' normale.


ma questo non vuol dire che sia giusto.
Una cosa non diventa giusta se la fanno in tanti e sbagliata se la fanno in pochi.
Una cosa è giusta se secondo te è giusta.
Dove vada il potere non è una discriminante.
 
Lea Vergine, nel testo "Attraverso l’arte: pratica politica–pagare il ’68"
fa della responsabilità e della coerenza di artisti e critici il punto fondamentale per un lavoro artistico strutturalmente politico, cioè quello che secondo la sua analisi deve essere l’arte contemporanea, descrive così quei concitati momenti:

“si toccò con mano che tutti coloro che s’interessavano di problemi a carattere estetico – sia sotto forma operativa e produttiva, sia sotto forma critica e divulgativa – erano tenuti a considerare la loro attività nell’ambito di una responsabilità situazionale ben precisa: fare dell’arte – o della critica d’arte – implicava scegliere la propria necessarietà e mettere a punto la propria funzione.”

In un mondo chiuso l’opera d’arte aperta diventa quindi rivoluzionaria ???:cool:
 
Germano Celant invece formula una dura critica alla sua categoria: siamo “sempre pronti, teoricamente, ad una lettura del reale, messi in contatto con la realtà siamo incapaci di affrontarla o non abbiamo strumenti per agirla.
La nostra incidenza rimane infatti a livello di comunicazione di consumo, serve come scarico per una continua perpetuazione dello status attuale, riduce la nostra azione a impegnati di corte.


Praticamente artisti e critici non fanno altro che
erodere gradualmente ogni situazione eversiva, la attuiamo, la levighiamo, la oggettualizziamo in un altro da sé per renderla da situazione in progresso in situazione in decesso.”


riferimento : G. CELANT, Critica come evento
 
Dal '68 passiamo al '77 in quel di Venezia...
:) Ciao!!

I dirigenti politici del PCI erano prudenti, realisti e d'accordo con le conclusioni di Giorgio Amendola durante una direzione del partito nel marzo del 1977:
"Se dobbiamo arrivare a un contenzioso con l'URSS il terreno scegliamolo noi e non facciamolo scegliere a transfughi, tipo Ripa di Meana.
Attenti a non perdere la nostra egemonia culturale (...) ed essere trascinati dagli altri dove vogliono.
Dobbiamo votare contro il programma di Ripa di Meana per recuperare terreno”.
Insomma le preoccupazioni per la Biennale del dissenso non derivavano soltanto dai legami con l'Unione sovietica, ma venivano vissute anche in chiave di politica interna e mantenimento dell'egemonia culturale.

La dirigenza comunista considerava la Biennale una provocazione del PSI che, al pari di altre prese di posizione, aveva il solo scopo di mettere in difficoltà il PCI e portare la sua non opposizione al governo ad una fine prematura.
La Biennale era considerata, in definitiva, un evento non solo antisovietico, ma anche anticomunista...

La Biennale del Dissenso: uno scontro a Sinistra
 
Bello spunto di discussione. Io la penso un po' come Biagio: l'Artista, o presunto tale, è un essere umano non troppo diverso dagli altri, e ovviamente si cerca la sua nicchia di sicurezza sociale ed economica, per cui tende a seguire l'onda del suo tempo, e ad accordarsi volentieri al Potere, sia esso Politico o Economico ..si sa bene che senza Santi in Paradiso è piuttosto difficile sfangarsela. Forse la " Sinistra " a suo tempo aveva più appeal e più attenzione verso l'Arte, ma oggi non credo sia più cosi..mi viene sempre in mente il fatto che i Servizi Segreti USA abbiano cercato di far prevalere l'Arte Occidentale su quella del mondo oltre cortina di ferro, e probabilmente anche dall'altra parte si faceva lo stesso giochino ..Paradossalmente sono più liberi quegli " Artisti " senza condizionamenti economici o perchè ricchi ( pochi, credo ) o perchè hanno fatto lavori " normali " e poi si sono dedicati alla loro passione ...Non penso che, giusto per fare due nomi a caso, un Koons, un Cattelan, un Hirst senza i giusti appigli potessero arrivare dove sono arrivati ...impressione mia, eh!
 
L'arte sarà sempre legata alla politica sia in termini di affermazione che di contrasto ad un modello culturale dominante, omologazione versus anarchia.

La politica è diventata postideologica e l'arte l'ha seguita, sia per una certa complicità alla citata finanziarizzazione che per prese di posizione "politiche" che vanno in direzione opposta, di contestazione, contrapponendo ad es. un piano valoriale alternativo, vedi l'articolo seguente o sviluppando forme espressive/artistiche di rottura ad es. graffiti o rap.

31 artisti contro la filantropia tossica del MoMA PS1

Non so se esista una connessione "fisiologica" tra vocazione/popolosità artistica e pensiero, di dx liberista orientato ad un'affermazione individuale spinta e di sx più improntato a idealismo e senso di collettività, ne farei più una questione di ragioni storiche e di opportunità.
Gli artisti o in generale gli intellettuali ancora oggi sono spesso di sinistra perchè in molti casi esistono ancora una sorta di consociativismo e una "rendita di posizione" post '68, magari in crisi d'identità perchè la politica stessa è diventata gestione, pragmatismo, leaderismo all'interno di un quadro internazionale predefinito, mancano nuovi ideali ed una visione a lungo termine.

Altri fattori di cui tenere conto sicuramente l'omologazione culturale e un'arte ostaggio della finanza speculativa e le poche risorse investite per favorire un ricambio generazionale ed esperienze internazionali di giovani artisti in grado di finanziarne formazione ed iniziative.
 
