Ciao rothko
Ok, offro vino per tutti. Per iniziare, un buon gutturnio fermo piacentino, di quelli che piacciono a me :hic:
E ora provo a proseguire il discorso, ovviamente per quello che è il mio pensiero. Nel manifesto dell'ArtEconomy, gli amici Giorgio e Alessandro fanno riferimento al fatto che la New Economy ha causato un asservimento dell'economia alla finanza. Affermazione che condivido. Ok, lasciamo un attimo perdere gli sviluppi che questa realtà proietta nello specifico mondo dell'arte. Il metro di misura a cui stiamo "parametrando" la nostra economia (intesa come criterio istintivo di sopravvivenza) è (purtroppo) quello di considerare quello che ci circonda per la sua idoneità a tramutarsi in denaro. A prescindere da altri valori. Noi economizziamo ogni cosa. Potremmo economizzare in base a mille parametri: l'amore, l'odio, la morale, il perbenismo. Chi più ne ha più ne metta. Potremmo. E invece il più delle volte economizziamo parametrando tutto alla finanza. Quel che interessa è solo l'idoneità di un bene (o di una persona) a tramutarsi in denaro o in altra utilità monetariamente convertibile. Con la conseguenza che siamo portati a strumentalizzare e ad essere strumentalizzati in base al denaro. Non all'amore o all'odio, o a che altro. Quasi sempre e solo al denaro. E con la conseguenza che tutto quello che facciamo non è neppure più "giusto" o "sbagliato". E' necessitato dall'unico criterio che ci domina. Su questo punto rispondo a chiro: secondo me stiamo rischiando di non distinguere più il bene dal male. Ed è veramente grave fare del male (e anche del bene!) SENZA ACCORGERSENE. Ma il profitto ci porta a mettere sullo stesso piano sia le guerre sia il pacifico sviluppo: beninteso, solo ove portino entrambi un pari profitto. Diversamente prevale quello che è più redditizio. Si va in guerra senza odio, ma solo per l'opportunità di ottenere un vantaggio in termini finanziari. Non economici (poiché anche l'odio potrebbe essere un criterio di economicizzazione, per quanto sbagliato che sia). Come fosse una scelta obbligata, niente più. Forse la nostra "ragione" si sta perdendo.