Alessandro Celli
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Mi pare doveroso aprire un 3D a Lui dedicato.
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Luciano Fabro, Lo spirato.
“Io rappresento l’ingombro dell’oggetto nella vanità dell’ideologia. Dal pieno al vuoto senza soluzione di continuità. “
= Sappiamo che l’autore iniziò a lavorarvi nel 1968. Una serie di fotografie lo ritraggono steso a terra, il corpo adagiato su un giaciglio, semicoperto da un lenzuolo e con la testa poggiata sul cuscino. Da quella posa venne tratto il calco in gesso e dal gesso il pregiato e costoso marmo.
Per finanziarlo, Fabro emise cento cedole e ne vendette cinquanta facendo de Lo spirato una proprietà collettiva della quale era il maggiore azionista. L’opera, sottratta in questo modo alla speculazione del mercato, è anche espressione di un’altra significativa sottrazione: dalla realtà alla sua trasposizione in arte, il corpo si è volatizzato, ne rimane solo la forma trattenuta dal panneggio del lenzuolo e dall’impronta lasciata sul cuscino.
Anno cruciale, per Fabro, il 1968, quando passò dalla tautologia all’ontologico (l’espressione è sua).
Rinunciò a lavorare sul dato di fatto abbandonando la prassi che le avanguardie dell’epoca impiegavano come antidoto all’idealismo e che lui stesso aveva adottato per «scansare ridicole interpretazioni e fare cose di facile lettura». Si dedicò, di contro, alla cosa in sé, il cui valore non doveva essere particolare (legato al singolo oggetto), ma esemplare (valido per tutti).=
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Luciano Fabro, Lo spirato.
“Io rappresento l’ingombro dell’oggetto nella vanità dell’ideologia. Dal pieno al vuoto senza soluzione di continuità. “
= Sappiamo che l’autore iniziò a lavorarvi nel 1968. Una serie di fotografie lo ritraggono steso a terra, il corpo adagiato su un giaciglio, semicoperto da un lenzuolo e con la testa poggiata sul cuscino. Da quella posa venne tratto il calco in gesso e dal gesso il pregiato e costoso marmo.
Per finanziarlo, Fabro emise cento cedole e ne vendette cinquanta facendo de Lo spirato una proprietà collettiva della quale era il maggiore azionista. L’opera, sottratta in questo modo alla speculazione del mercato, è anche espressione di un’altra significativa sottrazione: dalla realtà alla sua trasposizione in arte, il corpo si è volatizzato, ne rimane solo la forma trattenuta dal panneggio del lenzuolo e dall’impronta lasciata sul cuscino.
Anno cruciale, per Fabro, il 1968, quando passò dalla tautologia all’ontologico (l’espressione è sua).
Rinunciò a lavorare sul dato di fatto abbandonando la prassi che le avanguardie dell’epoca impiegavano come antidoto all’idealismo e che lui stesso aveva adottato per «scansare ridicole interpretazioni e fare cose di facile lettura». Si dedicò, di contro, alla cosa in sé, il cui valore non doveva essere particolare (legato al singolo oggetto), ma esemplare (valido per tutti).=