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ma questo non vuol dire che sia giusto.
Una cosa non diventa giusta se la fanno in tanti e sbagliata se la fanno in pochi.
Una cosa è giusta se secondo te è giusta.
Dove vada il potere non è una discriminante.

Ma chi ha detto che sia giusto o non giusto?
Io non ho mai detto nulla di tutto ciò, nè ho preso una posizione, nè ho voluto fare considerazioni di tipo valoriale.
Ho fatto semplicemente la fotografia. E' la normalità. C'è chi la vede, c'è chi non la vede, a qualcuno piace, ad altri no. Ma il mondo è fatto così.

L'arte nei secoli è SEMPRE andata a braccetto con il potere.
Questa non è un'opinione, è semplicemente un dato di fatto oggettivo. Alcuni esempi li ha postati Antipole, altri Ale.
E' sempre stato un rapporto simbiotico.

Il potere ha l'obiettivo di auto-conservarsi.
Tra le modalità che utilizza c'è la propaganda, che viene esercitata tramite l'arte visiva, la musica, il cinema (lo showbusiness), la cultura, le mode, e l'informazione.
In questo modo viene elaborato e propagandato un pensiero dominante.
E in questo pensiero dominante si identificano la maggior parte delle persone. E la maggior parte degli artisti.

Conseguentemente la maggior parte degli artisti, spesso in assoluta buona fede come la maggior parte delle persone, si dedicherà alle tematiche care al potere.
E a sua volta "il potere" darà loro voce. Possibilmente un megafono. Il che vuol dire amplificare la loro voce (presenze in mostre, musei, biennali ecc).
E' così che si permetua il sistema.

Naturalmente non è che valga per la totalità dell'arte o degli artisti o delle persone. Alcuni sono "anti sistema" e altri del tutto laterali al sistema (forse i migliori).

Ma "il potere" è in grado da sempre di dare un direzione all'arte, perchè decide a cosa e a chi dare visibilità. C'è una fortissima autoreferenzialità e anche un'occupazione di molti luoghi e posizioni. E "guardacaso" dà visibilità a ciò che è utile a far propagare le sue idee.
E chi vuole avere una data visibilità, spesso molto volentieri si adegua.

Quindi, sottolineo che non è una questione se ciò sia giusto o sbagliato, è semplicemente una constatazione di quello che è un sistema che si perpetua.

Se un artista/attore/scrittore/musicista voleva emergere sotto il comunismo doveva in qualche modo allinearsi in una certa direzione, sotto il fascismo in un'altra, sotto il nazismo in un'altra, sotto un dato Papato in un'altra, sotto Napoleone in un'altra ancora ecc fino ad arrivare a oggi.
Poi, non è mica obbligatorio allinearsi, ma tipicamente il sistema fa si che una gran parte delle persone la pensi in un dato modo secondo il pensiero dominante, così poi le convinzioni vengono portate avanti in buona fede.

Nessuno di noi è scevro da condizionamenti, visto che dalla mattina alla sera siamo in preda a tentativi di influenzarci su qualunque cosa, dall'acquisto di un prodotto in su.
 
grazie a tutti per gli interventi:bow:

io intanto proseguo.

Nei primi anni Sessanta una rivista nata in questo tumultuoso decennio, “L’uomo e l’arte” ha Franco Castelli come direttore della rivista, che dichiara candidamente l’impossibilita di fare arte senza fare politica e riflette sulla responsabilità che l’artista ha in merito alle sue decisioni.

Una scelta che per Ugo la Pietra rappresenta un’obiezione di coscienza in tutti i settori “a cominciare dalle proprie posizioni di privilegio, e al rifiuto di usare o di collaborare all’uso di strumenti oppressivi.”
Una volta compiuto il primo passo di negazione, bisogna proseguire il percorso approfondendo la ricerca verso forme nuove scevre di contenuti tipici dell’ideologia dominante, in grado di contribuire al telos dell’arte cioè la liberazione dell’uomo.

La Pietra punta al risveglio della coscienza collettiva per liberare l’arte dal giogo dell’elite:cool::D:cool:, grazie all’utilizzo di una strategia di intervento applicata a istituti universitari e laboratori culturali, non certo gallerie private o pubbliche, in grado di realizzare un’azione che possa insinuarsi a tutti i livelli della società.

tanto vale a sto punto che metta l'immagine di Ugo con il sottoscritto, no?:p
 

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L'arte nei secoli è SEMPRE andata a braccetto con il potere.

non sempre...:boh:

“Il concetto di contestazione è spesso intrinseco al progresso artistico, l’arte si sviluppa attraverso un duplice meccanismo di affermazione/negazione di concetti, il cui superamento è interno alla contestazione.
La contestazione è stata una delle caratteristiche principali dei movimenti dell’avanguardia storica, non rappresenta una passiva opposizione, al contrario coinvolge attivamente l’artista che diventa portavoce di un’istanza innovatrice.

Tutto ciò è conforme al ruolo specifico dell’arte di proporre universi alternativi nei confronti dell’esistente”

Cfr. F. MENNA, in Der politische Ventilator, Milano, Achille Mauri, novembre 1973.
 
I Don Chisciotte ..sono rari, credo che così a spanne, i controcorrente non siano più del 5% ..non è questione di " giusto o sbagliato " ma, semplicemente, dei normali comportamenti degli esseri umani, che tendono un po' ad aggregarsi ...e cercare la via più comoda e conveniente...sfruttare le conoscenze, ecc ecc...
 
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